Adesso (forse) so cosa devo fare!

Quando la porta della casa si spalancò per poco non feci un salto attaccandomi al soffitto.

La maniglia sbatté contro il muro provocando un rumore sordo e il quaderno che avevo in mano mi scivolò dalle dita, cadendo sul pavimento e richiudendosi con un frullio di pagine.

Levai lo sguardo oltre lo schienale del divano.

Una figura stava in piedi sulla soglia, bagnata della pioggia che intanto aveva iniziato a scrosciare all'esterno.

-Daisy!- feci, in modo che anche gli altri, dalla camera degli ospiti, mi sentissero.

La donna mi guardò, il volto tirato e gli occhi umidi di lacrime oltreché di pioggia.

-Cos'è successo?- le chiesi, fingendo di non saperlo.

Intanto si udivano rumori affrettati provenienti dalla stanza, passi rapidi e scatole che si chiudevano. Sperai soltanto che Daisy non lo notasse e continuai a guardarla mentre chiudeva la porta alle sue spalle e appendeva la giacca fradicia all'appendiabiti.

Pareva quasi un fantasma.

Mi morsi un labbro.

-Tutto ok?- le chiesi, e questa volta ero sincero.

-No- scosse la testa e mi lanciò un sorriso triste -Mi dispiace, Peter, ma non va tutto bene.

La porta della camera dietro di me si aprì e un Tony con ancora gli occhiali protettivi sulla testa si precipitò nella stanza.

Dietro di lui apparve anche Alex, che con un gesto rapido sfilò gli occhiali dalla testa dello zio, nascondendoli dietro la schiena.

Entrambi erano sudati e sorridevano come degli idioti.

Datevi un contegno pensai lanciando loro un'occhiataccia.

-Daisy, stai bene?- domandò a quel punto Alex mentre la donna si lasciava ricadere sul divano, affianco a me.

-Non ho voglia di parlarne- fece lei, massaggiandosi l'attaccatura del naso -Scusate, ragazzi, ma non sono dell'umore.

-Succede anche ai migliori- disse Tony ficcandosi le mani nelle tasche della felpa -Forse dovresti andare a riposare.

Lei annuì.

-Sì, hai ragione- si alzò -Ci sono delle pizze congelate in freezer- disse prima di chiudersi nella sua camera.

Per un istante aspettammo immobili, poi io mi voltai verso quei due in piedi con i visi sporchi di polvere.

Raccattai il quaderno da terra e lo appoggiai sul tavolino in mezzo al salotto, accanto alla biro.

-Allora?- feci -A che punto siete col lavoro?

-Beh...- Alex si fece passare una mano sui capelli -Sai com'è... non è esattamente facile creare un aggeggio del genere e quindi... come dire...

-È esploso- disse Tony, secco.

Battei le palpebre.

-Cioè?- feci -In che senso "esploso"?

-Nel senso che è esploso- Tony alzò gli occhi al cielo -Ka-boom!

Mi accigliai.

-Come cavolo avete fatto a farlo esplodere?

-Diciamo solo che alcune reazioni chimiche creano pressione e calore quindi... ecco...- Alex abbozzò un sorriso e indicò lo zio -Ka-boom.

-Quanto ci mettete a farne uno nuovo?- chiesi dopo un sospiro.

-Beh, abbiamo capito cosa non dobbiamo usare- rispose la ragazza.

-Se lavoriamo tutta la notte entro domani dovrebbe essere pronto- asserì Tony con una smorfia.

Mi morsi un labbro e lanciai un'occhiata al quaderno che avevo appoggiato sul tavolo.

Domani pensai.

-Va bene- dissi -E intanto che si fa?

-Beh, noi riprendiamo il lavoro- Alex si mise sugli occhi gli occhiali di Tony -Tu scaldi la pizza.

*

-Scotta, scotta, scotta!!

Con un fragore di stoviglie la teglia mi cadde di mano colpendo il pavimento.

Lo sbalzo diede alla pizza l'opportunità giusta per fare un salto e scappare verso la libertà, fuori da quella casa divenuta così incandescente.

Il cerchio di farina e pomodoro roteò in aria per un secondo mentre io ancora stavo immobile con il dito ustionato premuto sulla lingua, poi, come in una scena rallentata, si andò a spiaccicare con un rumore orrendo sulla frazione di pavimento poco lontano dalla teglia.

Gocce di salsa al pomodoro volarono ovunque e chiunque fosse entrato nella stanza mi avrebbe scambiato per un assassino, tanto ero sporco di rosso.

