Di solito mi piace l'idea di una vacanza
Alzai lo sguardo sull'insegna a led.
Nachosmania
Dove i nachos sono superiori
Mi voltai verso Alex.
-Questo è l'unico ristorante del genere su questa strada- commentai -Sebbene mi aspettassi da Tony qualcosa di più...
-Lussuoso? Estroverso? Accattivante?- mi interruppe Alex sorridendo.
-Qualcosa di simile- risposi accennando un sorriso storto.
Passammo attraverso una tenda di perline colorate per entrare in un locale immerso nella penombra.
Capii al volo che il posto era il tipo di luogo in cui uno mangia quando in tasca ha solo pochi spiccioli o è in ritardo e vuole inghiottire un boccone veloce.
Decorazioni di plastica a forma di cactus e sombrero di vimini erano appesi ovunque.
Una musica gracchiante messicana rimbombava dagli altoparlanti scadenti e camerieri vestiti con grembiuli colorati facevano avanti e indietro per i tavoli.
Non c'era tanta gente, anche perché chi, oltre a noi, mangia alle quattro del pomeriggio?
Un odore di guacamole mischiato a verdure varie aleggiava per il locale e il bancone principale era ingombro di bicchieri sporchi e ciotole di plastica cariche di snack.
C'erano in tutto sei tavoli. Tre erano vuoti, uno era occupato da due ragazzi che chiacchieravano animatamente, l'altro da una coppia di signori di mezza età in divisa da lavoro e l'ultimo...
Strinsi gli occhi e fissai l'uomo vestito con impermeabile nero e cappellino da baseball che gli copriva il volto.
Era immobile nel tavolo all'angolo ed era l'unico a non aver alzato lo sguardo quando eravamo entrati.
-Salve!- ci salutò una cameriera sorridente, sbucando all'improvviso e facendomi sobbalzare -Un tavolo per due?- chiese esibendo i denti bianchissimi.
-Ahm, noi...- balbettai.
-Sono con me- annunciò Tony Stark dall'angolo del locale, rivolgendoci un sorriso.
-Benissimo!- esclamò la cameriera -Accomodatevi pure- indicò il tavolo e, allegra, si diresse dietro al bancone.
Io e Alex ci scambiammo un'occhiata per poi sederci con Iron-Man.
-Allora?- chiese Tony afferrando una bottiglia di birra appoggiata sul tavolo e prendendone un sorso.
-Allora cosa?- domandai a mia volta -Mi ha invitato lei.
-Sì, è vero- fece lui, poi si passò i denti sulla lingua -Ma siete voi ad aver rubato i documenti dello S.H.I.E.L.D dal computer.
-Il tuo computer- fece notare Alex -Quelle informazioni potevi guardarle in qualunque momento.
Tony sorrise.
-Non posso negarlo, ma i documenti al suo interno li aveva inseriti Banner e la maggior parte erano criptati- si appoggiò allo schienale della sedia -Ovviamente non mi è stato difficile aggirare il sistema e decodificarli, eppure tutto ciò che sono riuscito a trovare lo conoscevo già da un pezzo. Erano informazioni vecchie, trite e ritrite- sospirò -Insomma, alla fine anche la scoperta di dover andare a Roma non è più stata elettrizzante, perché non ci sono informazioni su questo campo. Ok, un concentramento di energia in Italia, ma non spiega quale potrebbe esserne la fonte- fece una pausa e ci fissò -Ma questo è stato prima che voi veniste da me e mi raccontaste quella storia assurda sulla X-Mansion (si chiama così, no?) e della telepate psicopatica.
-E con questo cosa vorrebbe dire?- gli chiesi, accigliato.
-Con Banner ho finto di non sapere niente di questa storia- continuò Tony, ignorandomi -Lui non ha idea di ciò che mi avete raccontato, ma, da quanto ho capito, anche lui e Coulson posseggono questa informazione e, probabilmente, anche altre che ci farebbero comodo.
-In parole povere sta dicendo che dobbiamo interrogare Coulson e Banner?- chiese Alex, scettica.
-Sto dicendo- disse Tony -Che dobbiamo raggiungere Roma prima di loro e ottenere più informazioni di quelle che possiedono, in modo da essergli un passo avanti.
-Lei non si fida dello S.H.I.E.L.D?- domandai.
Il signor Stark sorrise.
