Un mondo nuovo

Helene si svegliò nel caldo afoso del primo mattino. Il bunker del CERN era immerso nel silenzio. Il sole batteva furioso fuori dalle finestre con un vento impetuoso che alzava molte nubi di polvere. Rachel dormiva a pochi passi da lei con Jasmine accoccolata a fianco. Helene guardò fuori dalla piccola finestra in angolo, preoccupata. Erano tre giorni che non avevano notizie di Javier via radio. Era strano abitare un mondo in cui le notizie viaggiassero più lente del sole. Si asciugò la fronte col panno e si stirò le gambe. Si alzò tutta indolenzita. Dormire sul pavimento era davvero scomodo.Passare dai 45 gradi del giorno ai 6/7 delle gelide notte scombussolava il corpo. Si sarebbe mai abituata? Passando vicino a Rachel si accorse di alcuni fogli scritti a mano che le erano caduti dalle mani, quasi che si fosse addormentata leggendoli. Li raccolse per gentilezza, poi si bloccò a sbirciare il titolo e rimase di stucco. Avrebbe riconosciuto quella scrittura tra mille, se anche non ci fosse stata alcun'altra indicazione. Quello era un breve discorso introduttivo che Federica aveva tenuto in collegamento col parlamento di Bruxelles il 18 aprile, poco prima dell'inizio delle tempeste solari. La copia del documento trasmesso al parlamento che avevano letto anche loro alla stazione meteorologica non aveva alcuna prefazione o introduzione ed era stata firmata dall'intero gruppo di lavoro del CERN non da Federica personalmente. Non aveva mai saputo che Federica avesse lasciato un messaggio al mondo prima della lettura del documento. Né Rachel gliene aveva mai parlato. Forse soffriva troppo al pensiero?

Federica non sarebbe tornata. Questo pensiero la lasciava sempre senza fiato, anche dopo molti giorni. Nessuno era ancora riuscito ad avvicinarsi alle macerie dell'ospedale: l'aria era ancora satura di metano. Erano passate altri due settimane, ma Ginevra era ancora spaccata in due. Ferita, forse sarebbe stata così per sempre. Helene sperava vivamente che Javier non fosse di guardia in quella zona: il solo pensiero le faceva accapponare la pelle. Nessun superstite era uscito vivo da quell'inferno. Federica non sarebbe tornata, mai più. Era per quello che stava tremando? Perché aveva tra le mani l'ultima prova vivente dell'esistenza di una donna che nel bene e nel male aveva segnato la sua esistenza e quella del mondo intero?

Aveva la sensazione presente di tenere in mano la storia del mondo, una prova che poteva essere usata dai posteri per capire, per giudicare o per perdonare. Capiva bene perché Rachel l'aveva tenuta. Forse continuava a leggerlo nella notte per nostalgia? C'era davvero qualcosa che potesse ancora aiutarli? Salì le scale, ma si fermò non appena la luce fu sufficiente per leggere oltre e si sedette sul gradino. Si appoggiò alla parete, fece un bel respiro ed iniziò a leggere.

"Non vi nasconderò che quella che stiamo per affrontare è la sfida più grande che l'uomo abbia mai dovuto affrontare. Vorrei potervi assicurare che ci sia un posto sicuro per ognuno di noi, ma temo che non sarà così. Ci sono tante variabili in gioco. Quello che possiamo fare è rifugiarci sottoterra, in una gabbia di Faraday. Ci saranno però dei fenomeni a contorno della tempesta che temo non potremo controllare o arginare. Il 23 aprile regnerà il caos nel nostro mondo e più che cercare di stare al sicuro credo potremo fare poco. Quando sarà finita la tempesta, non uscite, per nessuno motivo, senza tuta di protezione. Indossate guanti, occhiali da sole, non esponete nessun centimetro di pelle direttamente alla luce solare. Abbiamo trovato un materiale rivoluzionario, una lega di alcuni materiali plastici sintetici che ci consentirà, col tempo, di costruire bolle sotto cui potranno di nuovo sorgere città, campi, strade e scuole. Questo è ciò che ci auguriamo, ma non possiamo costruirle ora per mancanza di tempo e perché quel materiale non resisterebbe alla tempesta."

