La Maledizione del Ragno
Titolo: La Maledizione del Ragno
Autore: TheManiae
Elementi segreti: Omicidio, Passaggio Segreto, Maledizione.
C'era una volta una ragazza dal bel visino,
Figlia di avvocata e sorella di un ragazzino.
Sabrina Carver era il nome che le fu dato,
Da un vecchio parente che i sogni aveva conquistato.
Quindici anni aveva, fatti di gioia e allegria,
Ma che il destino decise di portarle via.
Sabrina e famiglia giunsero da lontano,
Un luogo potente ma anche malsano.
In città si stabilirono, un posto tranquillo,
Una casa graziosa, davvero un bel gingillo.
Un trasloco enorme, un cambio monumentale,
Che purtroppo, della famiglia ne decise il finale.
Mentre puliva e sistemava ogni cosa,
Sabrina vide nel muro una fessura curiosa.
Una porticina, alta quanto un bambino,
Un passaggio segreto, nascosto dietro un comodino.
Una vocina nella testa le disse di ignorare,
Ma la curiosità nel petto era troppa da frenare.
La porticina aprì e nel passaggio entrò,
Senza paura, nel ventre della casa si inoltrò.
Strisciò silenziosa, rapida come un topolino,
Finché la testa non sbucò di colpo da un buchino.
Trovò una stanza segreta, il nascondiglio di un tesoro,
Una statua di ragno, dal corpo d'ossidiana e gli occhi fatti d'oro.
Ammaliata e ammirata, la scultura accarezzò,
E come la più abile dei ladri, via con se la portò.
Nella sua camera la nascose, come il più raro dei tesori,
Temendo il giudizio della madre e di altri accusatori.
Dopo il furto tornò al trasloco, al suo lavoro noioso,
Non sapendo di aver scatenato qualcosa di davvero pericoloso.
Le voci iniziarono tra i banchi di scuola,
Suoni orrendi e malvagi, non provenienti da alcuna gola.
All'inizio pensò a uno scherzo e si arrabbiò,
Così tanto che per poco in classe una rissa non scatenò.
Solo quando finalmente a casa stava tornando,
Sentì che le voci la stavano ancora chiamando.
I giorni passarono, nella paura e nella confusione,
Le voci che sempre la seguivano, rubandole l'attenzione.
Erano sussurri, echi lontani e canzoni mostruose,
Parole orrende, a volte allegre, a volte furiose.
Tuttavia il peggio non era ancora arrivato,
E Sabrina presto scoprì l'orrore che era in agguato.
Gli incubi giunsero improvvisi e pieni di terrore,
Visioni così tremende da lasciarla nell'orrore.
Ogni notte si svegliava urlando e piangendo,
Restando in piedi fino all'alba, credendo di star impazzendo.
I sogni un tempo abitati da bei ragazzi e dolci damigelle,
Si erano riempiti di vermi nel sangue e ragni sotto la pelle.
Il prossimo passo furono le illusioni,
Terribili suoni e blasfeme visioni.
Cose nel buio vedeva strisciare di notte,
Mentre di giorno gli insetti si radunavano a frotte.
Ragni enormi, con mille occhi e sei zampe,
Assieme ad altre bestie, mostri da schiacciare sotto le scarpe.
Sua madre non l'ascoltava, suo fratello non capiva,
Li sentiva ridere, mentre da sola lei soffriva.
Tentò di spiegare il suo terrore, di parlare e di urlare,
Ma loro come una pazza, non la volevano ascoltare.
"È solo stress, amore mio" dicevano con affetto,
Ma le loro parole, purtroppo, non fecero alcun effetto.
Con la mente al collasso un coltello in tasca,
Decise di fare un bagno, di lasciarsi andare nell'acqua della vasca.
Non poteva più sopportarli, sentendoli strisciare nelle vene,
Pallidi vermi nel sangue, che si trasformavano in rosse falene.
Le scacciò urlando, lacrime cremisi e lacrime d'argento,
Mentre esse cantavano nella follia e nel decadimento.
Nascose gli squarci con guanti e bende,
Celandole alla vista, quelle ferite davvero orrende.
Un labirinto rosso crebbe sulla sua pelle,
Dall'interno delle cosce fin sotto le ascelle.
Sentiva dolore e piangeva disperata,
Pregando ogni notte di non essere beccata.
Ma il dolore a se stessi era solo il primo passo,
Perché il male si attacca alla pelle e scende fino all'osso.
Nel dolore e negli incubi il suo cuore era indurito,
E ogni suo sentimento per il mondo si era annerito.
E come ogni persona che soffre e nel fango si dimena,
Decise di passare ad altri la propria pena.
Una sera tornò a casa e vide un gatto,
Bellissimo, pelo bianco e occhi da cerbiatto.
In un boschetto vicino casa lo portò,
E con lentezza mostruosa il suo corpo devastò.
Gli tagliò i tendini e la coda gli strappò,
Gli spezzò le ossa e infine con il tacco la testa gli spappolò.
Non fu solo il gatto a pagare per il suo dolore,
Ogni creatura vivente che incontrava conosceva il terrore.
Teschi di cane e pelli di scoiattolo riempirono la sua stanza,
Per decorare la statua, le vittime non erano mai abbastanza.
Purtroppo una sera non trovò alcun animaletto carino,
Ma per sua fortuna, in casa aveva sempre il suo dolce fratellino.
Venne trovata con in mano ancora il coltello,
Piangendo e urlando che non voleva torciegli un capello.
Il fratello giaceva ai suoi piedi, ferito e massacrato,
Sei anni di vita, ora spenti nel suo corpo sventrato.
Gli intestini dal suo stomaco lei aveva estratto,
Formando a terra un simbolo blasfemo e astratto.
Venne rinchiusa per omicidio e schizzofrenia,
Urlando folle mentre i medici la trascinavano via.
Sua madre gridò e pianse, restando da sola,
E dopo aver perso i figli, ubriaca, si tagliò la gola.
E nel finale, Sabrina visse e morì in una stanza imbottita,
Urlando fino alla fine di una statua, di un ragno e di un parassita.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top