Capitolo 27: "Restiamo insieme"


“Quindi non avete risolto un bel niente.” disse Chris sospirando e posando la propria tazza di thé fumante sul tavolo.
Austin lo guardò dubbioso per qualche istante, il biondo sembrava arrabbiato ma anche sconsolato, sinceramente non sapeva che pensare.
“Non ci siamo neanche parlati.”
Christopher non capiva se tutto quello che Austin diceva serviva apposta per farlo innervosire.
Era da giorni che provava a chiedergli di lui e Jonah, pensava che tutto si fosse risolto, dato che li aveva ritrovati abbracciati insieme nello stesso letto, invece non era così.
A quanto pare i due cugini non avevano risolto un bel niente.
“Ma se eravate stretti l'uno all'altro e vi siete addormentati insieme! Non dirmi che quella posizione e quella stretta era casuale, perché non ci credo per niente!” sbottò in fine Chris sull'orlo di una crisi di nervi.
Alcune volte Austin proprio non lo capiva.
Il moro dovette chiudere gli occhi qualche secondo, non voleva arrabbiarsi anche lui, doveva mantenere la calma perché ora era Chris quello irritato.
“Ci siamo parlati, ma quello che ci siamo detti non ha chiarito niente...” sospirò Austin, abbassando il volume di voce.
Chris si accorse solo in quel momento del suo atteggiamento aggressivo e provò a calmarsi per qualche secondo.
“Allora cosa vi siete detti?”
“Solo che ci mancava.” disse Austin con un filo di voce, non era troppo facile parlare di quel tipo di cose, ma Chris era una persona comprensiva e lo avrebbe ascoltato, qualunque cosa avesse detto.
“Che cosa?” chiese dolcemente Chris prendendogli la mano da sopra il tavolo.
“Che ci manca essere quello che eravamo prima, amici, cugini, non certo quello che siamo ora.”
Era molto difficile per Austin quel momento, anche perché purtroppo anche lui avrebbe voluto che le cose fossero più chiare, ma quando si era risvegliato Jonah era già tornato in camera e lui si era ritrovato da solo.
Forse avrebbero dovuto chiarire una volta per tutte, ma la sola idea spaventava i due ragazzi che già si erano ritrovati abbandonati l'uno dall'altro.
Forse non volevano che ciò che era accaduto si ripetesse.
“Ci siamo anche scusati e anche io pensavo che qualcosa si fosse risolto, ma da quel momento non ci siamo più parlati, lui mi evita e forse capisco anche il motivo... Come me non vuole rimanete ancora solo.”
Austin aveva abbassato lo sguardo ed ancora non lo aveva alzato, senza guardare in faccia niente che non fosse la sua tazza calda.
Chris improvvisamente gli lasciò la mano e Austin fu tentato di alzare lo sguardo per cercarlo, ma poco dopo trovò le labbra del biondo sulle proprie.
Il ragazzo si era alzato ed indisturbato si era portato al suo fianco, per poi arrivare al suo volto, baciandolo ed attirando così su di se tutta l'attenzione del bar.
Iniziarono a sentirsi diverse voci per la stanza, voci come “Ma gli sembra questo il luogo?”, “Oddio ma sono suo ragazzi?!” o “Ma quello è Austin!”.
Niente che già non si fosse sentito, ma dava sempre un po' fastidio e i due ragazzi furono costretti a staccarsi poco dopo, ma anche se il bacio era stato breve e veloce, servì comunque al moro per calmarsi e ritrovare un po' di pace.
I ragazzi tornarono ognuno al proprio posto, restando a fissarsi per qualche istante per poi riprendersi per mano.
Il brusio delle voci pian piano scemò e ogni cliente tornò a farsi gli affari suoi, come era giusto che fosse.
Ad Austin non era mai importato gran che di quello che pensava la gente, forse all'inizio gli era un po' pesato perché nessuno lo aveva mai visto in atteggiamenti romantici con qualcuno, ma quando vide che Chris era molto più a disagio di lui, decise di fregarsene altamente.
Ma proprio in quel momento era stato Chris a fare la prima mossa, anche se tra i due era quello che più aveva problemi nel fare certe cose in pubblico.
Non capirono neanche loro per quanto tempo rimasero a fissarsi fino che un rumore, o meglio, una voce, non risvegliò Chris.
