3.22 • E et C
Pierre non si era ripreso, e neanche io. Ero ancora turbata dalla violenza con cui Viktor si era introdotto nella sua mente e dalla devastazione che aveva prodotto in essa.
«Viktor» ordinò Kirk, una volta che fummo tornati nei pressi di casa sua. «Stordisci Mario e riaccompagnalo in superficie».
«Certo» rispose lui.
«Grazie» dissi a Mario, stringendolo in vita.
«Prego, piccola» rispose lui, battendomi qualche buffetto sulla schiena.
Non ero pronta a lasciarlo andare. Mario non era solo un preziosissimo ponte con la mia vecchia vita ma era anche un trait d'union con la Di Pietro, con la signora Petrocchi e con quella che era la parte buona dell'Impero. Perché la parte buona dell'Impero esisteva e negarlo sarebbe stato da vigliacchi.
«Piccola?» mi domandò lui, quando si rese conto che non avevo alcuna intenzione di lasciarlo andare.
«Ania» mi disse Kirk, «domani lasceremo il sotterraneo e ci trasferiremo al Palazzo Imperiale. Mario deve andare. Ma non mancherà occasione di rivederci, in futuro».
Molto malvolentieri allentai la presa e indietreggia di un passo.
«Mi raccomando per quella faccenda» disse a Kirk. «Non farmi pentire».
«Puoi stare tranquillo, lo sai» rispose lui. «Grazie di tutto».
«A che cosa si riferiva?» chiesi a Kirk quando, finalmente, fummo tornati a casa.
Non aveva dato a nessuno il tempo di fiatare, neanche a mia madre. Mi aveva condotta in fretta e furia da Jurgen al piano superiore, poi aveva chiuso la porta e si era lasciato cadere sullo sgabello accanto al letto.
«Mi dispiace per prima» rispose Kirk, che non sembrava avermi ascoltata affatto. «Non avrei voluto perdere la pazienza».
«No, non preoccuparti» dissi. «È stato strano vederti sfoderare le zanne contro un altro genio ma...»
«Lui non è un genio» mi interruppe. «È un Infractus. Un traditore del suo stesso sangue».
Il suo stesso sangue che, in quel momento, imbrattava la sua faccia e anche la mia. Mi avvicinai al letto di Jurgen e gli poggiai delicatamente una mano tra i capelli. Non erano cresciuti, rispetto all'ultima volta in cui lo avevo visto. E neanche la barba. Jurgen sembrava congelato, bloccato nel corpo e nella mente a quel maledetto giorno in cui i Reazionari erano riusciti a raggiungere i cancello del sotterraneo.
«Non esiste abominio peggiore» continuò Kirk, passandosi una mano sulla metà ustionata del suo viso, sporca di sangue rappreso. «Se tu avessi un'idea, anche vaga di cosa i Reazionari...»
«Ce l'avrei se tu me lo raccontassi» dissi.
«Combattimenti illegali tra geni e Creature» disse, alzando lo sguardo su di me. «Geni, anche adolescenti e appena risvegliati, lanciati nell'arena contro Ciclopi o Viverne. Geni con i brachialia coercitionis ai polsi, costretti in schiavitù, al loro servizio. Geni rinchiusi, drogati, lasciati ad impazzire fino alla distruzione totale della loro natura».
«Questo è davvero terribile» sussurrai, colta da un brivido improvviso, ripensando alla lamia.
«E non è la cosa peggiore» disse, cupo. «Loro sanno come fanno i geni a passarsi il numen».
Ci misi qualche secondo prima di realizzare cosa volesse intendere.
«Non vorrai dire che...»
«Sì, Ania. È proprio quello che voglio dire» mi interruppe. «Loro sanno che per passarsi il numen serve la verginità. Quindi, nel caso di geni particolarmente pericolosi, tipo i Vendicatori, non esitano a prendersela loro, ovviamente con la forza, per impedire che il numen circoli ulteriormente».
