Le storie - Senza titolo (the_greywaren)
Scivola tra i soffici banchi di nebbia, avvoltə nel cappotto grigio scuro. Evita le pozze di luce arancione dei lampioni, le scarse zone illuminate, gli attraversamenti pedonali. Si muove come un'ombra, le falde del cappotto che svolazzano dietro di ləi. È avvoltə nella lana, dalla testa - col berretto che copre il capo rasato di fresco - ai piedi, con le calze pesanti fatte a mano.
Tiene le mani in tasca, mentre evita lo sguardo di quelle poche persone ancora fuori casa alle dieci di un giorno feriale di metà novembre.
Stringe tra le dita il cartoncino pregiato su cui è vergato in bella grafia il suo nome. Un invito. Falso.
Sorride.
Un invito per un party esclusivo, in un luogo altrettanto esclusivo, raggiungibile solo a piedi attraverso i vicoli del centro città. Il sorriso si allarga. Indossa un paio di anfibi consumati, che rendono i passi sulle pietre del selciato silenziosi come quelli di un gatto. Svolta ancora una volta a destra e si affaccia su una piccola piazza, al centro della quale fa capolino il luogo del party. In cima a una pedana rialzata si erge una piccola chiesa, che occupa tutto lo spazio disponibile tra due palazzine. Dalla porta chiusa filtra una luce calda, aranciata, e il suono di un violino solitario e un po' inquieto.
Le vene lə vibrano per l'anticipazione.
Sono mesi che si prepara per questo specifico evento, e l'idea di esservi così vicinə basta per dipingere un sorriso sulle labbra tinte di rosso. Ha impiegato mesi per ottenere la licenza a svolgere questa specifica missione.
Sale le scale di corsa, e mostra l'invito all'usciere in abito elegante. L'uomo legge il nome scritto in bella grafia sul cartoncino color panna, solleva lo sguardo e analizza gli orecchini di perle, le labbra rosso sangue, il cranio rasato e gli occhiali con le lenti forse un po' troppo spesse.
Ha scelto un make up che evidenzia il colore chiarissimo delle iridi, perciò è forse quello che l'energumeno osserva con tanta attenzione.
«Posso entrare?» chiede, mormorando con voce lieve «Ho l'invito e sono vestitə a festa». Fa un passo indietro, aprendo un poco il cappotto e mostrando l'abito al ginocchio che indossa. Sorride ancora.
Le punte dei canini pizzicano appena le labbra.
Non può di certo ucciderlo, è solo un usciere. Non ha ancora ricevuto visioni della sua morte. È troppo giovane.
L'uomo si fa da parte con un sospiro. «Prego, signorə. Mi lasci pure il suo cappotto.» Si fa da parte, aprendo il portone interno sulla chiesa addobbata a festa, e sulle persone impegnate a danzare sul suono malinconico del violino.
//
Solleva un calice colmo di vino, bevendone solo un sorso. Quella figura in abito verde bottiglia, quella figura strana, non l'ha invitata. Danza come se fosse l'ultimo giorno della sua vita, la gonna leggera che si avviluppa attorno alle gambe muscolose. Tiene d'occhio l'intrusə, ora abbracciatə a un uomo alto coi capelli rossi che gli pare chiamarsi Doria, di cognome. Balla con lui per qualche minuto, tenendo le dita lievi - le unghie lunghe, laccate dello stesso rosso delle labbra - appoggiate al collo dell'uomo.
Cambia partner, e nel mezzo della danza nota lo sguardo che lə segue. Il sorriso che gli rivolge è luminoso, troppo pieno di denti, e gli fa uno strano effetto allo stomaco. Gli fa venire voglia di mollare tutto, moglie, figli, per andare a vivere con ləi, e gli fa aumentare i battiti cardiaci e tendere i muscoli come se dovesse fuggire.
Arretra di un passo, stringendo le dita attorno al calice, così forte che le nocche si sbiancano. È combattuto tra la fascinazione e il terrore, tra il desiderio profondo che lo spinge a cercare il contatto con le labbra rosso scuro e la pelle chiara dellə sconosciutə e l'impulso che lo spinge a fuggire, fuggire lontano, saltare sul primo traghetto e scappare da qualche parte dove non possa raggiungerlə.
Sorride di rimando.
Vorrebbe tirarsi una sberla. Impedire alle proprie guance di replicare il movimento. Non lo fa. o forse non può.
Resta accanto al muro, sotto uno dei sottili finestroni che nelle giornate di sole illuminano le navate, e osserva quella strana creatura androgina danzare, conversare, sorridere, con tuttə ə suoə invitatə.
La pelle gli pizzica di desiderio, il cuore gli ricorda di stare all'erta. Sembra essere l'unico, tra le persone riunite sotto gli archi di quella chiesa sepolta nel centro città, a trovare stranə l'intrusə.
Chi sei? Pensa, staccandosi dal muro per raggiungere una giovane in abito corto e scollatura piena. Cosa vuoi da noi?
//
I presagi di morte ammantano l'interno della chiesa - sconsacrata, altrimenti non ci avrebbe mai messo piede - e si avviluppano attorno alla folla danzante, alle persone troppo sorridenti, troppo felici, troppo inebriate da alcol e droga per rendersi conto di essere avvolte in cappotti e manti e abiti di nebbia scura e turbinante.
