Capitolo 14: Giornata da finta coppia sposata

Capitolo 14

Federica

Sentii Engy ispirare accanto a me mentre fissai Giovanni, sconvolta.

«Da quanto tempo sei lì in piedi?»

«Da un po'.» rispose, vago.

«Abbastanza a lungo da dovermi sentire in… imbarazzo?»

Giovanni alzò un cipiglio e inclinò il capo di lato. «Quello in imbarazzo sono io, dato che sono stato trovato mezzo nudo nel letto sbagliato, Federica. Ho solo sentito Angelina mentre accettava di mantenere il nostro piccolo segreto con gli altri. Di cos'altro avete parlato?»

«Di nulla, solo di questo! Le ho raccontato di Las Vegas e le ho chiesto di tenere la bocca cucita.» Feci il gesto di chiudere le labbra con una cerniera invisibile e Angelina ridacchiò per la mia goffaggine. Poi la castana si alzò dallo sgabello.

«Mi piacerebbe restare a chiacchierare con voi, ma devo proprio scappare. E ora, grazie a te…» si bloccò e sorrise scherzosa. «Sono in ritardo.» Si avvicinò a me e appoggiò al tavolo per avvolgermi in un abbraccio. Poi mi sussurrò all'orecchio. «Digli quello che provi per lui.»

«Piuttosto mi caverei un occhio!»

«Pensaci, almeno. Voglio che tu sia felice.»

Prima di andare, diede una pacca sulla spalla a Giovanni. Lui si girò e le mostrò il pollice, speranzoso.

Il giorno successivo, mi svegliai sentendo bussare alla porta.

«Buongiorno… Mora

«Giovanni! Non dovresti essere al lavoro?»

«No. Mi sono preso il giorno libero. Vieni in cucina quando sei pronta. Ho una sorpresa per te.» Restai in pigiama senza cambiarmi e scesi le scale con aria assonnata e i capelli arruffati. Un profumo invitante mi riempì le narici e mi svegliò. Era una crostata all'albicocca. «Un po' di zuccheri… per la mia dolce metà.»

Mi fece un occhiolino e risi.

«Che pensiero gentile.»

«Faccio del mio meglio. Ma… mi sono appena reso conto che forse potrebbe non piacerti la crostata all'albicocca. Scusami, mora.»

Sembrava nervoso e questo lo rendeva ancora più caruccio.

«Non essere sciocco, G! Amo la crostata all'albicocca.» Mi sedetti al tavolo e presi subito la forchetta per metterne una fetta nel piatto. Giovanni si rilassò e un sorriso gli illuminò il viso.

«Ottimo.» Prese posto accanto a me. «Mangia. È tutta tua.»

Non c'era bisogno che me lo ripetesse. Avevo una fame da lupi. Praticamente quella crostata era il dolce più buono che avessi mai assaggiato.

«Non pensavo avessi dei segreti.»

«Cosa intendi?»

«Non mi hai mai detto che sai cucinare.»

Rise per la mia espressione stupita. «È la ricetta di mia madre, quindi non dare tutto il merito a me. Ma sono contento che ti piaccia.»

«É meravigliosa! Cosa stiamo festeggiando? Non è il mio compleanno.»

«Festeggiamo te, Fe.»

«Me?»

«Sì, te. Voglio passare una giornata con te. Solo io e la mia bellissima mogliettina. Che ne dici?»

«Cosa vuoi fare, esattamente?»

«C'è una grande fiera in città, giusto?»

«Oh, sì. Me n'ero dimenticata.»

«E pensavo di andarci. Credo che sarebbe divertente. Niente giornalisti, niente grandi raccolte di fondi. Solo io e te, noi due da soli. Giovanni e Federica, finta coppia sposata.» Ridacchiai, bevendo il succo. «Ci stai?»

«Solo se fai una cosa per me. Voglio che vinci un orsacchiotto gigante.»

«Oh, questa è la mia ragazza!»

Feci una smorfia e sentii una fitta al petto. «Sì, be', la tua ragazza.»

«Cosa ti prende, Fe?»

«Niente!» quasi urlai.

Finimmo di fare colazione sotto il tranquillo sole del mattino. Non potevo credere che volesse trascorrere un'intera giornata con me in giro per la fiera. Sembrava, a tutti gli effetti, un appuntamento romantico… ma non poteva cambiare le cose. Quindi, forse, non avrebbe portato assolutamente a niente.

Fuori splendeva un sole bellissimo, era una bella giornata, però sentivo come se mi fossi spinta troppo oltre il limite avrei sofferto o fatto soffrire Giovanni. L'avevo anche detto ad Angelina...

Un dolce bussare mi riportò alla realtà.

«Ehi, more. Pronta per andare?»

Risposi di sì, presi un sospiro e mi stampai un sorriso sulle labbra. Giovanni parcheggiò a qualche isolato dalla fiera.

«Era da tanto che non venivo a una festa del genere!» ammisi.

«Anche io. Quale momento migliore per venire qui, no?»

«Vero. Allora? Dove si va?»

«Dipende da te. Cosa vuoi fare?»

«Voglio che… provi a vincere un orsacchiotto gigante! È il tuo dovere di marito vincerne uno.»

«Non posso darti torto. Andiamo.»

Poco dopo, ci trovammo vicino ad una delle bancarelle e Giovanni stava cercando disperatamente di far cadere dei birilli. Il problema non era la sua audacia, ma lo spreco di soldi. Era il suo nono tentativo e non ci aveva cavato un ragno dal buco.

