Capitolo 16: "Strange"
“Ragazzi, cosa sono quei musi lunghi?” chiese Chris ai suoi tre amici.
Sapeva che Alex non stava passando dei bei momenti con Cameron, ma gli altri due non avevano intenzione di dirgli il motivo della loro tristezza.
Zack aveva immediatamente cambiato atteggiamento all'annunciazione delle vacanze di Natale; mentre Kathrin, nonostante non potesse più nascondere i propri sentimenti, si ostinava a non palesarli.
Facendo così, i suoi amici, non davano neanche la possibilità, a Chris, di aiutarli.
“Niente Chris, siamo solo stanchi” disse Kathrin guardandosi poi in giro, come se cercasse qualcosa.
“Tranquilli, tra un paio di giorni iniziano le vacanze di Natale! Non siete felici?!” chiese il biondo saltellando felice da un piede all'altro.
“No”
La risposta arrivò in coro e i tre non si stupirono neanche troppo per quel fatto decisamente strano.
Ma tutto ciò non bastò a smontare l'entusiasmo di Christopher, che non la smetteva di sorridere come un bambino a cui hanno appena dato una caramella.
“Piuttosto si può sapere perché tu sei così felice?” azzardò Alex che a fatica riusciva a mettere un piede davanti all'altro.
In passato aveva già litigato con Cameron, ma alla fine lui tornava sempre, scusandosi, perché era sempre il maggiore, quello con il buon senso, quello che sapeva, anche se non era colpa sua, che Alex era troppo cocciuto per scusarsi quando credeva di essere nel giusto.
Il problema era che era passata una settimana e non aveva visto Cameron neanche una volta, neanche per sbaglio, come se fosse il destino stesso ad aver scelto, dopo quel momento, due strade differenti, per i due ragazzi.
Non era facile per Alex scusarsi, ma ciò che non lo aveva ancora spinto a tornare da Cameron, erano le parole di quest'ultimo.
Parole sofferte, me che lo avevano fatto pensare e stare male, forse per la prima volta, non per se stesso, ma per qualcun altro, quel qualcuno che invece aveva sempre sofferto anche per lui e non solo per se.
Si sentiva egoista, Alex, si sentiva divorare dai rimorsi.
La persona più importante che aveva, stava male e lui non se ne era neanche preoccupato.
“Cosa vuoi saperne tu del mio dolore?!”
Già, cosa sapeva davvero Alex del suo dolore.
Cosa sapeva davvero Alex di Cameron... Del vero Cameron, quello che c'era sempre dietro a quella maschera di perfezione...
“Diciamo che ho risolto un paio di questioni” disse Christopher pensieroso.
“In che senso?” chiese Kathrin fingendosi interessata.
“Ho parlato con Michael, mi lascerà stare, a patto riprendiamo la nostra amicizia, quella che avevamo prima che accadesse tutto e... Che Austin mi tratti bene e che si scusi... E che non lo picchi più...” disse Chris ricordando man mano cosa si erano detti lui e quel ragazzo, non poi così malvagio.
Kathrin ora sembrava ancora più assente di prima, aveva portato lo sguardo altrove, come se volesse ignorare l'amico, scappare via dalla situazione o sviare il discorso.
La rossa non amava le persone troppo insistenti ed ora si ritrovava gestirne una.
Michael non le aveva mai più parlato, ma ogni volta che si trovavano, anche casualmente, nello stesso posto, anche se distanti, lei sentiva chiaramente lo sguardo di quel ragazzo, trafiggerle la schiena e osservarla.
Potevano anche essere uno dalla parte opposta del parco, ma lei sentiva sempre quegli occhi gelidi su di se, e non aveva bisogno di girarsi per capire a chi appartenessero.
Strano.
Quella parola era l'unica che passasse per la mente della rossa in quei momenti.
Si sentiva spesso osservata da quegli occhi ipnotici, ma non era questo che lei definiva “strano”.
Ma il fatto che, quegli occhi, su di lei, non le dispiacessero affatto.
“Quindi ignorerai ciò che è successo? Così facilmente?” chiese Zack, risvegliandosi per qualche istante dal suo stato catatonico di malinconia.
Il moretto aveva bloccato la strada a Christopher, impedendogli di procedere, non prima di avergli dato una risposta.
“Non credo che me ne dimenticherò mai, ma da quando l'ho rincontrato, non gli ho dato possibilità, ne di spiegarsi, ne di scusarsi davvero. Poi quando abbiamo parlato... Ha capito che non potevo essere suo, quindi abbiamo concluso che sarebbe stato meglio così. Lui si dovrà guadagnare, di nuovo, la mia fiducia. Quando accadrà, e se accadrà, allora sarò disposto a tener meno conto di quell'episodio” sentenziò Chris con tono solenne.
