Capitolo 22: "True love"
"Ciao mamma, ne è passato di tempo. È da quando sono andato alla P.C.A. che non vengo a farti visita. So che dovrei essere felice e sorriderti, come faccio sempre, ma questa volta non riesco proprio a dirti che va tutto bene. Non riesco a sorridere, non riesco a ridere, non riesco a essere felice, non riesco nemmeno a respirare, non riesco neanche più a vivere. Quando sei piccolo ti dicono che quando crescerai troverai una persona speciale che ti amerà, nessuno ti dice che potresti soffrire, che potresti stare male... Io non ero pronto a questo mamma..."
Per fortuna Christopher era solo in quel momento, non avrebbe mai voluto che qualcuno lo vedesse piangere sulla tomba di sua madre, mentre gli parlava, singhiozzando e parlandogli con voce tremante.
Lo stesso giorno che aveva chiamato suo padre, s'era anche fatto venire a prendere, non voleva restare nel campus per le vacanze, tutti quei luoghi gli ricordavano Austin, quindi era tornato a casa da suo padre, anche se lui non c'era quasi mai, a causa del suo lavoro e quindi Chris passava molto del suo tempo da solo.
Era notte ormai, ma nonostante ciò aveva chiesto a suo padre di accompagnarlo al cimitero, aveva bisogno di vedere sua madre.
Chris si alzò e diede un ultimo saluto alla fredda lapide, per poi girarsi e andare verso l'uscita del cimitero, dove lo aspettava suo padre,in macchina.
La prima cosa che fece il biondo, appena entrato in casa, fu accendere il telefono, lo aveva spento appena se ne era andato via da Austin, per paura che lo chiamasse.
Però stranamente, Austin non lo aveva chiamato, anzi, gli unici a chiamarlo erano stati: Zack, Alex e Jonah.
Jonah e Zack molto probabilmente sapevamo cosa era successo, invece Alex non lo poteva sapere, a meno che non glielo avesse detto qualcuno.
In ogni caso Chris aveva l'egoistico desiderio di parlare con qualcuno che sarebbe stato ad ascoltarlo senza giudicarlo e senza pretendere altro.
Così compose il numero e si portò il cellulare all'orecchio.
"Pronto, Chirs?" rispose Alex dopo il terzo squillo.
Era bello risentire la voce del suo amico, non si vedevano da tanto ed era bello poter parlare l'uno con l'altro.
"Ciao matto" disse Christopher sorridendo.
"Ciao, come va lì col tuo amore?" chiese Alex, evidentemente all'oscuro di ciò che era successo.
"Non bene... Ma prima dimmi perché mi hai chiamato" rispose il biondo cercando di cambiare argomento.
"Va bene, allora, ieri Cameron mi è venuto a prendere perché la sera prima ci eravamo chiamati e in qualche modo abbiamo risolto, non ho capito bene neanche io come ci siamo riusciti, sta di fatto che ora sono a casa sua, ho conosciuto sua sorella, è simpaticissima, ma tutti gli altri membri della famiglia sono fuori casa, per delle compere. Mi deve presentare come il suo fidanzato ai suoi genitori e ai suoi tre fratelli, di cui uno omofobo, che ha praticamente costretto Cameron a scappare di casa. Cam mi ha detto che comunque sono tutte brave persone, so che dovrei prenderla bene, ma ho paura, so che non dovrebbe essere così, ma non riesco a stare calmo!... Aiutami Chris!"
Era buffo sentire le parole di Alex e quando lo ascoltò Christopher non poté fare a meno di sorridere, ma allo stesso tempo una morsa gli stringeva il cuore, fino a pochi giorni fa anche lui si trovava nella sua stessa situazione.
Chris si prese qualche istante prima di rispondere e poi iniziò a parlare.
"Inanzi tutto calmati, non c'è niente di strano, ora sei con Cam?" chiese in tono dolce e rincuorante.
"No, è giù di sotto in sala..." rispose incerto l'altro.