-Perché dovrei? Quelli ci hanno ingannato una marea di volte e faranno di tutto per tenerci all'oscuro di questo storia.
-Ok, ipotizziamo che qui i cattivi siano Banner e Coulson- disse Alex -Come facciamo a raggiungere Roma prima di loro? Quando io e Peter eravamo all'aeroporto loro stavano per partire: saranno già là da un pezzo!
-Saranno a Roma- dissi sorridendole -Ma la telepate saprà già che la stanno cercando. Se siamo fortunati non l'avranno ancora trovata.
Tony fece il gesto di una pistola con una mano e mi indicò.
-Sapevo che parlavamo la stessa lingua, Parker- disse facendomi l'occhiolino.
-Va bene- intervenne nuovamente Alex -Fino all'andare a Roma ci arrivavo anch'io. Ma una volta là? Qualcuno ha un'idea con cui trovare una donna che non vuole essere trovata?
Il signor Stark sbuffò.
-Il mio piano, Alex, è improvvisare. Ho sempre fatto così e, guardami, sono ancora integro.
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
-Hai sempre fatto così e un milione di volte hai rischiato di morire- fece notare, guardandolo con la fronte aggrottata.
-Questi, cara, non sono altro che dettagli.
Alex mi guardò.
-Peter, tu che dici? Sei per l'improvvisazione o per un piano ben architettato e, certamente, molto più sicuro e sensato?
Battei le palpebre.
-Boh- dissi sincero.
La mia amica sbuffò pesantemente.
-Facciamo così- puntò gli occhi sullo zio -Io mi architetto un piano di riserva nel caso qualcosa vada storto, per il resto possiamo improvvisare.
-Scusate?- alzammo gli occhi sulla cameriera sorridente di prima -Ho la vostra ordinazione- posò sul tavolo un gigantesco piatto di nachos versione famiglia ripieni di salsa extra.
-Finalmente!- esclamò Tony.
-Grazie- dissi alla cameriera che era rimasta impalata accanto al tavolo.
-Niente!- rispose lei continuando a sorridere.
Non appena si fu allontanata ci fiondammo sul piatto.
Il mio pranzo era stato piuttosto leggero (un solo, singolo e misero, panino al prosciutto e un bicchiere di succo di frutta) e a casa non avevo avuto occasione di fare merenda per dedicare il poco tempo ai compiti, perciò non appena misi gli occhi su quel ben di dio mi resi conto di morire di fame.
A quanto pare anche il pasto di Alex era stato scarso, infatti pure lei mangiò voracemente il cibo messicano.
Solo Tony spiluccava qua e là ogni tanto e ci fissava con un sorriso soddisfatto.
Quando della mega porzione non rimase che poca roba io mi appoggiai allo schienale della sedia, pieno come non so cosa.
-Mangiato bene?- chiese il signor Stark bevendo un sorso della sua birra.
-Non mangerò più nachos in vita mia- mormorai -Mi scoppia lo stomaco!
Alex mi sorrise.
-Credo che nemmeno io oserò mangiare altra roba per oggi.
-Benissimo- commentò Tony inclinando ancora di più la bottiglia sulle labbra -Perché il piatto costa cinquanta dollari e io non ho moneta, perciò dovrete pagare voi.
Lo guardai stralunato.
-Cosa?!- domandai stranito -Come fa Tony Stark a girare senza soldi?
Quello sorrise.
-È ovvio che non capisci gli scherzi, Parker.
-Quindi paghi tu?- gli domandò Alex.
-Naturale- rispose appoggiandosi allo schienale -Però, in cambio, voi verrete con me a Roma.
-Certo- dissi -In fondo era questo il piano, no?
Tony ghignò.
-Ma penso che nel tuo immaginario non si partiva domani.
-Aspetta... Domani?!- fece Alex.
Il signor Stark si alzò dal tavolo.
-Esatto- informò -Ho già organizzato tutto. Domani alle quattro di pomeriggio, al mio aeroporto personale, mi raccomando. Portate anche l'amico Mutante.
Si diresse verso la cassa sotto i nostri sguardi allibiti e pagò il conto alla cameriera sorridente.
Un attimo prima di uscire dal locale si voltò verso di noi e ci fece l'occhiolino.
*
-Era serio?- chiesi ad Alex mentre la accompagnavo a casa -Davvero domani dovremo partire per Roma?
La ragazza era sconvolta quanto me.
