Endgame


Non ero più nel mio corpo.

Lo sentivo già da qualche istante, ma in quel momento la sensazione fu prorompente.

Fiori rossi esplosero nel nero e tutto divenne vivido nell'arco di un battito di ciglia bagnate di lacrime.

Eccomi lì, un campo di battaglia che si espandeva intorno a ciò che avevo creato. Ciò a cui avevo dato la vita era distrutto sotto une nebbia di potere e devastazione.

Non comprendevo questi pensieri, ma essi continuavano a rimbombarmi nella mente come tamburi infernali e io non potei fare a meno che cedergli e fondere me stesso con le voci che popolavano il mio silenzio.

Una figura massiccia emerse dalla nebbia della paura. I suoi piccoli occhi erano fissi su di me e nel suo sguardo lessi ciò che non avevo il coraggio di ammettere a me stesso: era tutto finito.

Battei le palpebre e abbassai la vista.

Solo ora mi accorsi di ciò che c'era sulla mia mano, un oggetto adorno di altri sei immensamente più potenti. Le Gemme dell'Infinito brillavano di luce propria, un potere che sapevo di non poter controllare, una fiamma che non avevo possibilità di spegnere... ma l'unica cosa che potevo fare era abbandonarmi a loro e lasciare che prendessero la mia anima, nella speranza che questo potesse cambiare le cose.

Non osai ammettere a me stesso dell'esistenza di un'altra via, di un altro modo. La sola cosa che potevo fare era questa...

Il mio cuore pompava un sangue rosso come la morte mentre essa si avvicinava sempre di più, avvolgendomi tra le sue spire gelide.

L'ente emerso dalla foschia disse qualcosa. Una voce profonda, che mi solcò con le sue parole così tremendamente inutili.

Lo guardai negli occhi e un'ultima lacrima densa di coraggio e paura mischiate insieme mi scivolò lungo il viso.

Anch'io dissi qualcosa, ma fu un gesto istintivo... qualcosa che mi venne spontaneo, che, nell'ultimo istante, mi fece rivivere la mia vita. Ciò che ero stato, ciò che avevo compiuto...

Non erano i miei ricordi, essi non esistevano nella mia memoria. Era come sbirciare in qualcosa più grande di me, osservare quelle scene con una prospettiva nuova, pensando a cose che non mi appartenevano.

Poi però tutto si bloccò.

Uno schiocco e ogni cosa smise di esistere.

Il mondo che avevo davanti si disintegrò in polvere, lasciandomi nuovamente nel buio più totale.

Pensieri senza un fine mi inondarono la mente. Tentai di dimenarmi, ma era come se fossi parte delle tenebre, il mio corpo era sparito, polverizzato insieme alla scena.

Una luce azzurra apparve in mezzo al nero e altri due occhi blu si accesero poco sopra per poi spegnersi in un'ultima scintilla rassegnata.

Ogni cosa vorticò per poi fermarsi di colpo.

Una bambina in lontananza mi chiamava, facendomi segno con la manina di avvicinarmi. Ma io non potevo andare.

Il mio corpo non esisteva. Ero sparito, la mia anima aveva smesso di esistere, fondendosi con quel buio così denso e spettrale.

Un urlo lontano e c'ero di nuovo. Ero in un luogo che non ricordavo, che non era possibile, eppure io ero lì.

Strillai anch'io e la ragazza che riconobbi come Alex gridò con me.

Ruotavo in un vortice di realtà interconnesse, scintille invisibili mi fluttuavano accanto mentre continuavo a precipitare verso l'ignoto.

Avvertii qualcuno che mi afferrava la mano e mi tirava verso un posto che non conoscevo, verso fuori da tutto ma al tempo stesso al centro di ogni cosa...

Strillai, stringendo quella mano calda come fosse il mio ultimo appiglio per tenermi attaccato alla vita e chiusi gli occhi.

Le urla che avevo nella testa si zittirono di colpo e la mano delicata che aveva preso la mia mi lasciò con gentilezza.

Battei le palpebre, guardando la ragazza che avevo danti come fosse un miraggio.

I lunghi capelli mori le ricadevano sulle spalle e gli occhi verdi scintillavano insieme alle lucciole colorate che ricoprivano quel luogo misterioso e inesistente in cui mi aveva portato.

-Dove siamo?- le chiesi, mentre lei continuava a sorridere.

Non rispose e il silenzio per un secondo regnò sul mondo.

Ripetei la domanda, ma la ragazza non disse niente. Si limitava a guardarmi, le labbra rosate curve in uno splendido riso e gli occhi che continuavano a mandarmi quel messaggio così tranquillo, intonato perfettamente a quell'ambiente fatato.

-Ehi, dove...?

Ma la mia frase rimase sospesa perché improvvisamente tutto il mondo tremò.

Guardai la ragazza, il suo viso che sfumava e il mio corpo che lentamente riassumeva la sua classica forma.

Abbassai le palpebre e le strinsi; poi, piano piano, tutto riacquistò il senso che aveva sempre avuto. Ogni cosa si riempì di luce e io...

*

aprii gli occhi.

Sentivo il sudore grondarmi dalla testa e il caldo intorno a me era incessante.