"Vai da lui, digli tutto, ma ricorda che tu non sei lì per i suoi parenti, ma per lui, vedrai che andrà tutto bene, ne sono sicuro. Non c'è persona che ti conosca che non si sia innamorata di te" concluse sentendo l'amico sospirare.
Passarono alcuni istanti, ma alla fine si sentirono dei rumori dall'altro capo del telefono e Chris capì che qualcosa si stava muovendo.
"Grazie Chris... Non so come farei senza di te!" disse il castano felice "Ma non mi hai ancora detto cosa è successo con Austin..."
Chris prese un grande respiro e provò a riordinare le idee per essere il più preciso possibile, poi iniziò a raccontare.
"Come è potuto succedere?" chiese Alex più a se stesso che al diretto interessato.
Il castano sapeva che il tipo di amore che legava Christoper e Austin era molto particolare, sapeva anche che era complicato e che sarebbe stata dura uscire da quella situazione.
"Cosa faccio Alex, lui mi ha mentito, sai che odio quando qualcuno mi mente! Cosa dovrei fare? Non mi ha neanche chiamato..."
Alex sapeva bene quanto Chris non sopportasse le bugie, si ricordava quando gli aveva mentito su Cameron, sembrava davvero infuriato, non tanto per quello che riguardava la bugia, ma per il fatto stesso che qualcuno gli abbia mentito.
E probabilmente era così anche questa volta, solo che in questa situazione, se era vero che Austin prima o poi lascerà l'accademia... Anche la loro relazione potrebbe avere un risvolto negativo.
Se ne avessero parlato magari ora starebbero passando le vacanze insieme assaporando meglio ogni momento, nonostante la consapevolezza di ciò che realmente sarebbe accaduto.
"Chris io non so perché Austin non ti abbia detto niente, ma ti prego, forse tu non te ne accorgi ora perché sei arrabbiato e deluso da lui, ma Austin ti ama più di ogni altra cosa al mondo... E anche per te è così, vero?" disse Alex, nonostante sapesse già la risposta.
"Si... Ma-"
"Niente "ma", ha sbagliato, è vero, probabilmente ora se ne sta pentendo, ma se davvero lo ami allora devi fare di tutto per riaverlo con te! Chi esita non ha speranza! Lo abbiamo capito entrambi a nostre spese..."
Alex aveva ragione, eccome se aveva ragione.
"Grazie..." disse soltanto il biondo, prima di chiudere la chiamata.
Con tutta probabilità lui e Austin avrebbero ancor litigato, ma se non fosse stato così, probabilmente non sarebbe stato amore.
Chris compose un altro numero, c'era qualcun altro che lo aveva chiamato.
Appena qualcuno rispose subito Chris iniziò a parlare.
"Zack! Come va? Scusa se-" per la seconda volta in pochi minuti, gli fu impedito di concludere una frase.
"Christopher! Oddio, dove sei?!" era la voce di Jonah, ma tremava, come se fosse impaurito, stava quasi urlando ed era agitato.
"C-Cosa è successo?" chiese Chris preoccupato.
"Non lo so! Zack è svenuto, lo stiamo portando in ospedale, io ho bisogno di qualcuno! Mio cugino è scomparso e mio padre mi odia, ti prego Chris aiutami!"
Cosa? Perché Zack era svenuto?
In effetti alcune volte, durante le ore di ginnastica si fermava perché si sentiva male, aveva molte volte la pressione bassa, ma non era mai svenuto.
Ma la cosa che aveva fatto agitare di più il biondo era il tono della voce di Jonah, urlava, ma la sua voce era instabile, se solo Chris avesse conosciuto meglio il ragazzo dall'altra parte del telefono avrebbe capito che quest'ultimo era in lacrime.
Eppure Jonah non piangeva mai...
Michael era un ragazzo arrogante e pieno di se, aveva sempre avuto delle certezze nella vita ed era sempre stato sicuro di tutto al 100%.
Niente escluso. Tutto era sempre stato così: o bianco o nero.
