Capitolo 17: "Il fuoco della passione"
"Non eri tu quello a voler parlare?" chiese Cameron prendendo un sorso della sua cioccolata calda.
Alex invece non riusciva a spiaccicare parola, avrebbe voluto chiedergli della sua chiamata, di poco prima, sembrava averlo toccato, ma non sapeva come avrebbe potuto aiutarlo, quindi aveva provato ad accantonare la cosa e a concentrarsi sulla loro discussione di qualche giorno prima, ma ancora gli faceva male, anche solo pensarci.
"Beh si, allora... Per quanto riguarda... Noi e quello che hai detto" Cameron lo interruppe.
"Non mi scuserò per quello che ho detto" disse severo, facendo sussultare il ragazzo davanti a se.
Alex annuì, lo sapeva che non sarebbe stato facile, anche se un po' ci aveva sperato.
"Non volevo che lo facessi... Sono io quello a doversi scusare, non avevo capito quello che provavi..."
Il maggiore sospirò, guardò negli occhi Alex, ancora per qualche secondo, poi distolse lo sguardo, lasciò dei soldi sul tavolo e si alzò, non disse niente, semplicemente se ne uscì da quel bar, dando le spalle al povero Alex, che non capiva dove aveva sbagliato.
Cosa aveva fatto di male?
Aveva detto qualcosa di sbagliato?
Perché quella reazione?
Cameron non lo avrebbe mai fatto, non era una persona del genere, non si sarebbe mai comportato a quel modo, possibile che quello fosse un rifiuto definitivo?
Alex trovò una forza incredibile, che non pensava di avere e con quella forza uscì correndo e cercò Cameron, ancora, fino a che non lo intravide, gli corse dietro e senza preavviso, senza neanche rallentare, gli si lanciò letteralmente addosso, abbracciandolo da dietro, per trattenerlo.
Aveva bisogno di risposte e non gli importava come le avrebbe avute!
Il maggiore si stupì di quei gesti, per poco non cadde per terra, causa la troppa energia che il minore aveva trovato.
"Alex, ma cosa stai facendo?!" chiese Cam rigirandosi e trovandosi così Alex sul petto, a stringergli la maglia e a guardarlo deciso.
"Sei tu quello strano! Almeno mi puoi dire cosa ti sta succedendo?" disse il più piccolo, allontanandosi leggermente, ma senza mai staccarsi dal suo ragazzo.
Cameron sospirò e lasciò che qualche minuto di silenzio trovasse spazio in quella conversazione.
"Tranquillo, non è niente, solo qualche problema con al mia famiglia, tu, piuttosto, perché mi hai seguito?" chiese con più calma il castano.
"Sembravi intenzionato a lasciarmi da solo lì" lo accusò Alex con un po' di rabbia nella voce.
"Perché forse è quello che avevo intenzione di fare?!" rispose Cam a tono, facendo staccare così Alex.
"Perché?! Ti ho anche chiesto scusa, sai che non è facile per me, ti sono venuto a cercare, ti sono corso dietro, sono consapevole di avverti ferito, ma non penso di meritarmi questo!"
Cameron si morse le labbra e distolse lo sguardo, come a volersi rimangiare le parole che stavano per uscire dalle sue labbra.
"Tu... Hai detto che ti scusavi perché non avevi capito i miei sentimenti, ma sappi che anche ora, non hai capito proprio niente di me" disse Cameron, cercando di restare calmo.
È vero, Alex non sapeva quasi niente dell'altro, eppure aveva provato a risolvere la cosa, perché doveva essere tutto così complicato, non potevano solo abbracciarsi e dirsi che si amavano?
Perché doveva essere tutto così difficile?
Alex davvero non capiva.
Non si accorse neanche che delle lacrime che gli erano scappate, tanto stava soffrendo in quel momento, anche Cameron se ne accorse.
Qualcosa stava discendo al castano, di stringere Alex a se, di asciugargli le lacrime e di andare avanti insieme, ma non poteva permetterselo.
