Capitolo 24: "Cameron Luxuary"

Erano ormai gli ultimi giorni di vacanza e qualcuno era tornato nei dormitori prima del previsto, come Zack e Jonah.
Il ragazzo era stato dimesso, ma comunque nei lui ne Jonah si sentivano a proprio agio in quella enorme casa di famiglia, quindi avevano deciso di tornare in accademia, spinti anche dal padre del maggiore che non faceva altro che incoraggiarli ad andarsene.
Le loro vacanze erano state a dir poco pessime, ma almeno erano sempre stati insieme e quindi, il fatto di essere stati in ospedale e soli per tutto il tempo, era passato in secondo piano.
Quando erano tornati alla P.C.A. avevano trovato anche Kat ad accoglierli e subito lei e Zack si erano rinchiusi in camera per dirsi tutto quello che non erano riusciti a dirsi in quelle due ore di telefonata che avevano fatto pochi giorni prima.
La vita era ripresa monotona e stranamente Zack e Jonah si ritrovarono a passare del tempo anche con Michael, dato che quest'ultimo non si staccava mai da Kathrin.
Zack non aveva capito molto il tipo di relazione che c'era tra quei due, Kat lo amava, ma Michael non provava le stesse cose.
Lui era ancora innamorato di Chris, però stava insieme a Kat.
Per Zack tutto quello non aveva senso.
Però la cosa sembrava andar bene alla ragazza, quindi non se ne era preoccupato troppo.
"Credi che lei sia felice?" aveva chiesto Zack al proprio ragazzo un pomeriggio in cui si erano ritrovati insieme.
Stavano quasi sempre in camera, nella stanza di uno o dell'altro, tanto erano soli e avevano più libertà.
"La rossa sa quel che fa, magari ora c'è qualche problemino, ma niente che non si possa risolvere col tempo e con qualche... Aspetta, ma loro hanno già scopato?"
A quanto pare Jonah era un mago quando si trattava di fare domande imbarazzanti.
Ed ovviamente aveva anche rovinato il momento, il tutto voleva essere serio e riflessivo, invece il moro si metteva a dire cose improbabili e fuori luogo.
"Non credo e comunque... Potevi dirlo in altri modi, no?!" chiese il ragazzo arrossendo e affondando il volto nel petto dell'altro.
Non ricevette risposta, solo un mugolio pensieroso e un sospiro.
"Se allora non fanno neanche quello, potrebbe essere un problema..."
Ecco, questo era uno dei lati di Jonah che alcune volte faceva fatica ad apprezzare.
Era un bel ragazzo ed era sempre stato apprezzato da entrambi i sessi e non si era stupito quando aveva scoperto che il suo ragazzo, al liceo era andato con mezzo istituto.
Però ora quel ragazzo era tutto suo e nessuno glielo avrebbe portato via.
Era un donnaiolo e anche ora che stavano insieme, ogni tanto doveva ricordargli di non guardare i fondo schiena di qualcuno che non fosse lui.
Ma il fatto che lui fosse un dio del sesso, non voleva dire che tutti dovessero essere come lui e fare costantemente quel genere di cose.
"Tra quei due c'è più tensione di quello che può sembrare... Tensione sessuale e dovresti sapere cosa succede se ce n'è troppa..." disse Jonah sorridendo ed accarezzando la chioma corvina dell'altro.
Inevitabilmente Zack mosse il capo per seguire i movimenti della mano dell'altro, lasciando scoperta una porzione di clavicola, troppo invitante per potergli resistere.
"È successo anche a noi... Al nostro primo incontro..."
In effetti era vero, i due ragazzi si erano incontrati la prima volta in quella scuola e fin da subito c'era stato qualcosa di particolare tra loro due.

FLASHBACK

Le lezioni erano iniziate da poco, ma le iscrizioni non mancavano e molti alunni iniziarono dopo la loro routine scolastica.
Da due mese era incominciata la scuola, ma non per Zack, a lui era bastata una sola settimana per poi voler subito ritirare la sua iscrizione dalla prima scuola che aveva scelto.
Ed ora si ritrovava alla P.C.A.
Era davanti a quella porta da ormai 30 minuti e non si era ancora deciso ad entrare.
La prima settimana la aveva trascorsa in un altro istituto, in un'altra città e subito era stato un disastro.
Il ragazzo fece un bel sospiro, facendo entrare l'aria nei polmoni, sperando di trovare così un minimo di sollievo.
Entrò nell'atrio di quella che doveva essere la segreteria, era quasi del tutto vuota, c'era solo un ragazzo che se ne stava seduto su una sedia, con gli occhi chiusi e la musica a tutto volume nelle cuffie.
Zack provò ad ignorarlo, guardandosi in giro, senza vedere niente, solo tante porte chiuse, così si lasciò andare ad un altro sospiro.
Aveva paura, era la prima volta che era fuori dalla sua città natale e non aveva molte esperienze, per quanto riguardava quelle scartoffie che aveva tra le mani, tanto meno sapeva come avrebbe dovuto comportarsi in un luogo del genere.
Lo sguardo di Zack vagò ancora per qualche secondo, per poi posarsi sulla figura del ragazzo che ancora sedeva su quella sedia scomoda e fredda.
Aveva le mani nelle tasche e il cappuccio della felpa grigia a coprirgli il capo, lasciando intravedere solo le palpebre chiuse e delle labbra carnose a dir poco invitanti.
I capelli neri come la pece e un volto spigoloso, con lineamenti decisi e un espressione rilassata in volto.
Chissà di che colore erano i suoi occhi...
Zack scosse la testa e distolse lo guardo. La prima settimana di scuola gli era bastata come delusione, non doveva pensare a quelle cose.
Non doveva guardare quel bellissimo ragazzo.
... Però che ci poteva fare? Lui si innamorava facilmente dell'aspetto delle persone, in particolar modo quello dei ragazzi con un bel viso, come quello che si trovava a pochi metri da lui, proprio in quel momento.
"Che hai?" chiese una voce fredda alla sua destra.
Per l'ennesima volta Zack si voltò al richiamo, osservando ancora quel ragazzo che in tutta risposta, ancora con gli occhi chiusi, si stava togliendo le cuffie.
"Eh?"
Il ragazzo non sapeva neanche cosa ci facesse ancora in piedi in quella grande stanza, figuriamoci se si metteva anche a pensare alla domanda di uno sconosciuto!
"Stai tremando" gli fece notare l'altro, spostano anche il cappuccio, rivelando così una chioma folta e disordinata di capelli; ora che non avevano più strati di stoffa a coprirli, il colore sembrava ancora più intenso e scuro.
Quello sconosciuto, freddo come il ghiaccio, alzò anche le palpebre, mostrando degli occhi indagatori ed attenti al minimo particolare.
Zack non gli aveva ancora risposto ed il suo corpo non stava contribuendo. Alcuni brividi avevano preso a risalirgli la schiena, facendolo rabbrividire, ma non per colpa del freddo.
"Ho solo... Freddo..." disse il moro cercando di ignorare il tremore incontrollato del suo corpo.
Sentì dei rumori al suo fianco, però si obbligò a rimanere fermo, quel ragazzo gli faceva uno strano effetto e la cosa non gli piaceva per niente.
"Tieni" disse lo sconosciuto, facendolo voltare, per poi lanciargli la propria felpa.
Zack afferrò al volo l'indumento e lo guardò per qualche istante, per poi guardare l'altro che ancora lo osservava, studiandolo meticolosamente.
"Mettila, a differenza mia non morde"
Inutile dire che il volto di Zack aveva assunto sfumature di colore ancora non conosciute dall'uomo, tutte molto vicine al rosso.
Il giovane si girò, mettendo velocemente la felpa, nonostante ora sentisse anche troppo caldo.
"Dovete consegnare delle iscrizioni?" chiese una donna che era appena sbucata da una delle porte che fino a qualche secondo prima era chiusa.
Entrambi i ragazzi in sala d'aspetto annuirono e poco dopo si ritrovarono entrambi davanti a una scrivania per consegnare i moduli.
"Bene, abbiamo finito: la tua stanza è la 210, mentre la tua è la 86" disse la donna rivolgendosi prima a Zack e poi all'altro ragazzo.
I ragazzi uscirono dall'ufficio e, involontariamente si voltarono uno verso l'altro.
Zack non era sicuro di quello che gli stesse succedendo, ma era abbastanza sicuro che i brividi di freddo di poco prima, si fossero trasformati in scosse calde, che gli scaldavano tutto il corpo.
Una strana morsa calda gli attanagliava il cuore, ma non solo.
Il volto, il petto, il ventre, le gambe.
Ovunque.
Avrebbe voluto spogliarsi, tanto caldo aveva.
Era sicuro di essere arrossito, ma nonostante ciò, non aveva distolto lo sguardo da quei bellissimi occhi.
Sobbalzò quando sentì qualcosa stringergli il polso.
Non capì molto cosa era successo, capì solo che quello sconosciuto lo aveva tirato in una stanza che credeva chiusa.
La stanza era buia, abbandonata a se stessa, inutilizzata probabilmente.
Zack istintivamente cercò l'interruttore, ma ancora una volta una mano gli afferrò il polso.
"Ma cosa stai facendo?!" urlò quasi Zack, trovandosi subito dopo una mano sulle labbra, intenta a zittirlo.
Si sentirono alcuni passi fuori dalla porta e istintivamente si strinse nelle spalle ed arretrò, ma quasi subito la sua schiena si scontrò contro il petto del ragazzo dietro di se.
Appena i passi si allontanarono la mano che era sopra le sue labbra si spostò sul petto, raggiungendo i bottoni della camicia e tentando di slacciarli.


