Capitolo 8: La danza della pioggia
Capitolo 8
Federica
Una cena con Ric e la mia famiglia. Posso farcela! Sì!
Fermai la macchina nel vialetto di mia sorella e avvertii le farfalle vorticare nello stomaco.
«Sono tutti qui.»
Notai il moro lanciare un'occhiata all'altra vettura parcheggiata. «Menomale che non dovrei sentirmi intimidito.» Indicò gli strambi adesivi appiccati sul paraurti di un camioncino e scoppiai a ridere.
«Quello è di Tommaso. È un vigile del fuoco. Quale ti spaventa di più?» Puntò il dito direttamente sul terzo: permesso di porto occulto. «Tranquillo, non ti ucciderà. Mio fratello Ric invece...»
«Ha una pistola?» A una mia occhiata eloquente sfregò le mani sul jeans per asciugarle dal sudore. «Sei sicura che si siano bevuti la nostra storiella?»
Un lampo squarciò il cielo, rimbombando nell'abitacolo e illuminandolo per un attimo. «In questa situazione, essere la sorella con una dipendenza per l'amore platonico, giocherà a nostro vantaggio.» Spensi il motore e disattivai i tergicristalli. «Ricapitoliamo tutto, ok? Ci siamo incontrati a Las Vegas e siamo entrati subito in sintonia, poi abbiamo passato assieme il weekend. Un classico "amore a prima vista". Mi hai fatto perdere la testa e visto che non potevo accettare la separazione, ho suggerito di sposarci e tu l'hai trovata un'idea geniale.» Spostai lo sguardo sulla fede nuziale al dito. «Tu sei andato a Sydney per una riunione io invece sono tornata per sistemare casa.»
«E perché ti ha sorpresa così tanto la giornalista che si è presentata a casa tua?»
«Perchè... Sei un tipo un po' all'antica e volevi incontrare tutti prima che la notizia venisse divulgata.»
«Un tradizionalista? Non chiederebbe il permesso prima di portarti all'altare?»
Alzai il dito contro la sua faccia. «Non rovinare il mio capolavoro! Hai a che fare con una grande professionista.»
Ridacchiò, alzando le mani in segno di resa. «Non mi sognerei mai di rovinarlo.» Poi afferrò la maniglia dello sportello, pronto per catapultarsi fuori e mettersi a riparo dall'acquazzone. «Preparati quindi ad assistere alle mie grandi doti di attore, signora Rinaldi.»
«Lo vedremo, signor Rinaldi.» Sorrisi. Aprì del tutto lo sportello e iniziò a correre lungo il viale. Non appena scesi anch'io, la pioggia mi scivolò sulla pelle, quelle gocce gelide e mi bloccai.
Andai verso il prato tenendo le braccia divaricate e mi lasciai investire dall'acqua mentre volteggiavo sotto probabilmente gli occhi esterrefatti di Giovanni.
«Che cavolo fai?»
Era un misto di divertimento e stupore. Tirai fuori la lingua per catturare le gocce di pioggia e chiusi gli occhi. Abbassai la testa e tesi la mano verso il ragazzo.
«Vieni! Dai, non ti scioglierà mica? Non hai mai ballato sotto la pioggia torrenziale?»
«Ballare...?» Alzò il sopracciglio e prese un sospiro. «Non credo... Poi le mie qualità canore sono decisamente migliori del ballo.»
«Scommetto che sei bravo. Dai, c'è sempre una prima volta.» Esitò, osservandomi. Il mio sorriso si fece più ampio sulle labbra, sapevo di averlo convinto. Si unì a me e la camicia gli si attaccò alla pelle.
«Sei soddisfatta?» Buttò la testa all'indietro e risi, per poi muovermi al ritmo della musica immaginaria.
«G... sei così buffo!»
«Che cosa?»
«Sei fradicio. Sembri un gattino inzuppato!»
Un sorriso gli si formò sulle labbra carnose e mi persi a guardarlo negli occhi, quelle pietre azzurre.
«Anche tu non sei da meno!»