Non era dell'umore giusto, anche se lo avesse fatto poi lo avrebbe respinto di nuovo e lo avrebbe fatto stare male, ma a quel punto non poteva neanche andarsene via, senza aver fatto niente.
Così sospirò di nuovo, girandosi, senza dover così vedere le lacrime dell'altro.
"Per le vacanze torno a casa... Devo sistemare un paio di cose... Ci sentiamo" disse Cam imponendosi di non voltarsi, quando un singhiozzo scosse il più basso, appena dietro di lui.
Non aspettò risposta, semplicemente se ne andò, senza voltarsi, sapeva che se lo avrebbe fatto, tutti i suoi obbiettivi, per le vacanze invernali, sarebbero andati a farsi benedire, perché il suo istinto gli avrebbe urlato di restare con Alex e non tornare a casa.
Ma quella questione, con la sua famiglia, andava risolta, una volta per tutte.
Così Cameron lasciò quel ragazzo in lacrime dietro di se, ancora pieno di domande e senza neanche una risposta.
"C-Cosa hai detto?" chiese Zack incredulo, con quasi le lacrime agli occhi.
Jonah aveva parlato così velocemente e con quella voce così bassa, che al ragazzo, gli era parsa quasi un'illusione.
"Che mi va bene se rifiuti" disse l'altro, che ancora si stava torturando le mani, sperando che il suo ragazzo accettasse.
"No, prima" disse quest'ultimo, impaziente, come se non potesse aspettare oltre.
"Che i miei parenti non mi amano molto?" chiese con un sopracciglio alzato.
Il ragazzo dagli occhi si alzò di scatto, avvicinandosi all'altro ragazzo e guardandolo negli occhi, nonostante abbia dovuto alzare la testa verso il più alto per fare ciò.
"No, prima ancora!" disse con insistenza.
"Se vuoi passare il Natale con me?" chiese per un'ultima volta il maggiore, sperando di averci preso e non dover prolungare ulteriormente quella discussione abbastanza monotona.
Zack ebbe la risposta per la quale aveva continuato a far domande, allora era davvero così, Jonah, l'amore della sua vita, gli aveva davvero chiesto di trascorrere le vacanze con lui?
Il ragazzo non ci pensò due volte, prima di lanciarsi tra le braccia di Jonah, che ancora frastornato, ci mise qualche secondo per ricambiarlo.
Zack non aveva mai festeggiato un vero Natale, non sapeva cosa fosse e l'idea di poter passare le sue prime vacanze natalizie con il suo ragazzo, lo rendeva tremendamente felice.
"Proprio quello!" gli disse direttamente all'orecchio il ragazzo, che ancora si agitava e provava una felicità, difficilmente contenibile.
"Allora... È un si o un no?" chiese Jonah, quando il suo ragazzo gli diede un minimo di possibilità per respirare, allentando l'abbraccio.
Zack lo guardò sorridente, prima di lasciare, sulle labbra del suo ragazzo, un bacio passionale e desideroso.
"Certo che si!" rispose una volta che si furono separati i due.
"Davvero?!" chiese Jonah incredulo.
Gli ci era voluto molto al padre, per convincerlo a lasciargli portare un "amico", anche se Zack non era solo un amico.
Però purtroppo, il padre di Jo non vedeva di buon occhio gli omosessuali, quindi era meglio che il ragazzo, tenesse per se, almeno per un altro po', quel suo piccolo segreto, e di questo era bene avvertire anche il più giovane.
Quindi tra un bacio di gioia e l'altro, Jonah riuscì a specificare la situazione che Zack avrebbe dovuto affrontare, nel caso quest'ultimo decidesse di venire davvero con lui.
"Però c'è una cosa amore... Non possiamo dire di noi ai miei parenti, mi ucciderebbero e non vorrebbero che noi" il moro era deciso a continuare il suo discorso, ma una mano del suo compagno, glielo impedì, interrompendolo a metà frase.
