La chiamata più costosa di sempre


-A che punto siete?- chiesi affiancando Danvers, la quale stava armeggiando con dei documenti olografici nel laboratorio insieme a Banner.

Lei sbuffò.

-Sembra che dalle ricerche non esca niente di positivo...

Il mio cervello si mise in allerta.

-Che vuoi dire?

-Il tempo che abbiamo a disposizione prima che i futuri si fondano è meno del previsto- rispose Bruce, dall'angolo apposto della stanza.

-Quanto?- chiesi, allarmato.

-Quindici ore, trentadue minuti, cinquantacinque secondi e... No, aspetta: cinquantaquattro secondi, cinquantatré, cinquantadue...

-Sì, ok, grazie, Bruce: abbiamo capito- fece Carol, seccata.

Deglutii.

-E... voi riuscirete a trovare una soluzione per noi in tempo, vero?- chiesi, seriamente preoccupato.

-Beh... Pensavamo che non fosse così complicato ma...- Danvers aspirò tra i i denti -È complicato...

-Perciò? Avete un piano di riserva, vero?

Captain Marvel fece scorrere un paio di schede e si accigliò, senza guardarmi.

-Sì, beh... C'è sempre il piano B...- la donna scambiò un'occhiata con Banner e lui sospirò.

-Scusate la mia ignoranza ma...- tossicchiai -In cosa consiste il piano B?

-Steven Strange- ripose Danvers -Certamente lui è il più qualificato per spiegarvi questa cosa dei viaggi tra i possibili futuri... ma non abbiamo contatti con lui dalla Battaglia contro Thanos nel '24 e non sappiamo come sia messo...

La fissai, allibito.

-E che problema c'è a fargli una telefonata?- domandai facendo il segno di un cellulare e scuotendo la mano vicino all'orecchio -"Ehi, ci sono dei ragazzi che senza il tuo aiuto devono essere ammazzati, puoi farci qualcosa?"

Banner sorrise.

-Apprezzo l'entusiasmo, Peter, ma credo che la cosa sia più macchinosa di così...- mi disse con una smorfia.

-Cosa c'è di complicato?- insistetti.

-Niente- Carol si strinse nelle spalle e mi guardò -Semplicemente sono tredici anni che non lo sentiamo e tra adulti è più difficile recuperare i contatti dopo tanto tempo.

Alzai gli occhi al cielo.

-Oh, andiamo!- esclamai -C'è in gioco la mia vita! Non potete rifilarmi una scusa del genere quando potreste essere costretti ad ammazzarmi tra poche ore! Senza poi contare che...

-Non ti ammazzeremo- mi interruppe Danvers, seria -Nessuno di noi sarebbe realmente capace di compiere un simile gesto.

-Allora mi dovrò suicidare per il bene dell'universo- sospirai -Il succo è lo stesso...

-"Suicidarsi per il bene  dell'universo", eh?- Banner scosse la testa, malinconico e mi lanciò un sorriso -Per certi versi sei identico a Tony.

Non paragonarmi a Tony! Strillò il mio cervello, furioso.

-Non metterlo in atto adesso- feci, esasperato -Sentite, se non volete chiamare Strange lo farò io. Dove trovo il suo numero?

Bruce e Carol si guardarono, poi i loro occhi si spostarono su di me.

Danvers sospirò e scosse piano il capo.

-No, Peter...- mi fece -Hai ragione: c'è in ballo la tua vita e Strange è l'unico davvero in grado di aiutarvi... Lo chiameremo noi.

Alla buon'ora! Pensai mentre sorridevo, soddisfatto.

-Wow, siete fantastici, ragazzi- esultai, dirigendomi verso l'uscita del laboratorio -Fatemi sapere se ci sono sviluppi!- gridai prima di chiudermi la porta alle spalle.

*

Erano le 21:46 quando uscii dal laboratorio con la speranza che il caro vecchio Stregone Supremo sarebbe riuscito ad aggiustare i nostri problemi in un battito di ciglia.

Erano le 22:34 quando iniziai a rendermi conto che se Strange non avesse avuto realmente una soluzione noi saremmo stati totalmente spacciati.

Erano le 23:04 quando mi ficcai nel letto in cui un tempo era stato Tony Stark, con l'ansia che saliva e quel lieve barlume di speranza che ancora avevo si spegneva sempre di più, lasciando la mia anima in un'oscura disperazione.