«Come fai a sapere queste cose?» domandai, con un filo di voce.
«In parte le ha scoperte Enea, la famosa volta in cui ha cambiato idea, voltando le spalle all'Impero e schierandosi dalla parte dei geni» rispose. «In parte me le ha rivelate Agenore».
«Agenore?» domandai, sperando di essere giunta alla conclusione sbagliata.
«Sì, Agenore» confermò. «Lui è stato rastrellato da piccolo e venduto ai Reazionari. Le atrocità che ha subito sono qualcosa che va oltre ciò che vorrei tu immaginassi. Era a questo che mi riferivo quando ti dissi che alcune cose le avresti scoperte solo dopo esserti schierata. Se te le avessi rivelate prima avresti deciso mossa dalla rabbia, con il rischio che te ne saresti poi pentita in seguito».
«Mi dispiace tanto» dissi, avvertendo, per un attimo, il suo dolore acuto e pungente come fosse stato il mio. «L'ordine dei Reazionari deve sparire dalla faccia della terra».
«È sparirà» annuì, si alzò in piedi e venne verso di me. Poi si infilò una mano nella tasca dei pantaloni e ne estrasse un anello d'oro. «Ricordi questo?»
«Certo» risposi, osservando l'anello con l'incisione che mi aveva mostrato quella sera a casa mia a Villa Adriana.
E et C - 2002
«Ho scoperto... credo di aver capito...» farfugliò.
«Dimmelo, ti prego» lo supplicai, aggrappandomi al suo maglione. Ero talmente abituata a sentirmi esclusa da qualsiasi piano o informazione da dimenticare, per un attimo, che Kirk era diverso.
«Ma sì, certo» rispose, facendosi scivolare tra le dita le punte dei miei capelli. «È ovvio che te lo dico. Solo che... con quello che ti è successo negli ultimi giorni, più tutte queste altre informazioni... non vorrei sovraccaricarti».
«Non mi sovraccarichi» dissi, reprimendo lo stesso inopportuno brivido provato la sera prima, quando le sue mani si erano posate sulla mia schiena. «Nessuno ha mai parlato tanto schiettamente con me come fai tu, Kirk. Mi trattano tutti come se fossi una deficiente bisognosa di protezione».
«Un delicato cucciolo di Vendicatore, fragile come uno schiacciasassi» sorrise, rigirandosi i miei capelli intorno a un dito. «Ho mostrato questo anello a Mario. Non esiste faber più esperto di lui, nell'Impero».
«E lo ha riconosciuto?» domandai.
«Meglio. Lo ha forgiato e inciso lui» disse.
Feci un passo indietro e Kirk perse la presa sui miei capelli. Era arrivato il momento, quindi? Il momento di scoprire che Gilbert ed Elissa si erano sposati, che lo spegnimento del Fuoco e il sacrificio di Elissa erano state tappe di piano più grande e...
«E e C non stanno per Elissa e Constantin» disse. «Stanno per Enea e Clarisa».
«Eh? Clarisa?» domandai, completamene colta alla sprovvista. «E chi sarebbe?»
«Clarisa Gilbert. La sorella di Constantin e Corvina. Ma non è questa la vera notizia» sussurrò.
«Qual è?» domandai, senza più avere la certezza di volerla sapere.
«Chiama Arianna, prima» disse lui.
Mia madre si era mostrata insolitamente dolce con Jurgen. Gli aveva carezzato i capelli e le guance, aveva cercato la sua mano e l'aveva stretta. Poi aveva afferrato l'anello che Kirk le aveva mostrato, aveva alzato su di noi uno sguardo rassegnato, come se aspettasse quel momento da un sacco di tempo, e ci aveva chiesto di seguirla fuori. Con noi, su esplicita richiesta di mia madre, era venuto anche Daniel, che camminava serio in mezzo ai vicoli polverosi del sotterraneo guardandosi intorno. C'erano pochissime persone in giro, per lo più anziani e bambini.