“Mi siedo ad un tavolo grazie.” disse Michael che era appena entrato nel bar, rispondendo gentilmente ad una cameriera.
Subito il ragazzo iniziò a guardarsi intorno, per cercare un tavolo libero.
Chris sapeva che poteva non essere una buona idea, ma tentar non nuoce, vero?
“Austin, ti dispiace se Michael si siede con noi?” chiese il biondo al proprio ragazzo.
Il moro rimase con gli occhi spalancati per qualche istante, poi parlò.
“Se proprio vuoi...” disse con una nota di disappunto nella voce, che però Christopher non colse.
“Michael, qui!” lo chiamò Chris dall'altra parte del bar, attirando ancora l'attenzione su di se.
Sia lui che Michael volevano ritrovare il rapporto di amicizia che una volta li legava e se volevano che ciò accadesse dovevano accettare anche quello scorbutico di Austin.
Il giovane che ancora era all'entrata della porta si fece spazio tra la gente e si avvicinò al tavolo, vedendo chi vi era seduto in torno.
L'ultima cosa che avrebbe voluto vedere era Austin, ma aveva capito il motivo per il quale Chris lo aveva chiamato, così buttò giù il boccone amaro e si sedette coi ragazzi sorridendo e rivolgendo un “grazie” di cortesia a Christopher che in risposta fece un cenno del capo tutto felice.
“Come te la passi?” chiese Chris cercando un qualsiasi argomento per iniziare la conversazione.
Michael prima di rispondere lanciò una veloce occhiata ad Austin il quale lo stava del tutto ignorando.
“Devo dire abbastanza bene, anche se sai che nello studio non sono una cima.” disse il ragazzo.
“Certo che lo so, sei una frana!” disse Chris ridendo davanti al volto imbronciato di quel ragazzo che tanto aveva amato.
“Beh sei sempre stato tu quello intelligente.” dice scherzando Michael.
Il ragazzo non si era minimamente accorto degli sguardi interessati che Austin lanciava ai due che partecipavano a quella strana discussione.
“Ed è ancora così, dico bene?” chiede Chris vedendo l'interessamento mal celato di Austin.
Il moro sorpreso sbuffò per poi ghignare e guardare il proprio ragazzo.
“Io sono intelligentissimo! Cosa credi?!” chiese arrogante, facendo ridere ancora Christopher.
“Si, come no!” ribatté a tono Chris con aria di superiorità.
“Sei sempre una spina nel fianco vedo!” disse il suo ex ragazzo divertito.
Michael iniziò a ridere coinvolgendo stranamente anche Austin.
Christopher guardò sorpreso la scena per poi unirsi alla risata.
Furono interrotti quando una cameriera venne per chiedere l'ordinazione di Michael.
“Un earl grey tea? Davvero?” chiese sorpreso Austin dopo che la cameriera se ne fu andata.
“Che c'è? Sono una persona raffinata io!” disse Michael meritandosi una gomitata da parte di Chris.
Un'altra risata interruppe la conversazione, che riprese dopo il ritorno della cameriera con il thé che Michael aveva ordinato.
“Beh mi fa piacere rivedervi, l'ultima volta purtroppo non è stato un incontro piacevole...” disse titubante Michael rivolgendosi in particolar modo ad Austin.
“Mi dispiace, ma si può sempre rimediare.” disse in risposta il moro.
“Ma purtroppo c'è ancora della gente con cui non vai troppo d'accordo, vero?” chiese Chris con insistenza al proprio ragazzo facendogli ben comprendere di chi parlasse.
Austin sospirò e si alzò lentamente dalla sedia.
“Mi sa tanto che ora devo andare, a dopo.” disse il moro prima di abbassarsi e lasciare un veloce bacio sulle labbra di Chris.
“E fatti vivo ogni tanto Michael!” disse Austin prima di uscire dal bar.

Cameron stava rimettendo a posto le proprie cose che in quei giorni si erano accumulate sulla scrivania ed in giro per la stanza.
“Serve una mano?” chiese Jonah osservando la scena da lontano.
Cameron stava rimettendo tutto a posto, ma sembrava che contemporaneamente stesse cercando qualcosa senza sapere cosa realmente fosse.