La luce non funzionava e le persiane non si aprivano, a quel punto ritrovare i vestiti che avevano lanciato via per la stanza non era affatto facile.
"Vedi i miei pantaloni?" chiese Zack dopo aver cercato per tutta la stanza l'indumento, senza trovarlo.
"No, ma comunque anche così non stai male" rispose Jonah sbirciando la figura del minore alle sue spalle.
"E secondo te me ne esco di qua senza i pantaloni?! Ma sei pazzo?!" chiese il minore indispettito.
Zack si disse tra se e se che forse sarebbe stato difficile anche solo camminare.
Se avesse dovuto descrivere quel ragazzo che ora stava cercando i vestiti per entrambi, di sicuro lo avrebbe descritto come un bruto, un essere volgare, senza delicatezza o gentilezza, però in fondo non gli dispiaceva troppo la cosa.
E non gli dispiaceva neanche averlo ancora lì, pensava se ne sarebbe andato appena finito, eppure non era stato così...
Già, perché era ancora lì?
Anche Jonah se lo chiedeva, cosa lo aveva spinto a restare in quella stanza con quel ragazzino, per aiutarlo e per sentire ancora una volta la sua voce.
Quello non era il suo normale comportamento, lui non era così, eppure non voleva uscire da quella stanza.
"Si sono pazzo, pazzo di te" rispose tranquillamente Jonah, senza accorgersi davvero di ciò che aveva detto.
Zack invece spalancò gli occhi, senza credere alle proprie orecchie, non riuscendo poi a trattenere una fragorosa risata.
Il maggiore si girò, senza capire cosa ci fosse da ridere, senza ricordare le proprie parole.
"Cosa hai da ridere?" chiese stizzito.
Zack provò a placare le risate, ma era più difficile del previsto.
"Ma ti sei sentito? Hai detto di essere pazzo di me, insomma, lo abbiamo già fatto, quindi non mi credo ti serva una frase da rimorchio se proprio ne vuoi un secondo round" rispose il minore riuscendo finalmente a placare le risate.
Jonah tornò a cercare i vestiti per nascondere il leggero rossore che gli aveva colorato le guance.
"Mi dispiace, ma è difficile che io abbia una seconda volta con qualcuno" rispose sospirando.
"Davvero?" chiese sorpreso Zack.
"Sì, ho avuto più di un rapporto solo con le persone con cui avevo una relazione"
Zack pensava che quello fosse solo uno dei tanti ragazzi che andavano a letto con ogni cosa respirasse, ma non sembrava così.
Sembrava uno di quei ragazzi tenebrosi a cui non interessa niente e nessuno, che hanno tanti scheletri da nascondere e tanta sofferenza da portarsi dietro, ma lui sembrava anche portare pesi non suoi sulle spalle.
Il minore lo aveva capito quasi subito, dal modo in cui parlava, in cui si atteggiava e di come, nonostante la foga e la brutalità di quel momento, era riuscito comunque a fargli sperare in qualcosa di più.
Nonostante non si conoscessero Zack aveva capito più di quanto Jonah avrebbe voluto far intendere.
"Allora perché non lo facciamo una seconda volta?" chiese sperando che l'altro capisse cosa intendeva.
"Ti ho detto che non lo faccio con nessuno..." disse Jonah sospirando.
Anche il maggiore era incuriosito dalla faccenda e soprattutto dall'altro ragazzo... E sperava con tutto il cuore che l'altro non si accorgesse del fatto che i suoi pantaloni erano in una angolo della stanza e che lui li stesse ignorando volontariamente.
Voleva restare ancora lì, voleva ancora sentire lo sguardo dell'altro su di se.
Jonah si voltò e si avvicinò al tavolo al quale era appoggiato Zack, riducendo le distanze e arrivando quasi a sfiorarlo.
"A meno che non sia qualcuno con cui hai una relazione" sussurrò il minore, obbligandosi a non abbassare lo sguardo.
Questa volta fu il maggiore a ridere e di gusto, forse non si ricordava neanche l'ultima volta in cui aveva riso così tanto.
Ma non era una risata di scherno, no, era una risata di cuore.
"Mi farebbe piacere, ma sarebbe molto complicato piccoletto"disse dispiaciuto Jonah, dopo essersi ripreso dalla risata.
Zack gli sorrise, inaspettatamente.
Forse non sembrava, ma per il minore era abbastanza facile leggere l'altro.
"Se ti farebbe piacere, perché non mi dici di si?"
Il piccolo non voleva demordere e sinceramente Jonah non capiva neanche il perché di tutto quell'interesse.
"Sono testardo" disse Jonah, sperando di smontare l'entusiasmo di Zack.
"Anche io"
"Sono solitario"
"Possiamo essere solitari in due"
"Non mi piacciono i ragazzini, ragazzino"
Il ragazzino che non ti piace te lo sei appena scopato e poi ho quasi 20 anni!"
"Sono arrogate"
"Non è un problema per me"
"Sono geloso"
"È solo la dimostrazione di quanto tu sia capace di amare"
Era inutile, il minore ribatteva ad ogni singola frase.
Però forse... Ma forse... Non sarebbe stato poi così male se avesse detto "Sì".
"Non sai niente di me, neanche il mio nome... E neanche io so il tuo..."
"Nome: Zack Yuane, anni: 19 anni, compleanno: il 18 maggio, segno zodiacale: toro. Sono appassionato di fotografia, sono solitario e testardo, ho un debole per il gelato, sono una persona abbastanza semplice e questo è tutto quello che sono" disse il minore con una nota di fierezza nella voce.
Il maggiore sorrise intenerito da quella situazione.
"Sono Jonah Sanders e il resto devi scoprirlo da te" disse beffardo il moro, il quale sfoggiò uno dei suoi ghigni migliori.
In tutta risposta Zack si imbronciò incrociando le braccia al petto.
"Quindi? La tua risposta?" chiese insistente il minore.
"Mi piaci ma non credo ci sia molto altro..."
"Beh l'amore non si crea con una scopata, lo si coltiva, io la penso così. Quindi se anche tu la pensi così, dimmi di sì" sentenziò Zack sicuro di se.
Jonah trovava quella situazione estremamente improbabile e non sapeva come rispondere se non con un bacio e un "sì" sussurrato sulle labbra di Zack.