Probabilmente mi addormentai intorno a mezzanotte, stravolto dai pensieri che avevo in testa, esausto dopo quella situazione assurda...

Feci sogni confusi... Intravidi me stesso in un bagno di sangue, Carol e Bruce con un pugnale per uno bagnato dello stesso liquido rosso...Steven Strange che ballava un valzer sfrenato e Alex che piangeva lacrime scarlatte.

Morgan e Pepper che mi salutavano con la mano mentre precipitavo nel vuoto e poi una strana sensazione, che quasi sembrava provenire da fuori... oltre il sogno, direttamente dalla realtà.

Un dolore alla spalla; qualcosa che conoscevo... Come se qualcuno me la stesse scuotendo con violenza.

Battei le palpebre nella penombra e dei grandi occhi marroni mi sorrisero nel buio.

-Peter, svegliati!- mi fece Alex -Carol ci porta da Strange!

-Cosa?- domandai con la voce impastata dal sonno -Adesso?

-Sì!

I pensieri ci misero qualche secondo per essere messi a fuoco, ma poi ogni cosa fu chiara e io schizzai a sedere nel letto.

Ero andato a letto vestito, perciò mi bastò infilarmi le scarpe per essere pronto.

Guardai la mia amica e annuii.

-Ok, andiamo.

Lei aprì la porta della stanza e uscì, facendomi segno di seguirla.

Percorremmo i corridoi della Avengers Town nel buio completo, con la sola luce di qualche faretto piazzato a casaccio in qualche zona remota.

Sembrava di essere in una casa degli spettri, mentre i nostri passi affrettati si mischiavano alle ombre e visioni sinistre sembravano riempire ogni angolo nascosto.

-Sai dove stiamo andando, vero?- domandai ad Alex, affiancandola mentre lei accelerava il passo.

La mia amica sorrise.

-Questa volta sì, Spiedy.

Raggiungemmo la sala principale della base, quella da cui si entrava nella struttura. Una stanza immensa e circondata da finestre e in cui, di giorno, la luce si riversava come acqua in un contenitore.

Ma ora la sola luce era quella della luna che, piena, risplendeva in modo macabro ma gentile appena sopra la linea dell'orizzonte, baciata da una sfumatura scarlatta.

Qui ci aspettavano delle figure in piedi, messe ad aspettarci dritte e rigide come bambole.

Riconobbi la chioma bionda di Danvers e gli occhi verdi di Morgan, che risplendevano anche nella poca luce presente.

C'era anche Banner, nella sua imponente figura, e poi Wanda che sorrideva... i capelli di fuoco che brillavano come una torcia nella notte.

-Ho chiamato Strange- mi disse Carol -Ci incontreremo con lui al tempio di New York, vi condurrò io lì.

-Va bene- le sorrisi -Grazie per questo tuo sacrificio.

Ricambiò il sorriso.

-Grazie a te, Pete.

Mi rivolsi a Morgan.

-Ehi, allora questo è un addio- le dissi e lei si strinse nelle spalle e mi sorrise.

-Già- fece -Sapete, ragazzi? Sono contenta di avervi creato.

-E di questo ti saremo per sempre grati- le disse Alex, facendo un passo verso la cugina e abbracciandola con affetto.

-Ricordatevi di salutarmi mio padre, non appena tornate- mormorò Morgan staccandosi dalla mia amica -Ci conto.

L'occhio mi cadde su un riflesso argenteo tra le mani delle due ragazze, che ancora avevano le dita intrecciate l'una in quelle dell'altra. Strinsi gli occhi e lo ignorai, dando la colpa alla stanchezza e al buio per quel bizzarro scherzo ottico.

-Lo facciamo tutti- sorrise Bruce -Ed è bello sapere che, almeno in una realtà, Tony esiste ancora.

Annuii.

-Va bene- promisi -Glielo diremo.

-Ciao, ragazzi- disse Wanda -Spero davvero che riusciate a tornare a casa vostra.

-Non sai quanto lo speriamo noi!- le feci con un sorriso storto.

-Il tempo scorre- avvisò Carol aggiustandosi il colletto della giacca -E New York City è lontana: meglio se andiamo, ora.

-Sì- disse Alex, rivolgendo un'ultima occhiata ai presenti e incamminandosi verso la porta, seguendo il Capitano.

-Ciao a tutti- salutai prima che la porta di vetro mi si chiudesse alle spalle.

