3.3 • SE TI AVVICINI TROPPO FAI MALE AL NASO

«Vedrai, i nostri amici ti piaceranno» disse Yumi, avvolta in una tunica color prugna, in piedi davanti allo specchio del bagno, disegnandosi una riga di eye-liner perfetta sulla palpebra. «Sicura che non vuoi che ti trucchi un po'?»

«No, grazie, Yumi» cinguettò lei, sistemandosi dietro l'orecchio una ciocca di capelli liscissimi.

La mia amica le aveva prestato una delle sue tuniche ma, nonostante la stessa Yumi fosse magrissima, Nozomi era talmente minuta da sparirci dentro.

«Va bene, non ne hai bisogno, in effetti» convenne Yumi, riponendo l'eye-liner. «Vieni qui, ti lego la cintura».

Osservai tutta la pratica senza dire una parola. Yumi le legò il nastro blu incrociandoglielo in mezzo al seno, che apparve istantaneamente raddoppiato, poi sblusò il tessuto leggero, di un celeste pallido.

«Stai benissimo» le disse, incoraggiante.

«Non mi sono mai vestita così» sussurrò lei, fissandosi i sandali alla schiava. «Non lo so...»

«Ania, è vero che sta benissimo?» mi chiese Yumi.

«Benissimo» confermai.

«Tu, piuttosto» insinuò, tornando ad aggrottare le sopracciglia. «Lego il nastro anche te, vieni. Ti sistemo anche i capelli, se vuoi».

«Va bene» concessi, mi alzai e mi avvicinai allo specchio.

Vedermi riflessa al fianco di Nozomi fu deprimente. Lei, così carina e aggraziata, e io, così disordinata e grossolana con la tunica verde salvia che, senza cintura, appariva come un sacco confuso e rendeva me ancora più bassa e informe.

«Questi capelli sono troppo lunghi, comunque» mi disse Yumi, passandoci una mano attraverso. «Sono belli, eh. Ma dovresti tagliarne una decina di centimetri. Sei piena di doppie punte. Vuoi che ti ci dia una spuntatina?»

In tutta onestà non avrebbe potuto fregarmene di meno dei capelli, in quel momento. Le doppie punte? Un doloroso ricordo della mia vecchia vita, quella che mi lasciava il tempo di occuparmi di futilità di quel calibro.

Però... il ricordo delle sue mani tra i miei capelli, quella notte, alle terme...

Mi riscossi, prima di correre il rischio di venire assalita dal magone.

Dovevo essere realista: se anche mi fossi fatta tagliare i capelli, avrebbero avuto tutto il tempo di ricrescere. Perché Rei non c'era. Rei non c'era mai. Non aveva trovato neanche un minuto per venire a trovarmi dopo la sua morte. Tutto ciò che mi legava a Rei erano ricordi del passato. Non saremmo mai riusciti a costruircene di nuovi, vedendoci così di rado.

«Ciao» mi salutò Iulian quando ci incontrammo, sotto il portico di Piazza d'Oro. «Non hai più bisogno del mio aiuto?»

«No, ne ho ancora bisogno» risposi, a bassa voce. «Ma Yumi ha insistito per uscire tutti insieme. Moriva dalla voglia di presentarvi la sua amica. Ha invitato pure Roze».

«Iulian!» lo chiamò Yumi, infatti. «Vieni, ti presento Nozomi».

Devon, Iulian e Nate, che erano soldati, avevano il permesso di togliersi l'uniforme militare solo per indossare quella scolastica e per giocare ad harpastum o fare il bagno alle terme. Negli ultimi due casi, il tatuaggio che avevano sul petto li rendeva comunque immediatamente riconoscibili. Per uscite informali come quella, invece, erano sollevati dall'obbligo di portare il mantello, ma erano comunque tenuti a indossare la tunica corta rosso scuro chiusa in vita da un cinturone di pelle, sopra un brutto paio di pantaloni marroni di stoffa e di stivaloni di cuoio.

Iulian avanzò verso di loro, allungò la mano in direzione di Nozomi e la strinse con la sua solita, rassicurante gentilezza.

«Piacere di conoscerti, Nozomi» le disse, mentre lei si limitava a sorridere, intimidita.

«Eri mai stata in Piazza d'Oro?» le domandò Nate, chinandosi appena su di lei che subito si ritrasse.

