~Capitolo 7~

«Stephanie? Stephanie, svegliati.»

Ryan, seduto sul comodo sedile dell'aereo, cercava di svegliare la donna che dormiva placidamente accanto a lui.

La sua sposa.

Sua moglie... che cercava inutilmente di svegliare da quasi venti minuti.

Stephanie si agitò sul sedile, borbottando qualcosa di incomprensibile prima di socchiudere lentamente gli occhi. Per un secondo si sentì spaesata, poi si ricordò di essere su un aereo diretta a Buffalo.

«S... siamo arrivati?» chiese aprendo completamente gli occhi e reprimendo, senza successo, uno sbadiglio.

«Sì, stiamo atterrando. Non sapevo avessi il sonno così pesante, stavo cercando di svegliarti da un po'» rise Ryan, facendola arrossire per l'imbarazzo.

Di solito lei si svegliava al minimo rumore e questo, molte volte, era davvero una maledizione. E crollare così profondamente stava solo a dimostrare quanto fosse stanca e provata per tutto ciò che era successo quel giorno e nelle settimane precedenti.

«È... è stata una giornata particolarmente faticosa» si difese incrociando le braccia al petto scocciata, in apparenza, dalla ramanzina. Più che arrabbiata, come voleva dar a vedere, si sentiva imbarazzata e ancora molto stanca.

«Sta uscendo il tuo caratterino da gattino irascibile? Già così presto? Non abbiamo nemmeno iniziato la luna di miele» la prese in giro lui, ridacchiando. Non che a Ryan dispiacesse un po' di carattere e sapeva che Stephanie ne aveva molto, ma era nascosto da anni di buone maniere e autocontrollo. Sospettava che la donna accanto a lui non fosse mai esplosa davvero dalla rabbia, o l'avesse fatto davvero molto raramente.

«I gattini graffiano, lo sa Signor Ashbey?»

Lo guardò truce lei, incenerendolo con lo sguardo, poi volse il capo verso il piccolo oblò di fianco a lei. Non aveva per nulla apprezzato la sua battutina, non solo perché lei era tutto fuorché un gattino irascibile, ma soprattutto perché le aveva ricordato della luna di miele. Era sicura che non ci sarebbe stata, ma di solito gli sposi la passano a...

No! Non voleva nemmeno immaginarlo! Ryan avrebbe preteso di diventare un marito a tutti gli effetti? Ormai non vivevano più nel quattrocento e lui non poteva prenderla con la forza, quindi se avesse avanzato pretese di quel tipo gli avrebbe assestato un bel calcio nelle parti basse.

«Stephanie, per te ora sono Ryan. Siamo sposati, ricordi?» L'uomo agitò l'anulare ornato dalla fede in oro.

«Ricordo perfettamente» rispose nervosa, agitandosi sul sedile. Quello era un dettaglio che non avrebbe mai e poi mai dimenticato, come avrebbe potuto? Stava anche per atterrare in un posto che non aveva mai visto prima per vivere in una casa non sua e chissà per quanto.

«Ho capito, appena sveglia sei irascibile» commentò Ryan, allacciandosi la cintura di sicurezza appena il comandante annunciò l'imminente discesa verso il suolo. Stephanie fece lo stesso e iniziò a pregare che andasse tutto bene e che l'aereo non si schiantasse sul suolo d'atterraggio, sarebbe stato un bellissimo benvenuto da parte della sua nuova casa.

Per fortuna, dopo minuti di preghiere recitate tra i denti e braccioli stritolati al massimo della forza, l'areo atterrò all'aeroporto di Buffalo senza nessun intoppo e tutti i passeggeri applaudirono. Alcuni mollarono la presa convulsiva al bracciolo del sedile, altri smettevano di recitare il rosario e altri ancora sorridevano euforici per essere ancora vivi.