"La tempesta del 23 aprile corrisponderà alla potenza di alcuni uragani fusi tra loro. Ci potrebbero essere inondazioni, tornado, trombe d'aria. Quando sarà finita, il bel tempo tornerà in tutto il mondo, ma non illudetevi: sarà allora che rischierete di più. Senza atmosfera siamo molto esposti: le radiazioni saranno molto forti finché l'atmosfera non acquisterà di nuovo la sua forza. Se avete un contatore Geiger, non uscite di casa finché le radiazioni non saranno scese nella zona di sicurezza. Non possiamo sapere ora quanto forti saranno o quanto tempo ci vorrà per ricostruire la nostra atmosfera. Quello che sappiamo è che in altre epoche queste radiazioni hanno causato l'estinzione di grandi specie, come i dinosauri, cambiamenti climatici repentini, sommovimenti della crosta terreste. Preservate il più possibile energia per il dopo tempesta. Cambieranno molte cose nel mondo, nel nostro modo di vivere. Non avremo elettricità o comunicazioni per diversi giorni. Dopo potremo contare solo sulle onde radio e sarà comunque molto difficile comunicare. Mettete al sicuro i pannelli solari, potrebbero essere l'unica fonte di energia utilizzabile per molto tempo. Fate rifornimento di cibi in scatola a lunga conservazione che non necessitano di refrigerazione e di acqua potabile: come già tutt'ora possiamo sperimentare, l'emergenza idrica sarà una delle sfide più grandi."

"Questo non è il mondo che avrei voluto lasciare in eredità ai miei figli o ai miei nipoti. Certamente se non avessimo distrutto la nostra atmosfera con gas inquinanti avremmo potuto passare questo periodo, non dico facilmente, ma con maggiori probabilità di conservare intatta gran parte della popolazione mondiale vivente. Io spero che questa tragedia lasci in eredità alle future generazioni l'urgenza di occuparsi dell'ambiente e di non sfruttare risorse che non siano rinnovabili. Questa tempesta limiterà sicuramente il benessere o le libertà dell'uomo. Avrà ripercussioni ovunque, molte probabilmente nemmeno le possiamo immaginare. Quello che mi auguro è che il nostro mondo non precipiti nell'anarchia. Questo è il momento di dimostrare che siamo esseri senzienti e far pesare questa forza in termini evoluzionistici per preservare la nostra specie, la nostra terra, il nostro universo. Grazie" terminava la bozza.

Era strano pensare che quelle erano state le ultime parole di Federica. Helene ripiegò i fogli e fece qualche passo ancora verso la vetrata. Prese un paio di occhiali schermati da un tavolo e andò alla finestra a guardare la bolla che per ora aveva sostituito lo scheletro andato distrutto del vecchio globo della scienza e della tecnica. Quindi prese una tuta e si vestì. Indossò i guanti. Impugnò il contatore e lo sporse dalla finestra. La lancetta ballò diverse volte e poi rimase sulla linea gialla. Deglutì e si fece forza. Prese un piccolo quadernino e una penna. Lasciò la lettera sul tavolo, indossò un paio di stivali e prese la strada polverosa che dal rifugio portava alla bolla. L'erba secca e malata danzava alle onde del vento. Una strana nebbia offuscava la valle. Respirò a fondo. La plastica del visore si appannò per un attimo. Si chiese cosa avrebbe detto Federica di quel mondo. Si chiese cosa avrebbe fatto. Si chiese se la stava osservando dal cielo scuotendo la testa come suo solito. Con gli occhi appannati di lacrime e il respiro affannoso sotto i 40° di quel sole spento in quella valle tramutata in deserto le sembrava di procedere come un astronauta sulla luna. E pensare che quella era la terra era talmente doloroso.

Man mano che si avvicinava si perse ad osservare quel materiale sperimentale che permetteva di mascherare le radiazioni solari. Ci erano voluti quasi quindici giorni per abbattere la parte rimanente della sfera e ricoprire quello scheletro col materiale biancastro che ora nella nebbia sbucava all'orizzonte riflettendo i raggi del sole. Risultava quasi accecante. Helene procedette tenendo gli occhi a terra e guardandosi i piedi procedere nella polvere.

