Appuntamento con l'armadio


-Peter.

Finii di scrivere l'ultima parola sul quaderno per poi abbassare lo sguardo su Alex dal letto a castello. La ragazza aveva gli occhi cerchiati da profonde borse scure e il suo aspetto non era assolutamente dei migliori.

-La colazione è pronta- aggiunse lei indicando la porta della stanza.

-Non ho fame- dissi riabbassando gli occhi sulle pagine del taccuino -Mangiate senza di me.

Alex sospirò.

-Pete, nessuno di noi ha dormito niente stanotte, non puoi convincermi così di non aver bisogno almeno di un caffè...

-Ho detto che non ho fame.

Si fece passare una mano fra i capelli arruffati ed emise un secondo sospiro.

-Quel quaderno non è la soluzione ai tuoi problemi- mi disse -Non risolverà niente compilarlo, e lo sai. Quindi adesso scendi da lì e vieni a mangiare con noi.

Scossi la testa per poi guardarla negli occhi.

-Ti prego, Alex... ho solo bisogno di riflettere...

-Abbiamo tutti riflettuto abbastanza... anche Tony inizia a dare segni di cedimento dopo tutto questo tempo... abbiamo tutti bisogno di un momento di pausa- abbozzò un sorriso -Dai, vieni, c'è una torna al cioccolato che non ti puoi perdere.

Sospirai.

-Davvero, Ale... non ho fame.

-Devo dire a Daisy che non apprezzi la sua cucina?

Le sorrisi.

-Sei sicura che valga la pena per la torta?- domandai chiudendo il quaderno con uno scatto.

Annuì.

-Te ne innamorerai.

Mi morsi un labbro.

-Da quanto siamo svegli?

-Tanto, Peter- abbozzò un altro sorriso stanco morto -Troppo.

Scossi piano la testa.

-Ok...- commentai -Forse davvero è meglio mangiare qualcosa.

-Ti aspetto di là- mi lanciò un ultimo sorriso prima di uscire dalla stanza.

Guardai il quaderno che reggevo ancora in mano e ne strinsi le pagine con forza. No... non sarebbe servito a niente continuare a compilarlo, sarebbe stato inutile anche solo pensare che scriverci dentro aggiustasse le cose... Eppure ormai era pieno zeppo dei miei pensieri.

Dal pomeriggio prima, quando l'avevo rinvenuto in uno scaffale della libreria di quel piccolo appartamento avevo deciso che sarebbe stato mio.

Non era una buona trovata scrivere tutto ciò che sapevamo sulla dimensione B e ogni avvenimento accaduto fino ad allora su un taccuino senza neanche un lucchetto a chiuderlo: chiunque l'avesse trovato avrebbe saputo ogni cosa su di noi, su Logan, sullo S.H.I.E.L.D... eppure avevo bisogno di mettere quell'assurda avventura nero su bianco, necessitavo di un luogo in cui sfogarmi, in cui scarabocchiare qualsiasi cosa mi passasse per la mente... qualcuno a cui raccontare tutto questo senza che quel qualcuno mi prendesse per folle. Avevo visto questa persona dentro quelle pagine bianche.

Sospirai per poi abbandonarlo sul cuscino e saltare giù dal letto. Ora dovevo ammettere che un po' di fame l'avevo.

*

-Vuoi provarlo in casa?!- esclamai guardando Alex con gli occhi fuori dalle orbite -Adesso?!

-Altrimenti quando, Pete?- fece lei inarcando un sopracciglio -Da quanto ha detto Logan dobbiamo andare in via cinque Maggio alle quattordici e cinquanta, no?- fece un sorriso storto -Perciò abbiamo una sola mattina per provarlo!

-E poi non è mica un'arma, Parker- disse Tony incrociando le braccia -Solo un radar per l'EdB2, niente di straordinario.

-È esploso- feci notare accigliato -Quindi non è che sia esattamente innocuo...

