Capitolo 6: "Alex McCardue"


Un'assordante suoneria ruppe il silenzio glaciale che regnava sovrano nella camera 210.
Alex sbatté più volte le palpebre sperando che quello fosse sono frutto della sua immaginazione.
I raggi del sole filtravano dalle tapparelle scure che erano leggermente alzate, portando così un po' di luce nella stanza.
Erano solo le sette di mattina ed inoltre era anche Sabato. Mai si sarebbe aspettato una chiamata a quell'ora del mattino.
Chi lo avrebbe mai chiamato a quell'ora?!
Alex si alzò e rispose al cellulare, che la notte prima aveva posato sul comodino.
"Amore".
Alex sgranò gli occhi sentendo quella voce che non udiva da anni.
"Papà?"

DODICI ORE PRIMA.

Chris era intento a studiare un capitolo di chimica di cui non aveva capito praticamente niente bene.
"Maledetto" imprecò guardando il libro, come se quella maledizione fosse diretta davvero a quelle pagine piene di inchiostro.
Erano le sette di sera e ancora doveva finire. La Chimica non era il suo forte, questo di sicuro lo aveva capito.
Chiuse il libro avrebbe continuato a studiare il giorno dopo. Era un Sabato quindi non avevano lezioni e poteva prendersi tutto il tempo di cui aveva bisogno.
Uscì a passo svelto dalla biblioteca, camminava guardando a terra, come se alzare lo sguardo gli causasse dolore.
A dire il vero aveva paura, paura di vedere quelle bellissime iridi verde smeraldo, ma aveva anche il terrore di incontrare uno sguardo che non fosse il suo.
Aveva paura, ma aveva anche bisogno di vedere il volto di Austin, aveva capito molte cose in poco tempo e quelle poche certezze che aveva sul burbero ragazzo dai capelli neri, venivano demolite da quest'ultimo.
Non sapeva se avere paura di lui, odiarlo, detestarlo o amarlo, volerlo con se.
Ma Austin in quel momento non sembrava aver bisogno di niente di questo, sembrava indipendente; ma non era così, Austin aveva solo bisogno di essere aiutato.
Il fatto di essere capito gli importava relativamente, ma ciò che più lo premeva era che qualcuno provasse, almeno, ad aiutarlo.
Nonostante il cuore freddo e duro del moro, Austin aveva bisogno di aiuto, perché non era così forte come voleva far credere, perché quel cuore freddo aveva mille crepe che facevano più male della morte.
Perché tutti a questi mondo hanno bisogno di aiuto, anche Austin, nonostante fosse un ragazzo pieno di se e solitario.
Ma di questo Chris non se ne era ancora accorto, al momento i suoi piedi erano diventati il suo punto di riferimento.
Prese la chiave dalla tasca de fece tre giri prima che la porta si aprisse.
Non poteva credere ai suoi occhi.
Cameron si stava baciando con Alex.
Chris tossì leggermente per far notare la sua presenza ai suoi due amici.
I due si staccarono velocemente, come se all'improvviso quel contatto bruciasse, Cameron e Alex, che fino a qualche istante prima si stavano sorridendo, cambiarono umore vedendo la figura di Chris imbarazzata sulla soglia della porta.
"Chris io..."
Alex venne interrotto da Cameron che, a testa bassa si avvicinò alla porta, per poi fermarsi di fianco a Chris.
"Forse è meglio che io vada" disse sotto voce per poi uscire definitivamente dalla stanza e chiudersi la porta alle spalle.
Dopo degli attimi di silenzio finalmente Chris decise di parlare.
"Sai qual'è la cosa che mi fa più incazzare?"
"No, quale?" sussurrò Alex con voce flebile con la paura negli occhi.
"Che tu non me lo abbia detto, devi sapere che anche io sono gay! Non c'è nulla di male, me lo dovevi dire Alex!" disse Chris per poi calmarsi e guardare negli occhi Alex.
"Scusa Chris" disse Alex abbracciando il suo compagno di stanza, stringendolo forte a se, e continuando a sussurrare qualche volta uno "Scusa" all'orecchio dell'amico che ormai aveva già dimenticato tutto e stava ricambiando l'abbraccio.