«Gio, forse dovresti arrenderti. Stai sprecando troppi soldi.»

«Macche! È per una nobile causa, Fe.» Lanciò un'altra palla e mancò il bersaglio. Incrociai le braccia al petto e mi trattenni dal ripetere la stessa frase. «Oh, cavolo...» Scoppiai a ridere per la sua espressione.

«Forse ti serve un portafortuna?»

«Oh? Tipo cosa?»

«Tipo… un colpetto sul braccio.»

«Cosa?»

«Solo un colpetto!»

Prima che potesse replicare, gli assestai un colpetto sulla spalla.

«Ehi!»

«Ha funzionato, eh? Ti senti già fortunato?»

«Mi sento minacciato, più che altro!»

«Funziona anche quello! Ti dà la carica giusta per affrontare una sfida.» Tirò la palla per l'ultima volta e buttò giù tutti i birilli. Esultò col braccio alzato. «Wow! Porto davvero fortuna.»

«Credo proprio di sì, more. Ecco a te.»

Mi porse un adorabile orsacchiotto e l'afferrai per stringerlo al petto. Risi come una bambina.

Dopo un po', iniziò a brontolarmi lo stomaco.

«Ah, muoio di fame...»

«Grazie al cielo siamo ad una fiera e c'è cibo in quantità. Andiamo.» Sorrise e mi fece strada verso un chiosco. C'erano anche altre persone sedute ai tavolini, ma quella giornata era dedicata a noi, una finta coppia sposata. «Cosa vuoi? Offro io.»

«Un panino con hamburger e patatine.»

«Arriva subito.»

Me lo consegnò prendendolo dalle mani del commesso, emanava un odore fantastico. «Mhmm, sei il migliore, G.» bofonchiai, prendendo a morsi il panino ripieno.

Mi sorrise e preferì prendere un gelato. Iniziò a leccare la mousse al cioccolato. «Delizioso...»

«Ah, ma…» Era proprio un pasticcione. Un po' di gelato gli era finito sulla guancia. Mi tappai la bocca per reprimere le risate. Mi guardò, confuso. «Ehm…»

«Cosa? Che c'è?»

«Ti sei sporcato, pasticcione.»

«Oh…» Prese un fazzoletto e si pulì. A momenti stava per scoppiarmi la pancia dalle risate. Riprendemmo la nostra passeggiata e a goderci il cibo che aveva acquistato.

Il tempo passò così in fretta che, ad una certa, mi resi conto che era calata la sera. Tra poco saremo ritornati a casa, ma Giovanni mi bloccò.

«Ho ancora una cosa in mente.» dichiarò, con fare misterioso.

«Davvero? Ma abbiamo provato tutte le attrazioni! Le montagne russe sono state le mie preferite! Le ho adorate.»

Scosse la testa. «É una cosa speciale. Ho chiesto qualche favore in giro, ma…» Si guardò le scarpe, assumendo un aspetto timido. «Possiamo andare a casa, se sei troppo stanca. Decidi tu.» Sembrava eccitato. Forse ne valeva ancora la pena fare una piccola sosta prima di rientrare. Accettai di rimanere. «Davvero?» Mi rivolse un sorriso a trentadue denti e non potei fare a meno di ricambiarlo.

«Davvero, sciocchino. Allora, cosa avevi in mente?»

Mi prese per mano e trascinò con sé. Davanti a noi, si stagliò un tendone, come quello del circo, forse era quello.

Mi ritrovai a un'altezza considerevole, nel vero senso della parola, stavo volando. Giovanni era riuscito a farmi partecipare ad uno speciale allenamento con gli acrobati del circo. Avevo il viso madido di sudore, ma non mi importava, ero soddisfatta.

Giovanni era raggiante.

«Va bene, G, stai guadagnando un sacco di punti a questo giro.»

Allungai la mano e lo afferrai per la camicia, tirandolo verso di me. Sembravamo gli attori del film The Greatest Showman.

Posò le dita sotto il mio mento e me lo alzò. I suoi occhi si focalizzarono sulle mie labbra e sorrisi.

«Immagino che questo significhi che ti è piaciuto fare le acrobazie?»

Non potei fare a meno di sorridere, non facevo altro da oggi pomeriggio.

«Ecco, non è stato niente male.»

Alzò un sopracciglio. «Solo niente male?»

«Sì…»

«Io non ho mai sperimentato niente di così bello.»

«I professionisti hanno fatto la maggior parte del lavoro.»

Ridacchiò e poggiò la fronte contro la mia, accarezzandomi le guance con i pollici. «Sai benissimo che non sto parlando delle tue capacità di acrobata.»

Il cuore mi palpitò forte e finii per arrossire.

Quando si fermò nel vialetto di casa, ero letteralmente esausta e a momenti stavo crollando.

«Grazie per aver guidato.»

«Grazie per aver passato la giornata con me. Mi sono divertito.»

Lo guardai negli occhi e appoggiai con delicatezza la mano sul suo braccio.

«Grazie per avermi regalato una giornata così magica.»

Mi prese delicatamente la mano. La sua voce era calda e seducente. «Grazie a te… per averla resa così magica.» Mi avvicinai, ritrovandoci distanti due millimetri fin quasi a sfiorarci. Mi accarezzò dolcemente il viso. Si fece più vicino e sussurrò. «Fede, io…»

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