-Dai, Pete!- mi pregò Alex -Facciamo così: lo provo prima su di me, ok?

L'aggeggio che reggeva la ragazza era molto simile a quello che aveva usato Simmons su di me: un affare a forma di pera con un magnete da una parte e un display dall'altra che emetteva degli strani sibili a intervalli regolari.

-Ma che stai facendo?!- urlai mentre Alex si slacciava la zip della felpa.

Lei mi guardò, confusa.

-Il cotone di questa felpa è troppo spesso per il nostro radar- disse -Mi tolgo solo questa per fare una prova con indosso solo la maglietta a maniche corte il cui tessuto è abbastanza sottile.

-Pensavi si stesse spogliando?- Tony mi fissò con un ghigno.

-Beh...

Alex alzò gli occhi.

-Quanto sei scemo, Peter!- mi disse.

-Non è che si possa fare tanto con un paio di rifiuti scassati e una cassetta per gli attrezzi rinvenuta sotto il letto- fece Tony sorridendomi -Ma almeno abbiamo creato un affare abbastanza potente da farti rimanere vestito, Parker.

Rimasi zitto, a disagio.

Alex si fece passare l'aggeggio sul ventre dalla parte del magnete.

Quello emise un sibilo antipatico prima che il monitor si illuminasse.

Xal: 0

annunciò l'affare dopo un bip soddisfatto.

-Che accidenti è una Xal?- feci fissando lo schermo, accigliato.

-Abbiamo creato un'unità di misura per l'EdB2- rispose Tony scrollando le spalle -Una Xal equivale a 0,02 mSv.

Lo fissai strano.

-Lo Sievert misura le radiazioni nocive, signor Stark- gli feci notare, perplesso.

Lui mi sorrise.

-L'EdB2 però non è nociva, Parker- mi fece -Per questo abbiamo creato una sua unità di misura- chiarì incrociando le braccia.

-Io, come ti ho già detto, sono semplicemente umana- mi sorrise Alex -La mia struttura non assorbe questo tipo di radiazione, mentre tu potresti avere ancora qualche traccia di essa dentro di te.

Sospirai.

-Non è esploso- notai tra me -Vale la pena fare un tentativo.

-Togliti la felpa- mi ordinò Tony.

Obbedii per poi lanciarla sul letto a castello della stanza.

Deglutii mentre Alex avvicinava l'affare al mio petto e lo faceva scorrere lentamente.

Tre secondi, poi il coso emise il solito bip.

Xal: 1,5

fece l'aggeggio.

-Funziona!- esultò Alex.

-Ricordami a cosa serve esattamente questo affare- le dissi -Perché ne avete fabbricato uno?

-Per capire se davvero Coulson è un Mutante- rispose Tony -Se la tua teoria è davvero sensata, Parker, questo affare rivelerà subito le radiazioni nel suo corpo.

-E ora abbiamo anche un indizio da parte di Logan- sorrise Alex.

Feci una smorfia.

-Ma secondo ciò che so non abbiamo manco un centesimo- mi accigliai -Come cavolo facciamo ad arrivare in via cinque Maggio?

Tony scoppiò a ridere.

-Sembra quasi che tu ti sia dimenticato di poter sparare ragnatele- ghignò.

-Mi vuole dire che...

-Esatto- sorrise il signor Stark -Non ho intenzione di prendere un altro taxi.

Come se Tony avesse mandato un messaggio telepatico, il suo bracciale si spiegò, arrampicandosi e ricoprendolo di un'armatura dorata. In una spirale di scintille il tutto raggiunse il viso di Tony, che un secondo dopo era coperto.

Per tocco finale, come al solito, gli occhi blu si accesero e guardarono me e Alex con il tipico fare minaccioso che deve avere Iron-Man.

-Sarà meglio salutare Daisy- fece lui a questo punto, con una voce metallica -Ragazzi, ce ne andiamo.

*

Credevo che Skye si sarebbe offesa all'idea che noi andavamo via così presto senza neanche un minimo di preavviso, invece la donna scrollò le spalle, ci augurò buona fortuna e fine.

