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Questa cosa è nata da un'ossessione eccessiva per un verso di una canzone parodia, che vi allego qua sopra. Come premessa in sé, invece, vi allego integralmente un messaggio che ho mandato a skywalkerunicorn.

"MA SI, PERCHÉ È "I BROKE THE FORCE" NON È "HO COMBINATO UN MACELLO", IN GENERALE. GIÀ SOLO "BROKE" MI DÀ L'IDEA DELLO SPEZZARE, NO? TIPO QUANDO TE CADE QUALCOSA E SI SPACCA. BOM, PACE, DUE BESTEMMIE MA INSIEME NON SI RIMETTERÀ MAI PIÙ. Unito alla Forza in generale, è tipo: "Io, Luke Skywalker, figlio di Anakin Skywalker, ho mandato in brodo di bantha generazioni di cavalieri Jedi e rotto di nuovo l'equilibrio nella Forza. Io ho spaccato tutto e non si può più rimettere insieme. Non posso rimetterlo insieme."

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Coruscant era vestito di un cielo terso e un venticello caldo, che annunciava la stagione più mite; era il momento ideale per un tè in terrazza.

- Ti ringrazio per l'invito.

Luke non aveva ancora bevuto un sorso dalla tazza che stringeva debolmente nella mano, quando si sedette su una sdraio.

- È sempre un evento trovarti in città, non potevo non approfittarne!

Leia invece si appoggiò al parapetto. L'appartamento, che aveva scelto, non era il massimo del lusso (avrebbe potuto averne uno decisamente di tutt'altra classe, se solo avesse voluto), ma la terrazza era sempre stata l'unica sua prerogativa. Non potendo più godere dei paesaggi di Alderaan, aveva quanto meno intenzione di non sprecare le occasioni con quelli del suo nuovo pianeta.

- Sai, di questi tempi mettersi in contatto con il grande Maestro Jedi è quasi un'impresa! - concluse, per poi bere un sorso dalla sua tazza.

Luke abbassò il capo e non si preoccupò di campare qualche giustificazione, anzi scelse di essere sincero, schietto, perché era fatto così: - Mi dispiace. faccio fatica a gestire l'Ordine da solo...

Allo stesso modo, Leia rispose: - Capisco il tuo impegno nella causa, Luke, ma ho paura che tu non ti prenda abbastanza tempo per te stesso. Dovresti riposare.

Lui nascose il suo sorrisetto dietro un lungo sorso di tè.

- Cosa?

- Sembra di sentir parlare Han! - Luke allargò i gomiti e gonfiò in petto, finendo per assomigliare più a un gallo che a l'ex-contrabbandiere. - "Sempre ad allenarti, ragazzino? Perché non ti prendi una pausa e magari un drink? Te lo offro io!" - l'imitazione non era neppure buona, ma Leia non lo diede a vedere. - Stai passando troppo tempo con quella canaglia, lasciatelo dire.

- È mio marito.

- Appunto!

Luke non avrebbe voluto interrompere quegli scherzi per le faccende serie che aveva per la testa. Sarebbe stato come voler nascondere il cielo sopra le loro teste - che cominciava a tingersi d'arancione e annunciava il buio imminente - con pesanti, grige e tristi nuvole di tempesta.
Probabilmente, fosse stato per lui, non avrebbe mai aperto bocca a riguardo; sfortunatamente sua sorella sapeva leggerlo con un'occhiata, meglio di chiunque altro in tutta la galassia.

- Qualcosa non va.

- Già. - fece Luke, agitando la sua tazza come il calice di un sommelier. - Il tè si è raffreddato.

- Luke...

In quanto maestro Jedi - l'unico ancora in circolazione - non poteva che essere orgoglioso di Leia, che dimostrava ogni giorno le sue profonde capacità nella Forza. Certo, questa era metà della verità, d'altra parte Luke sapeva che se riusciva a capirlo così bene, era per via di un legame più autentico e innegabile. Dopo un lungo sospiro e l'ultimo sorso di tè, non si sforzò più di tenerla fuori dai suoi melodrammi.

- Sto invecchiando... - iniziò, passandosi la mano guantata sulla barba ispida.

- Grazie, Luke. - lo interruppe Leia. - Mi fa piacere che tu abbia notato le mie nuove rughe. Sapevo che ti sarebbero piaciute.

Luke la squadrò in silenzio, con una lunga occhiata dall'alto in basso, per poi proferire, granitico: - Seriamente, dovresti prenderti una vacanza da Han.

- Hai ragione. Scusa, scusami. Stavi dicendo...

- Ho quasi 40 anni, Leia. Sono vecchio. Biggs aveva metà dei miei anni quando è morto. Guarda! Si vede da qui!

Si alzò di scatto e lasciò a terra la tazza vuota. Sporgendosi dal parapetto, indicò un punto lontano, sull'orizzonte: - Dietro quei palazzi, c'è una piazza, là... e là c'è un monumento, con nomi, con centinaia di nomi di ragazzi che avevano la metà dei miei anni. E sono morti! Sono tutti morti!

Leia non riusciva a capirlo. Nonostante molti ribelli fossero sempre stati convinti pacifisti, nessuno si era mai tirato indietro o aveva contestato le azioni più violente o i più grandi spargimenti di sangue, quando questi si erano rivelati la risposta obbligata all'Impero.

- Non voglio dire che sono stati necessari... ma, ecco, certo erano inevitabili... - gli rispose, facendosi più vicina.

- Allora perché non io? Perché loro? Cos'ho io che...