Il compagno di stanza non lo degnò di una risposta, così decise di propria iniziativa di aiutare l'amico a rimettere a posto le proprie cose.
“Potresti almeno ringraziarmi.” disse sbuffando Jonah prendendo uno dei quaderni di Cam e mettendolo in ordine sulla scrivania.
“Mh, grazie.” disse Cam sovrappensiero.
Quel ragazzo si comportava in modo molto strano, non che di solito Jonah frequentasse persone molto normali anzi, i suoi amici erano totalmente fuori di testa.
Non sapeva cosa stava cercando, ma quando trovò il portafoglio di Cam pensò che si trattasse di quello, ma quando glielo sventolò sotto gli occhi il ragazzo in questione gli disse di metterlo su una mensola qualsiasi, come se non gli importasse niente.
Cosa diamine stava cercando quel ragazzo?!
“Trovata!” esclamò tutto felice ad un certo punto sollevando una piccola chiavetta usb.
Subito il Cameron si precipitò al computer collegandovi la chiavetta e iniziando a guardare ogni singola cartella che gli si apriva davanti.
“Di che si tratta?” chiese Jonah incuriosito da tutta quella euforia.
Per la seconda volta il ragazzo fu tranquillamente ignorato e continuò a guardare lo schermo del computer.
Jonah stava iniziando ad innervosirsi e Cam sapeva che quello non era un buon segno, ma in quel momento il ragazzo sembrava preso da ben altro.
“Cam vuoi dirmi che cazzo stai facendo?! Mi fai preoccupare amico!” disse quasi urlando il moro.
Non gli piaceva perdere la pazienza, ma chi lo ignorava ci riusciva abbastanza facilmente.
Cameron per la prima volta sembrò accorgersi della sua presenza e finalmente si girò a guardarlo con uno sguardo interrogatorio, come se il motivo della sua rabbia non fosse il suo comportamento irritante e fuori dal normale.
“Ti serve qualcosa?” chiese Cam alzando il sopracciglio e guardandolo con fare sospetto.
Jonah stava per dare i numeri, non pensava che quella giornata sarebbe stata così tanto snervante... E non era ancora finita!
“Posso sapere di cosa si tratta?” chiese Jonah sospirando ed indicando la chiavetta usb.
Cam guardò per un'attimo lo schermo e poi sorrise facendo spazio all'amico per farlo sedere al suo fianco.
Jonah sospirò e gli si sedette di fianco.
Cam non parlò molto, stava continuando ad aprire cartelle su cartelle per trovare chissà cosa.
Il castano aveva uno strano sorriso malinconico sul volto e questo di certo non sfuggì a Jonah.
Il moro quindi decise di aiutarlo almeno un minimo.
Prese Cameron per i fianchi, facendolo sussultare, e lo spostò tra le proprie gambe, per fagli appoggiare la schiena al proprio petto e per poterlo abbracciare da dietro.
"Wow allora anche tu sai essere dolce!" esclamò Cam fingendosi sorpreso.
In tutta risposta Jonah appoggiò il mento su una sua spalla e gli soffiò dietro l'orecchio facendogli venire qualche brivido.
Cameron sorrise e continuò a cercare.
"Trovata!" esclamò attirando l'attenzione di Jonah che subito guardò lo schermo.
Il cursore era su una cartella di nome "Leila".
Riconoscendo il nome della sorella di Cam, Jonah strette maggiormente a se l'amico, per confortarlo ed aiutarlo.
Appena la cartella si aprì vide che la maggior parte erano foto e riportavano tutte le date di quando erano state scattate, ce ne erano alcune risalenti addirittura a 15 anni prima!
"Ti va di vederle con me?" chiese dolcemente Cameron.
Jonah annuì ed istintivamente diede un bacio sulla guancia di Cam.
Fu qualcosa di nuovo anche per il moro, non si era mai comportato così con nessuno, solo con Zack e con Austin quando erano piccoli, ma in quel momento sentiva che Cam aveva bisogno di lui e lui avrebbe dovuto aiutarlo come meglio poteva.
"Sai, dovresti confortarmi più spesso, diventi dolce." disse Cameron aprendo la prima immagine che raffigurava lui e sua sorella su una spiaggia.
"Non approfittare troppo di me Luxuary!" rispose a tono Jonah cercando di tirarlo un po' su di morale.
