Storia Contest.
Buongiorno a tutti, gente!
Questa è una storia che ho scritto io ma potete farne quel che volete.
Questa è una storia seria, spero che l'appreziate.
Se volete commentatela voi nei commenti come in un vero capitolo di sputtanando wattpad, oppure potete fare i sirius, o anche i black.
Ok dopo questa mi sotterro.
Jouissez la lectúre!
(Non so perché m'ha beccato il momento francesina drogata.)
Anna Laura.
Anna aveva sempre avuto paura degli specchi.
Anzi aveva paura di lei.
Quando pioveva, e in strada c'erano molte pozzanghere, lei non usciva mai di casa, perché aveva paura di incontrarla.
Quando passava davanti alle vetrine dei negozi chiudeva sempre gli occhi, per non vederla.
Quando a scuola l'avevano messa nel banco vicino alla finestra, le era preso un attacco di panico.
A casa non c'erano specchi visibili; erano tutti dentro le ante degli armadi o in altri punti nascosti dove Anna non li poteva vedere.
Quel giorno era seduta nella scrivania della sua camera di fronte alla finestra, con le tende davanti ad essa, facendo i compiti.
Si sentiva abbastanza tranquilla.
Ad un certo punto cominciò a sentire un formicolico alla nuca, dove si trovava la cicatrice, il suo unico, macabro, ricordo di lei.
Vide l'anta dell'armadio con lo specchio aprirsi.
La paura cominciò ad inondarle la mente.
Non voleva incontrarla.
Non voleva incontrare Laura.
Laura era la sua sorella gemella morta alla nascita.
Erano siamesi, attaccate per la nuca.
Il medico aveva detto ai suoi genitori che non riuscivano a sopravvivere entrambe, quindi i suoi fecero una scelta.
Scelsero lei.
E Laura morì.
C'era la sua tomba al cimitero, ma Anna non ci andava mai, perché sapeva che Laura la seguiva, sempre.
Anna sapeva che Laura si era rifugiata nello specchio, in modo da tenerla d'occhio.
Le avevano detto che soffriva di esoptrofobia (paura del proprio riflesso); ma lei sapeva che era solo una scusa.
Chiamò forte la madre, ma dalla porta non venne nessuno.
Chiamò ancora, e ancora, alzando la voce di volta in volta.
Alla fine si arrese.
Si alzò dalla sedia e guardò l'anta dell'armadio.
Era socchiusa.
Cominciò a fare respiri profondi, nel tentativo di calmare l'ondata di paura che la stava per assalire.
Doveva chiudere quell'anta.
All'interno di essa c'era uno specchio e ogni tanto Laura usciva, per venirla a cercare, perché la riteneva responsabile della sua morte.
Si avvicinò lentamente all'armadio, cercando di non andare in panico.
Il suo stomaco si stava contorcendo dalla paura.
Sapeva che se l'avesse fatto, Laura ne avrebbe approfittato.
Arrivò davanti all'armadio.
Allungò la mano verso l'anta, decisa a chiuderla con uno scatto della mano, ma non ebbe bisogno di farlo.
L'anta si spalancò da sola, dandole una botta in testa così forte da farla cadere a terra.
Si mise a sedere, portandosi una mano alla testa e sentì qualcosa bagnarle le dita.
Un odore ferroso le penetrò le narici.
Si guardò la mano e si accorse con orrore che stava sanguinando.
Ricacciò indietro la bile.
Alzò lo sguardo verso l'armadio e vide che l'anta era aperta, ma dentro l'armadio non c'era nessuno.
Sì mise in piedi a fatica e, barcollando, riuscì ad appoggiarsi al muro, sporcandolo di rosso.
Doveva chiudere l'armadio.
Era l'unico modo per impedire a Laura di raggiungerla.
Ma per farlo doveva per forza guardare lo specchio; e lei non ne aveva il coraggio.
Doveva farlo, oppure sarebbe morta.
Lanciò una rapida occhiata allo specchio, e vide solo il suo riflesso.
No, quello non era il suo rifesso.
Quella era Laura che non voleva farsi scoprire, ma lei lo sapeva.