Erano le quattordici meno cinque quando la porta dell'appartamento di Daisy Johnson si chiuse davanti ai nostri nasi.

Avevamo poco meno di un'ora per raggiungere il posto... e il fatto di non avere la minima idea di dove fosse via cinque Maggio non è che fosse un punto a nostro favore... e poi non possedevamo nemmeno un minimo di navigatore per arrivarci: Karen aveva solo le mappe d'America e la batteria dell'armatura di Tony si andava lentamente esaurendo... L'unica cosa da fare era chiedere informazioni.

Alex tornò da noi dopo una rapida corsa. Scosse la testa e ci fissò, abbattuta.

-Niente da fare- fece con una smorfia -Neanche questo tipo sa dove sia.

-Wow, i romani conoscono davvero molto la propria città- commentò Tony Stark con uno sbadiglio annoiato.

-Beh, a questo punto sarebbe meglio prendere una cartina e cercare lì, no?- proposi guardando Alex.

-Intendi una mappa cartacea?- domandò lei inarcando un sopracciglio.

-Anch'io non sono d'accordo, ma che cavolo di scelta abbiamo?- feci alzando i palmi delle mani verso l'alto -E poi, scusa, che hai contro le cartine di carta?

-Semplicemente siamo nel 2019- rispose Tony -Usare una roba di carta è come andare in giro per New York vestito da principe medioevale.

Sospirai.

Ci mancavano anche i maniaci di tecnologia.

Tesi una mano verso il signor Stark e mi accigliai.

Lui mi fissò per un secondo, senza capire.

-Quindi?- chiese indicando il mio palmo con il mento.

-Mi dia due euro- gli dissi, alludendo agli spiccioli che ci aveva dato Daisy prima di uscire -Vado alla bancarella qui vicino, compro una cartina e andiamo a cercare questa maledetta via cinque Maggio.

Sbuffò, infilando una mano nella tasca della felpa ed estraendo il portafogli.

Mi tese una monetina argentata.

-Quella cartina è poi una tua responsabilità, Parker- mi fece mentre io stringevo il soldo con una mano sudata.

-Come vuole.

Girai sui tacchi e feci una rapida corsa verso la bancarella prescelta.

La temperatura di Roma era molto più umida e mediterranea di quanto fosse New York. Sotto la felpa e il costume aderente mi sembrava di evaporare.

Mi avvicinai al bancone e mi diedi un'occhiata veloce intorno. Un sacco di gadget pendevano ovunque come bozzoli di farfalla. Le calamite del Colosseo regnavano supreme su grandi lavagne magnetiche e magliette con stampe colorate diventavano tende dietro cui nascondersi.

Il venditore, un uomo abbronzato con una lunga barba nera, mi squadrò mentre io ricercavo in quel caos una minima cartina della città.

Feci una smorfia, rendendomi conto dell'assenza di tale oggetto.

-Ahm, mi scusi- chiesi al tale alzando un dito.

-Sì?- fece quello, in un accento profondamente romano.

-Avete per caso delle cartine di Roma, qui?- domandai abbozzando un sorriso amichevole.

Quello si accigliò, e i suoi occhi vennero celati per un istante dietro folte sopracciglia scure.

-Di carta?- chiese, dubbioso.

Oddio, com'è diventato questo mondo! Pensai tra me, esasperato.

-Sì- risposi, mantenendo il mio sorriso con sforzo -Perché di solito le cartine sono appunto di carta.

-Ah- fece il tipo, annoiato -Non le compra mai nessuno- aggiunse poi -Ne vuoi davvero una?

Il mio sorriso scivolò in un sospiro.

Gli porsi la mia monetina.

-Sì- gli dissi freddo, senza più neanche curarmi di sembrare educato.

Quello si accigliò di nuovo per poi immergersi nel caos del suo baracchino.