Stephanie fu la prima ad alzarsi dal sedile e, superando Ryan, aprì il portabagagli sulle loro teste per poter prendere la sua borsa. Non degnò di uno sguardo il suo adorato maritino, anche perché la irritava parecchio in quel momento.

«Fretta di arrivare a casa, Stephie

La ragazza sussultò, l'uomo era dietro di lei e poteva sentire il suo respiro caldo sul collo. Non l'aveva sentito alzarsi né visto. Si voltò di scatto, balbettando una scusa sull'essere ancora stanca e in fondo era vero.

Ryan sorrise compiaciuto mentre guardava Stephanie raggiungere velocemente le hostess davanti al portellone. Aveva notato la sua reazione appena si era resa conto di averlo alle spalle, e ora sapeva di non esserle indifferente e questo lo compiaceva, soprattutto perché lui era tutt'altro che indifferente verso sua moglie. Scesero dall'areo e si diressero verso il nastro trasportatore per ritirare il resto dei bagagli, Stephanie pregò che nessuno di loro si fosse disperso o avrebbe fatto la prima scenata della sua vita.

Lei era sempre calma e controllata, ma da quando era salita su quell'areo tutta la rabbia e il rancore che provava verso il padre erano venuti a galla, e il povero Ryan sarebbe stata la sua vittima designata. In quanto unico essere umano accanto a lei. Prese i suoi bagagli appena usciti dal nastro trasportatore, per fortuna c'erano tutti, e iniziò a guardarsi intorno in cerca di Ryan, che sembrava sparito. Lo vide dirigersi verso l'uscita, senza nemmeno aspettarla, e lo seguì indispettita da un così poco riguardo.

Si chiese come avrebbero fatto ad arrivare a "casa"; Ryan aveva parcheggiato la sua auto vicino all'aeroporto prima di volare a New York?

No, impossibile.

Un taxi? Ricordando l'impazienza di Ryan per i taxi, poteva escludere anche quell'ultima ipotesi.

«Come arriviamo a casa?» gli chiese appena riuscì a raggiungerlo, troppo curiosa e preoccupata per mettere a tacere i suoi pensieri.

«Un mio dipendente sarà qui a momenti con il pick-up» spiegò Ryan, superando le porte automatiche e uscendo dall'edificio, seguito subito da Stephanie.

La donna annuì e volse lo sguardo verso il cielo, era ormai sera ma a causa delle forti luci che si trovavano sull'edificio non si riusciva a scorgere più di qualche stella. C'era anche molto rumore e si disse che era normale in un aeroporto. Come sarebbe stata la periferia? Sapeva che il Wyoming era lo stato meno popolato degli Stati Uniti e sicuramente era anche molto calmo, almeno sperava. Passarono dieci minuti in completo silenzio, lei iniziò a spostare il peso da una gamba all'altra per l'impazienza mentre Ryan restava in piedi, senza mostrare nessun segno di stanchezza. Sbuffò spazientita e ripensò alla sua graziosa auto, ora le sarebbe stata utile, ma purtroppo era stata costretta a venderla qualche giorno prima visto che suo padre le aveva detto che una macchina del genere non sarebbe mai andata bene per le campagne. E in effetti non aveva tutti i torti.

Finalmente, dopo qualche minuto, un pick-up rosso si fermò davanti a loro e Stephanie dimenticò i suoi pensieri, concentrandosi sull'uomo alla guida.

«Donald! Vecchio bastardo, sei in ritardo» esclamò all'improvviso Ryan, sorridendo calorosamente all'uomo di mezz'età che in quel momento era sceso dalla vettura zoppicando. La prima cosa che catturò la sua attenzione furono i capelli bianchi lunghi fino alle spalle e due bei baffoni enormi.

«Scusami Ryan, alcuni vitellini erano scappati dai recinti e ormai io non ho più l'età per correre dietro a quegli animali. Vorrei sapere per quale motivo ti sei messo ad allevare tori, rendendomi la vita più difficile» borbottò l'uomo, indicando la gamba su cui zoppicava.

