Capitolo 32: "Il processo d'addio"

"Secondo te come è andata?" chiese Cam insistente.
"Secondo te come faccio a dirti il risultato se neanche io lo so?!" sbottò Alex.
Sembrava che Cameron fosse più agitato di lui, nonostante fosse lui quello ad aspettare un test di paternità che ritardava ad arrivare.
"E poi calmati, sembri più agitato tu di noi..."
Ovviamente anche Alex era ansioso di avere un risultato, ma i tempi del test erano quelli, non poteva farci niente e anche se la paura era tanta non poteva fare altro che aspettare.
"Sono solo preoccupato..."
Erano da soli in sala d'attesa ed erano quasi le dieci di sera, ma purtroppo non erano riusciti a trovare orari migliori.
"Ragazzi come va?" chiese Oliver tornando con delle bevande appena comprate dalle macchinette.
Cam accettò di buon grado la sua bibita e dopo averne prese un lungo sorso, si lasciò andare contro lo schienale della sedia.
"Non riesco a calmarmi... Secondo te come è andata?"
Sempre la stessa domanda, la faceva da tipo 10 minuti al suo ragazzo, ma ovviamente anche lui non sapeva la risposta.
Quindi a Cameron sembrò giusto chiedere anche al padre.
L'uomo sorrise appena e poi si sedette di fianco al figlio, porgendo anche a lui una bevanda.
"Secondo te come faccio a dirti il risultato se neanche io lo so? E poi dovresti calmarti ragazzo, sei più agitato di noi."
Cameron guardò un attimo padre e figlio.
Era impossibile che non fossero consanguinei.
Lo aveva notato sin da subito, ma ora era diventato quasi un fatto inquietate.
Alex affermava di non accorgersene, ma quei due si assomigliavano molto.
Nel giro di cinque minuti avevano entrambi fatto la stessa cosa, risposto allo stesso tempo, persino il loro modo di sedere era uguale!
Però sotto sotto Cam trovava tutto questo tenero, nonostante fosse insolito.
"Gliel'ho detto anche io! Ma questo stupido non si vuole calmare." sbuffò Alex mettendo il broncio.
"Ehi!"
Cameron provò a protestare, ma si fermò quando udì la risata di Oliver.
Si erano visti poche volte, ma in quella settimana il padre di Alex era venuto tutti i pomeriggi alla accademia, nonostante si dovesse fare un'ora di treno sia all'andata che al ritorno.
Con le cose del processo, le pratiche, gli avvocati, le accuse.
C'era un sacco di roba da ricordare che aveva messo in confusione sia lui che Alex.
Ma almeno aveva imparato a conoscere meglio quell'uomo ed aveva imparato che era molto divertente e soprattutto era una persona alla mano, sorrideva spesso.
Ma una cosa che non faceva spesso era ridere.
"Mi dispiace figliolo, te lo sei scelto, non puoi farci niente." disse guardano Alex che scoppiava a ridere a su volta.
Cameron era allibito.
"Ma insomma! Lui mi dice che sono scemo e tu neanche lo sgridi un po'?!"
Ora Cameron quello col broncio, il suo non era infantile come quello di Alex, ma poco ci mancava.
"Perché dovrei sgridarlo se ha ragione?!" chiese Oliver facendo ridere ancora di più Alex.
Padre e figlio se la ridevano di gusto, lasciando il povero Cam con un broncio che ora era paragonabile a quello di un bambino di 5 anni quando gli dici che quel giocattolo non può averlo.
"Ora mi sento offeso!"
Ad Alex erano bastati solo 7 gironi per riprendere completamente in mano il rapporto che aveva con suo padre. Certo, c'erano ancora alcuni punti che andavano chiariti e molte cose erano ancora nascoste.
Ma era sicuro di voler sapere ogni cosa, bella o brutta che sia.
In fondo era suo figlio.
"Signor McCardue?"
Un medico era entrato in sala e loro non se ne erano neanche accorti.
Oliver si alzò subito in piedi e si avvicinò.
"Mi segua un attimo, dovrei parlargli in privato."
A quelle parole Alex si alzò di scatto e raggiunse il fianco del padre.
"Tu no ragazzino, devo prima parlare col signore."
Dire che Alex si sentiva offeso era un eufemismo.
Quel vecchiaccio dalla barba incolta lo aveva scartato come se fosse una cartaccia delle caramelle e osava addirittura chiamarlo "ragazzino".
