6. Ultimo giorno al mondo

Alabama

Corro, corro finchè non ho più fiato, finchè le gambe mi cedono esauste, facendomi cadere sulla sabbia ancora calda.
Sorrido osservando l'Oceano davanti a me, le onde agitate dal vento e l'acqua di un color aranciato dovuto all'imminente tramonto.

"Finalmente ti sei fermata" Esclama Daniel, spaventandomi. Quasi mi ero dimenticata della sua presenza, tanto ero concentrata sul godermi questa libertà.
"E ora cosa si fa?" Gli chiedo, continuando a guardare davanti a me.
Lo sento ridere, cosa che ormai deduco faccia spesso, prima di rispondere "Non lo so Alabama, sei libera, puoi fare quello che vuoi".
Rimango in silenzio qualche secondo, prima di girarmi verso di lui con uno sguardo confuso, cosa che lo fa riprendere la parola "Cosa faresti se fosse il tuo ultimo giorno al mondo?".
Aggrotto le sopracciglia, espressione solita di quando cerco di ragionare attentamente su un qualsiasi argomento.

Il mio ultimo giorno al mondo eh? Beh, sicuramente non mi servirebbe la piega perfetta che ho ora.
Sorrido, alzandomi e facendo un saltello sul posto.
"Allora?" Mi chiede Daniel, non  ricevendo alcuna risposta.
Mi volto e inizio a correre verso il mare, vestita così come sono.

Ecco, credo che la libertà sia questo esatto momento, sia quei secondi in cui, spensierato, corri verso il mare.

"Alabama!" La voce squillante dell'australiano risuona nell'isolata spiaggia di Malibù.
Riemergo dall'acqua divertita come una bambina, guardando verso riva, dove il pilota in piedi mi guarda a dir poco scioccato.
"Che fai, non vieni?" Gli urlo io, avvicinandomi di qualche passo.
"Ma ovvio che no, non voglio mica ammalarmi".
Questa cosa mi fa ridere, ridere di gusto.
E a giudicare dalla sua reazione, devo essere piuttosto contagiosa.
Faccio ancora qualche passo nella sua direzione, arrivando sufficientemente vicina da poter parlare ad un tono normale.
"Davvero hai usato la carta dell'ammalarsi? Certo che sei proprio uno sfigato Daniel Ricciardo, lasciatelo dire" Spalanca la bocca fingendo sorpresa, ma una risata interrompe la sua pantomima.
Ok, sentire ridere lui è decisamente più contagioso del sentire ridere me, anche se odio ammetterlo.

"Disse quella che non sapeva cosa farsene della sua vita" Ribatte lui.
"Sei uno stronzo" Cerco di rimanere seria, con scarsi risultati.
Allora decido di avvicinarmi a lui e usare le cosiddette maniere forti.
Inizio lentamente ad accarezzargli le braccia, sorridendo a pochi centimetri dalle sue labbra.
È così divertente come i maschi non abbiano minimamente un senso di autocontrollo quando si tratta di queste cose.
Consiglio spassionato, toccando i tasti giusti noi donne possiamo far fare agli uomini ciò che vogliamo.

Senza che nemmeno se ne accorga faccio in modo di girarci, così che lui sia spalle al mare ed io mi ritrovi sulla riva, a parti invertite rispetto a pochi istanti fa.
"Cosa stai facendo?" Sussurra lui, con una voce stranamente roca.
Devo fare appello a tutte le mie abilità recitative per non scoppiare a ridere.
Non rispondo, limitandomi a mordermi il labbro inferiore e a farci muovere di qualche ulteriore passo dentro l'acqua.
"Daniel" Dico poi, vedendolo sorridere "Mi sbagliavo prima, non sei uno stronzo. Sei solo uno scemo".
Mentre pronuncio queste parole, gli poso le mani sui pettorali. Rimango in realtà qualche secondo immobile, come se una scossa inaspettata mi avesse attraversata.
Fortunatamente, questa sensazione svanisce in fretta, facendomi completare il malefico piano.
Basta una leggera spinta e il pilota cade rovinosamente all'indietro, bagnandosi da capo a piedi.

Daniel

Il battito fino ad ora accellerato sempre di più, rallenta di colpo nell'istante in cui perdo l'equilibrio, cadendo in acqua.
Non ho nemmeno il tempo di insultarmi da solo per la mia stupidità, che la risata squillante di Alabama mi riporta alla realtà.
Del resto sono giustificato no? Mezzo mondo ha una cotta per questa ragazza, senza nemmeno conoscerla, chi sono io per essere da meno.

Mi rialzo, osservandola mentre quasi arriva alle lacrime da tanto sta ridendo.
"Ah la metti così?" Esclamo, sollevandola di peso e posandomela sulla spalla.
Sento che si dimena, ma non pone poi così tanta resistenza.
Io mi inoltro sempre di più in acqua, fino a ributtarla.
Quando riemerge è ancora scossa dalla risata, che sta pian piano svanendo fino a farla rimanere in silenzio, con il fiatone e le gocce d'acqua che le scorrono sul viso.