C'era una tacita promessa che quei due si erano fatti.
Nella loro stanza non si litigava, perché in quella stanza loro erano lì l'uno per l'altro, ed era questo che li aveva subito fatti entrare in sintonia, entrambi cercavano pace e tranquillità.
E tutto questo lo ritrovavano lì, insieme.
Infondo era la loro stanza, la stanza 210.
Christopher decise di andare a farsi una doccia, in fondo era stata una lunga giornata e il suo piccolo grande cuore stava ancora reggendo un peso che prima o poi, ne era sicuro, lo avrebbe schiacciato.
In quel momento voleva solo dormire e non pensare più a niente, ma era complicato, dato che ogni volta che chiudeva gli occhi pensava a Austin, chissà cosa cosa stava facendo, se dopo tutta quella storia lo stava pensando e se tutto quello che gli aveva detto lo aveva fatto per un motivo logico.
Quando uscì dal bagno vide Alex seduto sul suo letto a gambe incrociate, con il volto triste e lo sguardo rivolto verso le sue dita che continuavano a intrecciarsi tra loro.
Appena notò la figura di Chris, che stava ancora in piedi davanti a quella scena, cambiò espressione, da pentita ad ancora più pentita di prima.
"C-Chris, sei arrabbiato con me?" chiese con gli occhi umidi.
Chris in pochi istanti gli fu accanto e lo strinse tra le sue braccia, forse non doveva essere così duro con lui, in fondo non aveva fatto niente di male.
Chris si sciolse da quell'abbraccio. Dopo un po' quest'ultimo notò che mancava qualcosa. Si girò di scatto e non vide quella foto.
Perché fino a quel momento non si era accorto del fatto che la sua foto non si trovava al suo posto, perché?
Probabilmente era troppo preso a pensare quello stupido scimmione senza cervello di Austin per accorgersene.
"Alex?" Chris richiamò il suo compagno di stanza cercando di mantenere la calma, in fondo non voleva ancora farlo stare male, lo aveva già sgridato abbastanza.
"Si?" rispose l'altro cercando di non avere paura degli occhi di Chris.
In pochi secondi si erano fatti freddi e glaciali, e Alex sentì mille brividi percorrergli la schiena per colpa di quegli occhi, che gli davano l'impressione di volerlo uccidere da un momento all'altro.
"Dove è la mia foto" ed ecco che Chris esplose, quella foto era tutto per lui, il motivo che lo aveva spinto ad andare avanti ed a seguire i suoi sogni, quella foto era ciò che rimaneva di sua madre.
Nessuno doveva toccare la sua foto. Nessuno.
"Beh...Austin è passato di qui e se le presa" disse tutto d'un fiato Alex sperando che, tutta la rabbia che dentro di se Chris stava iniziando a provare, non fosse diretta a lui.
Christopher non disse niente, solo agì d'istinto, agì volendo quasi uccidere il moro.
C'erano cose a quel mondo che nessuno avrebbe mai dovuto portargli via, una di queste era sua madre, già era impazzito quando da un giorno all'altro gli avevano detto che non sarebbe più tornata a casa, figuriamoci ora che un ragazzo quasi sconosciuto gli portava via l'unica foto che ritraeva sia lui che sua madre insieme.
Quando la donna se ne era andata lui aveva pianto, in fondo era un bambino, non poteva fare altro, ma in quel momento invece poteva fare qualcosa, riportare quella foto al suo posto, vicino a se stesso, dove era giusto che fosse.
Alex non fece in tempo ad aggiungere altro che sentì la porta sbattere e poi quando riaprì la figura di Chris era scomparsa. Avrebbe giurato di vedere una persona diversa dal suo amico che in più occasioni lo aveva tirato su di morale.
Ma una persona piena di collera e odio, niente di ciò che era davvero, nel suo sguardo c'era molta amarezza, odio e tristezza, come se volesse piangere.
Sempre che si possa piangere di rabbia