Se solo quello non fosse il portatore dei risultati delle analisi, era abbastanza sicuro, lo avrebbe ucciso sul momento.
Ma suo padre tentò di calmarlo e gli mise una mano sulla spalla.
"Le dispiace se entra anche mio figlio? Vorrei fosse presente."
Alex ghignò e guardò con aria di superiorità il dottore che dopo una veloce occhiata ai due chinò il capo ed acconsentì.
E fu così che Cameron Luxuary fu lasciato solo come un cane in una sala d'aspetto.
E dire che era lui quello più ansioso e preoccupato.
Bevve tutta la sua bevanda e poi la gettò, iniziando poi a camminare per tutta la stanza, bisbigliando tra sé e sé frasi connesse come "Andrà tutto bene", "Non preoccuparti" o "Chissà qual'è il risultato...".
Secondo Cam erano passati anni.
A dire il vero erano a malapena 10 minuti.
Ma quando rivide i due uscire dalla porta non pensò a niente e si fiondò tra le braccia Alex.
"Ditemi che portate buone notizie!"
Sì era decisamente più agitato lui.
Alex gli appoggiò la mano sul petto per farlo staccare leggermente e poi lo fece voltare verso suo padre.
L'uomo sorrideva e teneva in mano un foglio che attestava che Alex McCardue era geneticamente figlio di Oliver McCradue.
"Direi proprio di sì."
E Cameron in quel momento non ci pensò due volte ad abbracciare anche Oliver.

"Un processo?!"
Alex e Cam non potevano certo tenere nascosto ancora per molto tutto quello.
E così quella sera avevano chiesto di vedersi tutti nella stanza 210.
Era la sera prima del processo, e forse avrebbero dovuto dirglielo prima, ma tra una cosa e l'altra era stato complicato.
E ora che gli avevano spiegato tutto, metà di loro avevano la mascella a terra.
Michael aveva provato a rimanere impassibile e ora provava a sostenere Kat che aveva iniziato ad asciugare qualche lacrima.
Jonah guardava preoccupato Cam e Alex che stavano tremando come foglie al solo pensiero di dover sostenere il processo.
Chris era subito andato ad abbracciare Alex che lo aveva stretto a sé come se da quell'abbraccio dipendesse la sua vita.
Autin aveva osservato tutti uno ad uno, ma poi era stato Cam a guardarlo supplicando e allora gli si era avvicinato all'amico portando un braccio sulla sua spalla per confortarlo.
Zack invece sorrideva a quella scena.
"Allora era per questo che non dormivi la notte?" chiese Zack guardando il proprio compagno di stanza.
Alex sobbalzò e guardò il proprio amico.
"Te ne eri accorto?"
Zack annuì e si sedette al fianco di Alex.
"È da due settimane che non dormi quasi per niente, a lezione non stai attento e fissi il vuoto. Non sei quasi mai in camera e quando ci sei è come se la tua mente fosse altrove. Poi ogni pomeriggio stai fuori e torni tardi... Eri strano e avevo iniziato a preoccuparmi per te, ma ora sono felice che tu ce l'abbia detto!"
Tutti rimasero a bocca aperta, quello meno sorpreso era Jonah, sapeva che al suo ragazzo non sfuggiva niente.
Eppure tutti gli altri non si erano accorti di niente.
Austin e Jonah non avevano fatto caso all'assenza di Cameron al pomeriggio, dato che restava tutto il tempo con Alex.
Michael e Kathrin tanto meno si erano accorti di quelle differenze.
Ma quello che si sentiva più in colpa per non essersi accorto di niente.
Lui era sempre stato in quella stanza ed era così concentrato sui suoi dubbi che non si erano accorto che un suo compagno stava soffrendo molto più di lui.
"Scusa se ti ho fatto preoccupare. Ma ora sarà meglio andare a dormire, domani sarà una giornata impegnativa!"
Era palese che Alex si sforzasse di dire tutto quello, ma aveva ragione: era meglio riposare.
Uscirono tutti, uno a uno, fino a che in quella stanza non rimasero i tra coinquilini e Cameron, che si era fermato che fare dire qualche parola ad Alex.
E dopo qualche bacio e un paio di carezze, uscì dalla stanza.
Alex sospirò prima di andare dai suoi compagni ed abbracciare entrambi.
"Scusatemi ragazzi."
Era in lacrime, probabilmente era più difficile di quello che dava a vedere.
"Scusaci tu per non esserti stati vicino come avremmo dovuto." gli sussurrò Chris accarezzandogli la schiena dolcemente.