«Perché i tori sono un bel guadagno, Donald. Ma non parliamo di questo, ora. Voglio presentarti mia moglie Stephanie.»

Lui la indicò con un gesto della mano e vide l'uomo sgranare gli occhi sorpreso.

«Piacere, Signore» sorrise, tentando di essere il più gentile possibile nonostante il suo umore. Anni di buone maniere le avevano insegnato come nascondere l'irritazione, la rabbia e, in questo caso, anche la leggera accidia e l'impazienza di andare a letto.

«Oh, chiamami solo Donald! Mi farai sentire vecchio così.» L'uomo rise e le ammiccò con fare amichevole. La prima impressione suggeriva che fosse abbastanza simpatico e se anche gli altri dipendenti del ranch fossero stati come lui, la sua vita lì non sarebbe stata un inferno.

Ryan prese i bagagli e li sistemò dietro il pick-up.

«Su, saliamo, ci vorrà un po' prima di arrivare a casa» le disse, aprendole la portiera posteriore e facendo segno all'anziano di prendere posto al volante.

Donald annuì e riprese il suo posto alla guida, mentre Ryan sedette accanto a lui e Stephanie si sistemò meglio che poteva sul sedile posteriore. La macchina lasciò l'aeroporto e si addentrò nel centro di Buffalo, palazzi altissimi si innalzavano dal suolo e Stephanie rimase a bocca aperta; stupidamente aveva pensato di vedere solo erba e mucche e non molta "civiltà".

«Cosa c'è Stephie? Pensavi di trovare solo erba, mucche e sterco?» chiese il suo adorabile maritino, che aveva notato la sua espressione stupita e non era riuscito a trattenersi dal punzecchiarla. Quel giorno la sua Stephie era molto reattiva alle provocazioni. Lei arrossì e ignorò la provocazione, chiedendosi se quell'uomo non leggesse nella mente. Gli lanciò un'occhiataccia irritata e ritornò a concentrare le sue attenzioni sul paesaggio.

Ryan rise alla sua reazione e continuò a punzecchiarla.

«Tra poco vedrai solo erba e animali, tranquilla.»

Stephanie sbuffò irritata, possibile che riuscisse a fare solo figuracce? E lui ci rideva anche! Altro che dolce e gentile, Ryan soffriva di personalità multipla e di sicuro le sue frecciatine non erano finite lì. Decisa a ignorare qualsiasi provocazione da parte sua, si accoccolò contro il sedile dell'abitacolo e rimase a fissare incantata il paesaggio che mutava; la fila di edifici scomparve piano piano e dopo un po' iniziò a vedere solo vasti campi e alcuni animali che non riuscì a distinguere per il buio. Sbadigliò sonoramente, coprendosi la bocca con la mano e sentendo le palpebre sempre più pesanti, la giornata era stata molto faticosa e, nonostante avesse dormito sull'aereo, si sentiva ancora terribilmente stanca. Chiuse gli occhi e lentamente si addormentò, sentendo in lontananza la voce di Ryan che le chiedeva se fosse stanca.

«La signora si è addormentata» disse Donald, rivolto a Ryan.

«Ma davvero? Giuro di non essermene reso conto» rispose con sarcasmo. Voleva molto bene a Donald, lo considerava come un secondo padre, ma a volte le sue frasi erano fuori luogo e senza senso. Si disse che era colpa dell'età, e se non fosse il caso che il vecchio cowboy andasse in pensione, ma sicuramente Don avrebbe brontolato un "non sono così vecchio! Le mie gambe reggono ancora il lavoro, e senza di me saresti spacciato!"

Ryan rise, immaginandosi la scena e lo sguardo stanco e fiero dell'uomo.

