Capitolo 1
AVVISO: scene crude e di violenza, per chi è suscettibile chiederei gentilmente di non leggere.
Iriko intravide da dietro ad un albero il ragazzino che, tempo fa aveva incontrato, venire molestato da diversi tipi molto più grossi e alti di lui, tenendolo bloccato con le braccia forzate dietro la schiena. L'uomo che, sembrava più anziano: dai capelli grigi, corti, e brizzolanti; dalla pelle scoperta da una canotta bianca, tatuata in più punti del colore quasi del caffè e latte; gli aveva agguantanto il mento, facendo scivolare una mano lungo l'addome piatto, sino più a sotto all'unica camicia lunga che, copriva quel corpicino mingherlino. Vide quello stesso ragazzino cercare di sfidare quell'uomo, sputandogli in faccia. Ma all'istante dopo, un pugno sferrato in pieno stomaco lo portò a tossire un poco di sangue e piegarsi per quello che riusciva un poco in avanti. Un occhio chiuso e la bocca lasciata a boccheggiare.
Iriko fu sul punto di fermare quel delirio. Quella violenza gratuita. Ma dovette fermarsi. Doveva pensare e agire astutamente. Se adesso sarebbe andato lì, avrebbe solo degenerato la cosa, rischiando di mettere la situazione delicata ancora più in pericolo, specialmente ai danni del più piccolo.
Il sangue gli stava andando al cervello, rischiando di annebbiarlo ancora di più. Ma tutto ciò, che dovette fare, era quella di attendere.
Da quella lontananza aveva sentito " portatelo sul retro " e uno di quei aguzzini lo spinsero poco gentilmente con sé. Iriko strinse i pugni, abbassando lo sguardo. La mente cercava come poter risolvere un intriglio del genere, eliminando al più presto le idee più folli.
Attese lì, fermo, forse anche più di mezz'ora, prima di vedere allontanarsi due dei tipi con due moto rosso e verde sgargiante. Nom attese più, camminò sino a raggiungere quel camion camper, facendo il giro anche dai lati. Le mani erano appoggiate sui sportelli bianchi, camminando a piccoli e delicati passi. Le nuvole cupe avevano spento la luce del sole, rilasciando piccole gocce pichiettargli addosso.
Poi sentì rimbombare il rumore di uno schiaffo. I suoi passi si fecero veloci, ma non per rischiare di essere visto da quel energumeno che, gli stava a pochi centimetri di distanza, dovette ritirarsi di poco. Voleva salvare quel ragazzino, ma come poteva se quel tizio gli intralciava il cammino ?
Spiò silenzioso, cercando di vedere meglio.
« Tu piccola cagna. Adesso ti divertirai a fare il ribelle » aveva detto quello, intento a slacciarsi la cinghia della cintura.
Iriko vide che, teneva fermo il ragazzino bloccato con le braccia dietro la schiena. Quel petto furioso attaccato a quel corpo. Sentì un « bastardo » ringhiato in mezzo ai denti, forse provenire dal malcapitato.
Quando vide quel troppo. Quel organo saltare fuori dai pantaloni, decise che era ora di agire. Doveva evitare l'inevitabile.
Guardigno tirò fuori un coltellino che, teneva nei pantaloni, puntandolo avanti. Silenzioso si avvicinò a quel tizio possente, ma non più di lui. Alti nello stesso modo. Agguantandolo con una braccio al collo e puntandogli la lama alla gola. Una mano premuta sulla bocca, evitandola di gridare. Il tizio era intento a dimenarsi con occhi spalancati, ma con sforzi invani. Mentre, il più piccolo del tutto con il sedere esposto e piegato sul portabagli, sentendo quel peso essere svanito, si voltò, incontrando un espressione fredda. Occhi azzurri incupiti da una rabbia folle. Sopracciglia quasi fine aggrottate.
Senza dire parola, sotto gli occhi sgranati e spaventati di quella creatura con un gesto solo lambì di netto quella gola. Rosso scarlatto sgorgò a spruzzi, macchiando sia la pelle del colpevole sia quella del viso del ragazzino che, si era portato la mano alla bocca per fermare le grida. Si chiese cosa ne fosse stato di lui. Se anche lui, in quel momento esatto avesse fatto la sua fine. Era dunque questo ciò che lo attendava?
Voleva dire qualcosa, ma qualcosa lo bloccò. Le lacrime iniziarono a scendere. Quel corpo oramai senza vita fiondò sul terriccio siccato, producendo un tonfo.
Con tutta calma, Iriko rimise il coltellino incriminato nella sicura e si avvicinò al ragazzino. Ma questo indietreggiò spaventato.
« Non è a te, che voglio fare del male. Volevo solo liberarti » gli si avvicinò e gli afferrò un fine polso gelido.
Aveva freddo. La pelle sembrava morta da quanto era cinica e fredda. Aveva bisogno del calore e subito. Perciò si tolse la giacca, cedendogliela. Gliela circondò alle spalle, cercando di tenerla chiusa in avanti.
« Questa tiniela. Ma adesso dobbiamo andare fuori da questo posto » gli aveva detto.
Dovevano scappare prima che, quei tizzi facessero di nuovo irruzione. Scappare da quel posto deserto circondato solo da fitti alberi e natura morta, non era difficile. Dovevano solo raggiungere la sua moto, distante a non molto lontano. Iriko si guardò intorno. Ma ancora prima di compiere un passo, la durezza del ragazzino lo bloccò.
« MA COSA ? ».
Sbottò girandosi verso lo sguardo contrariato dell'altro.
« Dobbiamo muoverci ».
Gli disse allora, cercando di tirarlo con sé. Ma continuó a non muovere alcun passo. Troppo testardo per volerlo seguire.
« Io non vado da nessuna parte. Non con un malintenzionato come te » aveva ringhiato quello. Occhi verdi leggermente coperti dai fili di capelli biondo pallido. Viso terrorizzato.
Iriko sospirò.
« Vero ? Sempre meglio restare con degli animali che, non aspettavano altro, che sfondarti il culo. » aveva infine sbottato il più grande, rendendosi solo poi di quanto detto.
Quando vide lo sguardo dell'altro rattristarsi e abbassarsi, voleva chiedere scusa, ma il tempo sembrava restringersi ad ogni secondo di più. Non era tempo per futili parole. Ma se quello non voleva essere aiutato, non poteva di certo forzarlo di sua volontà. Sospirò, lasciando quel polso. Dopo gli voltò le spalle, certo che mai e poi mai avrebbe parlato.
« Come vuoi. Ma sappi che non mi arrendo. Domani, se necessario anche dopo domani e quello ancora dopo, io tornerò. E ti prometto, che tu uscirai da questo inferno. » e detto ciò inizio a incamminarsi.
Non voleva lasciare davvero lì quel ragazzino. Ma non poteva fare altrimenti. Si fermò soltanto per un istante, prima di continuare, alzando il viso verso il cielo, che aveva preso a piangere più forte, come il suo animo in quel istante.
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