Tutti i presenti, escluso il biondo, si guardarono e in risposta, lasciarono che un sospiro sfuggisse dalle loro labbra.
Fuori faceva freddo, eppure i quattro amici erano ancora all'esterno, a quanto pare, per motivi che non avevano ben compreso, tutti i dormitori, erano inagibili per qualche ora.
La maggior parte degli studenti erano dentro altri edifici, ma loro erano restati fuori, ammirando il cielo plumbeo, quello che preannuncia una bella nevicata.
Lo stesso cielo sotto al quale ogni anno si intonano le canzoni di Natale, lo stesso cielo nel quale si riflettono le luci delle originali decorazioni, lo stesso cielo bianco come il latte caldo che i bambini lasciano a Santa Claus.
Quelle, tutte quelle, erano cose a cui Zack non era mai stato partecipe.
Quel tenero ragazzo, minuto, amichevole, genuino, praticamente perfetto, non sapeva cosa fosse il Natale.
Lo festeggiava, sapeva chi era Babbo Natale, aveva visto alberi addobbati, presepi realistici; ma non sapeva cosa fosse il calore della famiglia unita, intorno ad un tavolo per mangiare, non sapeva cosa si provasse ad avere dei genitori che quando eri bambino, la notte della vigilia, ti dicevano di non restare sveglio per aspettare l'omone barbuto, non sapeva cosa fosse “lo spirito natalizio” di cui tanto aveva sentito parlare.
Neanche si ricordava il volto dei suoi veri genitori, figuriamoci se si ricordava del Natale.
Per quel ragazzo, il 25 dicembre, era solo il giorno del suo abbandono, quando, per la prima volta aveva messo piede nell'orfanotrofio di Santa Teresa.
Poi ci era tornato... Più volte, fino a che non ebbe compiuto 10 anni, dopo quel momento le famiglie che lo volevano, erano sempre più rare.
Andava e tornava con lo stesso volto, con gli stessi sentimenti, senza che una famiglia, neanche una, gli lasciasse qualcosa, non era mai riuscito a chiamare, una di quelle tante abitazioni “casa”.
Forse l'orfanotrofio era casa sua, ma anche lì la gente lo abbandonava, i bambini e i ragazzi trovavano famiglia e non tornavano più, lui era il solo a tornare, il solo che era sempre ben accetto, perché tutti sapevano, non avrebbe avuto altro posto in cui andare.
Ma un giorno si rese conto che non poteva restare lì per sempre, così iniziò a rendersi utile.
Da quel momento, all'orfanotrofio, ci restava solo per aiutare, come assistente e volontario, ma ormai non apparteneva più a quel posto.
Amava i bambini ed era per questo che era restato lì, nonostante avesse anche altri lavori.
Si era scoperto un grande lavoratore.
Era un adulto ormai, era in grado di sopravvivere da solo al mondo, forse poteva sembrare un ragazzo fragile, ma era tutt'altro, era forte e niente era più in grado di ferirlo.
Se si fermava a pensarci, non si ricordava un momento della sua vita, in cui fosse stato fragile a tal punto, da non potersela cavare da solo.
Magari cadeva, ma poi si rialzava, sempre, se lo imponeva.
“Alzati! Vai avanti!”
Perché tanto non ci sarebbe stato nessuno a porgergli una mano come aiuto.
Se si fermava a pensarci, lui non era mai stato un bambino, non aveva avuto infanzia.
Era così forte, aveva mosso i primi passi troppo presto e aveva imparato a parlare da solo.
Le sue prime parole non erano state “mamma” o “papà”.
“Zack”
Di solito le prime parole che pronunciamo sono quelle legate alle persone a cui teniamo di più.
Zack come prima parola imparò proprio quelle quattro lettere, non perché tenesse così tanto a se stesso da voler pronunciare il suo nome correttamente; ma perché non aveva nessun altro.
Tanto meno qualcuno da chiamare “mamma” o “papà”.
Nessuno lo aveva voluto.
Nessuno lo avrebbe mai voluto.
-
Il gruppetto dei quattro amici si era separato nel momento in cui Austin era sbucato fuori da un bar, intravedendo il gruppetto e invitando tutti dentro per una cioccolata calda, solo Chris e Zack accettarono.
Gli altri due rifiutarono, Alex era sicuro che con Austin ci sarebbe stato anche Cameron e non era ancora pronto per questo; mentre Kathrin... A Kathrin piaceva solo quel cielo totalmente ricoperto da nuvole grige e bianche.