Le immagini si assomigliavano più o meno tutte.
Sempre quella strana ragazza coi lunghi capelli castani che al sole sembravano quasi d'oro e con quegli occhi particolari, uno color nocciola e l'altro di un verde tutto particolare.
Qualche volta c'era anche Cam in quelle foto ed erano quelle che gli strappavano un sorriso.
Poi ad un certo punto comparvero anche altre persone nelle foto.
"Chi sono loro?" chiese Jonah indicando i ragazzi che si trovavano tutti su un prato all'ombra di un albero.
"I miei fratelli." disse Cameron, come se fosse ovvio.
"Ma quanti siete?!" chiese stupito il moro.
"Siamo 6 in tutto, Daniel è mio fratello maggiore, Alice che è mia sorella maggiore, ci sono Peter e Klaus, poi io e Leila che è la più piccola." disse indicando piano piano tutte le persone.
Quando cambiarono immagine Cam indicò anche i suoi genitori, Jonah si stupì di quanto i figli a dire il verso somigliassero al padre e soprattutto si accorse che tutti e sei i ragazzi avevano quel fascino particolare della madre.
"E lui invece? Non dirmi che hai un'altro fratello?!" disse Jonah sorridendo ed indicando un'altra persona in un'altra foto.
Cam si mise a ridere così tanto che per poco il computer non cadde.
Jonah non capì la reazione tanto esagerata dell'amico, ma tutto gli fu più chiaro quando gli spiegò.
"Questo è Jarred, un mio amico, il mio ex e anche il ragazzo che ha una cotta per Leila." disse Cameron una volta che le risate lo lasciarono parlare normalmente.
Jonah sbarrò gli occhi.
Dalla foto si notava che quel ragazzo indubbiamente era legato sia a Cam che a Leila, dato che li stava abbracciando, ma mai avrebbe pensato che il castano avesse avuto un ragazzo così bello prima di Alex.
Capelli castani, occhi color smeraldo e un sorriso mozzafiato.
"Ma è bellissimo..." disse Jonah senza accorgersi di aver dato voce ai suoi pensieri.
"Lo so." disse Cam ammiccando e guardando di sfuggita l'amico.
"Perché vi siete lasciati?" chiese Jonah sperando di non toccare un tasto dolente.
"Semplicemente era innamorato di mia sorella ed io per amor suo scelsi di supportare i suoi sentimenti e lo spinsi a dichiararsi... Sai, io volevo sempre il meglio per lei e volevo che fosse felice, sapevo che con Jarred lo sarebbe stata, ma non face in tempo a vivere quella felicità..." disse con un filo di voce.
Jonah strinse maggiormente Cam e gli accarezzò il dorso di una mano per confortarlo.
Cameron apprezzò molto quel gesto d'afferro e decise di aiutare anche lui il suo amico.
"Jonah, senti... Ultimamente c'è qualcosa che non va tra te ed Austin? Intendo dire... Più del solito, ecco..."
Per il moro era qualcosa di totalmente nuovo che qualcuno si preoccupasse dei suoi problemi col cugino, così ebbe un'attimo di esitazione, ma poi decise di parlare comunque.
"L'altra sera è successa una cosa, ci siamo chiesti scusa e ci siamo riavvicinati almeno un po'. Volevo che tutto tornasse come prima, ma poi mi accorsi che niente sarebbe potuto tornare come prima, quindi da quel momento sto cercando di prendere tempo, per riflettere e cercare il modo migliore per parlare con mio cugino. Sai bene quanto sia testardo." disse Jonah sorridendo.
Cam si era voltato un minimo e lo aveva guardato in faccia.
Capiva cosa voleva dire e sapeva che quella era la soluzione migliore, ma forse non lo era per Austin.
La cosa era complicata.
Cam avrebbe voluto dire qualcosa per confortarlo, ma appena aprì bocca la porta si aprì, rivelando la figura di Austin che aveva appena varcato la soglia.
"Cameron, puoi lasciarci soli?"

-

Kathrin era sicura che sarebbe successo qualcosa, ne era molto sicura, era quasi una certezza.
Ed infatti non si stupì troppo quando appena entrata nella camera 210 vide Zack e Alex intenti a farsi il solletico su un letto.
