Capitolo 9 + Epilogo

Capitolo 9

"Delle magnolie
sei il color opaco
a fine sera."

La sera precedente eravamo andati a dormire non più arrabbiati, ma molto tristi.

Quella mattina mi svegliai all'alba con la speranza, anzi con la convinzione, di poter aggiustare tutto, andai a lavoro e cercai di liberarmi di tutta la negatività accumulata nelle ore precedenti, lavorando a ritmo pieno e serrato.

Una volta che il sole fu tramontato, anche le emozioni negative sembravano essere scese con lui e mi sentii sollevato e soddisfatto, pronto a risolvere ogni cosa.

Tornai a casa con estremo ottimismo, ma quando entrai trovai Ginevra seduta sul divano imbambolata a guardare la televisione, non mi aveva nemmeno sentito rincasare.

La chiamai e a quel punto si voltò, mi sorrise, un sorriso così forzato su quel viso pallido e triste, disegnato da due occhiaie che non le avevo mai visto, che mi atterrì più che se mi avesse accolto con un insulto.

Sembrava che fosse sfiorita improvvisamente, sbiadita, come un fiore di magnolia sul calar della sera.

Si voltò di nuovo verso la televisione, percepii subito l'urgenza di sistemare quella situazione perché intuii che stava prendendo una piega peggiore del previsto.

Andai a sedermi vicino a lei, le presi le mani e lei alzò gli occhi verso di me, aveva le palpebre gonfie, era evidente che avesse pianto a lungo, mi sentii colpevole e mi maledissi interiormente.

Feci per iniziare a parlare, ma lei cominciò a raccontarmi qualcosa a proposito di un programma buffo che aveva visto in tv e inframmezzava il racconto con quei sorrisi tristi che a me sembrava le distorcessero il volto.

Tutto quello che avrei voluto dire mi morì in bocca, come petali di una rosa appassita.

Epilogo

"Rombo di tuono,

la ninna nanna

di folgore benigna."

La situazione proseguì in questo modo per giorni e giorni, Ginevra che faceva finta che tutto andasse bene, mentre il suo corpo mandava segnali di tutt'altro genere e io che non riuscivo a riprendere in mano la situazione.

Per quanto non volessi ammetterlo a me stesso, vedevo già la fine della nostra relazione avvicinarsi, anzi, una parte di me mi diceva che forse sarebbe stato meglio per lei se io avessi avuto la forza per entrambi di terminare la nostra storia, perché era evidente che lei in quel momento non ci riuscisse, ma che non stesse per niente bene.

Avevo anche smesso di chiedermi come stessi io, perché ero davvero troppo preoccupato per lei, per domandarmi che cosa provassi.

Un giorno, mentre lavoravo al frantoio, Marcello, uno dei contadini, venne ad avvertirmi che il cielo si stava incupendo e che grosse nuvole si stavano formando all'orizzonte.

Mi affacciai e vidi che aveva ragione, la maggior parte dei contadini e degli allevatori stavano portando via gli animali e i propri attrezzi per fare ritorno a casa.

Il mio lavoro del giorno in realtà non era ancora finito e volevo portarlo a termine prima di rientrare a casa, quindi feci per rimettermi all'opera, ma d'un tratto un pensiero mi balenò in testa: Ginevra doveva essere rientrata a casa già da un'ora e se c'era una cosa che la spaventava terribilmente erano i temporali.

Mi era capitato di vederla più volte tremare e finire quasi nel panico, ma in quelle occasioni c'ero io con lei; il pensiero di saperla da sola, con quella tempesta in arrivo, mi spinse a concludere subito quello che stavo facendo, per tornare a casa.

Senza nemmeno rendermene conto, mi ritrovai quasi a correre. Quando il primo tuono risuonò nell'aria, seguito a breve da un fulmine e da una fitta pioggia, ero già a pochi metri da casa.

Mi chiusi la porta alle spalle ed entrai bagnato fradicio, con i capelli che gocciolavano sul pavimento. Ginevra, come mi aspettavo, era col naso attaccato alla finestra che osservava preoccupata la superficie del cielo ormai quasi interamente ricoperta di nuvole grigie, come una coltre di piombo che inghiottiva nell'oscurità tutto il paesaggio circostante.

