Protocollo di fine rapporto
(capitolo 5 - ambientato un anno dopo il prologo)
«Mi ami?»
«No».
«Sei serio?»
«Certo, Letizia, non ti amo», faccio per baciarla, ma quella piazza un braccio teso tra di noi.
«Dimmi che è uno scherzo».
Uno scherzo? Perché insiste? Ci resto di pietra. Un attimo dopo mi chiedo se per caso Letizia Ludovici mi stia prendendo per il culo.
Siamo su un divano appartato, sulla terrazza del Belladonna, un locale sui colli che piace a Thomas. Anzi ci si è proprio fissato. Ci veniamo noi e mezzo liceo. Ma non mi è chiaro se Thomas vuole venire qui perché ci sono gli altri o se gli altri hanno cominciato a venirci perché ci siamo noi.
Letizia mi guarda con quei suoi occhi azzurri che saranno anche belli, non discuto, ma in questo momento fanno un po' incazzare. Quale parte del mio chiarissimo discorso: "Ci divertiamo in vacanza e poi tanti saluti" le è sfuggita? Okay, tecnicamente la nostra settimana di vacanza a Riccione è finita e io ancora le infilo le mani dentro le mutande. Forse è per questo che lei mi sta guardando come se fosse compito mio spiegarle che qui nessuno fa sul serio? Non ci salto fuori. Io mi sento sempre preso male in queste situazioni. Imprevisti, cambiamenti, cose che non dovevano succedere mi fanno sentire sotto un treno. Ho bisogno di aiuto. Dove diavolo sono i miei amici? Avvisto Lorenzo sotto il pergolato è in compagnia con una tipa grande. Una di quelle che vanno già all'università. Le sue preferite. Thomas era già ubriaco quando siamo arrivati. Ora sarà collassato sotto un divanetto. E Giacomo? Lui è sparito con Virginia Spadoni ex terza C. Considerato quanto è diventata carina negli ultimi sei mesi, sarei un amico di merda se gli dicessi di mollare lei, venire qui e spiegare a Letizia come stanno le cose. Solo che, se nessuno dei miei amici è con me, l'emergenza mi travolge. E adesso come gestisco questa ragazza che mi chiede se la amo e sembra pronta a incazzarsi? Le spiego? Mi incazzo pure io? La bacio?
Vada per l'ultima. Così almeno tace.
Le piazzo una mano dietro al collo e una sulla tetta. Ci mette un mezzo secondo netto per afferrarmi la spalla e infilare l'altra mano sotto la mia maglietta. Ecco, che ci voleva? Rispettiamo i termini dell'accordo. Non stiamo insieme è solo che le infilo la lingua in bocca. Una roba meccanica. Però quella cosa che ha detto prima mi ha atterrito.
Amore è una parola terrificante.
Ci metto un po' a trovare la convinzione di prima. Poi lei di nuovo piazza un braccio tra noi, di nuovo mi guarda.
«È per via di Carolina, vero?»
Nomina la mia ragazza e io mi chiedo se ho parlato da solo. O dove sia stata Letizia negli ultimi anni! Io d'estate lascio sempre Carolina, ma poi torniamo sempre insieme. Succede da quando stavo in seconda e Carolina in prima. È chiaro che Letizia non presta attenzione.
«Senti, Letizia», le dico, «è ovvio che tu e lei non siete la stessa cosa. Carolina è la mia ragazza. Tu no».
I suoi occhi si riempiono di stupore, non sono più belli. Sono pieni di rabbia.
«Quindi io non conto nulla? I dieci giorni che abbiamo passato nella tua villa sul mare, insieme, non contano nulla?».
Sto per dirle di no. Anzi. Visto che, come ha notato, la villa è mia dovrebbe come minimo ringraziare, ma lei si alza e si sistema la gonna e di nuovo fa qualcosa che non mi aspettavo. Mi aggredisce.