È difficile che se ne accorgano in tempi normali, di certo diventa complicato quando sono tuttə inebriatə in qualche modo. Non colgono la sensazione di pericolo che deriva dall'essere in punto di morte.
Questa missione è quasi noiosa.
Si appoggia a un muro, il marmo scurito da decenni di fumo di candele e incenso. Agguanta un calice, manda giù il liquido paglierino in un sorso solo.
Ha danzato per tutta la notte, fino all'ora più buia.
Le persone raccolte in quella chiesa anche, si sono aggrappate le une alle altre in quella che è l'ultima notte della loro vita, in danze e balli che via via si sono fatti più sensuali, inquieti, accompagnati dai violini.
Ha raccolto nella stessa stanza esseri senza scrupoli, crudeli, privi di pietà e macchiatisi di crimini non riconosciuti nella maggior parte dei tribunali. Avrebbe dovuto comunque ammazzarli tutti, prima o poi. Il suo capo, giù al centro di comando, ha acconsentito al massacro. «Che sia l'ultima volta!» ha tuonato. Sbuffa, ripensando al brutale omicidio che lə è sfuggito l'anno precedente. L'uomo aveva messo le mani addosso alla sua migliore amica, aveva cercato di abusare di lei, e aveva avuto ciò che meritava.
Queste persone riceveranno lo stesso trattamento.
Moriranno, una alla volta, strangolati da quella stessa nebbia scura che si avviluppa attorno a loro. Un lodevole trucchetto, quello. Lə osserva ballare ancora una volta, assieme al presagio di morte.
Solo un uomo sembra essersi accorto che qualcosa non va.
Si guarda attorno, con gli occhi spalancati e le pupille enormi. Attorno a lui, un presagio di morte diversa. E un costante pulsare di desiderio, intrecciato alla paura che gli accelera i battiti cardiaci. Riconosce l'uomo: è l'unico con cui non ha ballato, l'unico a cui non ha permesso di toccarlə. Per lui ha in mente una fine diversa.
Inghiotte una tartina e gli si avvicina, sorridente.
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Un giovane uomo si accascia a terra, stringendo la gola.
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La creatura lo prende per mano e lo tira con sè verso la porta della sacrestia, nascosta da lunghi tendaggi di velluto verde bottiglia. Le sue dita - lunghe, pallide, sottilissime - sono gelide. Gli si stringono attorno al polso, cercano il suo battito cardiaco. Trema. Non ha freddo. È teso, ricolmo di un desiderio torbido che non riesce bene a collocare.
Lə giovane spalanca il battente di legno della sacrestia con un calcio, spingendolo dentro. //
Due donne si aggrediscono, puntandosi coltelli d'argento alla gola. La più alta graffia le guance dell'altra. Le affonda il coltello nel collo, sorridendo selvaggia mentre osserva il sangue sgorgare dall'arteria squarciata.
Il fidanzato della donna a terra le mette le mani al collo.
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Lo bacia, premendo imperiosə sulla sua nuca. Lui socchiude gli occhi, fa scivolare le mani attorno ai fianchi dell'intrusə. Se lə stringe addosso. La mano che non sta premendo sulla sua nuca gli stringe un gluteo.
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Un uomo anziano colpisce a morte la moglie con un vassoio. Le conficca il bordo di metallo nella tempia.
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Dietro la massiccia porta della sacrestia, Alex coglie il rumore soffocato della carneficina che si sta consumando sul marmo della chiesa. Sorride, ansima appena, quando la sua ultima vittima lə spinge contro il muro, premendo con l'erezione tra le sue gambe. Lə morde il collo, solleva l'orlo della gonna. Gli darà un'ultima soddisfazione, prima di ucciderlo e assimilare la sua forza.
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Un candelabro viene divelto dal muro, e scagliato addosso a unə giovane. Un uomo mette le mani al collo di un altro.
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La schiena premuta contro il muro ruvido della sacrestia, lascia che l'uomo entri dentro di ləi, muova frenetico i fianchi, rincorra un orgasmo dietro l'altro assieme a ləi. Affonda le unghie nella sua nuca, trancia la pelle mentre i suoi movimenti si fanno sempre più convulsi. Si concentra sul rumore di persone che muoiono, al di là della porta di legno massiccio. La loro forza lə riempie, lə inebria.
Geme piano, quando l'ultima persona - un vecchio cocciuto - esala l'ultimo respiro. Un istante dopo, l'orgasmo. Si libera del corpo improvvisamente senza forze dell'uomo e affonda le unghie più a fondo nella carne morbida del suo collo. Cerca la giugulare, ancora pulsante. È inerme, incapace di reagire. Trancia l'arteria con un colpo secco e lascia che il sangue che ne esce lə inzuppi la mano destra. Soddisfattə, si solleva in piedi e lascia
l'uomo - l'ultimo della lunga lista di criminali che il capo ha ordinato di uccidere - si dissangui sul pavimento della sacrestia.
Ha portato a termine il suo lavoro, ha ottenuto una quantità considerevole di forza grazie al geniale incanto che ha scoperto esaminando i libri nascosti in una cantina di un palazzo sperduto, si è divertitə. Ha bevuto.
Sorride all'usciere, quando oltrepassa silenziosə il portone e raccatta il suo cappotto dall'appendino.
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