«È la prima volta che viene a Villa Adriana» gli rispose Yumi.

«Ti piacerà un sacco, qui» continuò lui, sfoderando un sorriso seducente.

«Nate ci sta già provando» mi sussurrò Devon, mentre Nate scostava la sedia dal tavolo, per consentire a Nozomi di sedersi.

«Ci credo» risposi. «È così carina».

«Non me ne sono accorto» sorrise Devon, prendendo posto accanto a me.

Invece se ne era accorto eccome. Mai e poi mai avrei potuto dubitare dell'amore di Devon per Dafni. Mai e poi mai avrei pensato di vedere Devon mettersi a fare il piacione con un'altra.

E invece.

«Ehi, Roze» sussurrai, avvicinando la mia sedia alla sua. «Come fanno i Venatores a riconoscere i geni dagli Umani?»

Roze, con indosso una tunica avorio che le stava benissimo, mi osservò accigliata.

«Dall'odore» rispose, guardandomi di sottecchi, come se stesse valutando le parole giuste da usare per non offendermi.

«E com'è questo odore?»

«Pungente. Se ti avvicini troppo o inspiri troppo profondamente fa male al naso, tipo l'ammoniaca».

Annuii, nonostante non avessi idea di cosa stesse parlando poiché, tra i miei passatempi discutibili, non figurava ancora l'inalazione dell'ammoniaca, il cui odore mi risultava quindi, fortunatamente, completamente sconosciuto.

«E come fate a capire a che famiglia appartiene il singolo genio? Per esempio, cosa vedi in un Vendicatore di diverso da un Perturbatore di Anime?» insistetti.

«No, non vedo niente di diverso, non si tratta di una percezione visiva» rispose, torturandosi la catenina col ciondolo a forma di R che aveva al collo. «Piuttosto riesco ad avvertirne il numen».

«Io, invece, accanto a te non percepisco nulla» dissi.

«Sì, lo so. I Venatores non sono Umani, per questo non riesci a leggerli né a controllarli».

«Roze» la chiamò Yumi. «Stavo raccontando a Nozomi di quando Taide ha attaccato Rami durante un allenamento di harpastum. Ti ricordi?»

«Sì, certo» annuì Roze che, in confronto a Nozomi, sembrava una spigliata donna di mondo.

«Speriamo che Ionascu decida di riassortire le squadre, quest'anno» disse Yumi, «potrebbe esserci un posto per Nozomi. E uno per Devon».

Potresti cedergli il tuo, pensai, visto che stai occupando il posto di un sine imperio quando, chiaramente, dovresti essere schierata tra le file dei Magi.

Non avevo certo dimenticato il modo in cui mi aveva mostrato il suo ricordo con Heikki. Yumi poteva anche rifuggire il suo potere, rifiutandosi di usarlo, ma non poteva continuare a negare di averlo. Era comunque qualcosa di cui non avevo intenzione di impicciarmi. Non in quel momento, perlomeno.

«Iulian» sussurrai, poiché l'harpastum e l'inizio imminente del torneo scolastico aveva incendiato la conversazione, «possiamo allontanarci un momento?»

Lui annuì con discrezione e vuotò il suo boccale di birra.

«Dove andate?» domandò subito Yumi, non appena ci alzammo, inducendo anche Devon e Nate a distogliere per un attimo l'attenzione da Nozomi per voltarsi verso di noi.

«Dobbiamo fare una cosa» risposi.

«Non potete farla qui, davanti a tutti?» insistette lei.

«Infatti» convenne Nate, rivolgendosi al suo amico. «Ora anche tu hai i segreti?»

«Va bene» tagliai corto, perché creare problemi a Iulian non era propio nelle mie intenzioni. «Va bene, sì, possiamo farlo qui, davanti a tutti».

Iulian mi guardò con attenzione, poi tornò a sedersi.

«Ecco qui» dissi, porgendogli un foglio e una penna che avevo portato da casa. «Tieni. Ho bisogno che tu traduca in rumeno quello che ti dirò».

Iulian impugnò la penna e mi guardò, in attesa.

«Caro Uriel» cominciai. «Purtroppo non ho buone notizie da darti».


Quando finii il dettato, Iulian posò la penna sul tavolo e rimase a fissare il foglio.