Alex era completamente distrutto da quella storia.
Quando gli aveva raccontato del processo, aveva anche spiegato il rapporto che aveva creato con suo padre e quello che aveva avuto con sua madre.
Aveva parlato di ciò che gli aveva detto suo padre su sua madre.
Aveva detto della sua infanzia e di tutto quello che era successo nelle ultime due settimane.
Ma alla fine, l'unica cosa che potevano fare loro era stargli accanto ed è proprio quello che fecero quella sera.
Zack e Chris restarono abbracciati ad Alex tutto il tempo sul suo letto.
In effetti era molto stretto e più volte Chris aveva rischiato di cadere, ma alla fine il ragazzo si era addormentato, ovviamente dopo aver inzuppato il cuscino di lacrime.
Chris scese lentamente dal letto, sperando di non far rumore, mentre Zack ancora coccolava Alex.
Si sentiva terribilmente in colpa per non essersi accorto di niente.
Si sentiva anche egoista perché in quel periodo aveva solo pensato a se stesso.
E nonostante tutto non poteva fare niente per il suo migliore amico.
"Chris."
Zack lo aveva chiamato a bassa voce per non svegliare Alex che gli si era addormentato praticamente addosso a lui.
Chris si era voltato e lo guardava con al testa china.
Ma probabilmente Zack aveva già capito tutto.
"Pensavi che non me ne fossi accorto?" chiese sorridendo dolcemente al suo amico.
Chris tornò verso il letto e si sedette per terra, appoggiando la testa sul fianco di Zack.
Il moro iniziò ad accarezzare dolcemente i capelli biondi dell'altro.
"Puoi dirmi tutto quello che vuoi, lo sai, vero?"
Lo sapeva, i suoi amici gli erano sempre stati accanto e lo avevano sempre aiutato, mentre lui... Lui aveva pensato solo a se stesso, come il peggiore degli egoisti.
"Io... Ho pensato solo ai miei problemi. Mi ero accorto che Austin non mi parlava più come prima e che era preoccupato per qualcosa e io non sapevo cosa... Così non mi sono accorto di niente e non ho aiutato Alex... Faccio schifo."
"Non dire così, non lo hai fatto con cattiveria. Piuttosto ora vai da Austin e vedi di risolvere, domani Alex avrà bisogno del suo amico. E tu non riusciresti ad aiutarlo se prima non risolvi."
Sia benedetto chiunque avesse fatto quel ragazzo. Zack sapeva sempre cosa dire e quando.
Aveva ragione, lui aveva sempre ragione, su tutto ed era indispensabile per quei ragazzi.
Chris alzò lo sguardo, lasciando che una mano si Zack andasse ad accarezzargli una guancia.
"Grazie."

-

Chris era riuscito per miracolo a raggiungere la stanza numero 86, o quasi.
Si era completamente dimenticato del coprifuoco e si era buttato nel primo sgabuzzino quando aveva visto uno degli insegnanti per il corridoio.
Ci mancava poco che lo beccassero.
Per fortuna la porta del ripostiglio delle scope era aperto.
Solo dopo dieci minuti buoni era riusciti ad arrivare nel corridoio dove si trovava la stanza di Austin.
Stava per avvicinarsi alla porta della stanza 86, quando questa si aprì.
Austin era uscito dopo aver aspettato che i suoi compagni si addormentassero.
Il giorno successivo sarebbe stato impegnativo e doveva essere lucido al 100%, non poteva passare la notte in bianco solo perché si faceva dei stupidi dubbi.
Così era uscito per andare da Chris, ma appena aveva era uscito, se lo era ritrovato davanti.
Si guardarono per poco, poi proprio quando Austin stava per dire qualcosa, si iniziarono a sentire dei passi.
Chris tirò Austin dentro una porta sulla sua destra, questa volta era uno sgabuzzino che conteneva dei prodotti per la pulizia.
L'odore di disinfettante si fece subito sentire, ma i passi si facevano sempre più vicini e i ragazzi non prestarono troppa attenzione all'ambiente circostante.
Appena i passi si allontanarono i due ragazzi sospirarono di sollievo.
"Che ci fai in giro a quest'ora?!" chiese Chris quasi arrabbiato.
"Che ci fai tu in giro a quest'ora?!" chiese allora Austin.
"Cercavo te scemo!"
Stavano cercando di tenere basso il tono di voce, ma non era così facile per i due ragazzi, soprattutto se Austin era irritato.