Le vie di mezzo non gli piacevano, però la cosa ironia di tutta la faccenda era che quel ragazzo tanto serio, avesse in realtà un debole per le persone perennemente indecise. Come lo era Christopher, il ragazzo di cui si era innamorato, ma anche Kathrin, nonostante volesse sembrare forte e sicura, a dire il vero era indecisa.
Quella ragazza dai capelli rossi era davvero particolare, sapeva fingere bene, poteva riuscire a sembrare sicura danti a tutti, ma non davanti a lui.
Erano da qualche giorno che si parlavano, costantemente, tutti i giorni, trovavano ogni espediente per potersi sentire, meglio con una video chiamata, ma riuscivano a sentirsi anche grazie ai messaggi o alle mail.
Si erano dati appuntamento alla caffetteria della P.C.A.
Dire che la ragazza era in ritardo era un eufemismo, soprattutto per un ragazzo come Michael.
La vide arrivare di corsa, in modo disordinato, con la sua sciarpa stretta intorno al collo e con le guance rosse dal freddo.
"Scusa il ritardo, non trovavo la chiave della stanza..." disse la ragazza sforzando un sorriso.
"Va bene, ma che non accada più, stavo per andarmene!" disse seccato il ragazzo.
Insolente.
Era l'unica parola che veniva in mente a Kathrin per descrivere il ragazzo davanti a se.
"Guarda che sei stato tu a chiedermi di vederci con così poco anticipo!" disse la ragazza seccata.
"Io vengo da fuori città, tu invece eri al campus! L'unico col diritto di arrivare in ritardo tra i due, sarei io!" rispose Michael.
"Se sei venuto solo per criticarmi allora puoi anche andartene!" disse Kat mettendo il broncio.
Si erano visti poco e molte volte Michael si era ritrovato a pensare che non gli bastava più vederla su uno schermo, e in quel momento, capì che aveva fatto la cosa giusta ad invitarla fuori.
"Dai, scusami, non volevo offenderti..." disse il ragazzo cercando di far sparire dal volto della ragazza quel broncio, per quanto esso potesse essere carino.
Alle fine la ragazza si arrese e si decisero ad entrare nel locale e prendere qualcosa di caldo che li potesse aiutare in quella fredda giornata invernale.
Iniziarono a parlare, non tanto perché avessero qualcosa da dirsi, ma perché entrambi ne sentivano il bisogno.
Avevano scoperto che i loro gusti erano abbastanza simili, amavano entrambi i libri di fantascienza, gli piaceva il cinema e in particolar modo i film thriller. Molte altre cose li accomunavano, ma ce n'era una in particolare, che nessuno dei due conoscevano.
Entrambi avevano scelto di amare.
Forse innamorarsi di quel qualcuno non era stata una decisione loro, ma lo è stata quella di coltivare quel sentimento, scegliendo di continuare ad amare quella persona.
Kathrin ama Michael e di questo ormai se ne era accorta, ma non aveva ancora capito perché il ragazzo provasse tanto interesse per lei.
Già lei era insicura dei propri sentimenti, figuriamoci se avesse dovuto pensare anche a quelli di Michael!
Appena finito di pagare il conto decisero di fare una passeggiata per il campus, fermandosi qualche volta da qualche parte, giusto per scrollarsi ogni tanto la neve di dosso.
Era vero, Kat era perennemente indecisa e in quel periodo aveva iniziato a mettere in dubbio anche i propri sentimenti, in fondo lei non sapeva cosa fosse l'amore, non sapeva neanche cosa volesse dire, eppure aveva pensato che quei sui sentimenti fossero riconducibili a quell'unica parola di cinque lettere.
Ma quel sentimento che non riusciva a decifrare e a descrivere a parole, era davvero amore?
"Kathrin, stai bene?" chiese Michael notando il fatto che la ragazza fosse sovrappensiero già da qualche minuto.
"Ehm, sì, cosa stavamo dicendo?" chiese titubante la ragazza, si era persa nei suoi pensieri ancora un volta.
Il moro sospirò, cercando di rimettere in ordine le idee, quella ragazza lo metteva in confusione tutte le volte.