«Siamo arrivati» disse mia madre, alzando lo sguardo su una delle tante case scavate nella roccia che affollavano quel sotterraneo.
«Un attimo» esclamai, osservando l'insegna di travertino con l'incisione. «Sono già stata in questa casa».
«Villa Tecla» lesse mia madre.
«E la casa in cui alloggiavano i gemelli Vanhanen» mi ricordai. «Anche se Maia mi aveva detto di non avere idea di chi fosse il proprietario».
«Siamo noi i proprietari» disse mia madre, aprendo il portone con la chiave. «Gabriel ha prestato la casa a Immanuel per fare in modo che i suoi figli potessero rifugiarcisi».
«...e per fare in modo che io non sapessi che anche tu avevi una casa qui sotto».
«Non c'era bisogno che tu lo sapessi» tagliò corto, invitandoci ad accomodarci all'interno. «Questa era la casa di mio padre. Il mio padre biologico, intendo, quello che era a capo di questa comunità di geni prima del ricongiungimento con Enea».
La casa era proprio come la ricordavo. Piccola, angusta e polverosa, piena da scoppiare di mobili e oggetti, ognuno placidamente poggiato sul proprio centrino ingrigito.
«Ci hai condotti qui per un motivo?» domandai, tossicchiando a causa della polvere. «Oltre a provocarci un broncospasmo, intendo».
«Sì» rispose lei, sprimacciando i cuscini del divano. «Accomodatevi. Tu no, Daniel. Tu vieni qui».
Daniel la raggiunse mentre io e Kirk, declinando il suo invito a sederci su quel tripudio fiorato di acari, lo fissavamo immobili. Mia madre gli carezzò una guancia e, nel farlo, si fece scivolare tra le mani l'orecchino che mio fratello portava da quando era piccolo e glielo sfilò delicatamente.
«Guarda» mi disse, porgendomelo.
E et C
Era inciso all'interno.
«Mamma...» la chiamai, perché temevo che di aver capito il motivo di quella convocazione.
Ma mia madre si era già allontanata, aveva raggiunto uno scrittoio chiuso ammassato in mezzo a un'altra mezza dozzina di mobili, lo aveva aperto con la chiave e ne aveva estratto una foto.
Raggiunsi Daniel che, pur non conoscendo gli antefatti e non avendo visto l'anello, aveva percepito il nostro stato d'animo e, con esso, la gravità della situazione, e lo strinsi.
«Non voglio vederla» dissi a mia madre, con la foto in mano ancora protratta verso di noi.
«Non essere stupida» tagliò corto.
Aggrappandomi a mio fratello con tutte le mie forze lasciai che mia madre mi facesse scivolare la foto in mano. Ed eccoli lì. Enea, alto e ancora più affascinante di come lo ricordavo con l'uniforme della Setta e, aggrappata al suo braccio, questa Clarisa, con i capelli chiari e i lineamenti del viso morbidi e delicati, raggiante in un vestito da sposa tutto di pizzo. Un bambino piccolo spuntava da dietro le sue gonne. Un bambino che sembrava Daniel ma che, quasi certamente, era Uriel.
«Enea a Clarisa si sono sposati nel 2002 in gran segreto» disse mia madre.
«E tu non lo sapevi?» domandai a Kirk.
«No» ammise. «Enea mi ha adottato l'anno successivo e non ha mai nominato Clarisa né il matrimonio».
«Sì, esatto» confermò mia madre, riprendendosi la foto. «Perché Clarisa era già morta. È morta a gennaio del 2003».
Mamma, la chiamò Daniel che, ormai, doveva essere giunto alle mie stesse conclusioni. Come è morta Clarisa?
«Lei è morta di parto» rispose.
Non poteva essere e non volevo crederci.
«Dando alla luce Daniel» concluse Kirk, l'unico che sembrava avere ancora il coraggio di parlare.
«Sì» confermò mia madre, dopo qualche attimo di silenzio. «Sì, è così. Daniel è loro figlio. È il figlio di Enea e Clarisa».