"E perché?" chiese il maggiore, cercando di abbassare la voce.
Chris non vedeva niente, ma provò comunque ad allungare una mano verso l'altro, sfiorandogli il fianco.
"Perché ultimamente sei strano, c'è qualcosa che ti preoccupa?"
Austin aveva provato a tenerselo per sé, ma a quanto pare era stato impossibile.
La mano di Chris gli accarezzava il fianco e rimaneva lì, come se volesse incoraggiarlo.
"È solo che ultimamente ho un brutto presentimento. Tra noi va tutto bene, ora con te ho una vita perfetta, e anche adesso sono l'uomo più felice della terra, perché sono con te. Ma quando sono solo inizio a pensare che è tutto troppo perfetto e questa sembra solo la calma prima della tempesta e ne ho paura..."
Austin si era leggermente avvicinato e così facendo aveva dato la possibilità a Chris di capire bene dove si trovasse.
Poi sentì anche l'altra mano del biondo sul fianco e la sua testa sul petto.
"Hai detto che quando sei con me stai bene ed è quando sei solo che ti vengono questi pensieri, giusto?"
Austin annuì e per farglielo capire gli sussurrò anche un debole "sì" al suo orecchio.
"Allora basta che tieni a mente che io sono sempre qui." disse Chris appoggiando una mano sul cuore di Austin.
"Non ti lascio solo, sono sempre con te."
Dopo aver concentrato la sua attenzione per qualche attimos su quella piccola mano sul proprio petto, spostò poi le braccia dietro la schiena di Chris, stringendolo a sé.
"Mi faccio troppi problemi."
"Puoi dirlo forte."
Si presero qualche momento, in cui si strinsero l'uno all'altro e si baciarono come non facevano da giorni.
Poi decisero che era ora di tornare in camera, dovevano dormire per affrontare la giornata che li aspettava.
Quando Chris ritornò in camera vide i suoi due amici nello stesso letto.
Si avvicinò al letto, e vide con gioia che entrambi erano nel mondo dei sogni e si stringevano l'uno all'altro anche se nel sonno.
Probabilmente neanche Zack aveva dormito in quei giorni, infatti igni notte era stato sveglio per paura che in qualche modo Alex potesse star male ed avesse bisogno di lui.
Quel ragazzo ero fantastico.
Chris si chinò sui suoi amici e gli lasciò sulla guancia un bacio ciascuno.
"Buona notte ragazzi."

"Mi potete spiegare perché siete venuti anche voi?" chiese Alex guardando i suoi amici.
Erano alla stazione e si erano trovati appresso sei ragazzi preoccupati in più del previsto.
"Vogliamo venire con voi ovviamente!" protestò Chris mentre si sedeva al fianco di Alex.
Cameron aveva già capito che i suoi amici non avrebbero mollato l'osso tanto facilmente e così si abbandonò ad un lungo sospiro, per poi voltarsi verso il finestrino.
"Va tutto bene?" chiese Jonah prendendogli la mano.
Cam sospirò e gli strinse la mano a sua volta.
Non poteva andare bene.
Stava per vedere il suo ragazzo davanti al suo incubo peggiore e avrebbe dovuto aiutarlo.
Ma si sentiva inutile e incapace di aiutarlo, nonostante dovrebbe essere lui quello ad aiutare di più Alex, sentiva come se anche lui avesse bisogno di aiuto.
Jonah capì tutto con solo uno sguardo e lo strinse a sé dolcemente.
Dopo circa venti minuti di treno Cam si era addormentato su Jonah che stava sonnecchiando ed anche Michael e Chris erano sprofondati nel mondo dei sogni.
Zack stava parlando con Kat ed Alex mentre Austin ascoltava musica mentre guardava fuori dal finestrino.
Poi ad un tratto il telefono di Alex squillò.
Il ragazzo sorrise vedendo il numero sullo schermo e poi rispose.
"Pronto? Papà?"
A quelle parole tutti i ragazzi svegli sussultarono e si voltarono verso Alex.
"Sì, siamo sul treno ed arriveremo fra dieci minuti, siamo in orario non preoccuparti."
Le risposte dall'altro capo non erano comprensibili, ma l'espressione di Alex cambiava ad ogni risposta.
"Ah capito, la mamma... È un problema se sei ragazzi impiccioni e simpatici mi hanno seguito?"
E una gomitata arrivò dritta nelle costole di Alex.