"Va bene, non ti chiedo di dirlo ai tuoi parenti, mi va benissimo rimanere in segreto... Avevamo in programma di farlo anche qua, ma a quanto pare non è andata proprio così" ridacchiò il giovane.
In effetti, dopo che se ne era accorto Christopher, più o meno tutti, avevano intuito che ci fosse qualcosa tra loro, anche perché i due ragazzi, non riuscendosi a vedere spesso da soli, la maggior parte delle volte che si incontravano, anche per caso, si lasciavano andare a degli abbracci o a delle carezze, anche solo degli sguardi, che di amichevole non avevano niente, caso mai passionale.
Quindi, anche se loro non lo avevano detto esplicitamente tutti, da entrambe le stanze, lo erano venuti a sapere, anche Kathrin, ma lei forse lo aveva sempre saputo, che tra i due ragazzi c'era della tenerezza e dell'amore che gli altri ancora non avevano visto.
"Sicuro che non è un problema per te?" chiese Jonah dopo che la mano di Zack si fu spostata sulla sua guancia.
"Si, ovvio che si, non mi dispiace doverlo tenere nascosto, lo abbiamo fatto per tanto tempo e poi non ti costringerei mai a fare qualcosa che non ti senti... Neanche se si trattasse di noi" disse sincero Zack, facendo così spuntare un piccolo sorriso sulle labbra dell'altro, che furono prontamente premute in un dolce bacio a stampo.
"Io parlavo del fatto della vacanza, se eri sicuro di voler venire con me, perché magari non te la sentivi, stiamo insieme da poco e magari tu"
"Jonah parli troppo oggi!" lo interruppe ancora Zack, facendo notare al moro, l'evidenza.
Da quando il ragazzo parlava tanto, di solito era abbastanza taciturno e silenzioso, quella sera invece era particolarmente stressante.
Perché farsi tanti problemi, tanto Zack non avrebbe avuto altri posti in cui andare...
Ah... È vero, lui non ne aveva mai parlato con Jonah...
Il moro sapeva che il minore era orfano, sapeva anche della fine tragica dei suoi genitori, del suo passato in orfanotrofio, ma quel particolare, dei suoi Natali fantasmi, non glielo aveva mai accennato, neanche per sbaglio.
Il giovane ragazzo sorrise, nel vedere quel premuroso atteggiamento da parte del suo amore.
"Tranquillo... Sono così felice che potrei morire" disse Zack concludendo la discussione e rifugiandosi ancora tra le braccia dell'altro, che lo accolsero con gioia.
-
La stanza 210 era vuota al momento, se non fosse stato solo per Chris, che aveva scelto di non cenare quella sera, aveva preferito invece preparare la valigia per le imminenti vacanze di Natale.
Però un rumore lo fece sobbalzare e distrarre per un attimo dalle sue azioni.
Si voltò e dopo aver visto il ragazzo che era appena entrato nella sua stanza sorrise, avvicinandosi ad Austin, che subito gli andò in contro.
"Ciao amore" lo salutò il moro, per poi chinare leggermente il capo, per baciare l'altro.
"Ciao" rispose Chris con le labbra ancora a sfiorare quelle di Austin.
Il maggiore strinse a se il ragazzo e lasciò che intanto, il suo sguardo vagasse per la stanza, notando subito la valigia mezza piena.
"Ti stavi preparando per le vacanze?" chiese poi, lasciando che il più piccolo di staccasse da lui, per annuire e sorridergli.
"Si, anche se probabilmente non sarà il Natale che tutti immaginano" disse Chris tornando a controllare i suoi vestiti in valigia.
"Perché? Che tipo di Natale è il tuo?" chiese il moro leggermente curioso.
Intanto si sedette anche sul letto ed aspettò con calma che il suo ragazzo finisse, per poi raggiungerlo e stringere la sua mano in una presa salda.