Non trattenendosi oltre, Luke scoppiò a piangere e, scosso da singhiozzi e sospiri, finì a terra con la schiena appoggiata al parapetto e la testa nascosta tra le ginocchia, strette al petto.
Leia si inginocchiò subito al suo fianco e gli accarezzò la schiena, percorsa da tremori. Pazientemente attese che si calmasse, evitando parole di conforto alquanto inutili. Non era nulla di nuovo, trovarsi a calmare un pianto disperato come quello; era pur sempre una madre e anche Han aveva i suoi momenti no, per motivi più o meno futili.

- Non posso. Non posso! Non è giusto. Non...

- Luke, ascoltami! - lo costrinse ad alzare la testa e gli diede un fazzoletto di stoffa. - Ora fai un respiro profondo, che non riesco a capirti. E prova a spiegarti con più calma, che non ti capisco.

Luke si asciugò le guance con il fazzoletto e, dopo essersi soffiato il naso, tentò di mettere in ordine tutte le parole: - Dovevo morire io, non Obi-Wan. Avrebbe trovato te o qualcun'altro. Qualcuno migliore di me. - abbassando di nuovo lo sguardo, aggiunse: - Non sono capace, Leia. Non posso rifondare l'Ordine. Sono l'ultimo Jedi e non mi merito neppure questo! Oh, se fossi rimasto su Tatooine...

Si passò la mano nuda sulla guancia e per poco non si graffiò sovrappensiero.

 - Mio padre... Nostro padre. Ha ceduto al lato oscuro e aveva Kenobi come Maestro e un Ordine vecchio di millenni con lui. Io sono solo, circondato da nient'altro che cenere. Non voglio creare un altro Vader, non voglio, non vogl...

Leia lo strinse in un abbraccio, costringendolo ad appoggiare il viso imbronciato sulla sua spalla. Luke ricambiò debolmente, come se non ne fosse molto convinto.

- Per prima cosa, non voglio più sentirti parlare così. Sei l'unico che può farci qualcosa, quindi sei il migliore.

- Mi stai dicendo che ho solo avuto fortuna, non avendo alcun tipo di concorrenza?

Era riuscita a farlo sorridere, almeno. Lo capì senza neanche vederlo: un po' dal suo tono di voce e un po' dal suo abbraccio, che si era fatto più sicuro. Lo aiutò ad alzarsi, come se avesse a che fare con un ferito sul campo di battaglia.

- Non intendevo questo...

- Lo so. Lo so.

Allora Leia lo allontanò da sé, terribilmente seria: - Allora saprai anche che sei più capace di chiunque altro e che non hai niente di cui preoccuparti.

Luke le sorrise, scuotendo la testa: - So che lo dici per farmi stare meglio e vorrei tanto che fosse vero, ma per riportare i Jedi com'erano prima dell'Impero, ci vorrebbe Yoda o quanto meno Kenobi. Io invece...

- Tu, Luke Skywalker! - sbottò Leia, afferrandolo per le spalle. Nonostante fosse più bassa di lui, sapeva essere minacciosa come un Wookie di taglia media. - Tu devi seriamente smetterla di criticarti in ogni modo! Pensi che anch'io non volessi la Repubblica esattamente com'era? - Luke annuì in silenzio. - Ma non si può. Sono passati decenni, vent'anni d'Impero. Non si può riportare indietro quella Repubblica.

Luke non dava mai troppo ascolto a chi lo compativa per non aver avuto altro genitore che Darth Vader, soprattutto perché non era vero. Per 19 lunghi anni della sua vita, i Lars erano stati zii modello - con i loro alti e i loro bassi - e la cosa più vicina a dei genitori che Luke avesse mai avuto, tanto che, quando successe quel che successe, non sembrava realizzabile andare avanti.
Ma poi era arrivata Leia. Avrebbe sempre ringraziato quel giorno, non tanto perché era sopravvissuto alla Morte Nera ed era diventato un eroe della Ribellione o perché aveva ottenuto la spada laser di suo padre. Quel giorno aveva rincontrato lei e con una sorella del genere era invece difficile non trovare la forza di andare avanti.
Quindi forse era vero che l'assenza dei genitori era una delle più grandi disgrazie della sua vita, ma certo Luke non era rimasto senza una famiglia.

- Dobbiamo dare il meglio di noi. - continuò Leia. - Indipendentemente da chi ci ha preceduto. Nonostante le promesse fatte a mio padre, - Luke non la corresse, ne tanto meno lei stessa pensò di farlo. - Questa Repubblica non è come la sua, ma è la nostra. Il tuo Ordine Jedi non sarà mai lo stesso di Kenobi, ma sarà il tuo.

- Ma allora... dici che andrà bene lo stesso?

Leia annuì: - Sì, sì, certo che sì. Ora riprendiamo il nostro tè, ti va?

Il fratello si voltò un'ultima volta: non riusciva davvero a vedere quel monumento. Abbracciò di nuovo Leia: - Sì, mi va.

- Luke...

Il suo tono lo sorprese: non era più rincuorante, ma serio, quasi autoritario.

- Sì? - si scostò un po', incerto se aspettarsi uno schiaffo o peggio. Aveva l'incertezza di aver fatto qualcosa di sbagliato e la sicurezza di non sapere cosa.

- C'è troppa luce in te. Non c'è alcuna possibilità che tu possa lasciare un altro Vader alla galassia.

Luke sorrise, sorrise davvero, con le labbra aperte, pronte per una risata. Un sorriso tanto grande che Leia non riusciva quasi più a guardarlo negli occhi, ma sapeva che erano lì, asciutti, celesti e luminosi più che mai.

E poiché nessuna parola gli sembrava sufficiente per esprimere il sollievo che sentiva, che Leia gli aveva donato, si abbassò per lasciarle un bacio sulla fronte. Qualunque altro ringraziamento sarebbe suonato inutile.

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