+

Austin era stato accettato di buon grado dal padre di Chris, che aveva accolto la richiesta del figlio, ospitando anche il maggiore in quella casa.
Però ora l'adulto era fuori casa e aveva lasciato i due ragazzi in compagnia di una ciotola di pop-corn e un film.
Avevano provato a far quadrare le cose, riprendendo tutti i loro dubbi, facendoli presenti all'altro, vedendo le cose che non andavano e cercando di sistemare tutto.
"E alla fine dell'anno?" aveva chiesto ad un certo punto Chris.
Austin sapeva che prima o poi quella domanda gli sarebbe stata posta, aveva anche pensato alle possibili risposte, ma la soluzione era solo una: parlare col cuore in mano.
"Lascerò davvero la P.C.A. Forse continuerò gli studi da un'altra parte, ma vorrei lavorare. Mi sono reso conto che non sono portato per lo studio e mio padre mi assilla da tempo con questa questione. Poi all'inizio di questo anno scolastico mi aveva detto che se non gli avessi dato una risposta entro breve allora non avrei più avuto l'occasione per entrare nella compagnia di famiglia. Oggettivamente trovare un lavoro al giorno d'oggi è difficile e io non ne potevo più dello studio. Quindi gli avevo detto di sì. Poi sei arrivato tu, mi hai fatto innamorare e perdere la testa. Ma ormai era fatta, non potevo più ritirare la parola data..." spiegò Austin dicendo tutta la verità.
"E cosa ne sarà di noi?" chiese Chris sospirando e abbassando lo guardo.
Il solo pensiero di doverlo lasciare lo faceva stare male.
Poi il biondo sentì delle dita afferrargli il mento e alzargli il volto, per poi sentire per qualche secondo le labbra dell'altro sulle proprie.
"Non lo so e la cosa mi terrorizza, però non voglio lasciarti. Troveremo una soluzione, vedrai. Insieme ce la faremo"
Sì, ce l'avrebbero fatta. Ce la dovevano fare! Dovevano!
Era impossibile che la cosa andasse diversamente, assolutamente impossibile!
O forse Chris la pensava così solo perché aveva paura? Forse alla fine di quest'anno si sarebbero davvero lasciati , ma anche il solo pensarci faceva male.
"Però avrei dovuto dirtelo, scusami" disse Austin col volto basso, guardandosi le mani.
"Ormai non importa più... Comunque come facevi a sapere dove mi trovassi e come hai fatto ad avere quelle foto?"
In effetti lui non aveva mai mostrato molte foto ad Austin e non gli aveva mai parlato molto del suo passato o di sua madre, dicendo il minimo essenziale.
"A dire il vero non sapevo neanche dove ti trovassi, ma mia zia mi ha dato l'indirizzo che avevi messo nel modulo di iscrizione e sono arrivato qua. Mi aveva accolto tuo padre tuo padre e quando capì chi fossi mi fece entrare in casa, tu eri andato al cimitero, questa mattina e così parlammo un po'. Alla fine mi diede alcune tue foto e mi intimò di farti tornare col sorriso oppure mi avrebbe ucciso... Invece, per la foto in cornice... Quella ce l'avevo già. Ti ricordi quando avevo preso la foto originale in camera tua?" chiese in fine il maggiore.
Chris aveva ascoltato tutto attentamente e ora ogni cosa aveva un senso.
E si accorse anche del rancore che aveva inutilmente portato per il suo ragazzo quando quel fatto era avvenuto.
Annuì ed aspettò che Austin continuasse.
"Ci ho messo un po' ma sono riuscito a migliorarla ed aggiustarla, però volevo trovare il momento giusto per dartela ed ho fatto bene ad aspettare..." concluse il maggiore con un sorriso.
Ora si che Chris si sentiva in colpa, lo aveva odiato per giorni a causa di quel fraintendimento e non gli aveva mai dato l'occasione di spiegarsi.
Dio che idiota che era stato.
Però in quel momento la sua rabbia era ceca e non era riuscito a ragionare lucidamente; in fondo si era visto portare via una delle cose che aveva più care al mondo, uno dei pochi ricordi di sua madre.
"Mi dispiace..." aveva sussurrato appena Christopher.
Davvero non sapeva come chiedere scusa, in fondo era lui ad aver sbagliato, agendo d'impulso, esagerando.
Il biondo sentì due forti mani prenderlo per la vita e poggiandolo sulle gambe del maggiore, stringendolo tra le braccia.
"Vi assomigliavate?" chiese Austin con un sorriso sulle labbra, iniziando ad accarezzare i capelli dell'altro.
"Molti dicono di sì, i capelli li ho presi da lei, gli occhi anche, ma il suo carattere era molto più dolce e gentile del mio. Era una madre perfetta, amorevole, gentile e bellissima. Stranamente la cosa che mi ricordo più di tutte, di mia mamma, era che ogni sera prima di andare a dormire preparava un infuso. Sembra strano, ma anche se provo a rifarlo, quello che lei faceva, emanava un odore meraviglioso, che sentivo fino a camera mia ed a volte scendevo, sapendo che l'avrei ritrovata con le mani attorno ad una tazza fumante e il sorriso sulle labbra... Mi manca quell'odore... Mi manca il suo sorriso, mi manca il restare sveglio per aspettarla quando il lavoro la teneva in ufficio, mi mancano quei fallimentari tentativi di cucina, mi mancano le gridate che mi faceva quando tornavo troppo tardi, mi manca il suo richiamo appena sveglio, mi manca la sua chiamata agitata quando ero in ritardo... Mi manca tutto..."