-Non è la cosa più strana che abbia fatto, ma non penso proprio che scherzasse- scosse la testa -Come accidenti faccio a dirlo ai miei genitori?
-Come accidenti faccio con mia zia?- mi passai stancamente una mano tra i capelli, poi guardai Alex -Penso dovrai annullare l'idea di organizzare un super piano, in un giorno è complicato architettare qualcosa.
La ragazza sbatté le palpebre.
-Al momento questo è l'ultimo dei miei problemi- sbuffò -A volte mio zio è terribile!
Puoi dirlo... Pensai amareggiato.
-Dovrò trovare una soluzione con mia zia. Tu avverti Logan- le dissi quando ormai eravamo davanti a casa sua.
-Certo- mormorò mentre si avviava per il vialetto, poi si voltò -Ci vediamo qui davanti a casa mia alle tre e mezza. Porta la bici, faremo prima ad arrivare all'aeroporto.
-Ok- feci un sorriso amaro -Buona fortuna.
-Idem- disse Alex mentre apriva la porta di casa.
*
-Zia May- dissi sedendomi accanto a lei sul divano davanti alla TV -Devo dirti una cosa.
Avevo passato tutto il tragitto verso casa spaccandomi il cervello nella ricerca di una scusa credibile da dire a mia zia sul fatto che il giorno dopo sarei partito con Tony Stark verso Roma e che sarei tornato chissà quando; e ora speravo che la mia giustificazione reggesse le sue domande e dubbi.
May spense la tele e si voltò verso di me.
-Va tutto bene, Peter?- mi chiese preoccupata.
-Sì- la tranquillizzai abbozzando un sorriso -è una cosa da nulla...
-Oh, grazie al cielo- mia zia si portò una mano al cuore.
Deglutii.
-Senti, domani la scuola ha organizzato un viaggio di una settimana nella quale andiamo a visitare il New Jersey- iniziai a sudare freddo -Partiamo alle quattro del pomeriggio e io ci terrei ad andare.
May batté le palpebre, sorpresa.
-La scuola non mi ha avvisato di niente.
-Magari hanno sbagliato con le mail. Sai, è facile confondersi- dissi con un sorriso che pareva disegnato col pennarello.
Mia zia parve pensarci un attimo, poi mi guardò sorridente.
-Va bene, Peter. C'è una quota da pagare?- mi chiese allegra e io nell'animo tirai un sospiro di sollievo.
-Sì- improvvisai, rendendomi conto che forse avrei avuto bisogno di denaro -Sono ottanta dollari ad alunno.
-Ok- tirò fuori dalla borsa la cifra prescelta e me la porse -Hai già pronta la borsa per il viaggio?
-La preparo adesso- risposi.
-Ma con che mezzo andate?- chiese ancora mia zia.
-Autobus- dissi senza pensare -Ci metteremo un po', ma in fondo è il viaggio quello che conta, giusto?
-Bene, Peter- mi diede un bacio sulla testa -Dai, corri a preparare la borsa.
Ficcai dentro qualche vestito di ricambio, un libro da leggere nei rari momenti di noia, DVD vari nel caso a Roma non ci fossero film americani in lingua originale, una cartina della città, spazzolino da denti, asciugamani... Oh! E ovviamente il costume di Spider-Man.
Subito dopo essermi preparato il bagaglio, feci una rapida telefonata alla mia scuola, usando una modalità di Karen che mi permette di copiare le voci di altre persone, in questo caso quella di mia zia, avvisando che avevo preso la varicella e che non sarei venuto per una settimana (basteranno sette giorni per annientare una maniaca omicida proveniente da un'altra dimensione, no?).
Appena finito di preparare tutto sospirai facendomi cadere sdraiato sul mio letto.
Cosa poteva andare peggio?
Non sapevo neanche cosa mi attendeva in Italia, non avevo nessuna idea di come sarebbe terminata un'avventura simile e pregai Dio, Allah, Zeus, Ra, Thor... o qualunque divinità fosse in ascolto di farmi uscire vivo dall'esperienza; perché di morire una seconda volta non ne avevo proprio l'intenzione.
Dovevo essermi addormentato, perché quando il mio cellulare squillò sobbalzai come colpito da un fulmine.
Afferrai lo smartphone e sbirciai il nome scritto sullo schermo: Ned.
Sospirai e risposi.
-Pronto?
