7. Una mossa avventata
Hancillas
Da quando sono su questa nave, non ho mai pensato a Thres, il cacciatore di taglie.
Ero troppo preoccupata per la missione affidatami dal Consiglio per ricordarmi dell'appuntamento col mio possibile parente. Eppure sono stata io stessa a insistere affinché potessi conoscerlo; e ora lui arriverà su Alderaan e non mi troverà.
Mi chiedo cosa penserà di me. Dopotutto, sa solo il mio nome, e non sa cosa aspettarsi da me. Non sa chi sono, eppure tra di noi potrebbe esserci un legame di sangue.
Non so davvero cosa pensare, e odio questa situazione. Cosa dovrei fare? O pensare?
Incrocio le gambe e cerco la Forza in me e in ciò che mi circonda. Percepisco come al solito le guardie davanti al turboascensore e il Gamorreano che pattuglia il corridoio. Sento il bisogno di uscire da quel luogo e di cercare la mia via nella Forza, salvando la Maestra e parlando con Thres.
"Devo andarmene" sussurro, e un attimo dopo mi appoggio alla porta della cella e riprendo la meditazione, concentrandomi nuovamente sulle guardie all'ascensore e il Gamorreano.
Sfioro la mente del tozzo alieno; non è molto complicato ingannare uno scagnozzo così distratto e poco interessato a coltivare il suo cervello. Lo convinco del fatto che c'è qualche problema e deve aprire la mia cella, e mentre sento la sua presenza avvicinarsi mi preparo già a lato della porta.
Lui entra grugnendo, e io lo colpisco con un calcio in faccia, impiegando tutta la forza che ho. Tramortito, il Gamorreano crolla sul colpo e subito io gli sfilo il vibropugnale che porta appeso alla cintura.
Esco dalla cella, e vedo che i Quarren hanno preso le armi e si preparano a combattere. Mostro un sorriso di sfida, e mentre loro aprono il fuoco lascio che la Forza scorra dentro e fuori di me; non riuscendo più a vedermi, i due tirapiedi sparano ancora qualche altro colpo, quindi corrono verso di me. Appena sono vicini, mi scaglio su di uno e lo colpisco al petto, buttandolo a terra, mentre colpisco l'altro con una spinta della Forza che lo manda a sbattere contro la parete.
Non perdo tempo ad ucciderli, anche perché sono una Jedi, e se posso evitare di portare morte, lo eviterò.
Corro al turboascensore; non è bloccato, il che vuol dire che posso arrivare all'hangar o a un guscio di salvataggio. Le porte si aprono e mi trovo davanti due guardie. Rifletto rapidamente, e con un'onda della Forza le schianto entrambe nella cabina, in cui entro subito, prima che le porte si chiudano. Cerco il pulsante dell'hangar, e sto per premerlo quando le porte si chiudono improvvisamente,
Batto i pugni sui duri pannelli in duracciaio, ma smetto subito, cercando di mantenere la calma. Sono disarmata, e sto finendo in una trappola; se però quello che penso è giusto, non verrò uccisa e quel dannato contrabbandiere cercherà solo di riportarmi in cella. E come a confermare il mio pensiero ottimista, il turboascensore prende a salire: non morirò spiaccicata sul fondo.
Mi rigiro tra le mani il vibrocoltello. "Devo riprendermi la spada" sussurro, ma nessuno mi può sentire. Sono sola, e dovrò vedermela da sola contro il mio carceriere.
Non dovrei avere così tanta paura, eppure c'è qualcosa in questa situazione che mi spaventa. Non so bene cosa sia, ma qualcosa d'inquitenta si trova tra le pareti di questa nave. Rabbrividisco, e proprio in questo momento le porte si aprono.
Non siamo nel ponte, come mi sarei aspettata, bensì in una specie di magazzino. La luce è scarsa: le poce lampade illuminano a malapena pile di casse, barili e macchinari in disuso. Non vedo fuorilegge, e questa di sicuro non è una buona cosa. "Dove siete?" chiedo alla penombra che mi circonda, ma decido che il loro intento è quello di farmi uscire allo scoperto e poi...
Faccio qualche passo in avanti, tenendo il vibrocoltello stretto nel pugno, e mi guardo intorno circospetta. Gli occhi potrebbero non bastare a vedere i nemici, ma anche la mia percezione della Forza è non riesce a cogliere nulla. "Perché mi hai fatto venire qui?" chiedo verso il soffitto.
Sono sicura che il contrabbandiere mi sta osservando; deve aver escogitato qualcosa, forse una specie di prova. Solo che più penso a quale può essere la soluzione a questo dilemma e più non so cosa pensare. Mi sto lasciando trasportare dalla paura, e la paura porta all'ira, l'ira all'odio, e l'odio alla sofferenza.
Proprio in quel momento una delle casse si apre e ne esce qualcosa; mi porto sulla difensiva e mi preparo ad affrontarlo con la Forza.
Guardo meglio: la prima cosa che noto è che sono davanti a un Chiss, e la seconda è che è ammanettato e ha dei lividi sulla faccia dalle pelle bluastra. Mi avvicino subito a lui, cercando sempre di non essere avventata e di controllare bene l'ambiente dove mi trovo. Se vogliono tendermi una trappola, sarebbe facilissimo usare il Chiss come esca. Eppure ancora non capisco che senso ha tutto questo.
Il prigioniero mugola qualcosa, e io mi avvicino a lui. Mi chino, e in fretta sciolgo il bavaglio, e lui riprende a respirare; ha il fiatone. "Grazie" balbetta, e poco dopo aggiunge qualcosa che mi fa rabbrividire: "Hancillas".
"Come fai a sapere il mio nome?"
Lui ridacchia, e respira sempre più a fatica. "Hancillas, tu e la tua famiglia... voi, avete una missione, ma è presto per" e tossisce interrompendo la frase. C'è qualcosa che non va, ma la mia percezione Jedi non mi permette di capire cos'è che gli è successo. So solo che sta provando del dolore, e questo potrebbe voler dire molte cose.
"E' presto per agire. Devi trovarli, tutti, prima che..." e si ferma un'altra volta per tossire. "... il veleno..." mugola, e allora notò le venature violacee che stanno percorrendo la sua pelle. "Il veleno mi ucciderà e... e io non ce la farò, ma tu devi trovarli, prima che..."
C'è un lampo, e un attimo dopo il Chiss emette un ultimo rantolo e giace disteso. Mi volto di scatto e percependo la presenza di uno dei tirapiedi lancio il vibrocoltello, che affonda fino all'elsa nel giubbetto parablaster del nemico.
Mi sono stancata: devo uscire da questa nave, e ho fin troppi motivi per farlo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top