Raggiunse il divano e ci si lasciò cadere sopra, sollevando una nube di polvere.
«Clarisa non era un genio, nonostante entrambi i genitori lo fossero. È raro, ma può succedere anche questo. L'aveva condotta Constantin qui nel sotterraneo insieme alla sorella Corvina che aveva avuto un bambino Umano e che quindi era ad altissimo rischio di essere rastrellato».
«Uriel» dissi, con un filo di voce. «E chi è suo padre?»
«Vai a capirlo» rispose. «È il prodotto di uno stupro».
Nel salone ingombro calò il silenzio.
«Sì, ma Corvina lo amava lo stesso e non poteva accettare che le fosse portato via» riprese mia madre. «Enea ha conosciuto Clarisa e se ne è innamorato. Non gliene importava niente che lei non fosse un genio».
Daniel si divincolò dalla mia stretta e andò a posizionarsi davanti a mia madre.
«Mi dispiace» gli disse lei. «Enea, proprio in quei mesi, era cambiato. Aveva riportato sua moglie in Romania dove, non essendo un genio e senza che nessuno potesse in alcun modo accomunarla a lui, era più al sicuro che non qui. Lui non sapeva neanche che Clarisa fosse incinta, altrimenti non si sarebbe mai allontanato da lei, ne sono sicura. Nessuno, più di lui, teneva ad avere una famiglia».
Alzai lo sguardo a cercare quello di Kirk. Lui era ferito. Daniel era ferito. Persino mia madre era ferita. Tutte quelle bugie non avevano prodotto altro che sofferenza.
«Anche io non ne sapevo niente, ovviamente» continuò mia madre. «Di punto in bianco sono venuti Lara e Mario a cercarmi, su esplicita richiesta di Clarisa in punto di morte. Mi hanno condotta in Romania e mi hanno messo questo neonato tra le braccia, affinché me ne prendessi cura mantenendo il segreto. Enea era ormai andato fuori controllo e Clarisa temeva che il suo bambino non sarebbe stato al sicuro. 'Clarisa desiderava che tu lo proteggessi fino alla fine della guerra' mi disse Lara, 'poi potrai riaffidarlo alle cure di suo padre'».
«Solo che la guerra è finita con la morte di Enea» intervenne Kirk. «E quindi non c'era più alcun padre a cui affidarlo».
«Questo Clarisa non avrebbe potuto prevederlo. Enea pareva invincibile» rispose mia madre, poi si alzò e andò a poggiare le mani sulle spalle di Daniel. «Ma questo non cambia niente, tra di noi. Ti ho sempre amato come se fossi stato figlio mio e forse anche di più».
Lo so, rispose lui, tuffandosi tra le sue braccia. Grazie, mamma.
«No, aspettate un secondo» intervenni, e mia madre alzò lo sguardo su di me. «Mamma. Tu eri incinta quando Elissa è stata uccisa. Me lo ricordo benissimo».
Era la sera in cui Enea si era presentato a casa nostra. La sera in cui aveva aperto per errore il varco tra la Grotta delle Sirene e la piscina del Pecile. La sera in cui avevo incontrato Kirk per la prima volta. E mi ricordavo anche altro. Mi ricordavo, per esempio, che Daniel era stato allattato al seno. C'era qualcosa, in quella storia, in cui non riuscivo ancora a vedere chiaro.
«È vero, ero incinta anch'io nello stesso periodo di Clarisa» disse, in un sussurro. «Per questo Clarisa mi preferì persino a sua sorella Corvina. Per non destare alcun sospetto. E perché sapeva che avevo...»
Mia madre si interruppe, baciò Daniel sulla testa e tornò allo scrittoio. Ne estrasse una seconda foto che fissò a lungo.
«Ecco» disse infine, porgendomela, con un singhiozzo. «Guarda».