«Eri a pezzi dopo l'esame di maturità, e la tua ragazza che ha fatto? Ti ha lasciato ed è partita per frequentare uno stupido corso per influencer dall'altra parte del mondo».
«Era a Londra ed era ospite di mia sorella che...»
«Certo! Carolina era troppo occupata a fare le dirette Instagram con Anastasia Debenedetti», pronuncia il nome della mia ragazza e il nome di mia sorella con un'enfasi assurda. «Ma chi è rimasto con te? Io ero accanto a te. Io, non lei».
Primo, Carolina ha diritto a fare quello che vuole, d'estate.
Secondo, Carolina non mi ha lasciato. Io ho lasciato lei. Come faccio sempre, durante le vacanze. È una elementare questione di rispetto verso di lei e verso suo fratello Lorenzo che è anche il mio migliore amico. Ma è una cosa temporanea. Lo sanno tutti. Terzo, non ero a pezzi. Non mi fregava nulla dell'esame di maturità. Mi fosse fregato qualcosa, mi sarei presentato agli orali. Mi hanno bocciato perché non ci sono andato. Ho preso il treno e sono andato in riviera. E, ultimo, non mi sono fatto consolare da Letizia, l'ho solo rimorchiata per darle un premio alla costanza: mi muore dietro da un'eternità, si è rifatta il naso come regalo per i diciotto solo perché io una volta mi sono lasciato scappare che era carina, ma il naso rovinava l'insieme. Scoparla a quel punto mi sembrava il minimo. E lei? Anziché essermene grata, travisa tutto! Si prende il merito di una consolazione di cui non avevo bisogno, di un supporto morale che nessuno le ha chiesto. Si paragona alla mia ragazza! Questo è troppo, dovrebbe mostrare più rispetto per Carolina, che cazzo. Ne ho abbastanza.
Fanculo il protocollo di fine rapporto.
Pure io mi alzo in piedi. Le giro le spalle e me ne vado. Lei mi richiama, sento i suoi tacchi colmare la distanza. Mi supera. Non c'è più rabbia né sfida sul suo viso.
«Okay, Greg, scusa», si sistema i capelli, prova a sorridere. «Parliamo, ti va?»
«No».
«Forse ho esagerato», dice, «volevo solo capire cosa c'era davvero tra di noi, perché a essere sincera io...»
«Senti, vattene».
«Cosa?»
«Sparisci». Mi metto la mano in tasca, sfilo dal portafoglio una banconota da cinquanta. «Pagati il taxi».
«Dici sul serio? Mi molli qui solo perché...»
«E tieniti il resto».
Serra le labbra, scuote la testa.
«Sapevo che eri uno stronzo», dichiara, «Ma non pensavo fossi così stronzo». Poi mi strappa i soldi di mano.
Okay. Transazione chiusa. Posso andarmene. Scendo dalla balconata, la mia solitudine finisce al penultimo gradino.
«Gregorio Debenedetti!»
Metto a fuoco la bionda in tubino bianco che ha scandito il mio nome. È, tanto per cambiare, una del Carducci. Anche per questo il Belladonna mi deprime. Sembra di stare a scuola. Lei è una di quelle di quinta B. Ex quinta B. Lei, a differenza mia, si è presentata agli orali e ha intascato il suo maledetto diploma di maturità. Trovo il suo nome in un cassetto della memoria.
«Sabrina», mi lascio baciare sulla guancia proprio nel momento in cui Letizia ci supera e digrigna un "bastardo", che si sente nonostante la musica alta.
Sabrina la scruta perplessa, io alzo una spalla. Lei non indaga e mi accarezza il braccio.
«Oh, ma io non ci credevo! Giuro non quando ho visto i quadri della maturità non ci credevo!»
Neanche i miei compagni di classe, neanche i miei amici ci credevano. Eppure, è così: ripeterò la quinta. Dal mio punto di vista ci sono solo vantaggi: mi sono ripreso l'anno d'infanzia che mi hanno rubato mandandomi a scuola a cinque anni; finirò in classe con Lorenzo e con Thomas e ritarderò di un anno i piani di mio padre. Infatti, lui è incazzato nero. Già sperava di spedirmi a studiare in culo al mondo.