Christopher non si era accorto delle lacrime che gli erano scese per le guance, ma invece Austin le aveva viste subito e dopo averle asciugate aveva stretto il biondo al suo petto.
Il minore non era troppo alto, ma ora che era rannicchiato in quel modo al suo petto, sembrava così piccolo indifeso e lui non poteva fare altro se non proteggerlo, abbracciarlo e confortarlo.
"Avrei voluto dirle quanto le volevo bene e quanto mi manca davvero perché non è mai abbastanza, non sono abbastanza le parole che posso trovare nel dizionario per esprimere quello che provo quando ricordo tutto quello che avrei potuto fare e dire, ma che poi non ho ne fatto ne detto. Fa male, davvero tanto e non so come io possa vivere con tutto questo dolore dentro, a volte mi sembra di morire, mi sembra che insieme a lei se ne sia andato tutto il mio mondo e niente riesce a farmi credere il contrario... Sto delirando, lo so... Ma... Io non ce la faccio Austin..."
Il maggiore non sapeva cosa fare, le parole di Christopher erano struggenti e ogni lacrima era una morsa in più che gli stringeva lo stomaco.
Austin prese il volto del biondo tra le mani, appoggiando la propria fronte su quella dell'altro.
"Va tutto bene amore, ci sono qua io, non ti lascio..." il maggiore non sapeva molto cosa dire, era una delle prime volte che gli capitava una cosa del genere.
Chris rimase in quella posizione per diversi minuti, ad occhi chiusi, con ancora le lacrime che scorrevano sulle guance pallide.
Sapeva che Austin non lo avrebbe mai abbandonato davvero e questa era una delle poche certezze che avrebbe avuto fino alla morte, ma la paura era comunque grande.
Avrebbe voluto urlare, singhiozzare e piangere senza freni, ma qualcosa dentro di se gli diceva che invece doveva andare avanti e la strada da percorrere, gliela stava mostrando proprio quel ragazzo che in quel momento lo stava stringendo e gli stava continuando a sussurrare un sacco di parole dolci.
Doveva farlo per lui.
"Grazie..." disse solo con un filo di voce, per poi essere tirato in un abbraccio che lo fece calmare lentamente, riscaldandogli il petto.
Ci volle qualche minuto prima che il biondo si riprendesse completamente, ma quando si sentì meglio si mise meglio seduto sulle gambe del maggiore e gli sorrise.
"Sto bene... Mi capita qualche volta..." disse Christopher cercando di pensare ad altro.
"Tranquillo, è normale, anche a me capita a volte" Austin avrebbe voluto continuare la frase, ma Chris lo interruppe.
"Tu hai pianto per qualcuno?" chiese incredulo il biondo.
Quella proprio non se l'aspettava.
Austin era così forte che alcune volte non capiva neanche come potesse esistere una persona come lui.
Sembrava una roccia indistruttibile, eppure qualcuno era riuscito a scalfirlo e a distruggere le sicurezze di quella roccia.
Chi poteva essere stato? Il biondo non riusciva ad immaginare nessuno.
Sapeva che Austin non aveva avuto un passato facile, ma non pensava che avesse pianto più volte per la stessa persona... Sembrava qualcosa di talmente strano da sembrare impossibile.
"Mi capita più volte, da un po' di tempo... Da quando Jonah mi ha abbandonato..." disse Austin sconsolato , stringendo maggiormente la presa su Chris, per trovare in quell'esile corpo un po' di conforto.
"Austin, lui non ti ha abbandonato. Ha solo seguito suo padre, per aiutarlo in un momento difficile, prova a capirlo: a 18 anni ha fatto una delle scelte più difficili della sua vita ed è andato con un padre che non accetta il suo orientamento sessuale e che ora quai lo rifiuta. Secondo te come si è sentito quanto ti ha lasciato? Ti sei mai chiesto cosa provasse lui?" provò a dire Chris.
Non sapeva le cose nei minimi dettagli, ma doveva almeno provare a far capire ad Austin quanto ancora gli volesse bene Jonah.
Probabilmente era davvero come aveva detto Jonah, quando erano piccoli erano davvero inseparabile e legati, così tanto che non avrebbero mai pensato che quel legame si incrinasse, che quel voto venisse infranto.
Ed erano sempre stati insieme, fino a quel fatidico giorno in cui Austin non ritrovò più in casa suo cugino.
"Ci ho pensato, ma anche io ci sono stato molto male, ho sofferto più di quanto pensavo fosse possibile. Quando eravamo piccoli ci eravamo fatti una promessa, dicendoci che non l'avremmo mai infranta: ci promettemmo di stare sempre uno al fianco dell'altro, che saremmo stati sempre insieme nonostante tutti i problemi e le complicazioni che potevano esserci... Eppure lui ha infranto quel voto..." quando pronunciava quelle parole il volto di Austin si faceva triste e malinconico.
Chris a quel punto aveva capito che il problema stava solo nel fatto che quei due stupidi non comunicassero più da tempo. Se solo fossero riusciti a parlarsi civilmente avrebbero potuto risolvere tutta quella assurda situazione.
"Austin, lui non ti ha mai abbandonato, neanche ora. Lui è sempre qui" disse il biondo premendo la mano sopra il petto dell'altro, all'altezza del cuore.
Era vero e anche se quello sciocco non lo avrebbe mai ammesso, di sicuro era così e non poteva essere altrimenti.