"Capito, arriviamo tra poco, ciao." disse allegro Alex.
Poi dopo aver chiuso la chiamata il ragazzo si voltò verso Zack lanciandogli un'occhiataccia.
"La prossima volta che tenti di darmi una gomitata quando sto al telefono, ti uccido!"
Quando scesero dal treno stranamente Zack era ancora vivo.
La stazione non era molto lontana dal tribunale e il tragitto fu breve.
Quando arrivarono all'edificio Alex iniziò a correre per raggiungere suo padre che probabilmente era lì ad aspettarli da almeno un'ora.
Appena si trovarono uno davanti all'altro Oliver abbracciò suo figlio e Alex si fece stringere.
Poi ovviamente Oliver abbracciò anche Cameron, rassicurandolo.
Avere Cam lì era come avere un secondo figlio.
Poi Alex gli presentò anche la "marmaglia".
Sembrava tutto tranquillo, eppure quando arrivò la fatidica ora tutti si avvicinarono all'aula.
Davanti a quell'aula trovarono un uomo in completo ad aspettarli.
"Alex, ti presento il mio avvocato, George è stato anche un mio collega in passato, è molto capace." Alex strinse la mano allo sconosciuto.
"È un piacere conoscerti. Allora, ti senti pronto?" chiese l'uomo dentro il suo completo.
"Sì, abbastanza... Dovrò testimoniare, giusto?"
L'uomo annuì.
"Sì, ma tuo padre mi ha detto che ne avete già parlato e che sei pronto, posso fidarmi di questo qui?" chiese George indicando il padre di Alex.
"Ehi!" protestò Oliver.
"Credo di sì... Spero."
"Bene, ora entriamo. I tuoi amici potranno assistere, ma tu e tuo padre sarete davanti al giudice con me." detto questo George si voltò ed aprì la porta dell'aula.
I ragazzi presero subito posto, mentre Alex e Oliver seguivano George.
Il figlio cercò la mano del padre, che dopo un momento di esitazione gliela strinse.
Per fortuna sua madre non era ancora entrata, altrimenti Alex non sarebbe riuscito a mantenere tanta calma.
Ma quando sentì dei tacchi risuonare nell'aula si girò e dopo anni la rivide.
Non era invecchiata di un giorno, aveva ancora quei lunghi e bei capelli castani e quegli occhi verdi piccoli e sottili erano rimasti gli stessi.
"Iniziamo."

Alex non aveva capito quasi niente di tutto il processo.
Aveva solo compreso che suo padre era anche accusato di stupro.
Quando glielo aveva chiesto suo padre gli aveva risposto che quella risultava nuova anche a lui.
"Chiamo a testimoniare Oliver McCerdue."
Alex guardò suo padre che gli lasciava la mano e si alzava.
Dopo ave preso posizione l'avvocato che difendeva sua madre si avvicinò.
"Ciao Oliver. Da quanto tempo!" disse l'avvocato avvicinandosi.
Suo padre era impassibile e quasi disturbato dalla presenza di quell'uomo.
"Si, e non mi lamento certo della tua distanza Simon."
Per poco Cam non scoppiò a ridere, a quanto pare era l'avvocato ad essere in difficoltà ora.
"Quanto sei crudele, eppure ci conosciamo da anni. Crudele come quando hai stuprato tua moglie?"
"Non l'ho mai stuprata. Ma giusto per togliermi una curiosità, quando l'avrei stuprata?"
Alex si stupiva di come suo padre fosse in grado di tener testa all'avvocato.
"Tipo quella notte in cui suo figlio, a sei anni, era andato in campeggio, e tu ne hai approfittato."
"Beh se proprio vogliamo dirla tutta mia moglie dovrebbe almeno averle riferito che Alex non è andato in campeggio a sei anni, ma a sette e questo lo possono provare i pagamenti fatti con la carta di credito. Ma il suo errore, Simon, è che io con mia moglie non ho un rapporto da vent'anni e se tra le tue tante e vane capacità c'è anche la possibilità di fare delle sottrazioni, potrai ben capire che la tua affermazione non potrebbe essere più errata. Se invece credi che io abbia fatto qualcosa allora dovrei tirare fuori i pagamenti che mia moglie aveva effettuato in quei giorni di campeggio. Erano tutte di un albergo. Io in quei giorni sono stato a casa da solo."
Alex aveva un sorriso di scherno stampato in faccia.