-Ehi! Come vanno le cose con la storia delle dimensioni e tutto il resto?- la voce del mio amico era più che entusiasta.
Mi passai una mano sulla faccia, tentando di mandar via il sonno.
-Sì, tutto a posto. Tranne il fatto che Tony Stark mi ha appena invitato domani ad andare a Roma con lui e sconfiggere una svitata venuta da una realtà alternativa posso dire di stare alla grande.
-TROPPO figo!- esclamò Ned dall'altra parte del telefono -Spider-Man ritorna in azione, eh? Woah! Non sai quanto vorrei essere con te!
-No, sono io che voglio essere con te- ribattei -Senti, non hai idea di che guaio sia. Non so neanche a cosa sto andando in contro e il signor Stark voleva tenere me e Alex all'oscuro del viaggio fino a oggi pomeriggio. Renditi conto, dovevo fare un viaggio intercontinentale per domani e non lo sapevo!
-Beh, è il lavoro dei supereroi, no?
-Certo, i supereroi devono spaccarsi in due per la gente comune quando potrebbero tranquillamente starsene a casa a guardare la TV.
-Ah, tu sei troppo pessimista!
-Tu dici?
-Sì! Sai quanta gente vorrebbe essere te? Quante persone sognano di essere onorate come lo sono i supereroi?
-Sì, due giorni da Spider-Man e rimpiangeranno di essere nate.
-Perché oggi sei così serio?
-Forse perché potrei morire, di nuovo.
-Oh, cavolo. Peter, goditelo un po', sei Spider-Man, per la miseria!
-Uno Spider-Man che tutti sfruttano per fare cose che non vuole fare. Persino Alex mi tratta come se non fossi un Avenger ma uno stupido ragazzino!
-Ok, oggi sei di cattivo umore, ho capito. Va beh, dai, ti richiamo domani.
-Se non sono già morto...
-Ciao, Peter.
-Ciao, Ned.
*
-Vuoi che ti accompagni?- mi chiese zia May porgendomi il borsone da viaggio.
-No, no, grazie- mi affrettai a rispondere -Vado in bici, mi piace pedalare.
-Come vuoi- mi diede un bacio veloce sulla guancia -Divertiti!
-Anche tu- la abbracciai -Ciao- e uscii dalla porta di casa.
Nel sottoscala del nostro condominio c'è un ammasso di biciclette appartenenti a tutti gli abitanti della palazzina. La mia è una bici blu e rossa (ma va?) un po' arrugginita ma abbastanza funzionante. Ce l'avevo da qualche tempo, ma l'anno prima l'avevo portata a far aggiustare un freno scassato e il tecnico, un vecchio amico di famiglia, aveva deciso di farmi una sorpresa riverniciandola completamente. Una volta visti i colori ero impallidito, ma dopo un po' avevo imparato a ignorare la cosa, dicendomi fosse uno stupido scherzo del destino.
Mi misi la borsa a tracolla e montai in sella.
Quel lunedì pomeriggio le vie di New York erano meno affollate del solito e le ruote scivolavano sui marciapiedi senza rallentare minimamente.
Il freddo in faccia mi aiutò a distrarmi dall'idea che entro pochi giorni avrei potuto rivivere l'esperienza di morire.
La casa di Alex non era lontana e arrivai con due minuti di anticipo rispetto a quanto programmato.
Smontai, tirai giù il cavalletto con uno scatto fulmineo e mi avvicinai alla porta tentando di aggiustarmi i capelli, in aria per via del vento (credevate davvero che Spider-Man mettesse il casco?), una volta che ebbi constatato che la mia pettinatura sarebbe rimasta orrenda qualunque cosa tentassi di fare, suonai il campanello.
La porta si spalancò e una Alex sorridente mi si parò davanti.
Portava una felpa con cerniera blu scuro e dei pantacollant neri. Scarpe da ginnastica comode ai piedi, guanti da ciclista sulle mani, un casco celeste sul capo e uno zaino sportivo sulle spalle.
Dietro di lei, Logan mi guardava truce come al solito; vestito con T-shirt grigia, pantaloni da meccanico e una borsa da viaggio in mano.
Lo sguardo della ragazza schizzò sui miei capelli.
-Vuoi un casco?- mi chiese indicandoli.
Scossi la testa.
-No, grazie, faccio a meno.
Scrollò le spalle.
