1.21 • TRADIMENTO

«Come stai?» domandò Nerissa a Rei, appena entrato nel tempio della Sibilla.

Rei si appoggiò a una colonna, malfermo sulle gambe, e Nerissa corse a sorreggerlo e a dargli dell'acqua. Lui bevve avidamente, poi lei lo aiutò a mettersi seduto.

«Perché sei tornato?» gli domandò.

«Gli Equites hanno bisogno di un parere dell'oracolo» disse.

«Ho capito. Che sta succedendo là fuori?»

«Va molto male» disse lui. «Sono tre giorni che non sorge più il sole. Stiamo facendo il possibile ma le Creature fuoriuscite sono troppe».

Si alzò in piedi, a fatica.

«Devo parlare con l'oracolo».

«Ok» rispose Nerissa, poi lo richiamò.

Lui si fermò e si voltò a guardarla.

«So cosa è successo tra te e quel genio. Ho sentito che lo raccontava a tua sorella».

Gli si avvicinò e lui rimase immobile.

«Nel caso in cui dovessi decidere di frequentare un altro Eques, come me» sussurrò, «tutte le tue remore non avrebbero più motivo di esistere, non credi?»

Rei rimase fermo per qualche secondo, guardandola negli occhi. Poi fece un passo indietro, si voltò ed entrò nel tempio.

Mi svegliai urlando.

«Che succede?» domandò Daniel, stropicciandosi gli occhi. Doveva essersi intrufolato nuovamente nel mio letto mentre dormivo.

«Niente» dissi, respirando a fatica. «Mettiti a dormire. Vado un attimo in bagno. Torno subito».

Percorsi il corridoio fino alla camera di Gilbert. Bussai forte ed entrai senza aspettare una risposta. Lui, che era seduto alla sua scrivania intento a leggere chissà cosa, si voltò di soprassalto.

«Melania» disse. «Che succede?»

Vedendomi sconvolta, mi fece sedere e mi offrì dell'acqua.

«Faccio dei sogni. Strani sogni» dissi, senza fiato.

«Che genere di sogni?» domandò lui, serio.

«Sono come delle visioni. Come se vedessi quello che sta accadendo da un'altra parte».

Mi presi la testa tra le mani e rimasi zitta.

«Sto impazzendo?» chiesi, dopo un po', poiché lui non rispondeva.

«No, non credo» rispose lui. «Ma non sei neanche in grado di avere delle visioni».

«E allora perché le ho avute?»

«Fammi indovinare. Non stavi dormendo da sola».

Ci pensai un attimo su.

«No, ha ragione!» esclamai. «C'era mio fratello con me! Entrambe le volte!»

Gilbert annuì.

«Come immaginavo» disse.

«Quindi è Daniel ad avere le visioni?»

«Non sono visioni. Ma sì, partono da lui».

«Ma sono affidabili?»

«Direi proprio di sì».

«E perché sono io a fare i sogni?»

«Tutti i geni sono telepatici, in qualche misura. Tra consanguinei naturalmente questo potere aumenta. Alcune volte può essere una seccatura, ma si risolve facilmente: se non vuoi fare più i suoi stessi sogni ti basterà non dormire più vicino a lui».

«No, non importa» risposi.

Non volevo allontanare mio fratello. E non volevo neanche smettere di sognare Rei.

«Come ti pare. Ma sembravi sconvolta, quando sei entrata».

Aspettai che mi chiedesse cosa avessi sognato ma non sembrò passargli neanche per l'anticamera del cervello. Visto che ero piombata nella sua stanza come una furia nel cuore della notte, mi sentii comunque in dovere di giustificarmi.

«Io...» dissi. «Mi piace un ragazzo. Nel sogno c'era un'altra ragazza, che...»

Dirlo ad alta voce lo fece diventare reale e riuscii a stento a trattenere le lacrime. Gilbert non disse niente, ma rimase zitto a guardarmi per un bel po' di tempo.

«So che per questo ragazzo devi provare un sentimento molto forte. Qualche giorno fa ho sentito il tuo cuore esplodermi nel petto».

Eh? In che senso?

«Il medaglione, purtroppo, amplifica il potere di cui ti parlavo poco fa» aggiunse.

Mi sentii inspiegabilmente in imbarazzo e non seppi cosa rispondere.

«Stammi a sentire» disse lui, risoluto. «So che forse non ti va di parlarne adesso, ma devo farti una domanda. Il ragazzo in questione è Reijiro Nakamura?»

«Sì» ammisi, sconvolta. «Lo ha capito grazie al medaglione?»

«Ovviamente no» rispose, senza guardarmi.

«Lo so che potrebbe sembrare che lo conosco da poco» mi giustificai ancora, «ma deve essermi successo qualcosa con lui, in passato. Perché non ricordo proprio niente del mio passato. Niente di niente. Ma riesco a ricordarmi di lui. Sono ricordi vaghi e evanescenti, ma ci sono. Dovrà pur significare qualcosa, credo».