-

I sensi di colpa pervasero Alex per tutto il tempo. Chris non era ancora tornato, sicuramente avrebbe fatto più di una lunga ramanzina a Austin.
Forse avrebbe dovuto preparare una lapide al moro, o ancora meglio avrebbe dovuto trovare della benzina, un accendino e una cariola, magari con anche una pala se il corpo non fosse bruciato a dovere.
Se Austin fosse morto per colpa dell'ira di Chris, avrebbe dovuto almeno aiutarlo a liberarsi del corpo, no?
... Ma cosa gli veniva in mente?! Non sarebbe mai successo niente di così grave!
... Vero?
Come aveva potuto?
Inoltre non era l'unica cosa che lo preoccupava
Aveva nascosto la sua relazione a Chris, e non era una semplice relazione. Era la relazione più importante della sua vita.
Era un mostro. Ma crescendo con un padre così non poteva che essere un mostro a sua volta.
Si ricordava ancora quella scena, la scena che aveva sempre visto, ogni giorno, più volte in quelle misere 24 ore, per 365 giorni l'anno, per tutti quegli anni.
Quella scena che lo aveva convinto ad andarsene, a separarsi da suo padre e dal ricordo della sua infanzia, se così si poteva definire...

"Sono a casa" urlò il padre di Alex entrando dalla porta d'ingresso, spalancandola con forza e facendo scricchiolare i cardini .
Alex era intento a svolgere un' espressione di matematica al piano superiore, non voleva neanche vedere quell'uomo, nonostante fosse suo padre non lo sopportava.
Anche allora, quando aveva solo 7 anni si rifiutava di guardarlo in faccia, si rifiutava di mangiare alla stessa tavola di quell'uomo, si era anche rifiutato di fare il tema per la giornata del papà, ancora se lo ricorda.
Come al solito suo padre era tornato a casa ubriaco, sarebbe stato più sorpreso se fosse stato sobrio, ma non aveva memoria di tale evento, forse perché non si era mai presentato.
Però raccolse le poche forze che aveva e decise di scendere, lo faceva per sua madre.
Alex scese le scale velocemente, la cucina puzzava di alcool, tutto puzzava di alcool, suo padre puzzava di alcool.
"Vatti a lavare" comandò sua madre entrando in cucina rivolgendosi al padre, che ancora stava cercando una birra nel frigo.
Il rumore di uno schiaffo eccheggiò per tutta la casa ormai silenziosa.
Alex non aveva visto niente, era ancora sulle scale, seduto su uno scalino, con la testa fra le ginocchia mentre cercava di non ascoltare.
"Tu non mi comandi!"
Un altro schiaffo.
"Sono stato abbastanza chiaro?!"
Un altro ancora.
"Allora?!"
Un flebile 'si' uscì dalla bocca della donna prima che il signor McCardue uscisse dalla casa.
Per fortuna se ne era andato, per fortuna non aveva visto Alex, diventava più violento del solito quando vedeva il figlio, come se lo odiasse.
Ma per fortuna l'uomo ora non era più lì e finalmente Alex scese per il restante pezzo di scale, poi corse in cucina, per poi vedere la madre distesa per terra.
Aveva paura, non riusciva a muoversi, non gli piaceva vedere la madre in quello stato.
Si avvicinò lentamente e si assicurò che respirasse ancora, non voleva che lo lasciasse solo con quell'uomo, ogni volta che le si avvicinava aveva paura che fosse l'ultima, per colpa di quell'uomo.
Anche quando la aiutava aveva paura, paura di rompere quella donna troppo esile e ridotta troppo male per sembrare viva, infatti sembrava tanto uno di quegli zombie che fanno vedere negli horror.
Solo che quello non era uno zombie, era sua madre, era ancora viva, e viveva solo per suo figlio che, ogni volta che la vedeva in quello stato, si metteva a piangere,
"Un giorno starai meglio figlio mio" disse la madre abbracciando il figlio.
Lui non voleva stare meglio, lui voleva che loro stessero meglio, lui con sua madre, perché non avevano nessun'altro.

-

Chris camminava velocemente da Austin, gli occhi del minore erano pieni di rabbia, ira e collera.
Arrivò a destinazione, non pensò neanche di bussare, mise subito la mano sulla maniglia della porta, quando constatò che non era stata chiusa a chiave.
Spalancò la porta e non si preoccupò di certo del fatto che non ci fosse nessuno, anzi, meglio così.
Cercò un po', ma non fu difficile trovare la foto, era di fianco a un computer che al momento era spento, appoggiata proprio accanto al mouse.
La riprese tra le mani, rigirandosela, lo strappo non era più grande, era come prima, per sua fortuna Austin non l'aveva danneggiata ulteriormente, se no gli avrebbe dovuto dare altre spiegazioni.
"Tu cosa ci fai qui?" chiese una voce dietro Chris.
Una voce che Chris conosceva fin troppo bene.
"Sono venuto a riprendermi ciò che è mio" rispose il biondo guardando con astio Austin che era appena entrato ed aveva già richiuso la porta.
"Okay adesso smamma"
"Non penserai di certo che te la caverai così facilmente!" urlò Chris su tutte le furie avvicinandosi ad Austin.
"E cosa mi vorresti fare?" chiese Austin alzando un sopracciglio dubbioso.
Passarono molti attimi di silenzio, poi Chris riguardò la foto della madre, no, doveva calmarsi, in fondo alla fine non era successo niente di male e la foto era come prima.
Ma ormai il biondo era una bomba ad orologeria o avrebbe picchiato Austin o avrebbe pianto
"Ti odio" disse Christopher con voce rotta.
Austin non capì molto altro, vide solo delle lacrime scendere lungo le guance di Chris e poi si sentì spingere, si ritrovò a terra, solo nella sua stanza con la porta aperta.
In lontananza poteva sentire molto chiaramente i veloci passi dal biondo, forse prendere la foto non era stata una grande idea, ma ormai aveva già incominciato, non poteva tirarsi indietro.

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Un'assordante suoneria ruppe il silenzio glaciale che regnava sovrano nella camera 210.
Alex sbatté più volte le palpebre sperando che quello fosse sono frutto della sua immaginazione.
I raggi del sole filtravano dalle tapparelle scure che erano leggermente alzate, portando così un po' di luce nella stanza.
Erano solo le sette di mattina ed inoltre era anche Sabato. Mai si sarebbe aspettato una chiamata a quell'ora del mattino.
Chi lo avrebbe mai chiamato a quell'ora?!
Alex si alzò e rispose al cellulare, che la notte prima aveva posato sul comodino.
"Amore".
Alex sgranò gli occhi sentendo quella voce che non udiva da anni.
"Papà?"

SPAZIO AUTORI
PSYCHOIXX

Capitolo davvero importante questo, succederanno cosí tante cose nei capitoli successivi che voi manco immaginerete.
Abbiamo approfondito il passato e abbiamo toccato un argomento fragile, la famiglia. Piú che altro sua madre.
Chris ha sputato odio in faccia a Austin.
Poi un'altra cosa. Finalmente Chris ha scoperto della relazione tra Alex e Cam.
Ma adesso vi lascio.

-Psychoixx
-Cookie-666

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