Si girò a guardare sua madre, tutta rossa e con un'espressione allibita. Non pensava che lui e suo padre avessero fatto tutte quelle ricerche. Tanto meno che fossero tanto precise e minuziose.
"Allora mi vuol dire quando ha picchiato ripetutamente sua moglie? Anche davanti a suo figlio!"
Oliver strinse i denti e si prese qualche secondo per rispondere, ma Simon intervenne.
"Obbiezione! Il mio cliente è già stato accusato di questo tipo di accuse cinque anni fa, quando suo figlio è stato allontanato dalla casa per volontà di sua madre. Per di più è stato giudicato colpevole e ha passato due anni sotto stretta sorveglianza e sotto l'osservazione di diversi medici, dato che le sue azioni erano mosse dall'alcool."
Il giudice soppesò le parole e poi si voltò verso Oliver.
"Accolta."
Era fatta, oramai non potevano più accusarlo di niente, da quel periodo in poi il signor McCardue aveva condotto una vita esemplare e non aveva commesso un solo errore.
"Ok, va bene, ma che mi dice di suo figlio. Anche lui aveva tradito? Perché è stato così crudele anche con lui, quando suo padre era cambiato aveva solo cinque anni!"
"Sono stato io a volere quel figlio, l'ho amato per tutto il tempo. Forse non l'ho dimostrato, ma non ho quasi ricordi di quel periodo. Ma ora ho migliorato me stesso e sono io quello che si è riavvicinato a lui, dicendogli la verità e facendomi accettare, nonostante il mostro che ero stato in passato."
"Mi dica allora delle sere in cui tornava a casa ubriaco e non esitava ad urlare. Ha mai pensato a quel bambino?!"
Oliver sospirò, stava per perdere la pazienza, ma gli occhi del suo adorato figlio gli davano coraggio.
"Sì, ho pensato a lui. Ma sapevo che lui aveva paura di me. Quando tornavo ubriaco, dopo aver urlato e odiato mia moglie cercavo di tornare lucido, almeno quanto bastava per fare la cartella a mio figlio e preparargli il panino per la merenda del giorno dopo. Quando vedeva che non finiva i compiti li facevo io. Poi quando se ne dimenticava gli mettevo la coperta e spegnevo la luce. Poi tornavo a dormire con mia moglie. All'inizio le chiedevo scusa, poi non l'ho più fatto. Non perché non volessi dirglielo, ma semplicemente non era lì, anzi probabilmente era in un altro letto."
"E allora, se era un buon padre come dice, perché suo figlio non se ne ricorda?"
Alex provò a scavare nella sua memoria, ricordando di tutte le volte che aveva sentito dei passi per le scale e che dopo averli sentiti prendeva subito sonno, della luce che si spegneva e della coperta che gli veniva messa addosso. Di quando vedeva dei compiti che non si ricordava di aver fatto o di tutte le volte che si ritrovava la merenda nello zaino.
Allora era sempre stato lui?
"Perché lui aveva paura di me e ormai quell'idea era radicata in lui. Sarebbe stato troppo difficile, soprattutto a causa della presenza di mia moglie. Che anche lei non si può vantare tanto, dato che sono abbastanza certo che la maggior parte delle notti della vita di Alex, lei le abbia passate nel letto di un certo avvocato che conosco molto bene, vero Simon?"
Tutti in quella stanza potevano capire che quella era un'accusa molto pesante, ma probabilmente anche vera.
Oliver sembrava soddisfatto, tanto è vero che aveva stampato un ghigno sul volto.
"E solo perché sottolinea che sua moglie non sia stata una madre esemplare, la dovrebbe rendere una persona migliore?"
Il signor McCardue cercò di protestare, ma l'avvocato tagliò corto con un "Ho concluso" breve e conciso.
Ora veniva il momento di George.
"Signor McCardue, le insinuazioni che ha fatto prima contro l'avvocato e la signora seduti su quel banco, erano fondate?" ed indicò la signora McCardue.
"Certo, e sinceramente non si erano impegnati neanche troppo per tenerlo nascosto."
Alex aveva seguito tutto con attenzione, ma si sentiva in soggezione, poteva sentire lo sguardo di sua madre trapassarlo da parte a parte.
Lui non sarebbe mai stato in grado di tener testa ad un avvocato in quel modo.
Come avrebbe fatto.
"Bene, e secondo lei sua moglie ama suo figlio?"
Alex non staccava gli occhi dal padre che istintivamente li aveva rivolti verso di lui, in quel momento avevano bisogno l'uno dell'altro.
