Capitolo 5: La visita a sorpresa
Capitolo 5
Federica
Prima di dare di matto ed entrare, scavai nella borsa alla ricerca disperata di quelle maledettissime chiavi. Avrei dovuto togliere tutte queste cianfrusaglie, ma non avevo mica idea che mi sarei portata a casa una star musicale e il fatto che della gente si ostini a spiarmi, nascosta dietro quei cespugli... non mi aiutava.
«Non preoccuparti per me. Non ho tanta fretta.» Mi rassicurò lui.
«Eh, sì, dammi un minuto!» Imprecai sottovoce e continuai a frugare in quel pozzo senza fondo. Finalmente, sentii il cigolio metallico, sotto una spazzola per capelli. Le tirai fuori e mi sfuggì un grido. «Oh, non potevate sfuggirmi! Tiè!» Giovanni iniziò a sghignazzare, tanto da piegarsi e portarsi la mano sulla pancia.
«Tutto è più divertente con te, Fede. Anche entrare in casa.» Lo invitai ad accomodarsi con un cenno della mano prima di morire di vergogna. «Ah, casa dolce casa. Che bello.»
Tirò un sospiro di sollievo, scaricando le borse sul portico per poi avvicinarsi con espressione maliziosa.
«Si può sapere cos'è questa tensione diabolica?»
«Niente. Conosci la tradizione: lo sposo porta la sposa in braccio oltre la soglia, e lo vorrei fare.»
«Stai scherzando, spero.» Si avvicinò di nuovo pronto per afferrarmi ma tesi le mani in avanti. «Dico sul serio. No.»
«Ma è la tradizione.» Attese il permesso. «Sempre che tu non lo voglia.»
«La pianti? Dico davvero! Non sono così leggera come sembro e ti spezzerò la schiena.»
«Scommetto che posso farlo.» Strinsi gli occhi a fessura.
«E farmi cadere davanti a un gruppo di paparazzi e farci sbattere in prima pagina? No.»
Mi osservò per un secondo con un sopracciglio alzato e poi alzò la bandiera bianca. «Va bene. Allora, entra con i tuoi piedi, come tutte le persone normali e noiose.»
«Mi hanno detto di peggio.» Mi lasciò entrare e poi mi seguì senza ulteriori proteste.
Quando entrò nel salotto notò con stupore una lattina vuota di coca cola abbandonata sul tavolo. "Avrei dovuto riordinare".
«Un bel posticino.» Commentò il cantante rap.
«Ehm, grazie. Probabilmente avrei dovuto dirtelo prima del matrimonio ma il questo pacchetto non è compresa la donna delle pulizie.»
Si avvicinò a me, inumidendo le labbra. Mise la mano sullo spigolo della porta e l'altra sul fianco e si sporse verso la mia faccia. «Non ti ho sposato perché volevo una donna delle pulizie.»
«Calmo, maritino. Ricordati che abbiamo stabilito delle regole. A porte chiuse, saremo solo e soltanto buoni amici.» Mi spostai verso l'atrio, dove aveva lasciato il resto della roba e presi anche la custodia della chitarra. «Per tua fortuna, la mia coinquilina si è appena trasferita. Potrai sistemarti nella sua camera.»
Giovanni mi confiscò la custodia strappandomela via.
«Tranquilla, faccio io.»
Sollevai le sopracciglia e alzai le mani in segno di resa. «Ma stai tranquillo, non ho le mani di pasta frolla. E, per tua informazione, non rompo tutto quello che tocco.»
«Scusa» Sulle sue labbra carnose si formò un mezzo sorriso. «Sono un po' geloso della mia piccola.»
È geloso di una chitarra? Questo spiega perché sia single. Sembra proprio che il desiderio di sistemarsi non sia esattamente tra i punti importanti nella lista... e che quella chitarra fosse il suo unico amore.
«Me l'ha regalata mio padre, per il mio tredicesimo compleanno. Da allora è il mio portafortuna.» La custodia era leggermente usurata un pochino ai bordi.
«Quindi la porti con te quando sali su un palcoscenico?» Prese la custodia con una mano e con l'altra le diede dei colpetti. Sembrava sovrappensiero e smarrito. A che pensava?
«Una specie. Ho scritto le migliori canzoni del repertorio con questa chitarra.»
Quando si accorse che lo stavo fissando più del normale, forzò un sorriso e schiarì la voce. Scrollò le spalle per dire "non è nulla", e decisi di accontentare la questione per non riportare a galla dei ricordi troppo tristi.
Rimasi in silenzio fino a quando non alzò gli occhi. «Quindi... La tua coinquilina? Come si chiama?»
«Angelina. E non è solo la mia coinquilina, è quasi come una sorella per me. Abbiamo un rapporto speciale. Ci conosciamo da molto. È anche la fidanzata di mio fratello e ieri si è trasferita a casa sua, ma ha voluto tenere questa come alternativa. Infatti i mobili sono tutti qui.»
«Se è fidanzata, perché ha bisogno della stanza?»
«Angie è un po' all'antica. Vuole avere un posto in cui andare se ha bisogno di spazio, in caso di controversia di coppia. E, in teoria, non mentirà a sua madre quando le dirà che vive ancora con me.»
Piccolo g strofinò il mento e aggrottò la fronte. «Che succede se la tua amica decide di aver bisogno della camera mentre io sono qui?»
Non avevo pensato all'eventualità.
«Ti toccherà stare sul pavimento della mia camera.»
«Staremo nella stessa stanza?»