«Be', gattina o no, io comunque continuerei a ballare.»
Dopodiché iniziò a canticchiare un motivetto interessante. La sua voce era bassa, profonda, quasi ipnotica capace di penetrare nell'anima di chiunque.
«La tua voce...»
Si bloccò, corrugando la fronte, pensando di aver fatto qualcosa di sbagliato. «La mia voce, cosa?»
«È carina...»
«Carina?»
Ci guardammo per qualche istante interminabile e i suoi occhi screziati sembravano ancora più intensi sotto quella pioggia notturna.
«Giovanni... A te piace la pioggia?»
«Adesso sì.»
«Sei così affascinante.»
«Dovrei dirlo io a te.»
Risi e continuai a ballare, con lui al mio fianco. «Non credevo che ti saresti lasciato andare. Mhm, mi piace...» Fece una giravolta ritrovandosi di fronte a me.
«Sai... sono un uomo dai molti talenti nascosti.»
Risi e battei le mani. «Davvero? Riesci anche a fare quella cosa che ti colpisci la testa e strofini la pancia allo stesso momento?»
«Se ti fa sorridere, posso fare qualunque cosa.» dichiarò afferrandomi la mano per spingermi contro il suo petto. Con la mano scivolò sulla schiena e, a quel punto, feci un passo indietro fermando quella magia.
«Guardate da questa parte, sposini!» Urlò e venni quasi accecata dal flash della macchina fotografica. Trasalii notando che la reporter era la stessa che aveva fatto l'imboscata a casa mia.
«Cosa sta succedendo?»
«Mi sembra ovvio. I paparazzi ci hanno trovato sul più bello.» disse a denti stretti. «Mi dispiace, Fede. Avrei dovuto immaginare che sarebbe potuto accadere. È stata colpa mia comunque.»
Un'altra giornalista prese parola. «Signor Rinaldi, signora Andreani! Qual è la natura del vostro incontro di stasera? Una serata tra amici o con la famiglia?»
«Non posso crederci. Ci hanno seguito fino a qui!» sussurrai stordendo le labbra.
«Pare di sì...»
«È veramente inquietante. Ma come si permettono? Questo è stalking in piena regola!»
Fece una smorfia. «Purtroppo succede di continuo.»
«Cosa facciamo?»
«Stare calmi. È il modo migliore per uscirne. Fidati di me. Ormai ci ho fatto l'abitudine.»
«Hai ragione. Dobbiamo stare calmi.» Deglutii un groppo in gola che non mi faceva respirare quando guardai tutti i giornalisti schierati davanti a noi. Non c'era nessuna via di fuga o spiraglio di libertà. Non sopportavo oltre questa situazione del piffero. In preda all'ansia, afferrai la mano del ragazzo e lo trascinai in una folle corse verso casa di Alessia.
«Fede, calma, rallenta!»
Sentii i giornalisti borbottare e scattare delle foto, ma ero troppo impegnata a seminarli. Giovanni sussurrò un "accidenti" e sussultai per aver agito troppo impetuosamente.
«Scusa Gio... è che non sapevo cosa potevo fare.»
«Non preoccuparti, Fe.» mi rassicurò. Non era arrabbiato per il mio piccolo colpo di testa. «Andiamo, la famiglia ci aspetta.»
Quando raggiungemmo il portico udimmo le risate provenire dall'interno. Era bello venire accolti da quel calore familiare. Mi girai verso mio marito, bagnato fradicio quanto me.
«Sei pronto?»
Annuì. «Credo di sì. Hai qualche altro avvertimento da darmi?»
Scossi la testa. «Sii solo te stesso. La mia famiglia riconosce un impostore a chilometri di distanza.» Strizzai l'occhio per alleggerire la tensione e spinsi la porta d'ingresso con un gesto plateale. «Che la festa abbia inizio! Gli ospiti d'onore sono qui.» Giovanni mi seguì in silenzio e inspirò a fondo per mettersi a suo agio.
«Questo posto somiglia alla casa che avevo da piccolo...»