"Abbastanza noioso a dire il vero, dopo che mia madre è morta, mio padre festeggia sempre il Natale con i suoi colleghi e amici. Io invece passo con lui solo la mattina di Natale, mi sveglia e proprio come quando ero piccolo, mi porta la colazione a letto, per poi darmi il suo regalo... Però è tutto diverso da quando non c'è più la mamma..." Chris concluse la frase con un sospiro sofferto, come se gli facesse male dire tutto quello.
Austin si voltò verso di lui e gli lasciò un dolce bacio fra le ciocche bionde, per poi circondargli le spalle con un braccio e attirarlo a se.
Chris sorrise, lasciandosi beare da quelle belle e morbide labbra su tutto il suo volto, fino a che non incontrarono le sue.
"E se questo Natale fosse diverso?"
Christopher alzò la testa dalla spalla del moro, al quale si era poggiato poco prima, per poi guardarlo negli occhi, cercando di comprendere cosa volesse dire con quella frase, senza però riuscirci, dovendo così chiedere spiegazioni.
"In che senso?" chiese quindi il biondo.
"Beh, io di solito passo il Natale coi miei parenti, e anche quest'anno sarà così, non posso evitarlo... Ma ho pensato che sarebbe potuto essere meno noioso e magari più bello, se ci fossi stato anche tu"
Austin si era alzato in piedi durante il suo breve discorso e, alla fine di esso, aveva teso la mano a Chris.
"So che non è la cosa più romantica del mondo chiedertelo proprio ora, ma ti passare le vacanze con il magnifico sottoscritto?" chiese il moro sorridendo.
Il biondo abbozzò un sorriso e poi afferrò la mano di Austin, lasciando che ancora una volta, le braccia del moro, lo stringessero.
"Si, mi va, solo... Prima lascia che ti dica una cosa, mister narcisismo darà anche qualche attenzione al suo ragazzo o resterà a specchiarsi tutto il giorno ripetendosi quanto è bello?" chiese ironicamente il biondo.
"Guarda che mica è colpa mia se sono bellissimo!" rise Austin, che subito dopo fu messo a tacere dalle labbra del biondo.
Kathrin, quella notte non riuscì a dormire, era troppo agitata, non sapeva assolutamente cosa pensare, cioè, era successo davvero, Michael si era davvero permesso di avvicinarsi a lei?
A ripensarci a mente fredda probabilmente gli avrebbe dovuto dare un calcio tra le gambe e ricordargli cosa aveva fatto ai suoi amici... Ma qualcosa l'aveva fermata.
Ma cosa?!
Erano ore che pensava a quel momento, al gesto del ragazzo, di come le mani di quell'individuo gli avevano sfiorato il collo per mettergli la sua sciarpa.
Da quel momento si era sentita la vola secca, le mani sudare e le spalle tremare, come se la sensazione dello sguardo di Michael su di se, e voleva sentirlo ancora, e ancora.
Aveva così tanta voglia di sentirlo su di se...
Ma cosa stava pensando?!
Come poteva desiderare qualcosa del genere?!
No, no, no! Era tutto sbagliato!
Stava continuamente disfacendo le coperte, a forza di rigirarsi, ma quei pensieri non ne volevano sapere di uscire dalla sua testa!
Istintivamente strinse le coperte, o quelle che credeva essere tali, ma aveva una consistenza diversa.
Portò la mano sul comodino e accese la luce, ci mise un po' a capire cosa stava stringendo al metto e che era, i parte, avvolta in torno al proprio collo.
La sciarpa rossa, quella sciarpa rossa, la sua sciarpa rossa.
Da quando gliela aveva messa lui, non se l'era più tolta, non voleva togliersela, come se fosse diventata parte del suo corpo e perciò gli fosse impossibile levarla.
La strinse al petto e si raggomitolò su se stessa, come se dovesse proteggere quell'oggetto, più prezioso della sua stessa vita.
Quando riuscì a percepire l'odore della sciarpa, l'odore di Michael, chiuse lentamente gli occhi e ritrovò la pace, anche se per poco.