Sembravano due piccoli gattini col pelo arruffato che giocavano, da un lato erano anche carini, se se non fosse che sul letto insieme a loro c'erano anche i quaderni e i libri.
Un putiferio di inchiostro e carta, un vero casino.
Per fortuna Kat riuscì a placare quel tornado umano, riportando l'ordine in quel luogo che di ordinato non aveva mai visto niente.
"Kat mi fai male!" aveva borbottato Alex quando la ragazza gli aveva rovinato la festa.
Kathrin credeva di essere in un campus, non un parco giochi e neanche in un asilo.
"Alex, avete distrutto un libro, tre quaderni due biro e quattro matite! Questa stanza è un casino! E poi non ti è passato per la testa che forse Zack potesse star male?! Cosa avresti fatto se fosse successo qualcosa per colpa tua?!" rispose Kat sgridando il ragazzo.
Forse aveva esagerato: Alex appena aveva sentito quelle parole era sbiancato e si era subito girato verso Zack.
Nessuno riuscì a dire niente che Alex si alzò dal letto e subito si era diretto verso la porta, uscendo velocemente.
Aveva il volto sconvolto e Zack avrebbe giurato di aver visto una lacrima scendere dagli occhi preoccuparti e lucidi dell'amico.
"Brava, complimenti. Ma perché gli hai detto quelle cose?!" chiese Zack visibilmente irritato.
Kat si rese conto solo in quel momento della sua crudeltà: aveva usato la malattia di un suo amico per farsi ascoltare.
Però in effetti non aveva detto niente di sbagliato, Zack era debole ultimamente e tutte le volte che si sforzava troppo e tirava un colpo di tosse lei si preoccupava.
Però forse era anche lei quella che esagerata, nessuno sembrava preoccuparsi troppo, oltre a Jonah ovviamente.
"Zack sei malato e non sembra interessare a nessuno! Dovresti stare attento!"
Nella voce di Kathrin traspariva tutta la sua preoccupazione e la sua paura per l'amico.
Zack sospirò e si alzò dal letto, avvicinandosi all'amica ed abbracciandola.
Kat poteva sentire il fievole battito del cuore di Zack contro il suo petto, sembrava si volesse spegnere da un momento all'altro.
Kathrin strinse l'amico tra le braccia, senza fare troppa forza, sperando di non fargli male.
Aveva paura per lui e sentirlo così debole gli faceva provare una spiacevole stretta al cuore.
"So che ti preoccupi e mi fa piacere, ma voglio continuare la mia vita normalmente. Illudendomi di star bene." disse tristemente Zack, guardandola negli occhi.
Quel povero ragazzo sembrava sull'orlo di un baratro si tristezza e solitudine, nessuno se ne era accorto, proprio perché nessuno doveva accorgersene.
"Vorrei poter essere stretto dalle braccia della mia migliore amica, vorrei poter ridere con i miei amici, vorrei poter fare l'amore con il mio ragazzo... Vorrei fare tutto questo senza aver paura di svenire o sentirmi male, per questo non voglio che voi cambiate per questa mia malattia, ok?"
Kat in risposta annuì e finalmente strinse dolcemente il corpo di Zack, sentendo il cuore del ragazzo farsi più veloce, più intenso, più forte.
Erano i suoi amici a renderlo forte.
Zack però decise di sciogliere quell'abbraccio, per poter guardare in faccia l'amica.
"Ora però credo che tu debba scusarti con Alex." disse il ragazzo sentendo chiaramente un singhiozzo venire fuori dalla parte.
Kathrin si avvicinò alla porta e appena aperta vide il povero Alex seduto per terra, con le ginocchia al petto e il volto bagnato dalle lacrime.
Per una seconda volta Kat sentì il cuore stringersi in una morsa dolorosa, era lei ad aver fatto piangere il suo amico e questo non poteva perdonarselo.
"Alex scusami ho esagerato..." disse Kat sedendosi di fianco all'amico e guardandolo con affetto.
"No, ho sbagliato, hai ragione tu..."
Ecco cosa spaventava Alex, non la sgridata o il tono di Kathrin, ma la paura che Zack potesse stare male.
Il moro a quelle parole si abbassò ed arrivò ad inginocchiarsi davanti all'amico.
Alex lo guardava negli occhi con quello sguardo di puro terrore, cercando di capire cosa stesse pensando l'amico.