-Come vuoi.
Mi feci da parte per lasciarli uscire. La ragazza si diresse verso un capanno nell'angolo del giardino e ne tirò fuori una bicicletta azzurro cielo e una un po' più vecchiotta grigia e nera che porse a Logan.
Lanciò un'occhiata alla mia, parcheggiata sul vialetto.
-Colori originali- commentò sarcastica.
-Ti prego, pensavo fossi abbastanza seria da non farmelo notare- dissi montando in sella.
-Sorpresa! Non lo sono- mi sorrise iniziando a pedalare davanti a me.
Guardai Logan e quello ricambiò con uno sbuffo.
-Che stai aspettando? Seguila- mi disse indicando la bici di Alex con il mento.
-Certo- borbottai andandole dietro.
Alex sembrava conoscere benissimo la strada per l'aeroporto e non esitò neanche un istante sulla via da percorrere. Io, al contrario, ci ero stato solo una volta nel 2016 quando Tony mi aveva imbarcato per la Germania e, sebbene io abbia molta memoria, non arrivo fino a questo punto.
Trenta minuti di pedalata veloce tra i grattacieli di New York e fummo arrivati a destinazione.
Non avevamo parlato per tutto il tragitto e, una volta davanti all'unico gate contenente uno Stark-Jet scintillante, ci bastò un'occhiata per poi dirigerci verso l'aereo.
-Ciao, Happy- disse Alex all'uomo ai piedi davanti alla scala che portava all'entrata del jet.
-Ah, ciao- brontolò lui -Tuo zio è già dentro.
-Grazie- disse la ragazza -Ti assicuri tu che le nostre bici siano trattate bene?
Happy la squadrò.
-Signorina Potts, Tony mi ha pagato per stare qui e aspettarvi, non per badare ai vostri veicoli.
-Almeno lasciale dentro l'hangar in caso di intemperie, no?- disse Alex. Si tolse il casco e glielo porse.
Happy rimase un attimo stranito. Stava per ribattere, ma Alex era già alla fine della scala.
Guardò male me e Logan mentre la raggiungevamo, ma lo ignorai.
L'interno dello Stark-Jet era pulito e lucido.
Angolo bar completo di ogni cosa, hostess sorridenti, bagno, corridoio largo e spazioso e (soprattutto) grandi e morbidi sedili di pelle!
Tony era seduto su uno di essi e cincischiava con il suo smartphone quasi fosse un ragazzino. Appena entrammo ci riservò un caloroso sorriso.
-Ah, siete venuti- commentò con sguardo misterioso.
-Ahm...- stavo per rispondergli quando una hostess mi toccò una spalla.
-Posso prendere i vostri bagagli?- ci chiese indicando la mia borsa.
-Oh, certo- mi sfilai il borsone e glielo porsi. Lo stesso fecero Alex e Logan. La giovane donna scomparve nell'angolo bar.
-Venite- ci disse Tony -Accomodatevi pure.
I sedili erano organizzati in quattro posti intorno ad un tavolino, subito dietro altri quattro intorno ad un altro tavolino e così via.
Alex si sedette accanto allo zio, mentre io e Logan ci accomodammo davanti a loro.
-Sapete- il signor Stark appoggiò i gomiti sul tavolino e unì le dita delle mani -Sono felice che siate riusciti a venire- ci sorrise -Per un attimo ho creduto che non l'avreste fatto. Un attimo contato visto che sono le 16:01.
La battuta non fece ridere nessuno.
Tony si appoggiò allo schienale del sedile.
-Pubblico difficile- commentò.
Deglutii.
-Sentite, ho prenotato un appartamento in centro a Roma per tutti e quattro. Ognuno avrà la propria stanza e bagno privato; dovremmo arrivare in cinque ore, non di più- ci scrutò -Penso vada bene per tutti, no?
Al silenzio unanime sospirò.
-Lo prenderò per un sì- si morse il labbro, poi esclamò -Possiamo partire!
-Certo, signore- rispose Friday, gentilmente.
Improvvisamente tutto iniziò a vibrare. La porta che dava sull'esterno si chiuse, un rombo cupo avvolse tutti gli altri suoni.
Le ruote cominciarono a muoversi e scivolare in avanti sulla pista di lancio.
Poi il velivolo si staccò la terra e iniziammo a prendere quota.
Stavamo volando.
Il viaggio era iniziato.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top