Voltò il capo per dare un'occhiata a Stephanie, la testa della donna era appoggiata contro il finestrino e il suo viso era sereno e tranquillo, sembrava un angelo. Le labbra erano leggermente dischiuse e Ryan provò l'irrefrenabile desiderio di riassaggiarle nuovamente – non come quel casto bacio dato all'altare, di baciarla per davvero.

Negli ultimi anni era diventato bravo a nascondere i propri sentimenti, ma non riusciva a reprimere o nascondere il desiderio che provava per Stephanie. Non le avrebbe mai fatto del male ma starle vicino sarebbe diventato sempre più duro, ne era certo, e lui era pur sempre un uomo. Quindi bisognava escogitare un modo per non starle troppo vicino e visto quanto lavoro aveva da recuperare, non si sarebbe rivelato così difficile rimanere lontano da lei.

La macchina imboccò il vialetto che li avrebbe condotti a casa e il grande cartello con su scritto "Ashbey's ranch", indicava l'inizio della sua immensa proprietà.

Donald fermò la vettura di fronte alla casa padronale, era uno chalet piuttosto grande e si trovava all'inizio della proprietà, intorno c'erano i campi dove pascolava il bestiame e le varie stalle. Più avanti si trovavano delle piccole dependance per i dipendenti o i clienti che soggiornavano lì per vacanza. Non era una cosa che succedeva spesso e a lui andava benissimo così. Scese dal pick-up e aprì lentamente la portiera anteriore, Stephanie era ancora addormentata e non voleva svegliarla. Aveva già provato prima le conseguenze del gesto e anche se non gli era dispiaciuto, ora non sarebbe stato in grado di sopportare le lamentele della giovane donna.

La prese dolcemente tra le braccia e chiese a Donald di aprire la porta di casa, l'uomo annuì e in pochi secondi eseguì l'ordine permettendo a Ryan di entrare dentro con la moglie in braccio.

Proprio com'era tradizione fare, pensò ironico.

Solo che di solito la sposa era sveglia e una volta entrati in camera da letto si fa altro. Salì le scale, sorridendo ai suoi stessi pensieri, pensando che non gli sarebbe affatto dispiaciuto fare quel tipo di altro con lei. Sicuramente Stephanie non sarebbe stata dello stesso avviso e lui non voleva passare per un maniaco. Aprì la porta della camera padronale e stese delicatamente Stephanie sul grande letto matrimoniale, togliendole poi le scarpe. Successivamente tentò di sfilarle le lenzuola da sotto il sedere per coprirla, ma la donna mugugnò contrariata per essere stata disturbata, così alla fine prese uno dei plaid che se ne stavano poggiati su una poltrona vicino al letto e coprì la donna.

Si allontanò piano da lei e rimase a guardarla dormire per un po', era proprio adorabile e per nulla somigliante al padre, sia fisicamente che caratterialmente, e questo era sicuramente una fortuna. Stephanie aveva un aspetto molto dolce, che si addiceva al suo carattere, ma era davvero quello il suo carattere? Era davvero la giovane donna dolce e remissiva che dimostrava di essere? O nascondeva il suo vero modo di essere sotto troppa disciplina, autocontrollo e, forse, menzogna? Ma soprattutto, qual era allora il suo reale carattere, se ciò che mostrava in superficie non era vero? Aveva già una volta sofferto e pagato a causa di una donna dai mille volti... Stephanie era davvero così?

La donna si mosse nuovamente nel sonno e Ryan sussultò, non voleva essere beccato mentre rimaneva lì a fissarla e a fare ipotesi. Si voltò e uscì silenziosamente dalla stanza. Raggiunse il suo studio, che si trovava infondo al corridoio, e passò tutta la notte a controllare fatture e come procedesse la vendita del bestiame, costringendosi a non pensare alla donna che dormiva nella sua camera da letto. Sua moglie.