"Non credo. Quando non era ancora nato non lo voleva, quando era nato lo sopportava a malapena ed era costretta a conviverci. Quando è stato abbastanza grande, se ne è sbarazzata e poi è scappata. Se non mi sbagli lei in una lettera aveva detto di poter essere fiera ed orgogliosa di aver cresciuto Alex senza un padre. Mi chiedo quanto possa essere orgogliosa di aver cresciuto un figlio senza amore e privandolo di un padre. E ora sto cercando di rimediare agli errori di mia moglie."
Stava per piangere, un'altra parola, anche la più piccola e Alex sarebbe scoppiato a piangere davanti a tutti.
"Un'ultima domanda Oliver: lei ama suo figlio?"
Sì, stava già piangendo, sentiva le lacrime che volevano uscire e i singhiozzi formarsi in gola.
"Più di ogni altra cosa al mondo."
Alex non vide più niente, aveva la vista appannata, ma poco dopo sentì delle voci e una mano si posò sulla sua spalla.
Lui la afferrò e la tenne stretta.
Avrebbe voluto abbracciarlo e dirgli che gli dispiaceva per tutto l'odio che gli aveva rivolto in quegli anni.
Ma non in aula, lo avrebbe fatto dopo.
Ma di sicuro lo avrebbe fatto.
"Chiamo a testimoniare Merienne McCardue."
Ed ora era il momento di sua madre.
Alzò lo sguardo e la vide sedersi dove poco prima c'era suo padre.
"E lei Marienne? Lei ama suo figlio?"
La donna sorrise facendo spuntare i denti bianchi tra le labbra rosse.
"Certo che sì, è mio figlio, come potrei non amarlo?!" anche la sua voce era sempre la stessa, melodica ed incantatrice.
"Mi dica allora, perché cinque anni fa lo "se ne liberata" e poi è scappata?"
Simon stava facendo evidentemente delle domande che avrebbero portato in buona luce sin da subito la signora.
"Andare in un campus era sempre stato il suo sogno e ovviamente volevo accontentarlo. Probabilmente in quella casa non poteva vivere, non con un padre del genere. Avevo messo da parte alcuni risparmi ed è così che ho mandato mio figlio a studiare. Ma ho sempre cercato di essere una madre benevola e presente."
"Grazie, ho finito."
Ed ora era il momento di rigirare le cose a proprio favore.
George fece un bel respirò e guardò velocemente padre e figlio al suo fianco. Questa volta non poteva perdere.
"Merienne, posso chiederle perché ha scelto proprio quella accademia per far studiare suo figlio?"
La donna sorrise ancora e guardò Alex che impassibile continuava a tenere la mano del padre sotto il banco.
"Ovviamente perché volevo che il suo sogno si realizzasse."
Che sorriso falso.
"E si ricorda come si chiama l'accademia?"
"P.C.A."
"Eccellente, e ora mi dica per cosa stanno quelle tre lettere."
La donna sbarrò gli occhi e guardò l'avvocato in cagnesco.
"È tanto importante?"
"Giudichi lei, in fondo è solo il sogno di suo figlio. E ora mi può dire chi sono le persone che Alex ha portato con sé? Dato che è una madre presente dovrebbe saperlo."
George non stava solo vincendo, stava anche rigirando il coltello nella piaga, dando il colpo di grazia alla donna.
"Suoi amici e compagni. Sono felice che si sia fatto degli amici."
Merienne era evidentemente in difficoltà, ma tentava di nasconderlo mordendosi le labbra e torturandosi le dita.
"Mi dica per esempio chi è quel ragazzo in seconda fila all'esterno. Una madre presente lo saprebbe."
Aveva indicato Cameron.
Alex si era girato velocemente, giusto per scambiarsi un veloce sguardo d'intesa e un lieve sorriso.
"Un suo amico."
Sua madre non sapeva proprio niente di lui.
Si voltò verso suo padre e questo gli sorrise stringendogli la mano.
"Errato, quello è Cameron Luxuary, il fidanzato di suo figlio, Alex. Non lo sapeva?"
In quell'aula sin poteva tranquillamente percepire la rabbia della donna, mista ad imbarazzo e vergogna.
E tutti quei sentimenti vennero racchiusi in un'occhiata che lanciò ad Alex.
George lo notò e subito colse la cosa al volo.
"Ma come? Una madre presente come lei non avrebbe almeno dovuto sapere che suo figlio è omosessuale?"