Emerse due secondi dopo con in mano un pezzo di carta ripiegato e impolverato con su scritto a caratteri cubitali ROMA.

Me lo porse e in cambio gli diedi i due euro.

Quel tipo non si degnò nemmeno di farmi lo scontrino per poi farmi cenno di andarmene come fossi solo una scocciatura come tante.

Che bello essere considerati!

*

Sbirciai oltre il gigantesco foglio che reggevo in mano, fissando la strada davanti a me e i fili colorati sulla cartina a intervalli regolari.

-Spero tu sappia cosa stai facendo- mi fece Tony, a un paio di metri dietro di me.

Non mi degnai neanche a rispondergli e imboccai un vicolo che se non fosse stato segnato sulla mappa non avrei nemmeno notato.

Lì le ombre erano perenni.

Sembrava di essere piombati nella notte in pieno pomeriggio, come se ci fosse stata un'improvvisa eclissi solare non programmata.

-Pete, comincio a pensare che tu non abbia idea di dove stiamo andando- disse Alex, facendo eco allo zio.

Ignorai anche lei, continuando a camminare come nulla fosse.

Enormi palazzi emergevano dal terreno ai miei lati, coprendo la poca luce rimasta. Guardando in alto si scorgeva soltanto una timida striscia di cielo, il resto era celato da quegli enormi grattacieli paragonabili a quelli della mia città.

Strinsi gli occhi per poter vedere il disegno sulla cartina e quando, alzando lo sguardo, vidi una porta decrepita sulla nostra sinistra temetti seriamente di aver sbagliato strada.

Mi bloccai sul posto, studiando la mappa che avevo in mano come se su quel foglio ingiallito fosse scritto il senso della vita. Collegai a quel disegno la strada che avevamo fatto, a ogni singola via... e, sì, il numero dieci era senza ombra di dubbio quello che avevamo davanti.

Deglutii.

-Quindi?

La voce di Tony mi fece sobbalzare.

-Ci hai portati nel vicolo più isolato di questa città, complimenti... e alla fine non abbiamo neanche dovuto usare i nostri gadget visto che ci hai fatto camminare per tutta la città sotto un sole che spacca le pietre- mi guardò con le braccia incrociate e mi rivolse quello sguardo che solo il signor Stark sa fare e che ogni volta mi mette i brividi -Ma adesso hai intenzione di informarci sulle tue magnifiche intenzioni o vuoi che aspettiamo che ti rendi conto di aver sbagliato strada?

Mi morsi un labbro per poi tossicchiare.

-La strada è giusta, signore- feci -Le assicuro che il posto è questo- indicai la porta di legno marcio che avevo accanto.

-Tu ci stai prendendo in giro- disse Alex, scuotendo piano la testa -E ciò potrebbe anche essere divertente se non mancassero che quindici minuti alle quattordici e cinquanta!

-Vi assicuro che non ho sbagliato strada- gemetti -Guardate!- mostrai loro il gigantesco foglio che avevo in mano -Questo è il viale che abbiamo fatto prima e questa la rotonda a cui abbiamo svoltato... Via cinque Maggio è questa! E qui c'è il numero dieci!- indica una targhetta ammuffita incastonata nel cemento accanto alla porta che segnava un 10 sbiadito ma comunque leggibile.

Alex batté le palpebre.

-Vero- ammise, stralunata -Hai davvero preso la strada giusta... incredibile.

-Mai quanto il fatto che quello stupido Mutante ci abbia fatto sgobbare come muli per arrivare in questo luogo dimenticato da Dio- aggiunse Tony guardando la porta con sguardo perso.

Mi morsi di nuovo il labbro, piegando lentamente la cartina e ficcandomela nella tasca della felpa.

-Il posto è questo- dissi -Se Logan ci ha detto di venire qui ci sarà un motivo, no?

-Inutile dire che mi aspettavo qualcos'altro- fece Alex, accigliata.

-Chiunque- fece Tony -Ma ora sarà meglio entrare.