Boccheggiai per un secondo, come se mi avessero privato dell'ossigeno e sbattei le palpebre, tentando in tutti i modi di mettere a fuoco ciò che mi circondava.

Il pavimento su cui stavo era scosso dai sussulti e ogni cosa sembrava vibrare. Un tintinnio di oggetti che sbattevano l'uno contro l'altro era il solo suono nella stanza (o almeno, quella che pensavo fosse una stanza) oltre a un rombo cupo di sottofondo che sembrava volermi perforare i timpani.

Provai a muovermi, ma ero bloccato: delle catene in puro Vibranio mi tenevano fermo al suolo e le mani erano rinchiuse in manette identiche a quelle di Logan.

Mi morsi un labbro, per poi passare a esaminare quell'ambiente immerso nella penombra.

Saranno stati circa dieci o quindici metri quadrati, tutto pieno di casse e contenitori per il trasporto merci.

Tentai di dimenarmi ancora, ma le energie mi mancavano e quelle manette erano indistruttibili.

Solo allora mi accorsi di non avere più addosso il costume da Spider-Man. Me ne avevano privato e ora vestivo solo una maglietta a maniche corte logora e grigia con dei pantaloni che sembravano ripescati da un cassonetto. Ai piedi soltanto dei calzini neri e polverosi.

Dove cavolo sono? Pensai, preso da una voglia incontenibile di scoppiare a piangere.

Scossi la testa fra me e mi morsi con forza l'interno della guancia, per impedire alle lacrime di scendere copiose.

Uno scintillio azzurro mi fece voltare lo sguardo.

Sgranai gli occhi, vedendola.

Raven era là, accucciata sul pavimento, in ginocchio, nella mia stessa posizione. Le braccia tirate all'indietro e bloccate da quelle catene così crudeli.

Teneva lo sguardo basso, nessun movimento nel suo corpo: non riuscivo a capire se fosse sveglia o dormisse.

Deglutii.

-Ehi- dissi nella sua direzione, appena un po' forte, sperando che la mia voce superasse quel rombo costante.

Lei non si mosse, gli occhi fissi sul pavimento. Era vestita come me, come una detenuta...

Mi morsi il labbro.

-Raven?- feci a voce un tantino più alta.

Mi rispose solo un sospiro rassegnato.

Beh, almeno non dormiva...

Mi sforzai di avvicinarmi di più alla Mutante, ma le catene mi bloccarono e i polsi gridarono di dolore. Mi ritrassi: non sarebbe servito a niente.

-Mystica?- la chiamai, sperando che magari quel nome le andasse più a genio.

Infatti le si voltò.

Il suo volto era duro e segnato, gli occhi ambrati che non scintillavano più come la prima volta.

-Cosa vuoi?- mi chiese, il tono distrutto e spento -Non lo vedi che ci hanno catturati?

-Cosa è successo?- le domandai.

Un altro sospiro.

-Che cosa ti devo dire? Ci hanno preso- mi guardò e fece una smorfia -Hanno lasciato Logan alla base, in Italia, e poi hanno imbarcato noi su questo volo per l'America... probabilmente vogliono farci un processo, o qualcosa del genere...

Deglutii e annuii.

-Quindi?- le chiesi, cercando nuovamente il suo sguardo, che era scivolato verso il basso -Cosa facciamo adesso?

-Cosa vuoi fare?- mi guardò e scosse piano il capo -Non c'è niente che possiamo fare, ragazzo: siamo in aria, un aereo diretto verso la tua patria... io sono bloccata in questa dimensione ed è tutto finito; non c'è più niente che possiamo fare.

Non tentai nemmeno di ribattere e tra noi calò il silenzio.

Il sogno assurdo che avevo fatto si affacciò quindi nella mia mente stanca, ma non tentai neanche di comprenderlo... Avevo visto Tony, là dentro, una creatura che aveva l'aria di essere Thanos... poi era successo qualcosa e tutto si era spento.

La seconda parte non la comprendevo... ma, la verità, nessun sogno ha mai davvero senso.

Bene, era tutto finito... dovevo solo arrendermi al fatto che lo S.H.I.E.L.D ci avesse arrestati... che avevamo fallito nella missione e niente avrebbe potuto mettere a posto le cose. Beh, tranne forse lo schiocco magico delle dita di qualcuno... ma ormai le Gemme erano state nascoste in zone remote dell'universo, dopo la sconfitta di Thanos, e a nessuno era permesso sapere dove fossero.

Gli umani della dimensione B continuavano a morire, lo sapevo e, a quanto pareva, anche io sarei stato come morto. Probabilmente rinchiuso in un qualche carcere specializzato per i dotati o cose così...

Beh, dovevo solo arrendermi...

Abbassai lo sguardo e chiusi gli occhi, lasciando che una lacrima mi inzuppasse le ciglia per poi scivolarmi lungo il volto sporco di polvere.

Lentamente, poi, il sonno mi prese e mi trascinò con sé in un luogo probabilmente sconosciuto. La sensazione che ebbi mentre crollavo nell'incoscienza, però, era diversa ora... sembrava quasi che fosse voluta da qualcosa di estraneo.

Ma non avevo né le forze né la voglia di rifletterci...

Il buio mi avviluppò la mente e, nelle tenebre, mi sembrò mi vedere solo una vaga figura di B maiuscola prima di svenire...

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