Sentivo ancora gli sguardi degli Avengers fissi su di noi mentre ci allontanavamo, fondendoci col buio.

*

-Va bene, ripetimi il semplice motivo per cui andiamo in metro e non qualche altro mezzo più...- ci pensai un attimo -in stile Marvel?

-È veloce e desta meno sospetti- rispose Carol senza alzare gli occhi dal giornale che teneva in mano.

-Sì ma...- ribattei -A livello visivo mi aspettavo qualcosa di più interessante.

-Cavolo se ti lamenti!- Danvers mi lanciò un'occhiataccia -Cosa volevi? La Bat-Mobile? Lo Stark-Jet?

-No, però...- mi guardai attorno -Questo è troppo!- sbottai indicando l'ambiente.

Ogni cosa vibrava come se fosse in atto il peggior terremoto della storia; le luci del vagone lampeggiavano come fossero state create per l'albero di natale; i sedili erano sporchi come se li avessero immersi nel fango prima di metterli lì e non volevo neanche sapere quando fosse stata l'ultima volta che qualche povero Cristo aveva dovuto pulirli... e poi, per mettere una bella ciliegina sulla nostra favolosa torta, il barbone ubriaco seduto qualche sedia alla mia sinistra e appoggiato quasi per miracolo al bracciolo di plastica mi metteva a mio agio come se mi fossi trovato a girare nudo per i corridoi della scuola!

La voce che annunciava le fermate era gracchiante e incomprensibile.

L'ultima volta che aveva spalancato la sua boccaccia sembrava avesse detto "Chi è scemo resta" al posto di "Apertura porte a destra".

Insomma, non riuscivo bene a capire come mai ci toccava prendere un mezzo così decrepito quando la Avengers Town strabordava di gadget da urlo!

-Carol?- fece Alex, che in risposta ottenne un "Sì?" colmo di distrazione -Le corse della metro funzionano anche di notte?

Sbirciai l'orologio della mia amica, piegando appena la testa per dare un'occhiata al suo polso.

01:18.

Secondo un rapido calcolo, che avevo fatto nei miei minuti insonni di poco prima, il momento in cui le realtà si sarebbero fuse e il pandemonio vero e proprio sarebbe scoppiato equivaleva alle 13:18 del giorno appena iniziato.

Dodici ore riflettei deglutendo, agitato.

-Qualche volta sì- rispose Danvers alla domanda di Alex, poi scrollò le spalle -Di solito solo il sabato e la domenica sera.

-Tra quanto scendiamo?- chiese la mia amica, poco dopo.

La donna alzò lo sguardo dal giornale e lo posò per un attimo sull'elenco delle fermate che aveva davanti, macchiato dalle bombolette spray e quasi invisibile.

-Mancano undici fermate- rispose distrattamente concentrandosi nuovamente sulle notizie del giorno -Circa mezz'ora- aggiunse subito dopo.

Il profondo russare dell'uomo fatto, accanto a me, mi fece correre un tremendo brivido su per la schiena, disgustato.

Nel vagone non c'era nessun altro a parte noi e quel tipo che non mi andava a genio... perciò un'altra domanda che mi ponevo, insieme alle milioni di altre sul senso della mia insulsa esistenza, era costante al centro del mio cervellino da adolescente frastornato: perché sedersi proprio sulla fila di sedie in cui è parcheggiato il barbone brillo?

Ma rimasi zitto, senza dire niente, sopportando quella stupida situazione come ho fatto un altro centinaio di volte nel corso della mia vita, aspettando soltanto che ogni problema si aggiustasse magicamente da solo...

*

Grazie alla spropositata lentezza di quel carro ambulante e claudicante che i comuni chiamano "metropolitana", arrivammo a destinazione con circa venti minuti di ritardo su quanto aveva annunciato Danvers.

Alle 02:07, dopo che l'altoparlante ebbe recitato una perfetta imitazione del verso di una cornacchia che, nella sua lingua, era il nome della nostra fermata, scendemmo da quella macchina di morte, abbandonando con gioia il nostro amico barbone.

La struttura sotterranea era deserta e una tremenda puzza di fumo e muffa aleggiava intorno a noi, così densa che quasi avrei potuto tagliarla.

-Andiamo- Danvers ci fece segno di seguirla mentre saliva le scale che ci avrebbero portato in superficie.

Oh, andiamo! Non pensavate davvero che quelle mobili fossero funzionanti, no?