Mi lanciò uno sguardo inequivocabile. Era convinto che avrei avuto pietà di lui e gli avrei consentito di stare nel mio letto.
Sì, certo, speraci pure!
«Ehm... io...»
Iniziò a guardarsi attorno. Fece qualche passo e ammirò alcune fotografie. Un dubbio mi balzò in testa sulla notte di Las Vegas, chissà se ricordava qualche dettaglio, chi aveva fatto la proposta a chi. I miei occhi si posarono sul giovane, poco più basso, guardai le pieghe della sua schiena e mi sentii accaldata. Mi tirai uno schiaffo mentale. Deglutii, evitando di immaginare scene simili e continuai a crogiolarmi in quei pensieri, tanto che dovetti sedermi.
"Basta, Federica! Dacci un taglio o ti salirà la pressione..."
«È tutto ok?» Domandò osservandomi con occhi preoccupati. Sventolai la mano contro la faccia per far sparire il rossore sulle guance.
«Sì, sì, alla grande! Ma la smetti di fissare quelle foto? Piuttosto vatti a sistemare in stanza.»
Ignorò il mio ordine bellamente. «Quando è stata scattata questa?» Mi avvicinai per vederla meglio, mi servivano gli occhiali certe volte.
«Io con mio fratello Riccardo» Era a torso nudo e io ridevo. «Detto così, è strano. Era a torso nudo, per un cortometraggio che lui stava girando a Roma. All'ultimo minuto, una comparsa si è tirata indietro e ha dovuto sostituirlo. Come puoi ben immaginare, detesta questa foto.»
«E l'hai appesa per dispetto?»
«Mi piace stuzzicarlo. E se posso farlo, arrendendo casa mia è anche meglio.»
«Oh, sei diabolica. Rischio seriamente di innamorarmi di te, Andreani.» Confessò e incrociò le braccia. «Vediamo se ricordo: hai un fratello e una sorella, Riccardo... e Alessia. Angelina è la tua migliore amica oltre che futura cognata. Alessia si è sposata con un vigile del fuoco e si è trasferita a Las Vegas per aprire un'attività di ristorazione. E ha una figlia. Come sono andato?»
«Sei andato... Mhm...» Feci una pausa. «Benissimo. Non montarti la testa, baffetto molesto.»
«Ci sono altre cose importanti di cui dovrei essere a conoscenza?»
«A parte il mio ex traditore?» Gli feci l'occhiolino, era uno scherzo. «Nah. Solo una persona però, Bruce.» Inclinò il capo di lato e mi osservò confuso.
Rido maliziosamente. Si, ero cattivella. «L'uomo più importante della mia vita, subito dopo Justin Bieber... ed è il momento che tu lo conosca.»
Mi girai per andare in cucina. Giovanni mi seguì all'istante.
«Non dirmi che sei una pazza che nasconde altri uomini in casa.» Aveva un tono alterato e me la risi sotto i baffi, che non avevo.
«Non ti facevo geloso.»
«Non è questo.»
«Oh, sì... Certo.» Andai nella lavanderia e liberai Bruce che sfrecciò nella cucina, desideroso di fare amicizia con il nuovo arrivato. La mia piccola palla di pelo preferita abbaiò e mosse la coda scodinzolando. «Giovanni, ti presento Bruce.» Mi accucciai e lo accarezzai. Amava le coccole. «E lui è Giovanni...» Lo accarezzò a sta volta e sembrò gradire.
«Non preoccupati, Bruce. Ti amerò come se fossi mio e andremo molto d'accordo.»
Risi e lo presi in braccio. «Oh, scusa, a te piacciono i cani? Non è che sei allergico?»
«Assolutamente no, mi piacciono. Ho sempre desiderato averne uno.» Lo accarezzò sulla testolina e il cane abbaiò festoso. Ok, era sexy quando accarezzava il mio cane, ma niente più...
Sperai che non si rendesse conto del mio palese imbarazzo, mentre mi stavo sforzando di darmi un contegno e di far rallentare il cuore. Nel frattempo si mise a giocare con lui.
«Ehi, gli sto simpatico!»
«Buono a sapersi.»
Gli grattò le orecchie con occhi pieni di dolcezza. «Spero che non ti dispiaccia se giocherò con lui.»
«Sì, ma non viziarlo troppo.»
Mi rivolse uno sguardo triste, come un cucciolo bastonato. «Oh...» Il senso di colpa mi attanagliò lo stomaco e anche il cane abbassò le orecchie.
«Scusa. È solo che non voglio che si affezioni a te.» Non rispose e mi schiarii la voce per tagliare in due quella tensione che si respirava. «Perchè non te ne prendi uno? Ci sai fare.»
«Mi piacerebbe, ma con la vita che conduco, non riuscirei a prendermi cura di un cucciolo. La mia dimora non è adatta.»
«Ci sono anche tanti ritrovi, puoi adottare uno lì.»
«Scommetto che lo vizi.»
«Mhm, forse...» Mi avvicinai al mio piccolo amichetto. «La mamma ti vizia, eh? Quanto ti amo.» Sentii un colpo secco provenire dall'ingresso e impallidì. Seguì un tintinno di chiavi e delle voci. Con il terrore, guardai Giovanni. Ero nei guai.
«Cosa c'è? È la tua coinquilina?»
«Sì, ma non è per questo che sono preoccupata. Sembra che ci sia mio fratello e finiremo nei guai, se ci beccano qui insieme.»
«E che problema c'è? Siamo s-»
Gli tappai la bocca. «Non dire quella parola! C'è una buona probabilità che ti prenda a calci.»
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