Per un istante rimasi immobile, gli occhi sgranati e la mente che improvvisamente si rendeva conto che non so cucinare né scaldare una stupida pizza congelata.

-Peter! Ma che hai fatto?!

Mi voltai verso Alex, ferma sulla soglia con la bocca semi aperta.

Tentai di sorridere ma senza risultato.

-Ho preso la teglia senza guanto- risposi leccandomi via una goccia di pomodoro dalla guancia.

-Quanto ci metti a farne un'altra?- chiese allora Tony, sbucando la dietro la nipote.

-Beh, ho capito cosa non devo fare- questa volta sorrisi, lo stesso fecero loro.

-Spicciati- disse la ragazza ridendo.

*

Mi rigirai nel letto per l'ennesima volta, spostando lo sguardo da Tony e Alex, piegati sul lavoro che stavano svolgendo, al muro, che rifletteva le luci che la fiamma ossidrica di Tony emanava.

Sospirai.

No, non riuscivo a dormire, non ci sarei riuscito neanche a volerlo.

Mi misi a sedere e fissai le loro figure piegate, attesi che Tony spegnesse la fiamma e poi li chiamai.

-Ah, Pete, sei sveglio- mi sorrise Alex, il viso coperto dalla penombra.

-Sarebbe impossibile dormire con voi che lavorate- sbadigliai.

-Se stai chiedendo se puoi fare qualcosa sappi che ce la stiamo cavando alla grande anche senza di te- informò il signor Stark -Vai in cucina, prendi un bicchiere di latte e torna a letto.

-No- calciai le coperte e con un balzo scesi dal letto -Faccio un giro fuori.

-Ah, ah! Idea orrenda, Parker- fece Tony -Nel caso te ne fossi scordato noi tre siamo un po' ricercati, giusto per la cronaca.

-Già- asserì la nipote -Non vorrai essere beccato dalla polizia, giusto?

Battei le palpebre.

-Ehi, state parlando con Spider-Man!- dissi loro, offeso -Grazie della fiducia, davvero!

Tony sospirò.

-Ragazzo, torna a dormire- fece con una smorfia.

Mi morsi un labbro.

-Ok, ok- dissi -Vado in bagno e torno.

-Vedi di non scappare dalla finestra per poi tornare fra due ore- sbadigliò Alex, mentre il riflesso argentato della Luna fuori dalla finestra rivelava delle profonde ombre sotto agli occhi.

-Per chi mi hai preso?- battei le palpebre prima di chiudermi la porta della camera alle spalle -Io tornerò domani mattina- aggiunsi fra me con un ghigno.

*

L'odore della notte era diverso lì a Roma: più umido, non so... più italiano.

Rimasi nascosto, ovviamente; sono piuttosto ribelle anche per essere un adolescente, ma almeno mantengo un minimo di buon senso. Mi bastava soltanto sentire per un attimo l'aria sulla faccia, fuggire da quel letto dentro cui non sarei comunque riuscito a riposare.

La libertà mi fluì nelle vene mentre compivo un rapida capriola in aria prima di attaccarmi al palazzo lì davanti e scalarlo fino in cima.

Roma era stupenda.

Da quella prospettiva si vedeva tutto, ogni singola luce, un minimo lampione dorato che creava un atmosfera magnifica.

Il Colosseo mi sorrideva in lontananza e, all'orizzonte, riuscivo anche a vedere la figura sfocata di San Pietro... Ah! Questa sì che è vita.

Chiusi gli occhi per un istante, gustando quella sensazione così magica.

Quando la tremenda musichetta tipica della chiamate in arrivo mi esplose nelle orecchie per poco non urlai.

-Chi cavolo è?- feci, frustrato, fissando il numero sconosciuto apparso nella mia visuale come un affamato fisserebbe un piatto vuoto.

-Lo ignoro- rispose Karen -Non riesco a rintracciare la provenienza della chiamata, consiglio vivamente di non rispondere.

Feci la smorfia più confusa del millennio mentre il numero continuava a pulsare davanti al mio naso, e non potei fare a meno di pensare che fosse qualcosa di importante.

Per un secondo i dubbi mi spinsero a seguire il consiglio di Karen, ma poi, non so neanche io il motivo, risposi. Fu un gesto istintivo; non avevo motivo di rispondere, eppure lo feci.

Sentii la mia lady-costume sospirare di sottofondo prima che una voce maschile tremendamente conosciuta mi giungesse all'orecchio.