Abbassò lo sguardo e decise che l'avrebbe fatto, avrebbe messo fine a quello strazio.
Prese coraggio, e alzò lo sguardo, cercando di nascondere la paura, che le stava corrodendo l'anima.
Allungò la mano, decisa a chiudere l'anta, tenendo sempre d'occhio lo specchio.
Era quasi arrivata a prendere l'anta dell'armadio quando sentì un rumore di vetri infranti e un una mano afferrarle il polso.
D'istinto cominciò ad urlare e, presa la prima cosa che le capitò sottomano, una spazzola, la tirò con forza verso lo specchio, che si ruppe.
La mano la lasciò.
Guardò lo specchio, dove aveva provocato un bel po' di crepe, e vide che in un punto, proprio nell'angolo, lo specchio si era rotto e la mano che l'aveva afferata si agitava nel tentativo di liberarsi, mentre i frammenti appuntiti dello specchio le tagliavano la pelle.
Lo specchio non rifletteva più la sua immagine, era tutto nero.
Al centro dello specchio, i pezzi rotti stavano cadendo a terra.
Capì troppo tardi l'errore che aveva fatto.
Il cuore cominciò a pulsarle dannatamente forte il respiro si fece troppo veloce e affannato.
Corse verso la porta ma non riuscì ad aprirla.
Nel frattempo i pezzi rotti dello specchio continuavano a cadere a terra.
Anna corse verso la scrivania.
Prese una penna e scrisse queste parole sul quderno di italiano, mentre il suo sangue sporcava la pagina:
"Lei è qui.
È riuscita a scappare.
E mi vuole morta."
Sentì qualcosa di pesante atterrare sul parquet.
E poi una voce:
"Anna..."
Quella voce era simile alla sua, solo più roca e tagliente.
Si girò verso la voce e la vide: Laura.
Laura era la versione macabra di Anna.
Aveva gli stessi capelli castani, solo che i suoi erano sporchi di sangue.
Aveva gli stessi occhi neri, solo che i suoi luccicavano di odio.
Aveva la stessa la stessa pelle bianca solo che la sua era piena di tagli e sporca di sangue.
Laura era uguale ad Anna, tranne per il fatto che le mancava una porzione di pelle sulla nuca.
Laura avanzò verso di lei.
Anna non sapeva cosa fare.
Scappò verso l'armadio, un punto fuori dal tiro di Laura, ma si accorse troppo tardi di essersi messa all'angolo da sola, letteralmente.
Laura si girò di scatto.
Camminò verso di lei e una volta arrivatale davanti, raccolse un grande pezzo di specchio.
La guardò con un ghigno spaventoso dipinto sul volto.
Stringeva il pezzo così forte che la mano le sanguinava.
Anna era spaventatissima.
Stava piangendo ed era scivolata lungo il muro, finendo accovacciata per terra.
Le stava prendendo un attacco di panico, sentiva l'aria che le mancava e sembrava che il cuore le stesse per uscire dal petto
Nascose la testa nelle braccia e pianse più forte, forse per la disperazione, o forse per impietosire Laura, non lo sapeva.
Cosa poteva fare per scappare?
Nulla, si era condannata ormai.
Laura si chinò verso di lei e delicatamente le sollevò il volto, nascosto tra le sue braccia.
Il ghigno di poco prima, era stato sostituito da un'espressione preoccupata.
Poggiò il pezzo di specchio a terra e portò la sua mano insangunata vicino al viso di Anna.
Lei si schiacciò ancora di più verso il muro e chiuse gli occhi, non sapendo cosa aspettarsi.
Sentì una mano fredda e umida accarezzarle la guancia.
Aprì gli occhi sorpresa.
"Perché sei triste Anna?
A me puoi dirlo."
Anna era rimasta di sasso; non riusciva a dire una parola.
"Cosa?"
"Dimmi cosa ti preoccupa."
"È colpa tua..."
"Mia?" Nella sua voce c'era una strana nota incredula. "Cosa ti ho fatto?"
"Ma io... pensavo che tu... cioè... lo specchio... e... e..."