Mentre Zack aveva accettato solo nel momento in cui Autin aveva detto che: “Purtroppo c'è anche quella testa bacata del mio compagno di stanza” e il maggiore non si sarebbe mai rivolto così a Cameron, quindi non poteva che riferirsi a Jonah.
E Zack aveva tremendamente voglia di riabbracciare il suo ragazzo, ne aveva bisogno in quel momento.
“Secondo te durerà?” chiese Alex in un soffio.
“Parli di Austin e Christopher” chiese Kathrin rivolgendo uno sguardo a quel cielo che di rivelatore, non aveva proprio niente.
Non ricevette risposta, solo un mugolio sommesso, ma già quello era abbastanza.
“Sì, secondo me sì, magari litigheranno, ma non dovresti sottovalutare così tanto la forza dei loro sentimenti... E non dovresti sottovalutare neanche quelli del tuo ragazzo, tanto meno i tuoi...” disse la ragazza spostando la sua attenzione su Alex, che subito abbassò lo sguardo, come a pentirsi ulteriormente, al ricordo di Cameron.
Non si dissero altre parole, non ce n'era bisogno.
Alex corse via, ringraziando la sua amica, lasciandola da sola e con il proprietario dello sguardo che Kathrin si sentiva addosso, proprio in quel momento.
Il castano aveva corso per il campus, era entrato in molti edifici, sperando di trovare Cameron, scoprendo anche, dopo aver chiesto indicazioni, che non si trovava neanche con Austin, nessuno lo vedeva più da diverse ore.
Alex iniziò a preoccuparsi, riguardò ovunque, andò anche in infermeria, ma niente, neanche negli uffici, dove si era cacciato il suo ragazzo?!
Per un momento ebbe paura che gli fosse successo qualcosa di grave.
Ma poi sentì una voce, la sua voce, era flebile, sottile, come quelle parole non fossero dedicate ad essere ascoltate.
Era ben nascosto, dietro ad un albero, stringeva il telefono e lo teneva vicino all'orecchio, mentre con l'altra mano si torturava il bordo della giacca.
Alex dovette intuire che quella era una chiamata privata e che Cameron si era allontanato proprio per non essere disturbato o sentito da qualcuno, così il più piccolo si nascose dietro lo stesso tronco, appoggiandocisi, sapendo che, in quel punto, non poteva essere visto dal suo ragazzo.
“Lo so Alice, ma non voglio tornare” disse nella cornetta il giovane, accompagnando la frase da un sonoro sbuffo, probabilmente quella conversazione andava avanti già da un po'.
“No, non ho niente contro di te, mamma, papà o i ragazzi... Solo che...”
Alex non aveva ben compreso di cosa stesse parlando Cameron, ma a questo punto era abbastanza sicuro che stesse parlando con sua sorella, la stessa che aveva incontrato qualche settimana prima.
“Ho capito, ho capito, solo per questa volta, ma se Daniel dice qualcosa non mi rivedrete mai più” esclamò Cam stizzito e palesemente stressato da quella sua stessa affermazione.
Alex si rendeva sempre più conto di quanto non conoscesse si Cameron.
Per esempio non sapeva assolutamente di cosa stava parlando il castano e soprattutto non sapeva chi era Daniel.
“Non mi importa assolutamente niente” rispose Cameron alla sorella, per l'ennesima volta.
Però questa esclamazione sembrava più risoluta e decisa, come se ci fosse una specie di guerra tra il presente e quella parte di passato di Cameron, che Alex non conosceva.
“No, non lo porterò” disse dopo un bel po' Cameron, dopo aver ascoltato un monologo della sorella, probailmente.
Portare cosa? Dove?
“Ho detto no Alice! Non lo porterò con me e non lo farò entrare in quella casa!”
La voce di Cameron aveva fatto sobbalzare Alex ad ogni sillaba, erano parole dure e piene di rabbia, nonostante si sentisse benissimo, anche quella nota di paura, che incrinava la voce di Cam.
“Basta, verrò. Questo è quanto, ma sappi che se osi ancora parlare di lei io...”
Riattaccò, senza concludere la frase, lasciando così Alex con un dilemma insopportabile.
Lei?
Cameron aveva più segreti di quanti Alex ne avrebbe mai potuti nascondere in vita sua.
E se Cam aveva davvero sofferto per ognuno di quei segreti, allora Alex era stato cieco per tutto quel tempo. Come aveva potuto non accorgersi di quanti pensieri e di quanti dubbi assalissero spesso la mente del suo ragazzo. Come?
Si sentì un fruscio, non ci volle molto perché la figura di Cameron si facesse vedere, in tutto il suo splendore.