"Niente di importante... Kat, tu preferisci il bianco o il nero?" chiese d'istinto il ragazzo.
Era una domanda che non faceva spesso, solo alle persone a lui più care, tutti rispondevano sempre "Nessuno dei due" oppure "Egli altri colori?", tutte risposte che avevano sempre fatto arrabbiare Michael.
Chris, quando glielo aveva chiesto, non aveva risposto, limitandosi ad una alzata di spalle.
Nessuno gli aveva ancora dato una risposta soddisfacente.
"Come prego?" chiese la ragazza stupita.
"Io sono una persona decisa, lo sai, e vorrei una risposta!" e proprio in base a quella risposta, Michael avrebbe capito cosa fare, da quel momento in poi.
Bianco o nero?
Non c'erano altri colori, ne vie di mezzo.
Kat non pensò molto alla risposta, forse perché non aveva davvero intuito il significato di quella domanda.
Kathrin era un persona insicura, ma quella vota rispose con fermezza a quella domanda, forse per la prima volta nella sua vita.
"Entrambi" rispose più decisa che mai.
Michael sorrise, poi si voltò verso di lei.
Il ragazzo le se avvicinò, col sorriso sulle labbra, le accarezzò la sciarpa, poi i capelli ed infine la guancia.
Sembrava di essere in una di quelle scene da film romantici, in cui i due protagonisti rimangono immobili, tutto si ferma, parte una musica dolce e i toni accesi del paesaggio diventano più miti.
Ma non era così, quella era la realtà e anche la mano di Michael sulla sua guancia, era realtà.
"Ora rispondi con la stessa decisione. Mi ami?" chiese il ragazzo soffiando sulle morbide labbra della rossa.
Non ci fu una replica verbale, ma il bacio che Kathrin diede a Michael, fu una risposta più che eloquente.
-
Austin aveva sentito un'ambulanza avvicinarsi alla sua abitazione a sirene spiegate, ma aveva resistito all'impulso di correre a vedere cosa stesse succedendo.
In compenso era uscito dalla sua camera appena l'autovettura si era allontanata, portando via Zack e Jonah.
Si era diretto subito da una persona, aveva escogitato un modo per riprendersi Christopher, avrebbe fatto di tutto per stringerlo fra le sue braccia ancora una volta.
Il ragazzo si avvicinò lentamente alla porta di legno e senza bussare vi entrò, trovando davanti a se sua zia, intenta a leggere un libro, che lo fissava incuriosita da sopra la montatura degli occhiali.
Austin, come tutti gli alunni della P.C.A. aveva compilato un modulo per l'iscrizione, dove bisognava inserire anche un indirizzo.
"Mi serve il tuo aiuto."
"Potrebbe essere una difetto congenito del cuore, di solito li si nota nei primi mesi di vita, ma in questo caso può essere che i sintomi non si siano manifestati fino a questo momento..."
Le parole dei dottori non gli interessavano, non erano riusciti a trovare una risposta, tanto meno a trovare una soluzione, come poteva allora Jonah restare calmo quando sapeva solo che il suo ragazzo era stato ricoverato d'urgenza?!
Aveva un problema al cuore e a quanto pare si era affaticato troppo, o qualcosa del genere, non aveva capito, ma una cosa era sicura: voleva vedere il suo ragazzo.
"Fino a che non si riprende possono entrare solo i parenti" era stata la risposta dei medici.
Era rimasto per un paio d'ore in sala d'aspetto, ma era straziante vedere tutte quelle persone aspettare una notizia, bella o brutta che fosse. Esattamente come stava facendo Jonah.
Zack non aveva parenti, non aveva nessuno, solo lui!
Cosa poteva fare Jonah in un momento del genere, l'unica cosa che era riuscito a fare in tutto quel tempo era stato rispondere a Christopher con il telefono di Zack e urlare ciò che era successo, finendo per essere richiamato dai dottori.
Odiava non poter fare niente, era disperato e la sua unica ragione di vita stava male.
Tutte le volte che un dottore entrava in sala tutti i presenti alzavano lo sguardo, pieno di speranza e paura.
