Capitolo quindici.

"Abigail, devi darmi quella felpa." Pretese entrando nella mia camera, seguita dalla sottoscritta.

"Ma vaffanculo, mi hai fatto prendere un colpo." Mi volto verso la porta, uscendo.
Dopo aver fatto neanche due centimentri, Cameron si fermó davanti a me.

"Okay, stavo cercando di prendere tempo perchè c'era Kristal di fronte." Cercó di prendermi la mano ma mi svincolai presto dalla su presa.

"Andiamo in camera mia." Sospiró e, a quel punto, mi prese il panico. Se mi volesse lasciare? Se mi dicesse che é gli piace un'altra? Forse Sharon o forse Kristal.

Si sdraió sul suo letto e con un gesto di mano mi incitó a salirvi. Lo affiancai. Restammo in silenzio a guardare il soffitto finchè non sentimmo la porta di camera mia, chiudersi.

"Stavi aspettando che Kristal se ne andasse?" Come risposta ricevetti un verso di conferma.

"Lo sai che tutto questo ci porta a delle conseguenze?" Disse gesticolando con le mani. Annuii.

"E sai pure che fa soffrire la gente che sta intorno a noi?" Continuai a fare di sí col capo.

"Alle persone che amiamo, quelle da cui non ci vorremmo staccare mai?" Acconsentii, ancora.

"Ecco, appunto, questo é il problema: sappiamo che fa male a chi vogliamo bene ma non sappiamo come placare i loro sentimenti riguardo a questa storia. Vorrei tanto che tu non fossi mai stata aggregata al nostro gruppo, almeno non dovresti soffere."

"Vai al dunque." Anche se sapevo che mi voleva lasciare, avevo bisogno di sentirglielo dire senza troppi di giri di parole.

"Da domani, dovrei iniziare un altro giro di chemio." Non sapevo facesse le chemioterapie.

Ti ricordo che il tuo bel fidanzatino, ha un tumore al cervello proprio come te. Sei talmente egoista che pensavi solo a te stessa.

Appoggiai la testa sul suo petto, strinsi la sua mano nella mia e chiusi gli occhi, inalando il silenzio. Con il braccio libero mi cinse la vita, lasciandomi vari baci tra i capelli.

"Non dovevo dirtelo." Sussurró sospirando pesantemente.

"Dovrei io dispiacermi del tanto egoismo che ho in corpo."

"Che intendi?" Chiese ridacchiando.

"Ho pensato che volessi lasciarmi." Mi strinse ancora piú a sè.

"Sei un'idiota." Disse scompigliandomi i capelli.

"Ma ti piaccio cosí come sono." Lo sentii annuire e, anche se non potevo vederlo, ero sicura che aveva un sorriso stampato sulle labbra.

***
Eravamo rimasti in quella posizione per un'oretta o poco piú.

"Ho tante cose da fare ora." Sospirai ricordandomi di ciò che la dottoressa mi aveva ordinato di svolgere al più presto e che non mi erano passate neanche per l'anticamera del cervello.

"Possiamo rimandarle." Disse accoccolando, sempre piú, il viso nei miei capelli.

"No che non possiamo, quindi devo rasarmeli." Affermai rivolgendo lo sguardo verso Cameron.

"Vuoi sempre che ci sia io?" Annuii e lui sospiró, scotendo la testa.

"Non ho mai capito perché hai sempre voluto che ci stessi io. Quando hai pensato che poteva essere il momento di ricominciare a camminare, orq che devi tagliarteli. Non l'ho mai capito."

"Ho riposto molta fiducia in te." Mi strinsi nele spalle, sorridendogli.

"Non é che già ti piacevo?" Ammiccó lui ed io risi, scuotendo il capo dal divertimento.

"Puó darsi." Gli lasciai un bacio sulle labbra e mi misi a sedere sulla sedia.

"Vieni?" Gli chiesi vedendolo ancora disteso sul letto che sorrideva come un ebete.
Annuí seguendomi in piedi nel suo bagno.

Misi una mano sul lavandino e poi anche l'altra, sollevandomi in piedi. Sentii le braccia di Cameron, avvolgermi e stringermi forte.

"Non c'é la posso fare." Dissi guardando il mio riflesso allo specchio.

"Non so che abbia fatto Kristal, l'ha fatto da sola dopo che l'ho ignorata. Perché non posso essere forte come lei?" Urlai scoppiando a piangere e mettendomi una mano alla bocca per soffocare i singhiozzi.

Cameron mi fece voltare verso di lui e mi avvolse nelle sue braccia. Sussurró parole dolci, facendo placare pian piano le lacrime.

Con le mani dietro il suo collo e la testa appoggiata sul suo petto, restammo fermi così per un paio di minuti.

"Ora sono pronta, devo esserlo" Dissi spostandomi da lui e rimettendomi di fronte al mio riflesso. Mi lasció un bacio sulla tempia e mise il rasoio sul lavandino.

"Solo se vuoi." Presi il rasoio con una mano tremolante. Sentendo la presa rafforzarsi sui miei fianchi, presi con l'altra mano una ciocca di capelli e la tagliai. Un'altra, un'altra ancora e poi altre dieci.

Ad un certo punto, diedi il rasoio a Cameron e lui sospiró.

"Non é un lavoro che dovrei fare." Sussurró con occhi sconsolati.

"Ti prego." Dissi solo e lo sentii annuire. Con le mani serrate sul lavandino e metà testa rasata, sentivo le ciocche scivolarmi lungo la schiena. Le lacrime tornarono e non riuscii a ripremerle.

Mentre le asciugavo con il dorso della mano che scendevano a fiumi, mi concentrai anche su qualcos'altro. Lo specchio che rifletteva l'immagine di un ragazzo distrutto, cosciente delle sue azioni e con tanti ripensamenti alle spalle.

Quando finí, nessuna parola fuoriuscí dalle nostre labbra. Mi toccavo la pelle nuda del mio capo ancora incredula con gli occhi rossi e lucidi.

Mi girai verso la figura di un Cameron, anch'egli con le lacrime agli occhi, che teneva lo sguardo fissó su di me.

Gli avvolsi con le mie braccia il suo corpo e mi ci appoggiai sopra, inalando il suo profumo.

"Non lasciarmi." Mi strinse forte, regalandomi un bacio sul capo.

"Come potrei?" La domanda mi sollevó un po' il morale.

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