"Va tutto bene Alex, vieni qua." disse Zack abbracciando l'amico che ricambiò l'abbraccio con mani tremanti.
"Io... Ho paura, cosa dovrei fare... Se ti succedesse qualcosa io..."
Zack lo sapeva, sapeva che tutti avevano paura, sapeva che tutti erano preoccupati per lui, eppure non poteva far altro che consolarli e mentirgli dicendo che sarebbe andato tutto bene.

"Di cosa volevi parlarmi?" chiese Jonah una volta solo con Austin.
Cameron appena aveva capito la situazione e percepito la tensione di quel momento si era subito dileguato, lasciandoli soli.
"Lo sai bene." disse Austin con un tono anche troppo severo.
Voleva risolvere ma parlare non era il suo forte, preferiva agire e non pensare alle conseguenze, ma questa volta doveva riflettere non poteva rovinare tutto una seconda volta.
Anche se l'atteggiamento del cugino stava mettendo a dura prova l'autocontrollo di Austin, così decise di prendersi un paio di minuto, sedendosi sulla sedia e riflettendo attentamente su quali parole dire.
"Dopo la scorsa sera pensavo che qualcosa fosse tornato al posto giusto, ma ora mi eviti e non mi vuoi parlare. Dimmi, cosa dovrei pensare?"
Austin aveva fatto ricorso a tutto il suo autocontrollo per dire quelle parole senza alterarsi.
In quei giorni Jonah si era comportato come se non lo conoscesse e pensava che dopo quella sera invece qualcosa sarebbe cambiato, invece non era così.
Forse era solo lui a sentirsi in quel modo, Jonah ancora non si era mosso ed era impassibile.
Eppure la cosa riguardava entrambi.
Anche Austin non era molto emotivo ma quell'argomento lo toccava particolarmente, dovevano risolvere qualcosa che riguardava entrambi eppure suo cugino neanche lo guardava più.
"Che c'è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?" chiese seccato il ragazzo che ora era seduto.
Jonah non aveva emesso un fiato, non lo guardava, aveva lo sguardo rivolto ad un particolare sul pavimento che si stava rivelando stranamente interessante, aveva le braccia incrociate e sembrava che quell'argomento non fosse affar suo.
Austin si stava per incazzare seriamente, voleva solo andarsene o picchiarlo, entrambe le opzioni non gli dispiacevano.
Poteva almeno guardarlo quando gli parlava, invece no. Stava lì senza far niente, senza avere un sussulto, non un battito di ciglia, niente di particolare, era diventato una statua.
Forse l'Austin di un tempo sarebbe stato in grado di capire suo cugino, sarebbe stato in grado di comunicare normalmente.
Ma non era più quello di un tempo. Era cambiato.
E anche Jonah era cambiato.
Forse erano cambiati più di quanto sembrasse e allora niente sarebbe tornato come prima.
Austin si alzò dalla sedia e si avvicinò alla porta, passando lentamente di fianco al cugino, fermandosi qualche istante al suo fianco.
"Se non dici niente ora, sappi che non avrai un'altra positività."
Ma Jonah non rispose.
Austin da lontano non lo aveva notato, ma ora che gli era al fianco notava che, anche se lievemente e in modo quasi impercettibile, suo cugino stava tremando.
Lui non era bravo con le parole ma Jonah ancora meno.
Però quella volta non poteva restare muto, non lo avrebbe accettato. Ad Austin sarebbe bastata anche solo una parola, qualsiasi parola.
Però ora che vedeva quella minima reazione in suo cugino ebbe un momento di esitazione.
Avrebbe voluto abbracciarlo e dirgli che gli voleva bene e che senza di lui la sua vita era stata una tortura, che non voleva vivere senza di lui e che aveva bisogno di suo cugino.
Ma aveva paura che tutto quello non fosse ricambiato e aveva bisogno di saperlo, Jonah doveva dirlo, doveva parlargli.
Austin lanciò uno sguardo al ragazzo di fianco a se, ma questo era girato e non vide i suoi occhi.
Autin passò  oltre ed a malincuore mise la mano sulla maniglia.
In fondo Jonah cosa poteva dire che lo fermasse, sapeva che Austin era testardo e che probabilmente se avesse parlato avrebbero discusso.