Ogni volta che veniva chiamato in nome qualcuno si alzava e si avvicinava al dottore in questione, alcuni sorridevano e venivano accompagnati in una stanza dove probabilmente c'erano i propri cari, altri piangevano a dirotto, alcuni per la felicità, altri no.
Aveva visto una donna chiedere di suo figlio e la risposta che le diedero la fece impallidire e piangere, ma quegli occhi non erano più quelli di una madre, ma quelli di una donna che non avrebbe mai più rivisto il suo bambino.
Jonah si sentiva a disagio in mezzo a quella gente, in quel momento avrebbe solo voluto che Zack si svegliasse, per poterlo riabbracciare.
"I parenti di Zack Yuane?" chiese un dottore entrando nella sala.
Il cuore di Jonah si fermò, ma comunque trovò le forze per alzarsi in piedi.
"Lei è un suo parente?" chiese con fare sospetto il medico.
"No, lui non ha parenti, è orfano, sono io ad aver chiamato l'ambulanza, sono il suo ragazzo" tentò di spiegare in modo gentile Jonah.
Sapeva che non glielo avrebbero mai fatto vedere, se non erano imparentati, ma comunque era meglio dire la verità in questo caso.
Il dottore sospirò.
"Si è ripreso, mi segua"
Jonah fece come gli era stato chiesto, lo portarono in un lungo corridoio bianco, con le porte grige.
Entrarono nella penultima porta sulla destra, appena Jonah varcò la soglia vide Zack, disteso sul letto candido dell'ospedale, con quegli strani aghi nel braccio, con le lenzuola in ordine e il viso riposato.
Per qualche istante Jonah si dimenticò come si respirava.
"Come sta?" chiese quando ebbe riacquistato un minimo di lucidità.
Gli avevano già detto cosa poteva essere, appena erano arrivati, ma niente di sicuro.
Il dottore gli spiegò, ma Jonah non capì assolutamente niente di quello che gli venne detto, sembrava qualcosa di molto simile a quello che gli avevano detto in precedenza, appena erano arrivati.
Il dottore continuava a parlare.
Jonah voleva urlare che non gli importava quali esami e test dovessero fare, lui voleva solo che il suo ragazzo stesse meglio!
"... Potrebbe darsi che ci sia bisogno di un trapianto..."
"Cosa?" Jonah non ascoltava il dottore già da qualche minuto, ma quelle parole lo avevano riportato alla realtà.
"Forse, solo se la cosa peggiora, ma per ora ha solo bisogno di essere monitorato, solo una visita alla settimana, niente di troppo impegnativo. Potrà tornare a fare tutto quello che faceva prima, ma sarebbe meglio evitare uno sforzo eccessivo o troppo stress. Al massimo salterà le lezioni di motoria."
In poche parole niente di grava, per ora.
Jonah si avvicinò al letto, l'amore della sua vita era lì, disteso, incosciente e bellissimo.
Il moro allungò una mano per sfiorare semplicemente le dita di quel freddo corpo.
Sembrava una bambola di porcellana, così fragile...
"Signore, se non è un parente però non può rimanere a lungo..." gli disse il dottore.
Jonah non si era neanche accorto del fatto che stava accarezzando quella fredda mano, da più di 10 minuti.
"Va bene" disse sospirando, per poi chinarsi sopra il corpo inerme di Zack, per lasciargli un dolce bacio sulla fronte.
Passò un ora e nessuno lo venne più a chiamare, ma quella sala d'aspetto gli metteva troppa ansia e tristezza addosso, quindi Jonah decise di andare altrove, per non pensare troppo a tutta quella orribile faccenda.
Ora si trovava sul tetto dell'ospedale, a piangere in silenzio e a fumare una sigaretta, l'unica cosa che potesse calmarlo in quel momento.
Respirò ancora una volta quel fumo caldo e con la manica asciugò l'ennesima lacrima che gli era sfuggita.
Non era abituato a piangere in quel modo, forse non aveva mai sofferto così tanto in vita sua, neanche quando era stato costretto ad abbandonare Austin.