Non ebbi il tempo di rispondere, arrivarono subito Ric, Nina e il caro Tommy alias i tre moschettieri. Ci guardarono con il sorriso stampato sulle labbra.
Mio fratello notò subito il nostro aspetto post pioggia.
«Siete venuti a piedi? Siete praticamente zuppi.»
«Vi prendo degli asciugamani. E vedo se riesco a procurarmi anche dei vestiti. Conciati così rischiate un raffreddore da cavallo!»
«Nina... siamo ridotti così male?»
«Non voglio che ti ammali, baby.»
La mia amica ci passò vicino per salire le scale, diretta di sopra per recuperare vestiti asciutti, e Ric fece un passo avanti. «L'altro giorno ho comprato un fucile nuovo. Ho pensato che ti sarebbe piaciuto saperlo.»
Thomas, — mio cognato — porse la mano a Giovanni con fare amichevole. «Tommaso Daliana. Benvenuto in famiglia.» Gli diede una pacca amichevole sulla spalla. Poi il sorriso gli svanì, sostituto da un'occhiata assassina. «Se fai del male alla nostra Fede, vedi che te combino. Ti va una birra?» chiese poi.
Giovanni lo fissò sorpreso.
«Calmi, baldi giovanotti, c'è troppo testosterone per aria!» Sventolai la mano e diedi un colpetto a Tommy nello stomaco per intimargli di smetterla con quell'atteggiamento da macho. «Non preoccuparti di questi due. Si comportano come cavernicoli, ma hanno un cuore di panna.»
«Orsi rizzly, direi.» La corresse Riccardo, schiarendo la voce.
«Sono contento che tu abbia molte persone che si prendono cura di te, Fe.»
«È un lavoro a tempo pieno, te lo dico. Mia sorella si mette sempre in qualche pasticcio. Tu hai sorelle come la mia, Giovanni?»
«Una sorella e un fratello.» Prese la birra che stava offrendo Ric e la stappò. «Al liceo, ho dovuto immergere la testa di un tizio in un water. Quell'idiota le aveva dato buca e ci era rimasta male.»
Tommy annuì e si scambiò un'occhiata al mio fratellone. «E va bene. Sei dei nostri, Gio.»
Sorrisi vittoriosa a quest'ultimo. Lui si avvicinò al mio corpo bagnato e mi strinse forte. Un attimo dopo, Angelina fece ritorno con una pila di vestiti e asciugamani puliti. «Ecco, li ho messi in asciugatrice!»
«Grazie, molto meglio di rimanere bagnata.»
Porse un paio di pantaloni da ginnastica e li consegnò a mio marito. «Penso che questi ti possano andare. Più o meno, anche se Ric è più alto di te.»
Gli sussurrai quindi all'orecchio che era modo carino per dire che era troppo basso per indossare i vestiti di mio fratello. E lui mi bisbigliò. «Non preoccuparti, sono bravo con i doppi sensi.»
La mia amica indicò la sala da pranzo, vicina al salone. Io e Giovanni ci scambiammo un'occhiata furtiva. Non dovrebbe essere strano cambiarci assieme — dovremmo avere una vita sessuale attiva — ma non si può fare. Non si deve.
«Tu va Gio, io userò questo asciugamano per asciugarmi.»
Angelina mi fissò perplessa. I due uomini si scambiarono uno sguardo interrogativo.
«È molto difficile?» Raggelai, preoccupandomi di essere stata colta in flagrante.
«Che vuoi dire?» La mia ansia si trasferì in automatico alla bocca, tramutandosi in domanda.
«Tu e Giovanni non riuscite a cambiarvi assieme per paura di non riuscire a resistere e salvarvi addosso? Quindi devi mantenere l'autocontrollo?»
La mia espressione basita fece scoppiare una risata generale.
«Godetevi questo periodo, cari novelli sposi, dopo non potrete più.» Diedi un scappellotto alla nuca di mio fratello e Giovanni se la rise sotto i baffi.
Che aveva da ridere? Ero per caso un pagliaccio?
Prese i vestiti e andò a cambiarsi.
