Capitolo 2
"Ellie?" Il suo nome riecheggia più volte nell'aria. Il vecchio cancello di legno si chiude alle mie spalle con un tonfo. Mi guardo intorno: il grande ingresso del palazzo è deserto, non vi è nessuno pronto a ricevere; evidentemente non sono previsti ospiti. Mi aggiro per un po' per il lungo e buio corridoio, fissando incuriosita i grandi e imponenti ritratti di cui è abbellito: vi sono rappresentate tutte le generazioni della famiglia di mia madre, sin dai tempi più antichi. Come ultimo è collocato il dipinto più recente, quello che rappresenta zio Kristoff, zia Anna ed Elizabeth, mia cugina, nel suo bel vestito rosa e con i capelli color grano maturo raccolti rigorosamente in una lunga treccia. Se mio padre non fosse stato Jack Frost, probabilmente ci sarei stata io al posto suo, in quel bel vestito rosa. Ma non avrebbe ottenuto lo stesso effetto. Per un attimo, provo a catapultarmi in quel quadro, con la mia faccia al posto di quella di Elizabeth; il risultato non mi piace affatto. Sembrerei fuori posto, finirei per rovinare quel bel dipinto. Troppo rigida, troppo poco me. Alla fine non mi dispiace essere ciò che sono.
A riportarmi alla realtà è una voce fin troppo familiare, che chiama il mio nome: la zia Anna, solare e splendida come sempre, mi sorride e spalanca le braccia. Io mi ci tuffo, la stringo così forte che ho paura di soffocarla. Sono così felice di rivederla, le voglio un bene infinito.
"Sei cresciuta così in fretta!" Mi dice senza smettere di sorridere. Al contrario della mamma, lei non resterà per sempre giovane e impeccabile, il suo sorriso mette in evidenza delle piccole rughe, e ha qualche riflesso grigio nei capelli, ma è sempre bellissima.
"Cercavi Elizabeth? Mi è sembrato di sentire che la chiamassi, poco fa." Mi dice.
"Sì, zia, volevo salutarla. È qui?"
"Oh sì, è nella sua stanza. È un po' giù di morale però... Troppo giovane per accettare i suoi doveri..." Mormora in tono triste.
"Cosa è successo?" Chiedo.
"Non riesce ad accettare il fatto che dovrà sposare per forza un uomo che non ama." Mi rivolge uno sguardo angosciato.
"Non preoccuparti. Le parlo io."
Spiccando il volo, mi precipito al piano di sopra. Busso a tutte le porte, perché non ricordo davvero dove si trovi la sua camera, dato che l'ultima volta che ho fatto visita al castello avevo sì e no tredici anni, fino a quando non sento singhiozzare attraverso una delle tante. Apro con cautela; la vedo appoggiata a una scrivania, piange disperata. "Vattene via, mamma." Ordina in tono secco, senza sollevare la testa.
"Ellie, sono io." Le dico piano. Elizabeth solleva finalmente lo sguardo e mi vede nel riflesso dello specchio davanti a sè: "Luna!" Si affretta ad asciugarsi le lacrime e a darsi una sistemata: "Quanto tempo, scusami, non volevo mi trovassi così... Sei cambiata!" Dice, per cambiare discorso, ma sento che sta di nuovo per piangere.
"Ehi, che succede?" Le sussurro in tono amichevole e rassicurante. Lei si guarda nello specchio, asciugandosi gli occhi, che un secondo dopo sono di nuovo lucidi.
"Non posso. Non posso sposarlo." Singhiozza.
"Chi è?" Le chiedo.
"William, delle Isole del Sud."
"Bel posto, le Isole del Sud."
"Luna, io non potrò mai vivere con lui! L'ho visto solo una volta, è tutto il contrario di me, ci rivolgiamo a malapena la parola e dobbiamo sposarci? E poi, cosa dirò a Philip?"
"Philip?" Chiedo confusa.
"Il figlio del fioraio di corte. Oh Luna, ne sono successe di cose tra noi!" Sussurra in tono sognante, le guance che le arrossiscono.
"Ferma, aspetta un attimo. Tu, la principessa di Arendelle, in una relazione clandestina con un fioraio?" Dico trattenendo a stento le risate.
"Non c'è niente da ridere." Dice incrociando le braccia "È vero amore."
"E cosa sai tu, del vero amore?" Le chiedo sollevando un sopracciglio.
"Luna ti prego, devi capirmi! Devo sposare un uomo che conosco appena!"
"Lo so, lo so." Dico stringendola forte. Sono più piccola di lei di poco più di un anno, ma a volte sembro io la più grande.
Rimaniamo a fissarci per un bel po'. Poi non resisto più, e scoppio in una grossa risata. "Ma dai, un fioraio!" Anche lei ridacchia, asciugandosi le lacrime, ma io emano talmente tanta energia incontrollata che le pareti della camera si ricoprono di ghiaccio. "Ops..." Dico mordendomi un labbro e cessando di ridere. Poi mi concentro e con un gesto della mano sciolgo tutto il ghiaccio, rimuovendolo dalla parete.