+

"Cam me lo dici si o no dove stiamo andando?" chiese per l'ennesima volta Alex salendo sulla metropolitana.
Il maggiore si girò osservando il proprio fidanzato che per paura di essere trascinato via dalla folla, gli stava stringendo la mano.
Quel pomeriggio sarebbe stato l'ultimo che avrebbero passata in casa Luxuary, la mattina dopo sarebbero tornati in accademia.
Cameron però aveva trascinato Alex fuori casa, senza dargli una spiegazione, dicendogli semplicemente che voleva presentargli qualcuno, ma non sapeva altro.
Il maggiore si era limitato a restare in silenzio e sorridergli.
Ed era proprio quello che aveva fatto in quel momento, aveva sorriso e aveva accarezzato i volto del suo ragazzo con la mano libera.
"Hai intenzione di stare in silenzio per tutto il giorno?" insistette il minore.
A dire il vero Cam non era il solo strano, tutta la sua famiglia lo era, dalla sera prima, quando il ragazzo aveva detto durante la cena aveva detto qualcosa del tipo "Domani ci vado".
Da quel momento la casa sembrava essere caduta in un silenzio pesante e difficile da sopportare.
Alex non sapeva neanche cosa aspettarsi, erano diventati tutti così seri in così poco tempo e quando aveva provato a chiedere ad Alice lei gli aveva detto che avrebbe capito tutto a tempo debito, ma quando?!
Non sopportava più quella situazione e non ne capiva la natura, tanto meno il motivo.
Cam non si era mai comportato così e non sapeva se essere spaventato od incuriosito dalla cosa.
"Capirai" disse solo il maggiore quando la metropolitana si fermò per far scendere dei passeggeri.
Almeno gli aveva parlato, non aveva schiarito neanche uno dei dubbi di Alex, ma almeno gli aveva detto qualcosa.
La stessa cosa che aveva detto Alice.
Cosa avrebbe dovuto capire? Quando avrebbe dovuto capirla?
Ora sembrava quasi che Alex fosse ancora più curioso di prima.
Cameron invece poteva sembrare calmo e tranquillo, ma dentro di se si stava scatenando una tempesta.
Aveva preso quella importante decisione, ovvero quella di andare in quel posto, da quella persona, con Alex.
Non era stato facile e aveva notato lo sguardo che gli aveva lanciato Daniel quando aveva detto quelle parole la sera prima.
Non era uno sguardo arrabbiato o severo; era solo uno sguardo sincero e molto preoccupato.
Sapeva cosa voleva dire e lo aveva intuito dal comportamento di tutti, erano preoccupati per lui.
E anche lui non era troppo sicuro di se, ma ormai non si torna più indietro, a questo punto può sperare solo che il proprio ragazzo reagisse in modo positivo alla cosa.
In fondo non aveva mai mostrato a nessuno quel suo lato così debole e fragile, ma la colpa era tutta sua.
La colpa era sua se 3 anni fa aveva distrutto la vita sua e della sua famiglia.
Passarono altre 2 fermate prima che Cameron si avvicinasse alle porte, per uscire con Alex dal vagone.
Quando tornarono in superficie il minore non notava niente di particolare intorno a se, normalissime strutture, potevano essere uffici, ma anche scuole erano tutti uguali e sinceramente non gli interessava molto cosa ci fosse dentro.
"Cameron, non ti sembra il momento giusto per dirmi cosa ti sta succedendo e perché sei così strano?" tentò un'ultima volta Alex, senza avere però alcun risultato, se non un altro silenzio.
Il maggiore si guardava intorno, cercando di capire cosa fare e dove dirigersi.
Poi individuò finalmente una struttura diversa dalle altre, dirigendovisi, trascinando con se Alex.
Il minore osservò meglio quell'edificio, un ospedale, perché erano lì?
Cameron entrò a passo sicuro e si diresse subito al secondo piano, come se sapesse già dove andare e probabilmente era così.
Arrivati al secondo piano Cam si guardò ancora una volta intorno, per poi dirigersi in un corridoio che lo portò in una sala d'aspetto ampia, ma quasi vuota, se non fosse stato per quelle poche persone che vagavano a testa bassa come anime in pena.
"Cameron?! Sei davvero tu?!"
Alex si girò, sentendo quelle parole, forse avrebbe capito il motivo per cui era lì.
Anche il maggiore si era voltato e appena aveva riconosciuto la persona davanti a se, aveva sorriso e lasciato la mano di Alex.
"Ciao Jarred, da quanto tempo! Come va?" aveva chiesto Cam sorridendo a quello che per Alex era uno sconosciuto.
Ora stranamente il maggiore sembra essere improvvisamente di buon umore, senza motivo, solo vedendo quel bel ragazzo alto ed esteticamente perfetto.
Ma la cosa che stupì d più Alex è che quando i due si furono avvicinati di qualche passo, si abbracciarono, senza alcun problema, facendo sembrare quella la cosa più naturale e normale del mondo.
Era un abbraccio soffocante, di quelli che ti svuotano e ti fanno battere il cuore, ma quello tra le braccia di Cameron non era Alex.
"Un po' meglio, ma... Diciamo che sono ancora qua, dopo tutto questo tempo. Tu invece? Dai dimmi qualcosa, non ci sentiamo da 3 mesi!" aveva detto il ragazzo una volta libero dall'abbraccio di Cam.
"Non potrebbe andare meglio" disse il maggiore sorridendo.
Appena conclusa la frase Jarred divenne serio all'improvviso e guardò per la prima volta Alex, che se ne stava un po' in disparte e poi accennò un piccolo sorriso al minore.
"Lo vedo" disse per poi tornare con lo sguardo su Cameron, al quale non era sfuggito quel particolare.
"Alex, lui è Jarred, un mio amico d'infanzia e anche il mio ex fidanzato, anche se è follemente innamorato di mia sorella" disse Cam girandosi verso Alex e sorridendogli, come se stesse dicendo la cosa più normale del mondo.
Un suo amico d'infanzia.
Il ragazzo innamorato di sua sorella.
E anche il suo ex.
Perfetto, quella giornata andava di male in peggio!
"Cam non dire così! Se no mi poi sembro una brutta persona!" disse stizzito Jarred.
I due ragazzi risero, lasciando Alex ad arrovellarsi su una quantità infinita di dubbi.
"Ma lo sei! Comunque lui è Alex, il mio ragazzo... E forse"
"Qualcosa di più" completò la frase Jarred.
Era inutile negarlo, tra quei due c'era molta intesa.
Ma c'era qualcosa di strano che Alex aveva notato in quel ragazzo di sui a malapena ricordava il nome. I suoi occhi erano spenti, il suo corpo reagiva in ritardo e i suoi sorrisi, se pur veri, erano molto trattenuti, come se un peso dentro di se di cui non riusciva a liberarsi.
Era malinconia, nostalgia, dolore... Morte?
Forse...
"Vorrei andare un'attimo dai medici, potresti restare con lui?" chiese Cam indicando Alex al suo amico d'infanzia.
Jarred annuì sorridendo e poi si sedette su una delle sedie, osservando l'amico che piano si allontanava in un corridoio alla ricerca di un dottore.
"Sembri stanco, siediti pure" disse lo sconosciuto ad Alex.
Il minore fece detto e si lasciò andare sulla sedia con un sospiro.
