Capitolo sette.

"Perchè te ne sei andato?" Mi voltai verso di lui. Eravamo a pochi centimetri l'uno dall'altro e avevo paura di ciò che sarebbe potuto succedere.

"Non lo so. Mi è salito il panico e non capisco ancora il perchè." Appoggiò le sue mani sulle mie guance e asciugò le lacrime con i pollici. 

"Avevi paura per me?" Mi venne spontaneo fargli quel quesito.

"Sì." Sorrisi.

"Perchè sorridi?" Mi domandò e, forse per imbarazzo, mi morsi il labbro inferiore.

"So che qualcuno ci tiene a me." Mi strinse a sè forte. Calò il silenzio.

"Perchè mi hanno messo in questa camera, in questo reparto se era solo una ragazzina che aveva avuto un incidente?" Quella domanda mi era saltata in mente d'improvviso mentre ero al piano inferiore.

"Non dovrei essere io quello a darti spiegazione di questo genere Abby." Si stacco dall'abbraccio e cominciò a tirarsi i capelli, frustato.

"Cameron dimmi la verità." Non lo volevo sapere ma dovevo.

"I medici sospettavano già qualcosa. Non era per verificare se avessi lesioni al cranio, non ti fecero la TAC per quello ma per verificare se le supposizioni della dottoressa erano giuste. Fu così. La Hersen aveva ragione." Sospirò sonoramente, guardando fuori dalla finestra ed evitando il mio sguardo.

"Intendi il tumore?" Annuii.

"Cambiamo discorso ti prego." Disse lui frustato ed io acconsentii.

"Ti voglio far conoscere una persona." Gli sorrisi, ricordandomi della ragazza della camera 178.

"Chi?" Domandò perplesso Cameron.

"Mettimi sulla sedia a rotella, ti porto da lei." Fece come gli dissi.

"Siamo fuori orario, lo sai?"

"Cameron sei serio? Tu vieti tutte le regole che ti danno." Ridacchiai io.

"Non è vero." Affermo, mettendo il broncio come un bambino piccolo.

"Muoviti." Gli sorrisi, alzando gli occhi al cielo. Si sedette sulla sua sedia a rotelle e, senza farci scovare da nessuno, prendemmo l'ascensore e ci dirigemmo verso la stanza 178.

Bussai e mi venne ad aprire la ragazza di quella mattina.

"Ehy." Le sorrisi. Ci fece entrare senza giri di parole.

"Sapete che non potete stare qui?" Chiese lei perplessa.

"Non ti preoccupare, nessuno ci scoverà." Ridacchiò Cameron.

"Via alle presentazioni. Cameron lei è..." Mi bloccai un attimo per poi riprendere.

"Non so ancora il tuo nome." Ridacchiai io.

"Sharon."

"Cameron lei e Sharon e Sharon lui è Cameron." Concluse le presentazioni, una domanda inaspettata fuoriuscì dalle labbra della ragazza.

"Siete fidanzati?" Non mi era nuova questa domanda. Kristal.

"No." Rispondemmo in coro io e il moro.

"Sono le undici." Disse Sharon d'un tratto, dopo aver parlato un po'.

"E meglio andare, se ci scopre Ethan o la Hersen ci decapitano." Mi rivolsi a Cameron che annuì.

"Chi?"

"Un infermiere e la dottoressa." Rispose il moro al mio posto. La salutammo e sulla soglia della porta, mi girai verso di lei e le sorrisi.

"Ricordati quello che ti ho detto." Le feci l'occhiolino e lei mi sorrise.

"Che intendevi con quello che le hai detto?" Domandò Cameron mentre eravamo in ascensore.

"Niente che ti possa importare." Scollai le spalle ma lui insisteva nel voler sapere tutto.

"Niente Cameron è una stupidaggine." Dissi per l'ennesima volta.

"Allora se è una stupidaggine, non ti costa niente dirmela." Cedetti.

"Sharon, come avrai capito è una ragazza che ha problemi con il proprio corpo, e l'ho incoraggiata a combattere la società cioè la causa dei mali psicologici e fisici che l'affligono in questo periodo." Sospirai. Non era proprio la completa versione dei fatti ma una parte.

"È bella eh?" Domandò d'improvviso.

"Non sono un maschio." Ridacchiai.

"Che intendi?"

"Cioè d'aspetto è bella ma non mi piace, quando una ragazza dice che è bella non ha lo stesso significato di quando lo dice un ragazzo." Ma che mente contorta mi era capitata?

"Sei troppo complicata, il tuo cervello e troppo contorto." Aveva ragione.

"Cosa sono per te?" Chiese mentre ero davanti alla porta della mia camera.

"Perchè queste domande?"

"Curiosità." Fece spallucce.

"Ah."

"Allora? Devi rispondere ancora alla mia domanda." Incrociò le mani al petto.

"Non lo so cioè sì lo so ma no." Dissi, contorcendomi le mani.

"Spiegati."

"Non so se siamo conoscenti o amici per essere entrambi si, o non essere nessuno dei due, deve essere in due. Tutto ciò che si fa insieme, si deve essere in due. Cioè non posso decidere io se siamo amici o noi. Dobbiamo essere in due per dirlo."

"Contorta." Risi

"Ti piaccio?" Questa domanda mi spiazzò.

"Che c'entra adesso?"

"Voglio sapere." Sbuffò lui.

"Buonanotte Cam." Lo salutai con la mano ed entrai in camera.

"Cosa è successo?" Chiese Kristal e le raccontai tutto, mettendomi a sedere sul mio letto.

"Perchè mi ha fatto quella domanda?" Era ciò che tormentava la mia mente.

"La domanda è a te Cameron piace?" Domando sospettosa lei.

"Non ne ho la più pallida idea." Mi sfregai gli occhi e sospirai, sdraiandomi sul letto e fissando il soffitto bianco.

"Che vuoi dire? Che forse ti piace?" Fece lo scatto di alzarsi e sedersi sul mio letto in un millisecondo.

"Non sto dicendo che mi piace ma non lo so. Quando mi abbraccia mi sento protetta. Quando mi sorride mi sembra di arrossire, mi viene voglia di sorridergli e abbracciarlo. Quando ho scoperto di avere quel tumore, l'ha sa peggio di me e quando se ne andato, quando mi e sembrato che stesse scappando, mi sono sentita strana come se mi avesse lasciato un vuoto che solo quando mi ha riabbracciato più tardi è riuscito a colmare. Quando ci siamo ritrovati faccia a faccia, però, mi è venuto un ispinto di prendergli il viso e baciarlo ma non l'ho fatto. Non so perchè di quell'idea ma..." Mi bloccai quando sentii la voce di Cameron dall'altra stanza. E se avesse ascoltato tutto?

"Perchè ti sei..." Kristal cercò di parlare ma la zittii, facendole notare la voce del moro.

"Quando le ho messo le mani sul viso, ero intenzionato a baciarla ma, la paura che non ricambiasse, mi ha bloccato. E quando si è morsa quel maledetto labbro, lo stavo per fare. Giuro, non so quale è stata la forza che mi ha bloccato a farlo."

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