«Che ne pensate?» chiesi una volta allontanato il ragazzo.
«Onestamente? Un tipo apposto, se non fosse che è popolare sarei contento per te, sorellina.»
«Siete preoccupati che non riesca a gestire la vita di un personaggio pubblico?»
Tommy fece spallucce.
«Penso che tu possa gestire qualunque cosa, sorellina. Ma questo non significa che sarà un percorso facile.» mi fece notare Ric.
«Ora fila in bagno e vatti a togliere i vestiti bagnati, baby.» Ordinò Angelina con fare da mamma chioccia.
Al mio ritorno, Giovanni mi stava aspettando con indosso una camicia troppo grande, di almeno tre taglie.
«Ehi, mora.» Mi posò la mano sulla parte bassa della schiena e depositò un bacio sulla tempia.
In quel momento, la mia cara sorella Alessia fece il suo ingresso. Le corsi incontro e l'abbracciai. Poi rivolse lo sguardo a Giovanni e si avvicinò. «Ciao, sono Alessia. La sorella maggiore di Federica. Scusami, sono un po' indaffarata in cucina, ma ci tenevo a farti un saluto veloce.» Scoccò un'occhiata a suo marito e al cognato. «E assicurarmi che i ragazzi si stessero comportando bene».
«Mhm, niente che non possa gestire.»
«Vero, hanno provato a fare i prepotenti, ma se l'è cavata alla grande.» Gli occhi di mia sorella saettarono su di loro, che protestarono per le accuse e Giovanni ridacchiò.
Cos'era quella sensazione che mi prendeva alla bocca dello stomaco? Era come se la pura gioia del momento si mescolasse ad una paura crescente che non riuscivo in alcun modo a respingere.
«Devo tornare in cucina. È tutto pronto. Per favore, lavatevi le mani.»
«Posso rendermi utile?» propose mio marito sfoderando la sua galanteria di proposito.
«Non rifiuto mai una mano.»
Giovanni sorrise. «Ti dispiace?»
«No, fai pure.»
Seguì poi mia sorella nel suo regno fantastico e Angelina si avvicinò a me, prendendomi il braccio.
«Credi sia scappato perché ha paura di noi? O perché vuole scoprire dei segreti su di te?»
«Vorrà scoprire i miei scheletri nell'armadio. Tutta la sua vita è scritta su Google, nei tabloid, mentre della mia sa soltanto quello che gli ho raccontato io.»
«Però, fossi in te, morirei dalla curiosità di sapere di cosa stanno parlando quei due.» Guardai in quella direzione. Il primo ragazzo con cui uscii mi scaricò dopo aver visto Alessia. E durante gli anni del liceo, le mie amiche volevano che mettessi una buona parola con Ric affinché si accorgesse di loro. Erano loro i "popolari". Io invece ero in secondo piano. Alessia non avrebbe fatto nulla per ferirmi, però Giovanni si sarebbe reso conto che era lei la migliore. A confronto suo, ero un buco nero.
Mi misi a mio agio a chiacchierare con i ragazzi, mentre Alessia e Giovanni si occupano del cibo. La conversazione ruotò su di me, su come avessi conosciuto Piccolo G, il cantautore rapper... e di come mi fosse venuto in mente di sposarlo. PROBABILMENTE, grazie alle mie doti recitative, si erano bevute tutte le balle.
Alessia poi annunciò che la cena era pronta e ci spostammo in sala da pranzo. Sorrisi a Giovanni, che mise un braccio sopra lo schienale quando mi accomodai. «Hai dato una mano o fatto solo uno spuntino?»
«Mi appello alla facoltà di non rispondere. Oh, assicurati di provare le patate con salsiccia. È squisita...»
Quando ci sedemmo, Alessia si schiarì la voce per attirare l'attenzione dei presenti.
«Ora che siamo tutti riuniti... è arrivato il momento di prendere il toro per le corna.» La rossa si voltò verso di me, i suoi occhi scuri erano gentili ma seri. «Quando pensavi di dirci che hai mentito per tutto questo tempo?»
«Eh? Cosa?»
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