Stavano succedendo un sacco di cose e voleva ancora sapere un sacco di cosa, eppure ora si trovava in una sala l'aspetto con uno sconosciuto che per giunta era anche l'ex del ragazzo.
E perché quei due sembravano così intimi?
"Se te lo stai chiedendo, non mi interessato a Cam, forse un tempo, ma ormai non è più così" disse Jarred sicuro.
"Non è per quello è che... Oggi si comporta in modo strano..." disse Alex, dando voce ai suoi pensieri.
"Probabilmente è perché non viene qua da molto tempo... Probabilmente ti sarai subito fatto un sacco di domande vedendo un ragazzo qualsiasi abbracciare il tuo ragazzo, se hai delle domande falle pure"
A dire il vero c'erano fin troppe domande nei pensieri di Alex, ma non poteva certo farle a quel ragazzo.
Così disse la prima cosa che gli venne in testa.
"Davvero hai una cotta per Alice?" chiese imbarazzato Alex.
L'altro lo guardò per qualche istante e poi sorrise, ancora una volta quel sorriso malinconico.
"Probabilmente non te ne ha ancora parlato, non importa, capirai... Sappi solo che non è Alice la sorella di cui sono innamorato" disse Jarred, per poi voltarsi e vedendo Cameron che era appena spuntato da un corridoio.
Come era possibile?
No doveva per forza averlo preso in giro. Cam aveva solo una sorella ed era Alice. Però perché avrebbe dovuto farlo?
Però Cameron non gli aveva mai detto di avere altre sorelle.
"Alex, andiamo" disse il maggiore tornando serio, dopo aver salutato velocemente Jarred che si era congedato con un sorriso.
Che tipo strano.
Alex non aveva capito benissimo chi fosse, però aveva uno strano presentimento, come se sapesse già che in futuro lo avrebbe rivisto.
Il minore decise di tacere e seguire Cameron, senza protestare, stingendogli la mano.
"Scusami se sono stato un po' distante. Però questa cosa è molto importante per me ed è bene che tu lo sappia... Non ci ho mai portato nessuno, ci sono sempre venuto da solo e non gli ho mai presentato nessuno, ma so che tu sei la persona giusta..." aveva detto il maggiore quando si era fermato davanti ad una porta.
Quella sembrava una stanza come tutte le altre, grigia, senza nessun segno particolare, di fianco alla stanza c'era una targa.
Era la stanza 147 e sotto quel numero c'era solo un nome, anche se ogni camera era attrezzata per avere due pazienti.
Poi Alex si accorse del nome che era sulla targa.
Luxuary.
Cameron portò una mano sulla maniglia, stava tremando, aveva paura.
Ogni volta che rientrava lì dentro era come se una vecchia ferita si riaprisse e purtroppo era così, ogni volta che entrava in quella maledetta stanza si sentiva morire e alcune volte pensava che forse sarebbe stato meglio così.
Anzi, se non fosse mai nato tutto quello non sarebbe accaduto.
Poi entrò.
Non era cambiato niente, era tutto come lo aveva lasciato, l'unica cosa in più era un libro sul comodino che probabilmente aveva letto e portato Jarred.
Anche Alex entrò, un po' titubante, ma poi riuscì ad affiancare Cameron, avendo la sua stessa visuale.
"Lei è Leila. La mia sorellina... Adesso ha 19 anni, ma è in coma da 3 anni..." disse con un filo di voce Cameron, stringendo forte la mano di Alex.
Non aveva mai detto quelle parole e il suo cuore si stava stringendo sempre più.
Rivedere la sorella che aveva sempre amato e che sempre aveva protetto era ancora tra quelle coperte bianche e non si muoveva da 3 anni, era ancora immobile e non aveva neanche più aperto gli occhi.
E tutto per colpa sua, per un suo errore.
Cameron si avvicinò ad un paio di sedie a fianco del letto e ci si sedette sopra, venendo imitato da Alex, il quale non si era neanche reso conto di quello che aveva davanti.
Cam lo aveva reso partecipe di una parte di se, del suo mondo, del suo dolore e lui non riusciva a comprenderlo.
Però si sentiva in colpa, aveva insistito tanto per sapere il motivo del comportamento del proprio ragazzo e forse aveva esagerato, aveva chiesto troppo e con molta insistenza.
Ora Cameron aveva gli stessi occhi di Jarred.
Vuoti, sofferenti e malinconici. Con più dolore di quanto potesse realmente sopportare.
Alex si decise a ricambiare finalmente quella stretta alla mano che era così salda da far male, facendo capire al maggiore che lui era lì, che non lo avrebbe abbandonato e che poteva parlarne con lui.
Spesso col corpo si possono dire più cose di quante se ne riuscirebbero a formulare a parole.
Con un bacio sulle labbra si può dire "ti amo".
Con un bacio sulla guancia si più dire "ti voglio bene".
Con un abbraccio ci può dire "mi sei mancato".
Con una carezza puoi dire "sei importante".
Con molto genti si possono dire molte cose, ma quella stretta di mano aveva più significato di qualsiasi bacio od abbraccio che si fossero mai dati i due ragazzi.
Quello voleva dire "Non ti lascio".
E forse era proprio quello di cui aveva bisogno Cameron.
"È successo tutto a causa mia. Quel giorno lei non doveva neanche uscire. Avevo litigato con Daniel e a quei tempi l'unica persona che mi capiva davvero era lei. Lei mi accettava per come ero e mi era sempre stata vicina, più di chiunque altro al mondo. Sarei dovuto uscire per andare a prendere delle cose al supermercato, ma era arrabbiato, irritato e non ne volevo sapere di uscire. Così avevo chiesto a lei se prima di tornare a casa non fosse un problema andare a fare un po' di spesa. Ma poi le ore passavano e passavano, Leila era ancora fuori e non aveva fatto una singola chiamata. Io ero troppo arrabbiato per capire la gravità della cosa, ma subito i miei fratelli si agitarono ed i primi ad uscire furono Klaus e Daniel, ma dopo due ore ancora non avevano trovato niente. E poi... Arrivò una chiamata..."
Cam non aveva quasi più fiato e tutto quello era estremamente difficile da dire per lui, si sentiva colpevole e se solo quella sera fosse uscito lui, non sarebbe successo niente di tutto quello.
Si ricordava ancora quando quella chiamata era arrivata e e sua madre era corsa tutta agitata, sperando che fossero buone notizie.
"La polizia l'aveva trovata per strada, probabilmente era stata picchiata e gli erano stati portati via tutti gli oggetti di valore e i soldi. Era ridotta male e l'avevano portata in ospedale, dove sarebbe stata operata d'urgenza. Quando arrivammo qui ci fecero aspettare ore e poi finalmente quando uscì dalla sala operatoria ci dissero che sarebbe andato tutto bene, che l'operazione non aveva avuto complicazioni e che lei si sarebbe svegliata presto, forse un po' confusa forse, ma presto... Non ha più riaperto gli occhi... I dottori dicono che alcune volte capita e altre volte le persone si risvegliano... Ma non sempre è così... Noi possiamo solo aspettare e sperare..."