La foto era molto più rovinata della precedente. Sembrava che qualcuno l'avesse accartocciata più volte. Nei punti in cui la carta fotografica era stata piegata e schiacciata si erano formate delle venature bianche che, tuttavia, rendevano il soggetto comunque ben identificabile.
«Chi è?» domandai, senza fiato, osservando la bambina paffuta, tutta avvolta in una copertina rosa, che mia madre, poco più che ventenne, teneva in braccio tutta contenta.
«Tecla» rispose, portandosi una mano alla bocca. «Tua sorella».
E quindi, quell'odiosa capacità di moltiplicazione dei fratelli non era capacità esclusiva dei Vanhanen, alla fine. Tecla. Tecla era mia sorella. Non Daniel. No, lui era mio cugino, quindi. Mia sorella era Tecla.
«Che cosa le è successo?» domandai.
«Quando Elissa è morta e il Fuoco si è spento io ero incinta e il mio bambino fu indicato dalla Sibilla successiva come vittima sacrificale».
Certo, lo sapevo. Me lo aveva detto Nerissa quella volta al Pecile, poco prima che mi avventassi su di lei. Solo che Nerissa, così come tutti gli altri, pensava che quel bambino fosse Daniel e che, in qualche modo, fosse riuscito a salvarsi. Sembrava, in effetti, un fatto senza precedenti: era stato possibile riaccendere il Fuoco Sacro pur senza sacrificare nessuno. Ma era tutto falso.
«Lo so che avrei dovuto pensare alla collettività» riprese mia madre. «Lo so. Ma lei era mia figlia, ed era così piccola... io...»
«Arianna, tutti noi avremmo agito come hai fatto tu» intervenne Kirk. «Non devi giustificarti».
«Ma non è servito a niente comunque» singhiozzò mia madre, strappandomi la foto di mano. «Loro mi hanno trovata, me l'hanno strappata dalle braccia...»
Tutto falso. L'accensione del Fuoco aveva richiesto un sacrificio e l'Impero non aveva esitato ad andare a prenderselo. Nonostante quel sacrificio fosse una bambina innocente venuta al mondo da pochi giorni.
«Sento ancora le sue urla» concluse, tirando su con il naso. «L'hanno uccisa davanti ai miei occhi. E sapete una cosa? Enea si era appropriato dell'acropoli, nel frattempo. Quindi il Fuoco è rimasto comunque spento per altri sette anni. Si è dovuta attendere la morte di Enea, di mio fratello, per poterlo riaccendere».
«Mamma» dissi, sgomenta dall'atrocità di quelle rivelazioni. «Mi dispiace, non so cosa dire...»
«Se non sai cosa dire, Ania, ti faccio io una domanda: tu credi davvero che, a questo mondo, esista qualcuno che odi l'Impero più di me?»
Ok questo capitolo è un pugno nello stomaco, ne sono consapevole. Io, però, è dal lontano 1972 che vi sto dicendo di non giudicare Arianna con troppa severità. Ora sappiamo tutta la verità su di lei, su Daniel (che sì, è l'erede di Alastor e c'è chi l'aveva capito dal 1973 ahahah ma tanto di questa informazione non ce ne facciamo niente per quell'altro discorso) e su Tecla ç_ç
Daniel, comunque, l'ha presa bene:
Ps: il dono di moltiplicazione dei fratelli che tanto turba Ania infastidisce molto anche AppleAnia, lo ammetto D: Se avessi progettato la storia oggi, sicuramente, avrei trovato delle soluzioni narrative diverse ma capite bene che tutta sta gente che vi ho buttato lì così (Enea ed Elissa, Rami, Joel che viene scambiato per Immanuel, mo pure Clarisa e Tecla mamma mia quanti sono ç________ç) era indissolubilmente legata e avviluppata alla trama e quindi non ho avuto modo di segare via qualcuno (segare qualche Rami per esempio ahahahahahaahahahahahaha ok vado via).
Vabbè comunque vi giuro che sono finiti, non spunteranno altri fratelli morti o moribondi.
Baci baci
AppleAnia
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