Marcello aveva ragione, si prospettava un brutto temporale.

Corsi incontro a Ginevra che mi guardò con aria preoccupata, un po' per la tempesta in arrivo, un po' perché ero zuppo di pioggia e tremavo dal freddo. La aiutai a sbarrare tutte le finestre e infilai dei vestiti asciutti, iniziò a tuonare forte e i lampi erano sempre più vicini, ci sedemmo vicini sul divano e le presi la mano, sentii che tremava così la abbracciai.

In quel momento un tuono molto forte si propagò nell'aria, seguito da un fulmine il cui lampo si intravide dalle fessure delle inferriate, la corrente elettrica saltò e rimanemmo al buio.

Ginevra iniziò a tremare sempre più forte, non era il caso di farla rimanere al buio con un temporale del genere in corso, così la presi per mano e ci avviammo verso la camera, dove lei teneva le candele.

Accesi due delle più grandi e le misi sul comodino, feci sdraiare Ginevra sul letto vicino a me e la strinsi forte, le sussurrai qualche parola dolce per rassicurarla e a poco a poco smise di tremare. I suoi occhi immersi nella penombra si fissarono nei miei, illuminati solo dalle luci fioche delle candele, sembravano esprimere un ringraziamento muto, io le sorrisi, avevo capito. Ma lei aveva capito qualcosa più di me, avvicinò il suo viso al mio e sfiorò la mia bocca, un bacio a fior di labbra e un sussurro quasi impercettibile "Ti amo".

Non sapevo se quel suono così flebile fosse provenuto dalla sua bocca o da una dimensione ultraterrena, ma le mie orecchie, il mio cuore e il mio cervello lo anelavano da così tanti giorni che mi sembrò di tornare a respirare ed ebbi l'impressione che il sangue tornasse finalmente a scorrere nelle vene.

Fino a quel momento mi ero sentito un pezzo di ghiaccio, ibernato in una foresta oscura, nella speranza che qualcuno riuscisse a trovarmi per riportarmi in vita. In quel momento capii che quel qualcuno era e non poteva essere altri che Ginevra che doveva essere finita anche lei in qualche strano pantano simile, ma che in qualche modo era riuscita a liberarsi e venirmi a cercare.

La baciai e le dissi che la amavo anche io, più di quanto avrei mai pensato di poter amare una persona e glielo ripetei infinite volte, tempestandola di baci. La strinsi forte mentre la tempesta imperversava e in quell'esplosione di folgore ci amammo come la prima volta o forse più intensamente ancora.

Quando riaprii gli occhi era già mattina e il sole filtrava attraverso le tende delle finestre, come due vele bianche su un mare placido, mi voltai verso Ginevra, anche lei si era appena svegliata e mi fissava: il volto di nuovo luminoso, le iridi azzurre serene e il suo sorriso, finalmente, il suo vero sorriso, con le piccole fossette a incresparle le guance che baciai come il tesoro più prezioso al mondo.

Ci alzammo e aprimmo la finestra, fuori il sole splendeva, il mondo era tornato a nuova vita e noi con lui.

Nota autrice: Ciao a tutti, siamo giunti alla fine di questo racconto. Ho deciso di pubblicare contemporaneamente il penultimo e l'ultimo capitolo, visto che il nono era molto breve e ho preferito dare un po' di continuità sul finale. Ci tengo a ringraziarvi per essere giunti a leggere fino a qui, spero che il racconto vi sia piaciuto, se vi va di lasciarmi un commento per farmi sapere le vostre opinioni a me farebbe molto piacere. Domani pubblicherò un capitolo bonus, una sorta di appendice dove inserirò tutti gli haiku che mi hanno ispirato questo racconto, non sono solo quelli che avete trovato in apertura, ci sono anche degli inediti. Detto questo, vi ringrazio ancora e vi mando un forte abbraccio. A presto!😊💙

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