Capitolo 6

"Raggi di luna
sulle tue lunghe gambe
nasce il giorno."

Poche settimane dopo, iniziammo i lavori. Ci fu un bel po' da fare, le pareti avevano sofferto l'umidità ed erano ricoperte di edera, Ginevra e io lavorammo notte e giorno, i nostri genitori ci dispensarono da alcune incombenze quotidiane e spesso vennero a darci una mano.

Nel giro di pochi giorni tutte le erbe rampicanti erano state sradicate, a eccezione della parete ovest dove Ginevra aveva deciso di lasciare l'edera arrampicarsi fino al balconcino della nostra camera, le sembrava che donasse all'abitazione un aspetto più romantico.

Lasciammo alle pareti esterne il colore della pietra grezza, mentre all'interno intonacammo e verniciammo le pareti di un bel giallo pastello che rendeva l'atmosfera più calda e accogliente.

Portammo molta mobilia dalle nostre precedenti case, arredamenti costruiti prevalentemente in legno, il resto lo acquistammo un po' alla volta.

Non ci importava del lusso, dello stile o del design, noi volevamo solo un ambiente sereno, un nido d'amore che ci permettesse di stare insieme e farci sentire protetti e a nostro agio.

Non appena la casa fu abitabile, ci trasferimmo; la nostra prima sera in quella casa fu uno dei momenti più intensi che io ricordi.

Ginevra e io preparammo una cena frugale: una zuppa calda, formaggi e uova. Ci arrangiammo con quello che avevamo a disposizione, l'indomani saremmo andati a fare spesa. Prima ancora di aver finito l'ultimo boccone, ci alzammo, fissammo il tavolo e poi ci guardammo negli occhi, era evidente che nessuno dei due avesse voglia di sparecchiare in quel momento.

Ginevra mi prese per mano sorridendo e mi accompagnò verso la nostra nuova camera, accese una candela profumata e una piccola abat-jour che con la sua luce giallognola scaldava la stanza.

Il letto matrimoniale con le coperte di raso bianchissimo risplendeva al centro della stanza, presi Ginevra in braccio e la distesi sul letto, lei iniziò a slacciare i bottoni della mia camicia e io le tolsi il maglione, un profumo dolce e speziato promanò dalla sua pelle e inebriò i miei sensi. La baciai come se le mie labbra stessero incontrando le sue per la prima volta: decisi che sarebbe sempre stato così, ogni giorno Ginevra sarebbe stata per me una nuova scoperta.

Poco prima dell'alba mi svegliai, la stanza era immersa nella penombra, prima di addormentarsi Ginevra aveva spento la candela e l'abat-jour. Mi voltai verso di lei, distesa tra le lenzuola che la coprivano a malapena come la spuma di un'onda che bagna la riva, mentre la luce argentata della luna si riverberava sulle sue gambe affusolate.

Mi incantai a guardare i suoi capelli dorati scenderle come grano maturo sulla schiena e le spalle nude, il petto semicoperto dalle lenzuola si alzava e abbassava mostrandomi il suo respiro tranquillo.

Un'ondata di felicità mi travolse al solo pensiero che quella donna stupenda fosse lì con me e che l'avrei ritrovata ogni sera nella nostra piccola, ma già amata casa.

Questi pensieri di miele non resero difficoltoso nemmeno alzarmi dalle coperte calde, per immergermi nell'aria fredda delle notti autunnali, da lì a poco sarebbe spuntato il sole, non restava che fare colazione e andare a lavoro.

Sapevo che a lei avrebbe fatto piacere fare colazione insieme, ma non volli svegliarla, sembrava cullata da un sonno così sereno e avvolgente che pareva quasi un delitto strapparla proprio in quel momento dalle braccia di Morfeo, nonostante anche le mie la reclamassero in quel momento per stringerla ancora un po'.

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