3.24 • UNO PER OGNUNO DEI SETTE
Il rappresentante della congregazione dei Magi, avvolto in una lunga tunica bianca di tessuto broccato che, immaginai, rappresentasse l'alta uniforme, attraversò per primo il ponte di legno.
«Professor Leon» lo chiamai, incredula, non appena riconobbi il suo enorme testone sotto il cappuccio della tunica bordato di pelliccia.
«Buonasera, Melania Mei» rispose, sorridente. «Oh, c'è anche Viktor Mironov. Buonasera».
«Buonasera, professore» gli rispose, cordiale, Viktor, in piedi insieme a me e ad Agenore, un passo dietro Kirk.
Da un gruppo di Venatores, ben riconoscibili dai loro mantelli verdi militari, intanto, si era appena staccato un solo uomo che stava attraversando il ponte, impettito.
«Oh, bentrovato, Relu» lo salutò il professor Leon.
Gli insegnanti del Collegium, quindi, non erano stati scelti a caso. Erano stati pescati tra i più importanti esponenti degli ordini di appartenenza.
Ionascu fece un cenno di saluto a Leon poi si fermò a squadrarmi nella mia uniforme nera della Setta.
«Buonasera, professore» azzardai, senza aspettarmi alcuna risposta che, infatti, non arrivò.
Immanuel Vanhanen, invece, arrivò da solo. Il mantello nero e i lunghi capelli argentei frustarono l'aria mentre attraversava il ponte riparandosi con un braccio gli occhi dalla neve.
«Sta arrivando una tempesta» sussurrai a Kirk.
«Non mi sarei aspettato niente di meno, in questa circostanza» rispose, serio.
Nonostante fosse buio e la neve avesse cominciato a cadere copiosamente, riuscii comunque a distinguere le figure imbacuccate della Di Pietro e della signora Petrocchi. Avanzavano lottando contro la resistenza che opponeva loro il vento e proteggendo con i loro corpi qualcosa di piccolo e prezioso che camminava poco dopo di loro.
«Clio!» la chiamai, non appena la Vestale bambina ebbe lasciato le altre due donne e si fu incamminata lungo il ponte levatoio.
Lei, che non sembrava minimamente intimorita nonostante fosse una bambina sola in mezzo a tanti uomini, mi lanciò un sorriso rassicurante e, per un attimo, mi lasciai cullare dall'illusione che tutto sarebbe filato liscio, quella sera. Conoscevo tutti i rappresentanti degli ordini maggiori e nutrivo per alcuni di loro sentimenti di fiducia o, addirittura, di affetto. Si stava prospettando una serata rilassata in cui conversare tra vecchi conoscenti, al posto della riunione tesa e formale in cui avevo temuto di ritrovarmi.
Però, quella sollevata rilassatezza svanì all'istante non appena i miei occhi riuscirono a scorgere un gruppo di mantelli blu avanzare lungo il porticato circolare esterno: pretoriani. Il Pontifex, vestito solo con la toga bianca ornata d'argento che indossava nelle uscite ufficiali in una quanto mai ridicola e inappropriata ostentazione di austerità, attraversò il ponte a lunghe falcate.
«Sai qual è il motto del Pontifex?» mi sussurrò Viktor.
«Sì» risposi, «qualis rex, talis grex. Tale re tale gregge».
«Sbagliato» mi corresse. «Si non caste, tamen caute, se non castamente, almeno cautamente. Questo è quello corretto».
«Ma dai» ridacchiai, allentando un po' la tensione. «Piuttosto, non l'ho mai visto senza la sua scorta».
«C'è sempre una prima volta» rispose.
«Grazie a tutti per essere venuti» esordì Kirk, invitando gli ospiti a prendere posto sui cuscini disposti a semicerchio di fronte al grosso camino a forma di testa di Minotauro dalle cui fauci spalancate si sprigionavano alte fiamme. «Spero che questo incontro sia proficuo per tutti e ci aiuti a trovare una soluzione pacifica».
Tutti gli ospiti, alla fine, erano da soli, proprio come aveva chiesto Kirk. Per questo motivo io, Agenore e Viktor, pur non avendo lasciato la sala, non avevamo ritenuto opportuno sederci con gli altri e avevamo preferito rimanere in piedi alle spalle di Kirk.
«Una soluzione pacifica» gli fece eco il Pontifex. «Dopo quello che avete fatto la notte della vigilia di Natale».
«Un'azione che ha causato più vittime di quante ne avessimo previste ma, purtroppo, necessaria» replicò Kirk, mentre un paio di geni in abiti civili cominciavano a servire vino e bevande. «Senza la quale non avremmo avuto modo né voce di avanzare alcuna richiesta».
Avevo dovuto insistete oltre ogni misura per convincere Kirk a servirsi di camerieri per la serata.