***

Immersa ancora nello stato di dormiveglia, Stephanie si sentì punzecchiare la punta del naso da qualcosa di molesto e cercò di scacciare quella mosca con la mano. Odiava essere disturbata mentre dormiva e quella mosca perseverava e non si decideva a staccarsi dal suo naso, distruggendo gli ultimi sprazzi di sonno e beatitudine. Imprecando mentalmente, aprì gli occhi e si mise seduta con stizza, ritrovandosi davanti Zac – non la mosca – che sorridendo riprese a punzecchiarle il naso con l'indice.

«Zac?» chiese stupita. Solo in quel momento si rese conto di essere seduta su un grande letto matrimoniale in un camera da letto rustica ma elegante. Come era arrivata fin lì? Ricordava solo di essersi addormentata mentre si dirigevano al ranch, quindi Ryan non l'aveva svegliata, ma portata in braccio fino in quella camera. Arrossì e tentò di allontanare quella scena dalla testa.

«Esatto Phanie Phanie, sono io! Non contenere la tua gioia nel vedermi» rispose con finta vanità il cognato, scendendo a punzecchiarle il fianco con il gomito.

Steph rise e scese dal letto, quel ragazzo era completamente pazzo e troppo espansivo, ma lo trovava adorabile proprio per quello. Il suo modo di fare ti faceva sentire a casa, una volta superato l'imbarazzo e la sorpresa iniziali.

«Dov'è il bagno? Vorrei lavarmi» gli chiese.

Il molestatore mattutino la fissò sorpreso, poi sul suo viso si formò un'espressione indispettita.

«Non mi hai nemmeno dato il buongiorno! Mi sento offeso e quindi non ti dico dov'è il bagno.» L'uomo incrociò le braccia al petto come un bambino e gonfiò teatralmente le guance.

Stephanie sgranò gli occhi incredula. Ma era una caratteristica degli Ashbey essere stronzi nei momenti meno opportuni? Sospirò esasperata e si lanciò contro Zac, cingendogli il collo con le braccia.

«Zac! Buongiorno a te, come sono felice di vederti!» cinguettò falsamente, sentendosi esattamente come Sharon, e non era molto piacevole.

«Accettabile» commentò lui. «Okay, ti dico dov'è il bagno... Dietro di te.» Zac indicò con l'indice la porta in legno scuro che si trovava dall'altra parte del letto, vicino alla grande finestra con le tende rosse.

Si staccò dal cognato ringraziandolo e solo allora notò che i suoi bagagli si trovavano ai piedi del letto. Evidentemente Ryan aveva portato su anche quelli oltre a lei.

«Io scendo giù, Phanie Phanie! Ci vediamo a colazione.» Finalmente Zac uscì dalla stanza dandole un po' di privacy. Quell'uomo era un tornado e la giovane donna si chiese come avesse tante energie di prima mattina, solo lei si sentiva stordita? Si avvicinò ai piedi del letto e prese un bagaglio, lo aprì tirando fuori un paio di pantaloni pesanti e un maglioncino, poi prese il beauty case ed entrò in bagno.

Rimase per un secondo sulla soglia, incredula. Il bagno era stupendo, c'erano due lavandini di marmo verde e un grandissimo specchio che occupava tutta la parete, il pavimento era anch'esso di marmo verde e infondo alla stanza c'era una grande doccia con porte in vetro temperato.

Si chiuse la porta alle spalle e ripose le sue cose sul ripiano del lavandino, si guardò allo specchio e trattenne un gemito di disgusto: aveva il mascara colato sulle guance mentre i capelli erano un intreccio indefinito, subito si vergognò che Zac l'avesse vista in quello stato. Si spogliò in fretta e gettò i vestiti nel cesto dei panni sporchi vicino alla porta, si avvicinò alla doccia e regolò la temperatura dell'acqua prima di entrare. In poco tempo il bagno si trasformò in una sauna, il vetro della doccia era completamente appannato, come anche lo specchio. Stephanie cercò di rilassarsi con i sali profumati e tentò di lavar via dal corpo la stanchezza di quelle settimane, ora era una donna sposata in un luogo mai visto prima e la miglior cosa che poteva fare era tentare di ambientarsi.