“Da quanto è che sei qui?” chiese gelido il maggiore.
Forse Alex non avrebbe dovuto ascoltare, ma quello che era fatto era fatto, piuttosto, c'era altro a cui pensare.
“Dobbiamo parlare”
-
Apprezzava, adorava, amava, desiderava quello sguardo su di se.
Era come se, il sentirsi costantemente osservata da Michael, la facesse sentire una persona nuova, viva, piena di una nuova voglia che piano piano si stava facendo sentire: quella di poter ricambiare quello sguardo, che fino a quel momento non era stata in grado di affrontare.
Eppure la consapevolezza di ciò che era successo in passato, l'aveva fermata dal farlo, anche ora, che sentiva quello sguardo farsi caldo e vicino.
Odiava e adorava quegli occhi che la facevano rabbrividire, non capiva neanche lei cosa voleva davvero.
“Hai freddo?” chiese una voce limpida e sicura dietro la ragazza.
Kathrin si voltò di scatto, trovandosi davanti l'ultima persona che avrebbe voluto vedere, o forse quella che più desiderava...
La ragazza arretrò di qualche passo, indecisa se girarsi ed andare via o se guardare altrove, evitando gli occhi del ragazzo.
Non aveva mai visto un colore del genere, la confondeva... Erano verdi... Azzurri... Grigi? No, erano un altro colore, tutto particolare. Tutto suo.
“Tutto bene?” chiese ancora il ragazzo alzando un sopracciglio, non ottenendo risposta.
La ragazza si risvegliò dai suoi pensieri e, distogliendo lo sguardo, rispose.
“Si, sto bene” disse mentre un brivido le saliva lungo la schiena e la riscuoteva.
“Sicura?” chiese ancora il ragazzo.
Kathrin non sapeva come definire il suo interessamento, se tenero o inopportuno, dato che solo poco tempo prima aveva picchiato un suo amico e non poteva ancora fidarsi di quell'individuo.
Eppure sembrava così gentile...
“Sicura” rispose Kathrin imponendosi di rialzare lo sguardo, pentendosene subito quando rivide quegli occhi.
Non sapeva neanche cosa provare, sapeva solo che non aveva mai visto il volto di quel ragazzo da tanto vicino e c'era qualcosa, da dentro, che le diceva di avvicinarsi a lui ancora di più.
Ma non lo fece, non poteva fidarsi di lui, non ancora.
“Perché tutta sola?” chiese lui mentre si metteva le mani nelle tasche, per tenerele più al caldo.
“Perché mi continui a guardare?” chiese di rimando la rossa che ancora non gli aveva staccato gli occhi di dosso.
“Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda” disse Michael cercando di spezzare un po' la tensione, riuscendo così a far uscire, dalle labbra di Kat un piccolo sospiro.
“Perché sono tutti con i loro amori e io sono qua sola perché...” Kathrin si morse il labbro, interrompendosi, prima di parlare troppo.
Prima di aprire troppo il suo cuore a qualcuno di cui sapeva solo il nome.
“Perché..?” la incitò il ragazzo.
Kathrin si ritrovò a constatare che, proprio come sembrava da lontano, quel ragazzo era curioso, forse fin troppo, avrebbe dovuto stare attento, non sempre la curiosità aiuta.
“Perché non ho nessuno da poter amare” disse Kathrin, girandosi e andandosi a sedere su una panchina poco lontano, sapendo che il ragazzo l'avrebbe seguita, la questione era ancora in sospeso.
“E tu, invece? Non hai risposto, perché continui a guardarmi?” chiese Kathrin dopo aver sentito i passi dell'altro, farsi più vicini, probabilmente ora era dietro di lei.
“Forse perché inconsciamente spero di essere amato, ma nessuno mi vuole amare” disse Michael togliendosi la sciarpa rossa che stava portando fino a poco prima al collo.
La portò davanti a se, dove si trovava Kat e gliela avvolse al collo, lei per la sorpresa sobbalzò, ma si sorprese ancora di più quando il ragazzo si abbassò per sussurrarle all'orecchio.
“Tienila, si intona ai tuoi capelli... Consideralo il mio regalo di Natale, Kathrin”
Strano.
Una cercava qualcuno da amare.
L'altro qualcuno che lo amasse.
E poi quella sciarpa... Quella sciarpa era bellissima...
NOTE AUTORE
Ciao a tutti! Sono tornato con un capitolo molto bello che mi è arrivato dritto al cuore. Oggi, vorrei ringraziare due persone molto speciali che mi hanno sostenuto, mi sostengono e mi sosterranno per tutto il tempo. Grazie a Cam e Angy♡. Detto questo vi lascio.
Alla prossima!
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