Le persone sedute ai tavoli stipati intorno al nostro vociavano in maniera confusa, i musicisti alticci e accaldati suonavano all'impazzata e un tizio decisamente ubriaco che stava cantando uno stornello osceno aveva radunato intorno a sé una piccola folla ammassata in un ammucchiamento di volti rubicondi e risate sguaiate.

Sul nostro tavolo, però, era calato il gelo.

«Grazie mille» dissi, ignorando deliberatamente le occhiate imbarazzate degli altri.

«E come pensi di fargliela recapitare?» domandò Yumi, guardandomi solo per un attimo.

«La spedirò a Flacara» risposi, piegai il foglio a metà e mi alzai in piedi. «E le chiederò la cortesia di portargliela personalmente. Ora, se volete scusarmi...»

«Aspetta, veniamo anche io e Nozomi» si affrettò a dire Yumi che, chiaramente, si sentiva in colpa per avermi costretta a dettare la lettera davanti a tutti.

«No, non serve. Buonanotte» risposi, poi mi voltai verso Iulian. «Grazie ancora».

«Per così poco, Ania».

«Vado anche io» disse Roze, alzandosi. «Facciamo un pezzo di strada insieme».

«Va bene» acconsentii, poiché la sua presenza, a differenza di quella di tutti gli altri, non mi disturbava.

Uscimmo da Piazza d'Oro senza parlare e camminammo affiancate fino allo stradone che conduceva al quartiere residenziale, lasciandoci man mano alle spalle la musica e il frastuono che ben presto andò scemando fino a sparire.

Lo stradone era placido proprio come una tiepida notte di fine estate. La luce della luna illuminava le abitazioni silenziose, le cicale cantavano, qualche persona rientrava a casa barcollando dopo aver fatto un po' di baldoria e qualcun altro, invece, si stava già dirigendo sul proprio posto di lavoro, sbadigliando e scambiando qualche parola con i proprio compagni di sventura.

«Mi dispiace molto per il tuo magister» mi disse Roze, a un tratto. «Era stimato da tutti. Il professor Ionascu lo rispettava moltissimo».

«Grazie» risposi.

«C'è un'altra cosa che volevo dirti» sussurrò. «Anzi, due».

Mi voltai a guardarla, interrogativa.

«Non so se c'è un modo giusto per dirlo ma...» farfugliò, «mi hai chiesto del numen perché... sei consapevole di averne acquisito un altro, vero?»

Smisi di camminare.

«Se, insomma... sì, se dovessi sentirti un po' strana... è sicuramente questo il motivo».

Il mio dubbio si era dunque rivelato corretto: era il suo numen. Quella piccola luce fuoriuscita dalla sua bocca, che io avevo intrappolato nella mia appena in tempo prima che si dissolvesse nell'oscurità.

«Voglio dire... essere un Vendicatore e, allo stesso tempo, anche un Incendiario, deve essere molto dura».

Molto dura, sì. Costantemente circondata da Umani rancorosi, persone che avrebbero dovuto essere amici ma che non facevo altro che covare sentimenti di rabbia e ripicca uno nei confronti dell'altro.

«Qual era l'altra cosa che volevi dirmi?» le chiesi, poiché eravamo arrivate davanti a casa sua.

«So che hai Yumi e Devon e che gli amici non ti mancano... ma, ecco, tu sei sempre stata così gentile con me che... insomma, se tu avessi bisogno... per qualsiasi cosa, puoi contare su di me».

No, certo. Gli amici non mi mancavano. Quello che mi mancava era il controllo per star loro dietro. Quello che mi mancava era lui.

Allora ragazzi, questa pubblicazione trisettimanale mi sta già affaticando. Anche perché non ho abbastanza disgrazie da narrarvi (per fortuna D:). In più credo che Maddalena (quella che mi corregge sempre tutti gli errori nelle postfazioni) sia a cena fuori (con chi, poi? Chi vuole saperlo? Io sì), perché dovevamo vederci ma lei ha declinato con un laconico "io non ci sono". Anche se mi sta venendo il dubbio che la cena di Maddalena fosse ieri e che oggi quello impegnato fosse un altro nostro amico. Vabbè comunque non ha importanza. Ciò che conta è: oggi o ieri che sia, con chi è andata a cena Maddalena?

AppleAnia

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