Afferrai la maniglia arrugginita e la abbassai. Scossi la testa dopo aver spinto.

-Niente da fare.

Tony Stark sospirò.

-Tu e le tue buone maniere- mi disse mentre il suo braccialetto si tramutava in un guanto da Iron-Man.

Puntò verso la porta e una luce blu sempre più intensa gli partì dal palmo della mano, disintegrando la povera porta in una pioggia di schegge.

Una nuvola di polvere si levò mentre io e Alex tossivamo all'unisono e Tony scostava i rimasugli di legno per farci passare.

Entrammo.

Qui un profondo odore di chiuso e muffa mi invase il respiro mentre i rari raggi di luce mettevano in risalto la quantità assurda di polvere che volteggiava nell'aria.

Era una piccola casa sporca e abbandonata. Una vecchia carta da parati a fiori che forse un tempo dovevano essere gialli piena di macchie d'umidità ricopriva le pareti del minuscolo salotto.

Una libreria svuotata da ogni oggetto ci guardava dall'angolo con occhi di legno stanco e un divanetto che pareva ripescato da una vendita all'asta di antiquariato stava in mezzo alla sala, batuffoli di polvere che ci danzavano sopra.

Scambiai uno sguardo con Alex, la cui espressione era confusa quanto la mia.

-Ehi, ragazzi.

Ci voltammo verso Tony, accovacciato sul pavimento mentre fissava le antiche piastrelle con sguardo serio.

Mi avvicinai a lui e scrutai ciò che lui stava guardando.

Il respiro mi si mozzò per un attimo.

-Sono impronte- disse Alex, dando voce ai nostri pensieri.

Una fila ordinata di impronte impresse nella polvere si dirigeva verso una porta piazzata a lato del salotto.

-Qualcuno è passato di qui- disse Tony, rimettendosi in piedi e fissando la porta, pensoso.

Mi lanciò un'occhiata e si avvicinò alla soglia, l'armatura di Iron-Man che velocemente gli ricopriva il corpo.

Il mio cuore prese a battere con forza mentre il signor Stark afferrava con una mano di metallo la maniglia della porta e la abbassava lentamente.

Con uno scatto, poi, spinse con violenza, puntando il suo braccio ormai carico e pronto a sparare verso la stanza che si era appena aperta... ma non c'era nessuno.

Abbassò la mano e io ripresi a respirare.

-Una camera da letto- disse Alex -Niente di spaventoso.

Iron-Man si voltò verso di noi per poi fare un passo dentro la camera impolverata in egual modo al salotto.

-Una cosa che ho compreso nella mia lunga esperienza in questo campo- fece Tony facendo ruotare la testa e scrutando l'intera camera -è che nella maggior parte dei casi niente è realmente come sembra.

Le pareti erano rovinate e malate di muffa, una puzza tremenda aleggiava nell'aria e tutto sembrava ricreare un vecchio film horror degli anni '80.

Un letto matrimoniale a cui mancava una gamba occupava gran parte dell'ambiente e un tappeto divenuto la casa di svariate specie di scarafaggi era steso sul pavimento in parquet ormai marcio.

Una blatta si arrampicò rapida sul muro davanti a noi e io la seguii con lo sguardo, accigliato.

L'insetto zampettò sulla parete facendo a zig zag per un paio di metri fino a quando raggiunse un grosso armadio rosso piantato sull'angolo destro della stanza, probabilmente l'unico mobile lì dentro ad avere un aspetto non decadente.

Armadio rosso... riflettei.

Scambiai uno sguardo con Alex mentre anche Tony puntava gli occhi luminosi dell'armatura su quel grosso mobile scarlatto.

-Sapete che c'è?- disse Iron-Man con la tipica voce sarcastica -Credo che Wolvi nella sua telefonata si riferisse a quell'armadio, ma non so cosa me lo ha fatto capire.

-Wow, sei davvero perspicace- fece Alex ironica mentre l'armatura dello zio si ripiegava rapidamente su sé stessa.