Non essendoci nessuno io preferii fare la strada in orizzontale, sul muro, in modo da non sorbirmi la salita, provocando un'alzata di occhi al cielo da parte di Alex.

Non appena fummo fuori un'aria gelida e tagliente mi affettò la faccia mentre stringevo gli occhi nella nebbia.

-Ok- feci -Adesso mi devi spiegare in che cavolo di mese siamo, in questo universo- dissi a Carol stringendomi quanto più possibile nel mio maglione, sperando di non congelare sul posto.

-Siamo in pieno inverno- rispose Captain Marvel abbassandosi il berretto da baseball sul viso, poi mi lanciò un'occhiata -Ma quando siete andati a prendere una granita non vi siete accorti del freddo?

-Diciamo che la temperatura può variare dal pomeriggio alla notte- commentò Alex, rabbrividendo.

Carol sospirò e sorrise, comprensiva, cedendo la propria giacca di pelle alla mia amica.

La ragazza guardò la donna, confusa.

-Tienila- annuì Danvers.

-E io?- domandai, contrariato.

-Ma tu non eri più forte dei comuni mortali?

-Ho freddo lo stesso!

Carol sbuffò.

-Dobbiamo fare solo un chilometro: sopravviverai.

Un chilometro basta e avanza per ghiacciarmi ogni globulo rosso che ho in corpo... riflettei mentre una folata di vento di scompigliava i capelli.

Mi incamminai dietro Danvers per le vie di New York City.

Per strada non c'era praticamente nessuno e la nebbia rendeva la città un luogo spettrale e innaturale, in cui le luci dei lampioni risplendevano nella foschia come occhi sospettosi e fissi su di noi.

Le auto erano sempre presenti, però: fulmini colorati che ci sfrecciavano accanto, sparandoci addosso una quantità inaudita di smog.

Non parlammo durante il tragitto, limitandoci a camminare nella tormenta e a tentare di non assiderarci in mezzo alla strada.

A volte il corpo di Carol si illuminava leggermente davanti a noi, penso più per scaldarsi che per segnalarci la propria presenza.

Poi, dopo un tratto di strada che mi sembrò durare anni alzai lo sguardo ed eccolo lì, il santuario in cui viveva Strange...

Un simbolo molto simile a una runa svettava sul tetto, incastrato in una vetrata là in alto. Il grosso portone che avevamo davanti meticolosamente chiuso...

Carol bussò con la mano nuda, provocando un tuono che nessuno avrebbe potuto ignorare.

Silenzio.

All'interno del tempio non si colsero tracce di vita finché uno dei battenti timidamente si aprì cigolando, lasciando a malapena lo spazio disponibile per il passaggio di una persona.

Danvers ci guardò e noi guardammo lei, indecisi sul da farsi.

-Il mio lavoro è finito- disse lei, indicando la porta -Strange vi sta aspettando.

-Cosa?- esclamai -Vuoi dire che ci lasci qui?

-Non puoi farlo!- assentì Alex.

La donna sorrise.

-Siete arrivati fin qui da soli?- fece -Arriverete anche più lontano nello stesso modo.

-Ma se Strange non può portarci a casa?- chiesi, tentando di aggrapparmi a qualcosa di solido -Cosa facciamo?

-Troverete una soluzione- disse Carol -Siete parecchio in gamba per essere dei ragazzini.

-Ma siamo sempre ragazzini!- ribatté Alex -Non puoi... lasciarci così.

-Oh, sì che posso farlo- ci sorrise -Ragazzi, ho fiducia in voi- indicò la porta -Adesso andate: il tempo continua a scorrere.

Deglutii.

-Va bene, Carol- mormorai, spaventato, ma soprattutto confuso -Grazie di tutto.

-Grazie a te, Pete- mi ripeté, continuando a sorridere -Tenta di non seguire l'esempio di Tony, ok?

-Sacrificandomi per l'universo?

-Tranquilla- intervenne Alex -Ci sono io a impedire che lo faccia.

Ci avvicinammo alla porta.

Nella fessura creatosi non si vedeva niente se non che il buio.

Mi voltai un'ultima volta verso Danvers, messa lì con le mani sui fianchi.

-Addio- mi disse mentre le tenebre mi inghiottivano -Ci vedremo in un'altra realtà.

Poi i battenti, come fossero stati dotati di vita propria, si richiusero alle nostre spalle, lasciando me e Alex in un silenzio circondato dal nero.

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