Gilbert, che era stato tutto il tempo seduto davanti a me, saltò in piedi. Alzai la testa di scatto, stupita. Lui mi afferrò per le braccia, con forza, e mi costrinse a tirarmi in piedi a mia volta.

«Cosa significa? Cosa hai ricordato?» chiese, agitato come non lo avevo mai visto prima.

«Melania» insistette, sforzandosi, senza successo, di apparire più calmo. «Dimmi cosa hai ricordato».

Aspettai che mi mollasse le braccia, prima di rispondere.

«Dopo l'incidente del pecile» dissi, e la voce mi uscì più tremula di quanto sperassi, «ho perso i sensi e ho ricordato qualcosa...»

Gilbert mi fissava, sconvolto, alla luce tremolante della candela.

«Non è stato un incidente, è stata un'aggressione» si sentì in dovere di precisare, nonostante la situazione. «Cosa hai ricordato, quindi?»

«Una grotta, forse una scogliera».

«Una scogliera?»

«Non lo so» ammisi. «Sentivo il rumore scrosciante del mare. Ero bagnata e avevo freddo. E c'era anche Reijiro».

«E?»

E poi c'era Rei che con la più accorata delle espressioni mi prometteva che non mi avrebbe più lasciata.

«Niente. Basta così» mentii.

«Ce ne sono altri?»

«No, non specifico come questo. Ma ho sempre e comunque la sensazione di ricordarmi di lui. Perché tutto di lui mi è familiare».

Lui tornò alla scrivania, si mise a sedere, guardò le sue carte, poi si alzò di nuovo e fece qualche passo avanti e indietro per la stanza.

«Non è possibile» concluse. «Non puoi ricordare. Non con la maledizione che ti è stata fatta».

Non avevo mai visto Gilbert con un'espressione del genere.

«Invece a quanto pare è possibile» ribattei.

«Stai mentendo. È forse stato Nakamura stesso a raccontarti qualcosa?»

«Reijiro mi ha mostrato alcuni suoi ricordi, è vero. Ma niente a che vedere con quello che le ho raccontato...»

Non finii neanche di parlare che realizzai tutto insieme quanto aveva detto.

«Aspetti un attimo» dissi. «Ha parlato di maledizione. Lei quindi sa che mi è stata cancellata la memoria?»

Lui mi guardò negli occhi, non rispose, e si rimise a sedere.

«Certo, lei lo sa!» urlai. «lo ha sempre saputo! Credevo che lei pensasse che ho perso la memoria in seguito ad un incidente, come tutti gli altri! Invece lei sapeva tutto, fin dall'inizio! Non è vero?»

Le parole mi uscivano una dietro l'altra, come un fiume in piena, inarrestabile dopo aver distrutto una diga.

«Quindi sa anche il perché?» chiesi, sforzandomi di mantenere basso il tono della voce. Svegliare mia madre era proprio l'ultimo dei miei desideri.

«Sì, lo so. So che ti è stata cancellata la memoria e so anche perché è stato fatto» rispose lui.

«La prego» implorai, «me lo dica. Mi dica cosa è successo».

«No» rispose, deciso. «Non posso farlo».

«Come no? Per favore! Eppure mi ha chiesto di fidarmi di lei!»

«Anche Nakamura sa quello che ti è successo. Perché non hai chiesto a lui di dirtelo?»

Mi sentii come se mi avesse schiaffeggiata.

«Non è vero. Lui mi ha aiutata come ha potuto».

«Pensala come ti pare. La mia posizione non cambia».

Avrei avuto voglia di tirargli un pugno. Aveva chiesto la mia fiducia e invece si era preso gioco di me. Fin dal primo momento, quando aveva parlato in mia difesa alla riunione con la giuria.

«È la sua ultima parola?» chiesi.

«Sì» rispose.

Mi sfilai il medaglione, quasi strappandomelo via dal collo, e glielo lanciai sulle gambe. Senza aspettare una sua reazione, mi girai e uscii dalla stanza, sbattendo la porta.

Tempo fa lessi uno spassosissimo libro in cui due editor illustravano in dettaglio tutte le migliori strategie da mettere in atto per non essere pubblicati.
C'era un capitolo dedicato proprio ai sogni. Secondo loro, se si vuole evitare che per il proprio manoscritto la casa editrice funga solo da fugace deviazione tra la nostra casa e il macero,  con i sogni bisogna regolarsi così: lasciarne solo uno a romanzo e poi, in fase di revisione, togliere anche quello.
Io sono piuttosto d'accordo. Odio i sogni, soprattutto quando vorrebbero evocare complesse immagini astratte. E comunque non interessa mai a nessuno di leggerli.
Ma. Scrissi SPQT prima di leggere quel libro. E i sogni di Ania fanno parte della trama, quindi non era possibile eliminarli del tutto (però almeno non sono astruse metafore della vita).
Quindi abbiate pazienza, anche perché sono stanca e anziana e portare avanti due storie contemporaneamente sta minando la mia sanità mentale '^_^
Ps. Oh, ammazza quanto mi sta antipatica Nerissa.

AppleAnia

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