C'è anche un altro motivo per cui mi sono fatto bocciare.
Non potevo lasciare il Carducci prima che una certa persona tornasse...
«Mi sono rotto di stare qui, Sabrina. Vado in centro. Vieni?»
Lei batte appena le palpebre.
«Ho la macchina», preciso.
«Mi piacerebbe ma... sono qui con un amico».
«Sganciati».
«E come faccio?»
Ma per chi mi ha preso? Per un help desk, pagato per risolvere i suoi problemi! Se non riesce, peggio per lei.
«Okay, se tu non puoi, chiedo a qualcun altro».
«No aspetta, avviso il mio amico».
Ora ragioniamo. Sabrina si allontana con il telefono.
«Ehi, campione». La voce è di Thomas e anche la mano che mi afferra la spalla e pure il peso che mi si appoggia addosso. Ubriaco duro.
«Ma quanto hai bevuto?»
«Tanto guidi tu».
«Me ne sto andando».
«Tu, cosa?»
Indico verso Sabrina, lui la mette a fuoco.
«E che fine ha fatto Letizia?»
«Andata».
«Cioè l'hai scaricata tu?», sgrana gli occhi. «Sei riuscito a mollare una senza seguire il protocollo? Senza chiamare me o Giacomo?», è sconvolto dalla sorpresa. Mi abbraccia. «Sono fiero di te, campione».
Lo devo sorreggere e finisco per appoggiarlo su un divanetto. Lui butta indietro la testa.
«Quindi Letizia è nella Scatola degli Scarti?»
Annuisco.
«E ci posso provare?»
«Ci potevi provare pure prima».
Lui ride come un matto. È ufficialmente andato. Avviso Lorenzo con un messaggio.
"Io vado in centro con una. Thomas è tronco"
Risponde in un secondo. La proverbiale capacità multitasking di Lorenzo che riesce a rigirarsi la ragazza dell'università e, nello stesso momento, tenere sott'occhio le notifiche dei social.
"Ci penso io. Divertiti con Sabrina"
Ma come diavolo ha fatto a indovinare che ho cambiato ragazza? Mi guardo intorno e non c'è traccia di lui. Aggiungiamo alle doti di Lorenzo anche questa capacità sovrumana di essere sul pezzo. Anche io in certi casi vorrei essere onnisciente.
Per una logica associazione di idee, prendo il telefono e controllo le notifiche. Più esattamente controllo un profilo in particolare.
Arianna Vallesi.
La maledetta figlia del custode. Quella che è scappata. Roba da non crederci. Dodici mesi, e mi fa ancora incazzare. È un anno che, nella mia testa, mi vendico di lei. Un anno intero che penso a come farla pentire per il resto dei suoi giorni. Ma ora l'attesa è finita.
In questi mesi ho dovuto tenerla d'occhio e visto che usa poco i social ho dovuto estendere il controllo ai suoi amici imbarazzanti.
Nel suo profilo c'è una foto di gruppo. Sorridono tutti. La prima cosa che vedo sono i suoi capelli che sfiorano le spalle, non so come abbia potuto tagliarseli e farsi quelle ridicole ciocche che un giorno sono blu e un giorno sono verdi! Odio le cose che cambiano. Non riesco proprio a starci dietro. La seconda cosa che noto è che, mentre tutti guardano l'obiettivo, lei fissa con aria adorante il tizio messicano. Non solo si è presa una sbandata, ma lo ha fatto per il più sfigato di tutti i suoi amici sfigati.
«Tutto bene?», è la voce di Sabrina. Annuisco. Mi infilo il telefono in tasca. La scruto.
«Hai intenzione di tagliarti i capelli?»
«No».
«Vuoi colorarteli?»
«No, ma perché me lo chiedi?».
Scuoto la testa. Non ho idea del perché.
La precedo fuori dal locale.
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