Ryan scese svogliatamente le scale, passandosi una mano tra i biondi capelli scompigliati. Dormire chino sulla scrivania non era una delle comodità migliori della vita, aveva la schiena e le spalle a pezzi e come se non bastasse sentiva un fracasso provenire dalla cucina, sicuramente i suoi fratelli erano arrivati e facevano sentire la loro presenza già di prima mattina. Entrò in cucina e trovò Zac che giocava con Rachel mentre Tiffany preparava una montagna di frittelle e Tyler e Jack le divoravano appena raggiungevano il piatto. Tutto regolare, insomma.

«Zio Ryan!»

La piccola Rachel saltò giù dalla sedia e gli andò incontro con il suo adorabile sorriso e le belle guanciotte paffute e rosee che tanto amava.

«Buongiorno Caprettina» la salutò prendendola in braccio e schioccandole un sonoro bacio sulla guancia, ricevendone uno un po' bavoso in cambio. Amava la sua Caprettina, era l'unica bambina che adorava e forse anche l'unica con cui aveva mai avuto un contatto ravvicinato.

«Non mi piace che chiami mia figlia "Caprettina". Perché non farfallina o fatina? Tu passi troppo tempo con gli animali, per fortuna ora c'è Phanie Phanie che movimenterà la tua vita sotto le lenzuola» borbottò Zac, facendo ridere tutti, eccetto lui e Tiffany, che rossa gli mimava uno "scusa" con le labbra. Suo fratello era sempre il solito idiota, non sarebbe mai cambiato e si chiedeva come una donna dolce come Tif potesse sopportarlo. Era proprio vero che l'amore era cieco, lui però non lo aveva ancora mai sperimentato. L'amore quello vero, intendeva, sempre che esistesse.

«Buongiorno a tutti...»

Stephanie entrò in cucina, sorridendo e salutando tutti con il solito rossore sulle guance e con l'espressione leggermente spaesata, niente caratterino irascibile o lingua tagliente e questo un po' lo deluse, ma si diede dell'idiota subito dopo. Quella ragazza era incapace di formulare anche solo un pensiero iracondo e la sera prima era stata solo molto stanca. Anche lui era intrattabile appena sveglio, quindi era impossibile che Stephanie nascondesse una seconda personalità, come sospettato la sera prima. Almeno pregava fosse così, anche se comunque lui non si sarebbe mai fatto prendere troppo da lei e quindi nemmeno incantare, se i suoi sospetti si fossero rivelati esatti.

«Phanie Phanie!»

Suo fratello Zac abbandonò la sua preziosa frittella e si avvicinò alla nuova arrivata con l'intenzione di abbracciarla, ma la figlia lo precedette aggrappandosi alle gambe di una Stephanie sempre più stranita.

«Zia Phanie! Vieni a mangiare le frittelle di mamma, sono le migliori del mooondo!» esclamò con enfasi la piccola, trascinando la sua povera vittima fino al bancone della cucina, dove la fece sedere e le porse un piatto vuoto che venne subito riempito di frittelle da Tiffany.

«Non credo di riuscire a mangiarle tutte» commentò la poverina, fissando quasi con timore la montagna di cibo che le avevano servito. Inoltre avere gli occhi di tutti puntati addosso era snervante e imbarazzante, ma non stavano facendo colazione fino a un attimo prima? Allora perché non continuavano e insistevano nel fissarla? Aveva qualcosa in faccia o tra i capelli?

«Ora dici così Phanie Phanie, ma dopo che le avrai assaggiate pregherai la mia bellissima donna di dartene altre.»

Zac si avvicinò alla moglie e la baciò, cosa che la mise ancora più in imbarazzo.

«Ma che schifo! Stiamo mangiando.»