"Nessuno ha le mani rotte" mi aveva detto. "Possono servirsi da soli". E, quando avevo tentato di fargli presente che il fine di quell'incontro era un complesso e delicato dialogo e che non mi sembrava il caso di rischiare di mandarlo in quel paese con una lite tra le parti in fila al buffet, sbuffando, aveva concluso: "Va bene, allora, ma che mi girino alla larga. Non mi faccio servire da un mio pari".
Perché questo erano, per lui, gli altri geni: suoi pari.
«E, dunque, sentiamo le richieste» disse Ionascu.
«Per prima cosa, l'ordine dei Reazionari deve essere definitivamente soppresso. I membri devono essere arrestati e processati e devono pagare per i crimini commessi» rispose Kirk, parlando con voce calda e ferma, con il massimo della calma.
«L'ordine dei Reazionari è stato soppresso quando tu prendevi ancora la tetta di tua madre» gli rispose il Pontifex.
«Eppure continua a esistere e a fare danni» ribatté Kirk. «Chissà come, poi. Chissà sovvenzionato da chi».
«L'esercito mercenario reazionario affianca quello imperiale da quando è stato necessario difendersi dalla più pericolosa minaccia si sia mai presentata» rispose il Pontifex, alzando il tono della voce. «La creatura abominevole, l'odioso disertore che si faceva chiamare Alastor, con il suo esercito di mostri e aberrazioni».
«Non mi interessa» tagliò corto Kirk, evitando di rispondere alla provocazione. «Questa è la prima condizione. L'ordine dei Reazionari deve essere soppresso e quello rumeno degli Augustali che, per noi, può anche continuare a esistere, deve essere totalmente smilitarizzato».
«Affinché tu possa avanzare incontrastato con il tuo» gli rispose il Pontifex.
«Non ho intenzione di appropriarmi di più di quanto non abbia già conquistato» gli rispose Kirk. «Non mi interessano i beni materiali. Mi interessa di far valere i diritti dei geni che l'Impero ha calpestato troppo a lungo».
«E perché dovremmo fidarci di te?»
«Ti do la mia parola» disse Kirk.
«La parola del bastardo di un traditore» rise il Pontifex. Era evidente che non fosse abituato a sedere alla stessa altezza degli altri, per questo tentava di prevaricarli in altro modo.
«Amici miei» intervenne Leon, inforcando con una forchettina un pezzo di formaggio da un tagliere appena servito. «Nessun dialogo, per quanto pacifico e infarcito delle migliori intenzioni, potrà mai cancellare gli ultimi cinquant'anni di storia dell'Impero. Se lo scopo di questo incontro è trovare una risoluzione pacifica credo sia il caso di lasciarci alle spalle le divergenze del passato».
Il Pontifex scansò con una gesto nervoso il tagliere che il cameriere genio gli stava porgendo, facendone rovesciare il contenuto sul tappeto. Era chiaro. Lui non avrebbe bevuto il nostro vino né mangiato il nostro cibo.
«Sentiamo le altre condizioni» riprese Ionascu al quale, invece, sembrava che il nostro vinello non stesse dispiacendo affatto.
«I brachialia coercitionis devono sparire dalla faccia della terra e, con essi, qualsiasi pretesa di possesso umana» rispose Kirk che, insieme al Pontifex, era l'unico a non aver toccato cibo.
«I brachialia coercitionis, però, sono attualmente applicati ai soli geni pericolosi» disse Leon, «la maggior parte dei quali segnalati dall'Osservatorio in cui lavorano altri geni».
«I geni pericolosi devono essere processati e puniti come qualsiasi altro Superbo pericoloso» tagliò corto Kirk. «Non devono esistere strumenti di contenimento esclusivi».
«Posso avere un'altra fetta di soppressata?» domandò Leon, per tutta risposta.
Spostai lo sguardo da Leon a Clio, che era seduta proprio accanto a lui e che stava spiluccando un pezzetto di formaggio stagionato, e poi a Immanuel. Sembrava che nelle occasioni ufficiali l'ordine degli Equites mandasse sempre lui. C'era lui anche la notte della Bellicrepa. Era possibile che fosse stato lui stesso a mettere in salvo Maia prima che venisse catturata dai geni di Kirk?
«Vorrei sentire le altre condizioni» chiese Ionascu, stendendo le lunghe gambe davanti a sé.
«Il Palazzo Imperiale resterà in mano ai geni» rispose Kirk, «che smetteranno di vivere in clandestinità».
Il Pontifex scoppiò in una risata folle che mi mise in allarme e mi indusse a portare, seppur con discrezione, la mano sulla frusta.
«Il Palazzo Imperiale è la residenza del Pontifex» gracchiò.
«Un solo uomo non ha bisogno di una residenza tanto ampia da poter ospitare un'intera comunità» lo contraddisse Kirk, alzando lo sguardo su di lui.
«Sì, invece, se quell'uomo detiene un potere tanto vasto come il nostro».