Jonah non voleva litigare ancora e non era neanche sicuro di voler tornare ad essere quello che erano prima.
Perché poi avrebbero di nuovo litigato, tutto si sarebbe di nuovo rotto ed Austin avrebbe sofferto ancora.
Era inutile dire cose come "Rimarremo insieme per sempre!", "Torniamo a essere quello che eravamo!"...
Perché non succederà mai, non avrebbero potuto stare insieme per sempre, non sarebbero mai tornati quelli di un tempo.
Perché era impossibile tornare indietro.

10 ANNI PRIMA

"Jonah muoviti!"
Autin lo chiamava sempre in quel modo arrogante, ma all'altro non importava poi così tanto.
Jonah odiava arrampicarsi sugli alberi, aveva sempre pensato che fosse una cosa priva di senso e pericolosa, però per qualche strana ragione a suo cugino piaceva.
"Se lo zio ci scopre poi ti sgrida..." disse Jonah cercando di non cadere.
Una mano andò in suo soccorso, aiutandolo ad arrampicarsi sul ramo sul quale si era appostato Austin.
"Non lo scoprirà, a meno che tu non faccia la spia!" disse tutto felice il bambino che si dondolava sopra il ramo, facendolo tremare un po'.
"Austin stai fermo! Se no ci farai cadere!" protestò Jonah abbracciando il braccio del cugino per reggersi e per tenerlo fermo.
"Ok ok, scusami, me ne ero dimenticato."
Jonah soffriva di vertigini, da grande avrebbe vinto in parte quella sua paura, ma quell'albero quando era piccolo gli sembrava tremendamente altro. 
Jonah odiava arrampicarsi, ma lo faceva per Austin.
Jonah avrebbe fatto qualsiasi cosa per Austin.
"Perché siamo venuti qua? Non mi piace!" aveva protestato Jonah.
Austin gli sorrise di rimando e gli lasciò un bacio sulla guancia, prima di alzarsi in piedi sul ramo.
Jonah subito si agitò e iniziò a dire quanto pericoloso fosse, ma Austin non se ne preoccupò ed allungò il suo piccolo braccino fino a raccogliere uno dei frutti dell'albero.
Ma per sfortuna scivolò e riatterrò malamente sul ramo.
Un gemito di dolore uscì dalle labbra di Austin, facendo preoccupare Jonah.
"Stupido, perché lo hai fatto solo per una mela?!" chiese il bambino accarezzando il braccio di Austin che si era graffiato.
Austin non badò tanto al dolore e sorrise al cugino, porgendogli la mela che aveva faticosamente conquistato.
Jonah lo guardò dubbioso per un po'. A lui le mele piacevano ma ad Austin no.
Poi capì e prese il frutto tra le mani.
Anche Austin avrebbe fatto qualsiasi cosa per Jonah.

FINE FLASHBACK

Austin abbassò la maniglia, indeciso se spingere ed aprire la porta.
Sospirò, se Jonah non voleva risolvere la cosa allora non poteva fare niente da solo.
In effetti non arrivò una risposta verbale, ma Austin sentì chiaramente una mano afferrargli la spalla, spingendolo a voltarsi.
Così facendo Il ragazzo vide il proprio cugino in volto per la prima volta.
Jonah non sapeva cosa dire, aveva trovato le forze per fermarlo, ma ora non sapeva che fare.
Poi decise di fare quello che da piccoli facevano spesso per far intuire all'altro che in quel momento avevano bisogno l'uno dell'altro.
Era un segno particolare, da piccoli avevano un linguaggio tutto loro e quel gesto era molto ricorrente ed era appunto una supplica di aiuto, per far restare l'altro.
Così Jonah prese la mano di Austin tra le sue e la portò davanti al suo volto, baciandogli le dita.
"Ho bisogno di te." disse Jonah con un filo di voce.
Ora era Austin a non saper che fare, ma nella confusione che gli si era creata in testa, decise di fare ciò che d'istinto avrebbe voluto fare sin da quando lo aveva rivisto.
"Sì, rimango con te." disse abbracciando Jonah.
"Quindi restiamo insieme?" chiese il ragazzo ricambiando quasi subito la stretta.
"Sì, restiamo insieme."

Continua...

-Prossimo aggiornamento 24/02/2017-

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