In questo momento Jonah si sentiva vuoto, era un corpo vuoto, capace solo di provare dolore e disperazione.
Prima di quel momento il moro non avrebbe mai immaginato che si potesse soffrire a quel modo.
Un'altra delle cose che Jonah aveva sentito dai dottori è che probabilmente ci sarebbe stato bisogno di un trapianto. Un trapianto di cuore.
Però non si era ancora svegliato... Quello non era stato un semplice svenimento, no, quello era stato un incubo.
Dover prendere in braccio l'esile corpicino del suo amato, così debole e fragile, chiamare un'ambulanza, e portare in braccio il suo ragazzo fino alla porta d'ingesso.
Era sta un'impresa quasi impossibile e ora, sapere che non poteva stare al fianco di Zack, lo stava uccidendo.
"Amore mio... Ti prego... Torna da me"
"Non preoccuparti, gli piacerai" disse Cameron tranquillamente.
Alex aveva ascoltato il consiglio di Chris e appena aveva chiuso la chiamata era andato da Cameron il quale lo aveva subito calmato, o almeno ci aveva provato.
Il più piccolo cercò di sistemarsi meglio sulle ginocchia del suo ragazzo, che subito lo strinse a se.
"E se poi non fosse così? Lo hai detto anche tu che con tuo fratello non vai d'accordo, figurati ora che gli porti pure il tuo ragazzo gay in casa!"
Alex aveva paura, e se poi non venisse accettato e dovesse trascorrere tutto il tempo distante da Cameron a causa dei suoi parenti?!
Erano su una poltrona in salotto, e Alex era comodamente seduto sulle gambe del suo ragazzo che gli accarezzava la schiena con fare premuroso, quel piccoletto sembrava proprio un cucciolo impaurito e sperduto.
"Sono a casa!" urlò Alice dall'ingresso.
Alex sobbalzò e si irrigidì subito.
"Il resto della banda arriva tra poco, voi come state?" chiese la ragazza entrando in salotto.
A quelle parole il giovane riuscì a rilassarsi, almeno un po'.
Alice, la sorella di Cameron, lo aveva accolto molto bene, lo aveva addirittura abbracciato e gli aveva sorriso premurosa.
"Io bene, ma questo cucciolo spaurito ha paura" disse Cam dando poi un bacio sulla guancia ad Alex.
Non erano abituati a smancerie in pubblico, ma a quanto pare Cameron non si faceva problemi a palesare l'affetto che provava per Alex, e anche quest'ultimo non disdegnava le sue attenzioni, nonostante si sentisse in imbarazzo.
"Perché? Qualcosa non va?" chiese la ragazza guardando il fratello con uno sguardo dolce.
"E se poi non gli piacessi? E se facessi una cavolata? Se non andassi bene?!"
Dire che era agitato era riduttivo, ma per fortuna Cam aveva messo a tacere quel fiume di parole con un bacio, corto e lieve, ma pur sempre un bacio.
"Alex, sei perfetto, come potresti non piacergli"
"Mio fratello ha ragione, il massimo che può accadere è che Daniel non i parli per un paio di giorni, anche con Cam ha fatto così, ma poi hanno ripreso a parlarsi!"
In quella frase era palese la felicità di Alice, probabilmente era da tanto che i suoi fratelli non si parlavano.
"Già, non come prima, ma sempre meglio di niente. Vedrai che andrà tutto bene cucciolo" ribatté Cameron con dolcezza.
"Però è meglio se evitate di baciarvi troppo spesso, sai, qua non siamo abituati!" disse Alice ridendo e coinvolgendo, in quella risata, anche i due ragazzi.
Ma quel momento di serenità e ilarità, fu interrotto da dei rumori, per l'esattezza quelli proveniente dalla porta.
Alex si alzò, e subito strinse la mano di Cameron che prontamente ricambiò la stretta e gli sorrise, sperando di rassicurarlo.
"Siamo a casa!" disse un uomo all'ingresso.
Alice subito corse per andare dai genitori, Cameron diede un ultimo bacio ad Alex.