«Quel potere tanto vasto non è il vostro» ribatté Kirk. «Ma risiede interamente nello scettro di Priamo che, insieme alla pietra nera di Cibele, è l'unico tra i Pignora Imperii a non trovarsi nel posto giusto. O tra le mani giuste».
Il Pontifex, paonazzo in viso nonostante non avesse bevuto neanche una goccia di vino, scattò in piedi. Ma, prima che potesse anche solo aprire la bocca, Kirk lo precedette:
«Lo scettro di Priamo finirà in mano a quell'ordine di cui finora l'Impero, sotto la guida scellerata di un Pontifex dopo l'altro, ha finto di ignorare l'esistenza» disse, alzandosi in piedi a sua volta, con calma. «I sine imperio».
Nella sala calò un silenzio carico di tensione e io mi addentai il labbro inferiore tentando di reprimere la mia sete e, con essa, la tentazione di estrarre la frusta e fare una strage. Avremmo dovuto risolverla pacificamente. Non ero sicura di aver compreso il reale motivo per cui Kirk mi avesse chiesto di affiancarlo in quell'incontro ma, al contrario, conoscevo molto bene il motivo che mi aveva indotta ad accettare: non volevo lasciarlo solo. E non solo perché lui, con me, non lo aveva mai fatto. No, non solo per quello.
«I geni si fanno portavoce dei sine imperio con o senza il loro benestare?» domandò Leon.
«Senza» rispose Kirk. «I geni non si fanno portavoce di nessuno. La nostra rivolta è diretta a ottenere parità di diritti civili, economici, giuridici, politici e sociali. Parità di cui i sine imperio, al momento, non godono».
«Non è comunque una cosa che dovrebbe riguardarvi» disse Ionascu.
«Invece li riguarda» intervenne Clio con una vocina simile a un pigolio. «Riguarda tutti noi».
«La distribuzione dei Pignora Imperii segue i dettami di un'antica profezia Sibillina» disse Immanuel.
«Uno per ognuno dei sette. Affinché il potere continui ad essere garantito e equamente ripartito» cinguettò Clio.
«I dettami sono rispettati» disse il Pontifex, scocciato. «Fatta eccezione per la pietra di Cibele, cosa che non ci riguarda e non ci interessa».
«Sai, non credo che sia vero» lo contraddisse Immanuel, con un tono di voce tanto pacato ed educato da risultare quasi piatto e cantilenante. «Il potere non sarà mai equamente ripartito se detenuto nelle mani di un solo uomo».
«E il Velo di Iliona, allora?» domandò il Pontifex. «È uno dei sette Pignora. Ed è nelle mani di una sola donna, la Sibilla».
«La Sibilla usa il velo per potenziare e propiziare le sue capacità divinatorie nell'interesse di Tibur e della collettività» gli rispose Immanuel. «Non ci si arricchisce, non ci comanda un esercito e, di sicuro, non se ne serve per sopraffare gli altri».
«Sarebbe un cambiamento considerevole» disse Ionascu, fissando Kirk dritto negli occhi, come se tutti gli altri neanche esistessero. «Come pensi di organizzare il regno, una volta decentrato il potere?»
«Come uomini molto più saggi di noi fecero tanti anni fa: spostandolo nella più autorevole assemblea istituzionale che questo Impero abbia mai visto. Il senato».
«Il senato?» domandò il Pontifex, sputacchiandosi addosso.
«Un organo formato dai patres gentium. In numero uguale per ognuno degli ordini maggiori» spiegò Kirk. «E che abbia potere sacrale, militare e costituzionale».
«Così sì che il potere sarebbe garantito ed equamente ripartito» concluse Immanuel.
«Bene» esclamò Leon, «propongo di metterla ai voti e poi, una volta risolte le questioni importanti, di vuotare gli otri di questo vino squisito, perché sprecarlo sarebbe un vero sacrilegio».
«Va bene» annuì Kirk. «Indipendentemente dalla vostra scelta, vi ringrazio di aver dedicato del tempo per questo incontro».
Non potevo più stare ferma. Avrei voluto fare un passo avanti, stringere le braccia intorno al collo di Kirk, sentire le sue serrarsi intorno alla mia vita, proprio come quando mi trasportava con la psicocinesi, e attendere il responso con gli occhi chiusi e il viso affondato contro il suo petto. Invece, al termine di una logorante guerra contro me stessa, riuscii a impormi di rimanere ferma lì dov'ero. Il desiderio inappagato di quelle braccia strette intorno alla vita e di quel corpo duro come la roccia premuto contro il mio, mi lasciò una sensazione di vuoto e di nervosa frustrazione. Avevo bisogno di quel contatto. Oppure di uccidere qualcuno.
Stasera sono molto di fretta quindi postfazione breve (ma intensa).
Va bene, in questo capitolo Kirk è un figo e, effettivamente, anche Ania pare essersene definitivamente accorta. Dite che questa nuova consapevolezza sfocerà in qualcosa di concreto? E il povero Rei? Non vi manca neanche un po'? ç_ç
Baci baci
AppleAnia
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