Mi avvicinai alle ante e le tirai verso di me.

-Strano- commentai -Qui dentro non c'è niente di decrepito- aggiunsi osservando un paio di cappotti ben tenuti e le pareti di legno del mobile lisce e curate.

-Ehi, avete presente quando dicevo che niente è come sembra?- Tony ci sorrise e si avvicinò all'armadio, affiancandomi.

-Sì- lo guardai -Quindi?

-Quindi io ho sempre ragione- scostò uno dei due cappotti continuando a sorridere.

Sgranai gli occhi.

Una piccola tastiera e uno scanner per il palmo della mano sbucavano sul fondo del mobile, come se ci stessero aspettando.

-Pete, qual'era la sequenza di numeri che ti ha detto Logan?- mi fece Alex, senza perdere tempo.

-Ahm...- la fissai e abbozzai un sorriso -Fa niente se non la ricordo?

La ragazza sbuffò esasperata.

-Chiedi a Karen di ripescare quella telefonata dalla memoria!- disse.

-Quattro, due, otto, quattro- disse Tony.

Lo guardammo, confusi.

-Mi pare fosse questo il numero- rispose l'uomo -E comunque mancano solo due minuti alle quattordici e cinquanta, vi fidate di me o no?

No pensai senza riuscire a bloccare il pensiero Ma adesso non c'è tempo per discutere!

-Inserisca quel numero!- feci.

Tony fece quanto detto.

Per un secondo il mio cuore si bloccò, poi, dopo un suono acuto una voce registrata recitò:

-Codice valido. Prego scannerizzare palmo.

-Bene- deglutii -Ora... la mano sinistra di chi?

-Tu sai chi- citò Alex dalle parole di Logan che io avevo trasmesso la notte prima -Chi accidenti è?

-Manca un minuto- avvisò il signor Stark.

-Non metta ansia!- urlai -Allora, riflettiamo: Io non ho mai avuto accesso alle basi dello S.H.I.E.L.D...

-E la mia sarà stata eliminata da un pezzo- fece Alex -Quando hanno scoperto che sono venuta con te nella dimensione B...

-Eppure siamo tutti ricercati!- ribattei indicando Tony -Nemmeno lui ha l'autorizzazione... l'avranno tolta di sicuro!

-Ma in origine Fury mi aveva registrato l'accesso con entrambe le mani- sorrise Stark -Se per un qualsiasi motivo hanno eliminato soltanto la mia impronta destra allora l'altra...

-È ancora attiva!- esclamò Alex.

-Venti secondi!- allertai sbirciando l'orologio della mia amica.

Tony, senza aspettare ancora, premette la mano sullo scanner e una luce corse sotto il palmo.

Un altro secondo di immobilità, poi la medesima voce registrata parlò di nuovo:

-Accesso consentito. Benvenuto, signor Stark.

Poi il fondo dell'armadio scorse di lato rivelando una rampa di scale di pietra che sembrava scendere verso il centro della Terra. Da quel buco l'odore di chiuso risaliva rapido, infiltrandosi nel mio naso con violenza.

-Pete, devi andare tu- disse Alex, mentre ancora io tentavo di capacitarmi di quello che era appena successo.

-Cosa?- la guardai come avesse due teste -Perché io?- gemetti.

-Sei l'unico che può diventare invisibile!- esclamò la ragazza -Sbrigati! Mancano pochi secondi!

-Ma che...?- non mi lasciò nemmeno finire la frase. Senza che mi desse il tempo di riflettere anche solo un istante la ragazza che pensavo mia amica mi spinse nel buio con una forza che mi parve inumana.

Ero così sconvolto che non riuscii nemmeno a urlare; mi limitai a precipitare... nel vuoto, mentre il terreno mi mancava sotto i piedi e la porta dell'armadio si richiudeva sui visi famigliari di Alex e Tony.

Per un secondo fui immerso nelle tenebre, parte di esse... ero fibra del tessuto del buio.

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