"Ciao, vi ricordate di quella cosa che vi avevo detto poco fa? Che probabilmente Cam avrebbe portato qua il suo ragazzo, ricordate?" chiese Alice, mentre le figure mdi Cam e Alex erano ancora nascoste alla vista delle persone all'ingresso, intente a togliersi i cappotti.
"Si Alice, ce l'hai detto giusto un'ora fa" rispose Daniel sbuffando.
Il ragazzo aveva cercato di accettare la omosessualità del fratello, provando a cambiare idea, ci erano voluti 3 lunghi anni, ci stava riuscendo bene, ma reagire al fidanzato di suo fratello era un altro paio di maniche.
Però si era ripromesso di accettare anche quello, per il bene di Cam.
"Dan non essere scortese con tua sorella!" ribatté una donna, probabilmente la madre di quella strana banda.
"Grazie mamma, comunque, Cameron è tornato da poco, portando con se qualcuno!" disse Alice, riuscendo a malapena a contenere la gioia.
"Che bello, non vedo l'ora di conoscerlo!" disse la madre entusiasta.
"Va bene, ma vedi di non spaventarlo con tutta questa euforia mamma" disse Klaus ridendo.
"Allora, dove sono?" chiese Peter.
Alice sorrise per l'ennesima volta, guardando alla sua destra, nella sala dove ancora c'erano i due ragazzi che in quel momento si stavano sorridendo.
"Venite!"
Appena la ragazza varcò la soglia, fece l'occhiolino ad Alex.
Alice era felice che quel ragazzo impossibile e allo stesso tempo perfetto, qual'era suo fratello, avesse trovato qualcuno di altrettanto speciale.
"Ciao, mamma, papà, ragazzi, vi presento Alex" non c'era bisogno di aggiungere altro, avevano già capito da sé chi fosse quel ragazzo dall'aria impaurita che stringeva la mano di Cameron.
"Piacere di conoscervi" disse il ragazzo che aveva abbassato lo sguardo, intimidito da tutti quegli occhi intenti a fissarlo ed esaminarlo.
"Siamo felici che nostro figlio..."
Cameron guardò suo padre, sperando che finisse presto di parlare, era una normalissima presentazione, niente di strano, però in quel caso Alex si sarebbe sentito a disagio, ma a quanto pare nessuno se ne accorse, o almeno così credeva, perché proprio in quel momento accadde qualcosa di inaspettato, che nessuno si sarebbe mai aspettato.
Un ragazzo che Alex non conosceva, che però assomigliava a Cameron, solo più... Adulto, gli si stava avvicinando.
Appena si era avvicinato a lui tutto si era fermato, anche le parole del padre.
Quel ragazzo sembrava serio, anche troppo.
Il ragazzo, a dispetto di quello che tutti avrebbero pensato porse la mano ad Alex, con una naturalezza quasi allarmante.
"Piacere, sono Daniel" disse il ragazzo sorridendo teneramente ad Alex.
"Come sei cambiato Daniel, però il tuo sorriso è sempre lo stesso. Bellissimo. Sincero."
Ecco cosa aveva pensato Cameron.
NOTE AUTORE
PSYCHOIXX
Salve a tutti, ragazzuoli!
Questo è un capitolo che ho intitolato "True Love", perchè secondo me, quì si vede il vero amore di ognuno. Non è uno di quei capitoli composti da più di 1000 parole ma senza sostanza. Io personalmente ritengo, che ogni parola di questo capitolo abbia un significato. Esprimono un concetto, che talvolta può essere pesante ma alcune volte anche leggero, facile o difficile, gioioso o doloroso, alto o basso, vero o falso. Questo concetto non sarebbe altro se non l'amore.
Volevo anche comunicarvi che il prossimo aggiornamento toccherebbe di Sabato che viene di 24. Siccome il giorno dopo è Natale, abbiamo deciso che il capitolo verrà pubblicato Domenica 25 come regalo di Natale.
Ci sentiamo, presto!
-Psychoixx and Cookie-666🎄
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