Inspirò più volte e lasciò che quell'aroma la cullasse dolcemente.
Era così bello abbandonare i pensieri e i problemi, per una volta...
Forse l'odore ci Micheal era ancora più intenso... Forse... Gli sarebbe piaciuto... Sentirlo...
La ragazza dai capelli rossi si ridestò improvvisamente dai sui pensieri quando aprì gli occhi, quando si accorse dei pensieri che le stavano affiorando per la mente, seguiti subito da uno ancora più scioccante.
Quando quell'ultimo pensiero venne a galla Kathrin sobbalzò e subito dopo si tirò su in piedi, con un'agilità che nessuno avrebbe avuto alle 3 del mattino.
Si portò le mani al volto, sentendolo caldo per colpa del rossore che le aveva imporporato le guance.
"Non può essere" si disse sotto voce, tra se e se.
E invece era proprio così, lo aveva pensato davvero, anzi, era stato quel pensiero a farsi strada in lei e la ragazza aveva lasciato che si impossessasse di se.
"Non può essere"
Eppure era successo.
La ragazza portò le mani sulla sciarpa a stringerla, poi iniziò a camminare velocemente, verso il bagno adiacente alla sua camera, entrando e aprendo subito il rubinetto del lavandino sull'acqua fredda.
Non ci pensò due volte a far scontrare il suo volto accaldato all'acqua ghiacciata, forse sperando di svegliarsi, come se tutto quello fosse solo un brutto sogno.
Ma poi, quando rialzò il volto, portò una mano all'asciugamano, per asciugarsi il volto, però quando rialzò il volto, guardandosi allo specchio.
Non seppe neanche cosa pensare quando notò che una delle sue mani era rimasta costantemente a stringere la sciarpa.
"Cazzo non può essere! Non a me!" sbraitò Kathrin davanti allo specchio.
Quella non era collera, ma paura
Le poche volte che aveva assistito alla manifestazione di quel sentimento, aveva assistito anche a molto dolore, troppo dolore.
La ragazza uscì in fretta e furia dal bagno e poi dalla stanza, sbattendo la porta e fregandosene del fatto che avrebbe svegliato la sua compagna di stanza, non si mise a correre, ma semplicemente accelerò sempre di più il passo, uscì in tutta fretta dal dormitorio femminile, per dirigersi in quello maschile.
Non si era neanche accorta di essere a piedi nudi, prima di incontrare la neve ghiacciata sotto la pianta dei piedi, cosa che la invogliò a correre dentro l'edificio.
Arrivò in men che non si dica nella stanza 210 e velocemente si introdusse, sapeva che la stanza non sarebbe stata chiusa a chiave, era proibito farlo di notte.
Si richiuse alle spalle la porta, con una certa violenza, facendo sobbalzare tutti i presenti, che fino a qualche secondo prima stavano beatamente dormendo.
Chris accese subito la luce, alzandosi velocemente, non riuscendo neanche a capire cosa stesse succedendo.
Quando davanti ai tre ragazzi di presentò Kathrin, con ancora addosso quella sciarpa, tutti si agitarono e le andarono in contro.
"Kat, è successo qualcosa?" chiese Zack avvicinandosi per abbracciarla e confortarla.
"Si" rispose la ragazza con un soffio, mentre iniziava a calmarsi e accettava con piacere tutte le attenzioni che le venivano riservate.
"Che cosa?" chiese Chris premuroso mente le accarezzava la schiena.
"Mi sono innamorata"
NOTE AUTORE
PSYCHOIXX
Buonasera a tutti!
Ecco il capitolo. Voleva ringraziare moltissimo ma davvero tanto la scrittrice Cookie-666 che mi ha aiutato ad stendere i prossimi due capitoli per un semplice fatto che non ho tempo materiale. Ma mi farò perdonare. Già la mino-long di cui vi ho parlato sarà divisa in cinque parti.
E presto la potrete leggere!
Alla prossima!
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