"Hai ancora problemi a controllarlo? Sai, anche tua madre era..."
"Io non sono come mia madre." La interrompo brusca. Mi rendo conto di aver alzato la voce, e distolgo lo sguardo perché mi rendo conto di stare arrossendo.
C'è una cosa che non vi ho detto. Ho un controllo limitato del mio potere. Se mi lascio prendere dalle emozioni, posso liberare attacchi involontari. Anche mia madre aveva lo stesso problema, non sapete quanto si è sentita in colpa quando ha scoperto di avermelo tramandato. Papà mi ha addestrata tantissimo per aiutarmi. Ricordo gli allenamenti estenuanti, alla fine dei quali ero talmente stanca che riuscivo a malapena a reggermi in piedi. Questo fatto non riesco ad accettarlo. Mi sento così tanto una delusione, dieci anni di duro addestramento, e il mio controllo sul potere è aumentato davvero poco, rispetto alle aspettative che tutti avevano. Ogni volta che perdo il controllo, posso vedere la delusione contenuta negli occhi di mio padre. E in quei momenti vorrei scappare via.
"Ehi, Luna..." Dice Elizabeth dopo un lungo silenzio. Mi volto e torno a guardarla. "Scusami" Sussurra puntando i suoi occhi sui miei. Elizabeth ha sempre adorato mia madre. Per lei è un esempio da seguire, perciò le pare strano doversi scusare per avermi paragonata a lei.
"Non devi scusarti, non intendevo..." Lascio a metà la frase. Per un attimo, il mio sguardo cade sul mio riflesso, nello specchio dietro Elizabeth, e poi di nuovo su di lei. In quel preciso istante, mi accorgo quanto ci somigliamo. La somiglianza non è mai stata così tanta, è davvero strano. I lineamenti sono così simili che nessuno direbbe che siamo cugine, ma piuttosto sorelle gemelle. L'unica cosa che ci permette di distinguerci sono i capelli, i miei candidi e sempre in disodine, i suoi biondi, lucenti e ordinati, e il colore degli occhi.
"Ellie..." Faccio fatica a parlare per lo shock. "Ellie, guarda!" Dico indicando lo specchio. Lei si volta, e la sua espressione diventa simile a quella di chi ha appena visto un fantasma. "Oh cielo!" Esclama portandosi una mano alla bocca. "Luna, quando è stata l'ultima volta in cui ci siamo viste? Non eravamo così uguali!"
In quel momento, sono troppo immersa nei miei pensieri per rispondere alla sua domanda. Ricordo, ricordo vagamente che una volta qualcuno mi dise qualcosa a proposito della somiglianza tra uno spirito e un umano. Mi sforzo per ricordare cosa.
"Luna? Ci sei?"
"Sono il tuo spirito guida..." Cerco di dirle, ma dalla mia bocca esce solo un mormorio smorzato.
"Che? Cosa hai detto?"
"Sono il tuo spirito guida!" Dico forte e chiaro afferrandola per le spalle e sbarrando gli occhi, non riuscendo ancora a realizzare.
"Uno spirito che?!" Elizabeth è visibilmente confusa.
"Guida! Io sono...Oh, per tutti gli spiriti supremi, devo sedermi." Dico lasciandomi cadere su uno sgabello che per fortuna si trovava lì.
"Mi spieghi che cosa ti prende? E che cosa è uno spirito guida?" Protesta Ellie.
Mi passo una mano tra i capelli e rimango a fissare il vuoto. "Significa che..." Poi riprendo a mormorare tra me e me.
"Cosa? Cosa?!" Esclama esasperata.
"Quando un umano avrà come spirito guida un parente, significheranno guai grossi per tutti." Aveva detto la maestra, a lezione di divinazione, quando Luna frequentava i corsi di incantesimi & magie che si tengono obbligatoriamente per tutti gli spiriti dai cinque ai nove anni di vita: "Perciò, voi mezzosangue, con parentele umane, fate molta attenzione!" Aveva squittito poi, squadrando dall'alto verso il basso Luna e un altro gruppetto di spiritelli mezzosangue. Al che Luna aveva alzato la mano: "Signora maestra, ma di preciso, come si fa a capire che sei lo spirito guida di quella persona?" L'insegnante si era tolta gli occhiali dalla montatura rotonda, guardandola con espressione seria: "Ebbene, solo un'evidente ed impressionante somiglianza tra i due, determina l'appartenenza dell'umano al suo spirito guida."
"Luna! Vuoi rispondermi, per cortesia?!" Elizabeth sta ormai urlando.
"Significa che la guerra è vicina." Sussurro con il terrore negli occhi.
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