Ed eccole le lacrime di Cam che premevano per uscire e per farlo stare male, ancora una volta.
Era straziante vedere la propria sorella distesa in un letto, sola e completamente abbandonata dal mondo.
Alex non sapeva cosa fare o cosa dire.
Aveva pensato a tutto, tranne quello.
Come avrebbe potuto aspettarsi qualcosa del genere?!
Quella ragazza assomigliava a Cameron, aveva i capelli castani, forse un po' più chiari di quelli del ragazzo, la carnagione leggermente più pallida, ma entrambi avevano della labbra carnose, uguali a quelle di Cam.
Alex avrebbe voluto sapere che colore si trovava sotto quelle palpebre.
Era un colore scuro e intenso come il marrone degli occhi di Cameron? O era un colore chiaro come quel verde che aveva visto su Klaus, Peter e la signora Luxuary?
La carnagione di quella ragazza non era molto naturale, molto probabilmente era dovuto al coma, ma il Alex era abbastanza sicuro che la pelle fosse molto chiara anche di natura, ricordando il colorito latteo che distingueva anche Alice.
Chissà poi che voce aveva? Acuta? Bassa? Stridula?
Alex avrebbe voluto sapere di più, ma era consapevole che non era buona cosa chiedere in quel momento difficile.
Il minore si guardò in giro e intravide un libro, poggiato sul comodino, un libro sottile, con un centinaio di pagine al massimo 150, se proprio si vuol esagerare.
Così Alex sollevò la mano che ancora stringeva quella di Cameron, attirando l'attenzione di quest'ultimo.
Poi ne baciò il dorso, accarezzando la pelle con le labbra morbide ed in fine lasciò la presa, alzandosi dalla sedia.
Poi fece il giro del letto e raggiunse il comodino su cui era posto il libro, lo prese e lo aprì dove indicava il segnalibro.
Alex cercò per qualche secondo, per poi trovare un segno a matita, fatto probabilmente da Jarred il quale poco prima era venuto lui stesso per leggere.
"In quel giorno, centinaia di persone giungevano da ogni parte del regno per essere davanti alle mura del giardino prima dell'alba. Maschi e femmine, ricchi e poveri, giovani e vecchi, con poteri magici o senza, si ammassavano nella notte, ognuno con la speranza di essere l'eletto a entrare nel giardino..."
Alex non amava leggere, ma lo faceva volentieri in quel caso.
Non conosceva la storia e quello sembrava un libro di fiabe, una raccolta di storie.
A dire il vero Alex non si era accorto di molti alti libri presenti sotto il comodino e nei cassetti, in totale ce n'erano 13 e quello che il minore aveva in mano era solo un libricino, gli altri erano tomi molto più complicati, ma che probabilmente qualcuno, in quei 3 anni aveva letto per la ragazza.
Cameron era piacevolmente sorpreso dal gesto di Alex e stette ad ascoltare.
Era un racconto fantasy, sua sorella aveva sempre avuto un debole per quel genere.
A dire il vero la ragazza amava anche scrivere, lo faceva per svago e molte volte aveva anche fatto leggere qualche suo scritto al fratello.
Eppure ora Cam ascoltava ogni singola sillaba pronunciata da Alex e non riusciva a distogliere lo sguardo dal ragazzo che tanto amava.
Era strano, ma il ragazzo noi poteva essere più felice di così in quel momento.
A parole non sapeva descrivere ciò che provava, sapeva solo di essere felice, di voler rivedere il sorriso di sua sorella e presentargli per bene l'uomo che gli aveva cambiato la vita, facendoli parlare, ridere e divertire, perché in quella stanza c'erano le persone più importanti della sua vita e anche se era una scena alquanto strana, era perfetta.
"Le tre streghe e il cavaliere scesero insieme dal colle, a braccetto, e tutti e quattro vissero a lungo felici e contenti, senza mai sapere né sospettare che l'acqua della Fonte non possedeva alcun incantesimo." appena pronunciata l'ultima sillaba Alex alzò il volto, trovando finalmente Cam con un bel sorriso sulle labbra.
Il minore posò il libro e tornò al suo posto sulla sedia al fianco del proprio ragazzo, tornando a stringere quella mano tremante.
Ci furono diversi momenti di silenzio. Ma none era un silenzio pesante.
No, era un silenzio di riflessione, nel quale entrambi i ragazzi guardavano quel povero corpo inerme che non poteva provare niente, neanche la più minima cosa.
Poi Cameron parlò.
"Mio padre vuole staccare la spina..." disse sperando che Alex capisse senza dover spiegare troppo.
Il minore aveva capito subito cosa volesse dire, ma ciò che aveva detto forse era la cosa più dura da digerire.
Quella ragazza sarebbe morta, quella a cui aveva appena letto una fiaba, come farebbe una mamma con il suo bambino, quella ragazza che tanto era stata cara a Cam e alla sua famiglia, presto sarebbe morta.
"Perché?" chiese Alex allibito e senza parole.
Cam lo era venuto a sapere solo qualche ora prima, ma non era niente di definitivo. Anche se probabilmente suo padre ci stava pensando già da un po', in tutta quella faccenda l'unico ad essere davvero d'accordo era Peter, anche se era ancora un po' titubante aveva detto che forse era ora di prendere una decisione.
Gli altri non si erano pronunciati.
"Alex, sono 3 anni che non si sveglia è molto improbabile che riprenda conoscenza. Mio padre ha solo ragionato, questa situazione causa solo dolore e rammarico, poi non sappiamo neanche se lei soffrendo o meno in questo stato, questa è solo una lenta agonia verso la morte. Forse è davvero meglio se stacchiamo la spina, tutto questo posta solo dolore... Anche se..."
"Tu non vuoi, vero?" lo interruppe Alex capendo cosa volesse dire Cameron.
Era vero, forse tutto quello poteva far soffrire, ma almeno avevano ancora una speranza.
La speranza che si svegliasse da un momento all'altro.
Forse non era molto, dopo 3 anni che non riapriva gli occhi, ma la speranza era l'ultima a morire.
Cameron annuì, dissolvendo i dubbi di Alex.
Lui non voleva lasciare sua sorella, non lo avrebbe mai fatto, voleva ancora vederla sorride, vederla ridere e ascoltare i suoi discorsi senza senso, leggere le sue storie dal finale a sorpresa e con mille personaggi improbabili
"Non fatelo, lei è ancora qua, nonostante non possa parlarvi, lei c'è ancora e tiene duro" disse Alex voltandosi verso Cameron.
Il maggiore sorrise a quella affermazione, il suo ragazzo aveva ragione, ma quella situazione faceva tremendamente male.
"Lo so e infatti non voglio... Vorrei che aprisse gli occhi... Ma so che è chiedere troppo..." sussurrò Cam abbassando lo sguardo.
Alex non sapeva cosa dirgli per convincerlo, non gli veniva in mente niente, non aveva mai neanche lontanamente pensato a cosa dire in una situazione del genere.
Poi ebbe un lampo di genio.
"Ma Jarred la ama! Vuoi infrangere anche le sue di speranze?" chiese Alex guardando seriamente Cam, il quale aveva sussultato, sia per il tono alto delle parole del proprio ragazzo e sia per il nome che aveva pronunciato.