Il tramonto è ormai quasi finito, tanto che le uniche luci ad illuminarci sono quelle che provengono dalle ville sulla Costa.
E, ovviamente, quella della luna, che noto solo ora essere piena.
"Guarda" Le dico entusiasta, indicando verso il cielo.
Alza lo sguardo, sorridendo felice.
"C'è un'altro posto in cui vorrei andare ora" Mi dice dopo qualche minuto di silenzio, dove si percepivano solo i nostri respiri e i movimenti dell'acqua al nostro passaggio.
Mi prende la mano, trascinandomi fuori e dirigendosi a passo deciso verso la macchina.

"Non voglio sembrare il solito guastafeste, ma non ti sembra il caso di cambiarci questi vestiti bagnati?" La sento sbuffare, ma si rende conto che forse, almeno questa volta, è il caso di darmi ragione.
Così ci dirigiamo prima verso casa sua e poi al mio albergo.

danielricciardo

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"Alabama cosa stai facendo?!" Urlo tenendo ben salde le mani al volante della McLaren blu elettrico che mi è stata affidata in questi giorni americani, mentre sposto lo sguardo ripetutamente dalla strada alla ragazza al mio fianco.
Quest'ultima, infatti, dopo essersi slacciata la cintura ha ben pensato di mettersi in piedi, uscendo così con gran parte del corpo dalla capote.

Ripeto la domanda con più volume, sperando mi senta, ma sembra volontariamente ignorarmi, o almeno così per qualche minuto.
Poi, fortunatamente, torna a sedersi composta, indicandomi la strada per la destinazione misteriosa.
"È stato bellissimo" Dice con il fiatone, riallacciandosi la cintura e sorridendomi entusiasta.

"Ecco prosegui per questa strada ancora un po' " Seguo l'indicazione di Alabama, continuando a guidare per una strada semi-sterrata, in salita.
Se prima potevo provare ad indovinare dove fossimo diretti, ora non ne ho la benchè minima idea.
È solo quando mi dice di fermarmi e scende dall'auto, che mi rendo conto di come questo tragitto non avesse una meta ben definita.
O meglio, ce l'ha, ma non vi si trova nulla di particolare, nulla fuorché una vista mozzafiato su Los Angeles.

Nel buio totale della notte, rotto dalle luci lontane della città, i suoi capelli rossi riflettono sotto la luna, facendomi per qualche motivo sorridere.
"Che posto è questo?" Le chiedo avvicinandomi.
Si volta verso di me per rispondere, rispostando subito lo sguardo verso il panorama.
"La prima notte che ho passato a Los Angeles ero sola. Appena arrivata in una città sconosciuta, enorme, in cui è più facile perdere sè stessi che trovarsi. Ricordo la paura e il senso di solitudine, la malinconia di casa, la stretta allo stomaco" Si zittisce qualche istante, come se tutte quelle sensazioni di colpo le fossero ripiombate addosso.
"Ho deciso così di chiamare un taxi, chiedendo di portarmi nel punto più bello di tutta LA. Non sono più tornata qui, pensavo di non ricordarmi nemmeno la strada, eppure eccoci qui".
Ora si ferma definitivamente, sedendosi a terra con le gambe incrociate e invitandomi a fare lo stesso.

"Da piccolo sognavo di diventare una star di Hollywood. A dir la verità sognavo anche di fare il pilota, l'austronauta e il pizzaiolo" Ridiamo entrambi, rompendo il surreale silenzio che ci circonda "La prima cosa che ho fatto a Los Angeles è stata andare alla scritta di Hollywood, volevo vederla da vicino, toccarla, sentirmi una star" Si volta verso di me, fissandomi negli occhi "E ci sei riuscito? Sei diventato una star?".
Mi prendo qualche secondo per riflettere e chiederlo a me stesso, per poi risponderle con sincerità "Non lo so, ma mi ci sento tanto a volte. Specialmente quando torno a casa a Perth, tra le persone di sempre. Vedo i volti che conosco fin da quando sono bambino, per loro sono sempre Daniel, ma allo stesso tempo sono emozionati di vedermi, mi fanno capire che tuttosommato ce l'ho fatta".

Alabama

Sorrido dolcemente ascoltando le parole di Daniel. Sembra quasi di parlare con un bambino che ha realizzato il suo sogno, ed è bellissimo.
Mi domando se anche gli altri provino lo stesso parlando con me.
"Sono anni che non torno a casa" ammetto "I miei familiari stretti mi raggiungono spesso qui in California, ma di mettere piede in Pennsylvania non se ne parla da tanto. Chissà come mi guarderebbero le persone che mi hanno vista crescere".

"Scopriamolo" Dice Daniel di colpo, facendo risplendere il suo bianchissimo e grandissimo sorriso nel buio.
"Cosa?" Chiedo retoricamente, mentre l'australiano si alza porgendomi la mano "Scopriamo cone ti guarderebbero. Forza, non c'è un secondo da perdere, casa ti aspetta!".
Afferro la sua mano, scuotendo la testa ridendo.
È una follia, una fottuta follia.
Ma la sola idea mi pervade di una felicità inimmaginabile.
Casa, sto arrivando.

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