"Shh... tranquilla. Ti starò vicino Anna; perché io ti voglio bene."
Anna la guardò stupita.
Quindi per tutto questo tempo si era sbagliata?
Laura non voleva ucciderla; eppure...
"Vieni qui, fatti abbracciare!"
Disse Laura allargando le braccia.
Anna fece un lieve sorriso e l'abbracciò.
Il suo calore scaldava il corpo freddo della sorella, mentre pian piano, il respiro tornava regloare e il cuore rallentava i suoi battiti.
Tutto era perfetto; finché non sentì un dolore lancinate alla nuca.
Urlò, mentre le lacrime le uscivano fuori dagli occhi solcandole le guance.
Laura si sciolse dall'abbraccio.
Anna vide che teneva in mano un pezzo dello specchio.
Sulla faccia di Laura si dipinse un ghingo e se ne andò lasciandola lì.
"Ora erano uguali.
Erano Anna e Laura.
Erano Anna Laura."
Disse una voce della sua mente.
Tutto girava, sfocato e ovattato.
Anna non capiva nulla.
Chiuse gli occhi, sperando di riaprirli, rannicchiandosi in quell'angolino.
La madre di Anna stava pulendo in cucina.
Era tranquilla, fino a quando sentì uno strano rumore, come di un vetro che si frantumava.
Chiamò la figlia, ma quella non rispondeva.
La chiamò ancora e ancora, ma quella non rispose.
Preoccupata che stesse avendo un attacco di panico, si diresse a controllare.
Aprì la porta e quel che vide la lasciò senza fiato.
Sua figlia era raggomitolata in un angolo, piangente, mentre stringeva in mano un pezzo si specchio, che si era frantumato.
Spaventata, la donna corse verso di lei, togliendole il frammento dalle mani e le alzò delicatamente il volto.
Allungò una mano, sporca del sangue di sua figlia e le accarezzò la guancia, delicatamente.
Sapeva che quando aveva questi attacchi di panico bisognava essere dolci e calmi con lei, senza farle l'interrogatorio su quel che era successo, così disse dolcemente:
"Perché sei triste Anna?
A me puoi dirlo."
Vide sua figlia guardarla stupita:
"Cosa?"
"Dimmi, cosa ti preoccupa."
"È colpa tua..."
"Mia?" Che stava blaterando sua figlia? Che le aveva fatto di male lei? "Cosa ti ho fatto?"
"Ma io... pensavo che tu... cioè... lo specchio... e... e..."
La donna non aveva la più pallida idea di cosa stesse blaterando sua figlia, ma le diede corda; sapeva che era mentalmente instabile, non voleva peggiorare la cosa.
"Shh... tranquilla. Ti starò vicino Anna; perché io ti voglio bene."
A queste parole vide Anna rivolgerle uno sguardo stupito.
Non sapeva cosa le frullasse in testa, ma era meglio assecondarla, l'aveva detto anche lo psicologo.
"Vieni qui, fatti abbracciare!" Disse allargando le braccia verso la figlia, che si lasciò crogiolare da quell'abbraccio.
Non sapeva come sua figlia si fosse procurata quella ferita, né come le fosse saltato in mente di rompere lo specchio, ma ora non importava, glielo avrebbe chiesto dopo, quando si fosse calmata.
Sentì il corpo di sua figlia sussultare tra le sue braccia.
Aprì di scatto gl occhi e vide il sangue schizzare violentemente sulla parete bianca dvanti a lei.
Lasciò andare il corpo di sua figlia, vedendo con orrore che si era procurata un grosso taglio sulla nuca, che ora sanguinava copiosamente.
Vide il pezzo di specchio tra le mani di sua figlia.
Non poteva rischiare di perderla.
Corse in un altra stanza a prendere il telefono, per chiamare un ambulanza, che forse sarebbe arrivata troppo tardi per salvarla.
Spero che la storia vi abbia fatto venire anche un solo brividino sulla schiena e che vi sia piaciuta.
Ora andate sul profilo delle creatrici del concorso e minacciatele di morte per farmi vincere.
Ciao!
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