Un brivido mi attraversò la schiena mentre gli occhi mi si sgranavano e la bocca quasi si spalancava.

-Ragazzino!- urlò l'uomo dall'altra parte -Non ho molto tempo, devi ascoltare esattamente ciò che ti dico senza fiatare, chiaro?

-Logan!- strillai -Ma cosa... come...?

-No! Non c'è tempo!- fece lui -Hai carta e penna? Memorizza ciò che ti sto per dire: mi stanno cercando, lo capisci? Quindi ora chiudi quella boccaccia e ascoltami!

Deglutii.

-Via cinque Maggio, ok? Numero dieci!- urlò lui.

-Cosa c'è lì, Logan?

-Zitto e ascolta!- mi interruppe l'uomo, un lieve tremolio nella voce -Nell'armadio rosso, Peter! L'armadio rosso!

-Cosa c'entra l'armadio rosso?

-Quattro, due, otto, quattro!- continuò lui senza rispondermi -Serve la mano sinistra di tu sai chi, ok? Sinistra! Ore quattordici e cinquanta, Peter! Quattordici e cinquanta!

-Ma che diavolo stai dicendo?!- gridai, gli occhi che scattavano da una parte all'altra senza un motivo.

Un rumore di sottofondo, delle voci.

-Sono qui!- fece Logan, il tono allarmato -Ricorda queste cavolo di informazioni, ragazzino! Non osare dimenticarle!- altri rumori, uno strano sibilo, poi la comunicazione si interruppe.

Per un attimo mi sembrò che tutti i suoni del mondo fossero stati rubati. Ogni cosa mi parve innaturale, estranea, poi, come se avessero dato fuoco alla miccia, la mia mente esplose.

Mi tolsi la maschera in preda al panico e immersi la faccia tra le mani, sudando come non so cosa.

Via cinque maggio... dieci... armadio rosso... sinistra... Che diamine erano quelle parole? Non avevano senso, non c'era un filo logico che le accomunava...

-La tua temperatura corporea è aumentata- mi avvisò Karen un secondo dopo, non appena mi rimisi la maschera sulla faccia -E la tua pressione non è stabile.

-Maledizione!- urlai.

Lanciai una ragnatela verso il palazzo più vicino e dandomi una spinta mi precipitai verso la casa di Daisy.

-Karen, chiama subito Tony Stark, immediatamente!- gridai stendendo una mano davanti a me.

-Il telefono del signor Stark risulta spento- rispose lei, con il solito tono tranquillo che mi fece agitare ancora di più -Chiamo la signorina Potts, invece?- domandò poi.

-Sì!- strillai -Chiama Alex! Adesso!

-Calmati, Peter.

-Sono calmo!!

Non badai alla città, non badai più a niente se non che sulla foto di Alex che ora pulsava davanti ai miei occhi.

Rispondi, rispondi!

-Spiedy!- fece la ragazza un secondo dopo mentre il mio animo tirava un sospiro di sollievo -Non so dirti a parole quanto io sia furiosa! Uscire senza dircelo? Ma ti sembra il modo? Ti comporti come uno stupido ragazzino!

-Alex!- strillai, interrompendola -Non ho tempo per questo!- urlai.

-Cosa? Perché?

-Passami Tony! Subito!

-È andato a cercarti, idiota!- fece lei -Non appena ha visto che sei scomparso si è precipitato fuori dalla porta per riportarti qui.

-Ma allora perché accidenti ha il telefono spento?!- feci, quasi isterico.

-Chiamata in arrivo da Tony Stark- avvertì Karen.

-Ci mancava anche questa- sbraitai.

-Parker, hai idea di quanto io sia furioso?- disse Tony mentre io quasi mi spaccavo un braccio a furia di lanciare ragnatele.

-Non mi interessa!- urlai -Statemi a sentire, tutti e due!- feci -Logan mi ha chiamato! È vivo!

-Cosa?!- fecero zio e nipote, all'unisono.

Un bagliore dorato scintillò all'orizzonte e non ebbi neanche il tempo di pensare che Iron-Man mi fu davanti con la solita maschera corrucciata e il suo sguardo azzurro fisso su di me... ma probabilmente anche l'uomo all'interno doveva avere la stessa espressione.

-Giuro che un giorno ti ucciderò, Parker- disse Tony fissandomi mentre io stavo accucciato sopra un palazzo -Sappi che lo farò.

Contro ogni logica, ignorando l'assurdità del momento abbozzai un sorriso sotto la maschera,

-Lo so, signore- dissi -Ma prima mi lasci parlare.

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