Un fazzoletto di carta appallottolato volò in aria, colpendo il marito innamorato dietro la nuca.

«La tua è solo invidia Jack, perché non hai una donna che ti prepara il pranzo, ti coccoli e ti riscaldi il letto per più di una notte.»

In cucina calò il silenzio e il resto dei presenti osservava la scena ammutoliti, nessuno osava fiatare, troppo curiosi di vedere chi l'avrebbe spuntata.

«Di donne che mi riscaldano il letto ne ho quante ne voglio» rispose con noncuranza Jack, sorseggiando tranquillamente il suo caffè. Stephanie non aveva dubbi sul fatto che avesse molte donne che gli scaldassero il letto, ma Jessica era sicuramente attratta da lui e non le faceva piacere sapere che lui potesse considerarla sono un'altra che gli occupava il famoso letto.

«Ormai non sei più credibile, fratellino. La rossa ti ha cotto per bene, abbiamo notato tutti come la guardavi e secondo me tra poco ci sarà un altro matrimonio.»

Tutti gli occhi si spostarono su Ryan, che aveva appena pronunciato quella frase, e Stephanie si chiese se la "rossa" non fosse proprio Jessica. Tutti risero, tranne Rachel, Steph, e Jack, che uscì dalla cucina senza degnare nessuno di uno sguardo.

«Permaloso» commentò Zac.

«Tesoro è normale che se la sia presa, non è bello parlare della vita sessuale e privata di qualcuno davanti a tutti, ti pare?» lo riprese la moglie e Stephanie si trovò d'accordo con la ragazza.

Se qualcuno avesse parlato della sua vita in camera da letto, tra l'altro inesistente, o di quella sentimentale sarebbe sprofondata nelle fondamenta della casa e non ne sarebbe più uscita.

«Prenditela con Ryan! È lui il cattivo della favola, non io» brontolò, facendo arrabbiare la figlia che fino ad allora era stata buona sulle gambe di Stephanie.

«Zio Ryan non è il cattivo della favola! Lui è il mio principe azzurro!» lo rimproverò Rachel. Le donne presenti scoppiarono a ridere, mentre Zac rimase bocca aperta, scombussolato.

«La senti? Sono il suo principe azzurro» si pavoneggiò l'altro, gonfiando il petto e portandosi una mano al cuore con fare teatrale.

«Aspetta altri dieci anni e vedrai come verrai scartato» rispose acidamente il fratello, allontanando il piatto con le frittelle. «Be', di questo discuterete un'altra volta, voi siete in ritardo a lavoro e Rachel per la scuola» ricordò Tiffany ai due, prendendo in braccio la piccola e uscendo dalla cucina.

«Ha ragione, oggi ci sono un sacco di cose da fare.»

Ryan sorseggiò velocemente una tazza di caffè e si pulì la bocca con un tovagliolo, allontanandosi dal tavolo.

«Mi dispiace, ma stamattina rimarrai da sola in casa, dobbiamo aggiustare alcuni recinti e ci vorrà tutta la mattinata» si rivolse per la prima volta a Stephanie, che sussultò sorpresa sulla sedia.

«Nessun problema, vuol dire che ne approfitterò per mettere in ordine le mie cose» sorrise per rassicurarlo, la sua espressione sembrava davvero dispiaciuta e questo le fece piacere, almeno si preoccupava per lei.

«Bene. Allora Zac e Tyler alzate il sedere e muovetevi.»

Stephanie notò solo in quel momento Tyler seduto in un angolino della stanza, in disparte. Quel ragazzo preferiva isolarsi, proprio come lei, e questo le faceva tenerezza. Si ritrovò a sperare di poterlo conoscere meglio. I tre uomini uscirono rumorosamente dalla stanza e in poco tempo Stephanie si ritrovò da sola in quella grande cucina che fino a qualche minuto prima era stata così rumorosa e gioiosa.

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