In effetti non aveva ancora pensato a come avrebbe potuto sentirsi il ragazzo, sapendo che la persona che amava sarebbe morta solo per il loro egoismo.
"Jarred è da sempre stato innamorato di Leila ed è proprio per questo che 4 anni fa ci eravamo lasciati. Ammetto di averlo amato davvero molto, ma sapevo che per lui non era così, infatti un giorno mi disse tutto. Del fatto che mi voleva bene e voleva che rimanessimo amici, che io fossi importane per lui, ma anche che lui fosse innamorato di mia sorella. Non potevo arrabbiarmi con lui, mi aveva sempre fatto stare bene e mi aveva dato l'amore di cui avevo bisogno, e anche quando mi aveva detto che era finita, non riuscivo ad arrabbiarmi o a starci realmente male, perché avevo capito che il posto del mio amico d'infanzia era accanto alla mia amata sorellina. Jarred è stato il primo ragazzo con cui sono stato e sono felice che sia stato così. Quando Leila ha avuto l'incidente si era dichiarata da poco a Jarred, però lui non era riuscito a dirle dei suoi sentimenti e avevano in programma di vedersi, per parlarne meglio, ma a poi c'è stato l'incidente e non hanno mai potuto chiarire..."
Quella era una delle storie peggiori che Alex avesse mai sentito, ma non era finita.
"Leila odiava la propria vita e anche se molti non se ne erano accorti lei odiava se stessa e faceva di tutto per restare da sola. Pensava che le persone soffrissero a causa sua, così si isolava, facendo entrare nel suo mondo solo la sua famiglia e Jarred. Per questo amava leggere, perché nei libri ritrovava un mondo che forse l'avrebbe accettata per quella che era. Ed è per questo che Jarred ogni giorno viene qui e legge per lei..."
E quel ragazzo nonostante tutto la amava ancora.
Era da ammirare, Alex al suo posto non sapeva se sarebbe stato in grado di fare una cosa del genere, per tre anni di seguito, amando ininterrottamente una persona che non poteva risponderti, guardarti, baciarti ed abbracciarti.
No, lui non ce l'avrebbe fatta.
Però Jarred non sarebbe stato l'unico a soffrire per quella decisione, nel caso venisse presa davvero.
Probabilmente per tutta la famiglia Luxuay quella decisione sarebbe stata tremendamente dolorosa.
Ma l'amore per quella ragazza aveva spinto i suoi famigliari a resistere per ben 3 anni, 3 anni di sofferenza e finte speranze.
Chissà come doveva essere per dei genitori, vedersi prendere una figlia così giovane, vedere le loro speranze scivolargli via dalle mani.
Ora quella ragazza aveva 19 anni ma ne aveva vissuti solo 16, come avrebbe potuto fare, anche se si fosse risvegliata? Il mondo era andato avanti senza di lei, tutto era cambiato e ovviamente lei si sarebbe sentita a disagio.
Ma se non si fosse svegliata mai? Allora tutti avrebbero avuto solo delle vane speranze e tutta quella sofferenza sarebbe andata a vuoto.
"Cam, non devi farlo. Non potete, pensa a lei, pensa a tutti i ricordi che hai con lei! Pensa se potessi riaverla! Non sarebbe fantastico?! Perché non provate ad andare avanti con questa speranza... Col desiderio di riabbracciarla... Fino ad ora siete andati avanti con questo... Perché non ci provate ancora per un po'... Fatelo per lei..." disse Alex sperando che la sua voce non risultasse incrinata e spezzata. Perché era così che sentiva il suo cuore: spezzato.
"Alex... Io ho paura di come potrebbe essere il suo risveglio, non saprei cosa dirle, cosa fare... Insomma, lo stesso anno io me e sono andato e torno qua solo raramente, non gli sono stato accanto eppure lei... Noi eravamo inseparabili, eppure la sento distante... Questo corpo non è più lei..."
Anche il corpo di quella ragazza era cambiato in 3 anni.
Ma tutto era cambiato ed era inevitabile che le cose non sarebbero state più come prima, anche se si fosse svegliata.
Cameron in quel lasso di tempo si era trasferito alla P.C.A. ed aveva conosciuto Alex, l'uomo della sua vita.
Peter, Klaus ed Alice si erano laureati ed avevano trovato lavoro, il primo era un'architetto, il secondo un veterinario e la ragazza lavorava per un'agenzia immobiliare.
Daniel aveva aperto un'attività sua e loro madre aveva cambiato lavoro.
E molte altre cose erano successe.
Lei invece in tutti quegli anni non si era neanche mossa.
"Alex... Io quasi non mi ricordo i suoi occhi... Non mi ricordo che tonalità di verde fossero... Non mi ricordo come era la sua voce. Non mi ricordo come era la sua risata e non ricordo che odore avessero i suoi capelli quando usciva dalla doccia ed era fradicia... Non mi ricordo come era..."
Faceva male.
Dio se faceva male.
Cameron si sentiva il petto dilaniato dalle fitte di dolore e sapeva che da un momento all'altro sarebbe crollato senza avere più fiato in corpo.
Era come se una parte di se gli venisse tolta con la forza dal corpo.
"Allora lo riscoprirai. Quando si sveglierà lo riscoprirai, vivendo ancora una volta tutto quello che eravate un tempo, riscoprendo tutto da capo! Non importa cosa sia successo in tutto questo tempo, devi essere forte Cam! Devi esserlo per Alice, per Klaus, per Peter, per Daniel, per i tuoi genitori, per Jarred, per me, per te, ma soprattutto, per lei. Perché non è lei in vita solo per delle macchine, ma anche per voi, siete voi la sua forza e ci deve essere un motivo se lei è ancora in vita, nonostante tutto lei sta ancora combattendo per la sua vita, perché forse dentro di se vuole vivere ancora insieme a voi... Perché non vi ha dimenticato" Alex aveva il fiato corto dopo aver parlato tutto il tempo, non sapeva neanche lui cosa aveva detto per l'esattezza, sapeva solo che voleva tirare su di morale Cameron e proprio per questo avrebbe fatto di tutto.
Cam alzò finalmente lo sguardo e finalmente guardò in faccia Alex.
Il maggiore stava piangendo, col cuore in mille pezzi e gli occhi pieni di sofferenza.
Cosa avrebbe dovuto fare ora Alex?
"Hai ragione... Scusa..." era solo riuscito a dire Cam prima di abbracciare Alex, più stretto che poteva.
Il minore lo accolse tra le proprie braccia e finalmente sentì che qualcosa era andato al posto giusto.
Qualcosa di molto importante.
"Resta con me"

Continua...

NOTE AUTORI
COOKIE-666

Note autori:
Cookie-666

Ammetto che è stato una tortura scrivere questo capitolo, ma per me è il più importante che ho scritto (e anche il più lungo).
Adoro i personaggi che ho inserito ed ogni cosa che ho scritto, e spero che piaccia anche a voi.

PSYCHOIXX

Finalmente in questo capitolo scopriamo nuove cose su Cameron e anche su Zack e Jonah con il loro primo incontro.
Ma questo è solo una piccola parte.

A presto.

Prossimo aggiornamento: 24/01/2017

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