Un veloce sguardo d'odio anche verso l'avvocato e poi la donna tornò a sedersi di fianco al suo avvocato.
"Chiamo a testimoniare Alex McCardue."
Alex dovette lasciare la mano di suo padre ed andare a sedersi.
"Ciao Alex. Allora, sei agitato?"
Alex iniziò a torturarsi le dita, ma cercò di essere il più distaccato possibile.
"Sì, ma ora come ora mi chiedo perché lei inizi sempre salutando le persone. Dovrebbe rivedere questa cosa, sembra gli manchi qualche rotella."
Qualcuno rise, ma subito tornò l'ordine e l'avvocato riprese.
"È tuo padre ad averti fatto apprendere questa insolenza verso le persone più grandi?"
Alex squadrò l'uomo da capo a piedi e poi ghignò.
"Le dovrei del rispetto?" l'avvocato annuì.
"Il mio rispetto non lo si pretende, lo si guadagna. E di certo non porterò rispetto all'uomo con cui mia madre ha tradito mio padre, solo perché è vestito come un pinguino. Questa "insolenza" poi non mi è stata insegnata, è sempre stata mia. Ma da piccolo mio padre non ha avuto la possibilità di avvicinarsi a me e mia madre non mi ha mai insegnato niente."
George da lontano annuiva e sorrideva. Stava andando bene.
Oliver dentro di se stava gioendo in tutte le lingue che conosceva e molto probabilmente stava anche lanciando qualche maledizione a sua madre.
"Ho capito Alex. Allora dimmi come si comportava tuo padre quando eri piccolo. Hai detto che non ti si avvicinava, giusto?"
"Sì, da piccolo è stato così, non posso negarlo."
"Rispondi per bene alla domanda, per favore."
Alex digrignò i denti, non gli piaceva ricordare come era suo padre anni prima, ma non poteva neanche astenersi dal rispondere.
"Mio padre non era molto presente, e la maggior parte delle volte era ubriaco, quando non lo era teneva comunque le distanze. Trovo che la sua reazione al tradimento di mia madre sia stato eccessivo, ma comunque ora non possiamo farci niente. Forse in passato ho disprezzato mio padre, ma or-"
Alex non fece in tempo a finire che Simon lo interruppe.
"Quindi lo odiavi?"
"Non ho detto questo. Ma alcune volte ho pensato di odiarlo, però o-"
Ed ancora una volta ad Alex fu impossibile continuare.
"Odia suo padre, allora perché stai dalla sua parte Alex? Se odi tanto quell'uomo?!"
Alex avrebbe voluto dire qualcosa, ma l'avvocato non gli lasciò tempo e concluse.
Non poteva più fare molto per rimediare, forse lui aveva vanificato gli sforzi che avevano fatto in quel periodo.
Tutta la fatica e la tristezza. Buttata via.
"Alex?"
Giusto, era ancora il momento di George, non era ancora tutto perduto.
"Sì, scusi, ero sovrappensiero."
"Pensavi alle parole dell'altro avvocato?"
Alex ora oltre ad essere deluso, era anche arrabbiato, una piccola vendetta non avrebbe guardato.
"Pensavo solo che io nella mia frase ho usato un passato. Il che implica che non è più così. Forse ho odiato mio padre in passato, ma ora lo amo. L'avvocato prima di prendere la laurea in giurisprudenza avrebbe dovuto ripassare la sua grammatica."
Altre risate che per lo più venivano da Chris, Kathrin o da Austin, che di certo non si faceva problema a ridere in faccia alla gente.
"Concordo pienamente con te! Mi puoi dire che rapporto avevi invece con tua madre?"
"Beh lei quando ero piccolo mi era sempre stata accanto, anche se a volte mi chiedevo perché non mi facesse mai vedere mio padre. Forse prima le volevo davvero bene. Ma come ho detto prima il passato si usa per qualcosa che è stato ma ora non è più. Ora mia madre non è che una sconosciuta."
"E perché?"
"Lasciare il proprio figlio in un campus dovrebbe forse implicare il non essere più un genitore?"
Ed era finita, Alex poteva finalmente tornare al fianco del padre che lo guardava con gli occhi umidi e lo accolse con un bel sorriso.
Alex ricambiò quel sorriso riprendendo la mano del padre ed avvicinandosi al suo orecchio.
"Ti voglio bene papà." sussurrò dolcemente.
"Anche io. Comunque vada sappi che sono fiero di te e che per me tu sarai sempre il mio adorato mio figlio."

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top