Infine, scostò la tenda bianca della zona decontaminazione. Si sfilò la tuta e si levò i guanti: li appoggiò in un cestino in angolo. Normalmente ci sarebbe stato tutt'altro protocollo, ma la verità era che il materiale per costruire le bolle era l'unico che schermava completamente quei raggi ed era già rarissimo. Non ce n'era abbastanza per farne tute. Ognuno di loro avrebbe pagato, prima o poi. Tutto ha un prezzo a questo mondo, anche sopravvivere ad una catastrofe del genere. Si lavò i piedi nudi in una vaschetta ed entrò nella sfera respirando a fondo. I raggi del sole penetravano solo parzialmente dalla volta semi trasparente. Sebastian le fece un cenno e la invitò a raggiungerli. Michele si asciugò la fronte bagnata di sudore. Aveva una zappa in mano.

-Mio nonno si vergognerebbe di me. Lui che aveva una vigna intera in toscana- aggiunse verso Helene dopo averla salutata. Il fazzoletto di terra che aveva zappato era poco più di due metri per tre. Helene sorrise. Sebastian era inginocchiato a terra. Helene si chinò a guardare. C'era una piccola fogliolina che spuntava con la testa dalla terra. Helene gli passò il contatore Geiger che aveva portato dalla base.

Lei girava e registrava le radiazioni, a mano, su un quaderno: quello era il suo compito ora. La sua laurea per ora era poco utile, la poca corrente elettrica che c'era la usavano per ben altre necessità che accendere un server. Trattennero entrambi il fiato. La lancetta tentennò e poi si fermò sul verde. Sebastian l'abbracciò scoppiando a ridere. Era solo una foglia di basilico. Era il terzo raccolto che tentavano scavando sempre più a fondo. Erano ad un metro di profondità sotto le fondamenta di cemento smantellate della sfera. Helene deglutì e prese un bel respiro. Aveva gli occhi umidi. Dovevano rifare tutto il mondo da capo. Non sarebbe stato facile.

Forse Federica aveva ragione, già che dovevano rifarlo, valeva la pena farlo in un altro modo, diverso. Bene o male che andasse nessuno di loro avrebbe mai più assistito ad una inversione dei poli. Stranamente era quello il pensiero più confortante. Mentre girava per il campus desolato, Helene pensava spesso cosa avrebbe fatto quando la tempesta solare sarebbe finita. Voleva cercare di contattare casa sua. Non aveva più niente, ma incredibilmente ciò che le mancava di più non erano le cose materiali. Le mancavano le persone. La sua famiglia. Le chiacchiere con le amiche. Aveva Javier, ma vedersi qualche ora a settimana non era il massimo. Avevano terribilmente bisogno di lui in città: questo lo capiva, ma non era facile.

-Vado a fare il mio solito giro- sospirò. Sebastian le batté una mano sulla spalla.

-Quanti gradi ci sono oggi? - aggiunse lui.

-Quaranta tre, ma sta salendo. Devo finire il giro prima che diventi insopportabile. - gli ricordò. Tornò nella zona decontaminazione e si rivestì, quindi uscì all'aperto. La nebbia quanto meno si era un po' diradata. Si diresse a passo svelto verso gli edifici centrali tenendo il contatore davanti a lei. Si fermò come ogni giorno, solo davanti alla vetrata della mensa deserta: si immaginò Federica e il suo quasi ex marito seduti ad un tavolo a bisticciare e sorrise.

Le faceva strano pensare di essere stata dall'altra parte del vetro, in una mensa piena e rumorosa, con scienziati che chiacchieravano e mangiavano a volontà e bevevano acqua non razionata e sorridevano o sbuffavano. Molte di quelle persone non erano ora che sabbia al vento, trasportata via in un istante. Quanto potenziale, quanta intelligenza aveva rubato loro quella tempesta! Il 23 aprile non sarebbe stato più un giorno qualunque. Aveva rischiato di morire. Più volte. Questo l'aveva cambiata: la tempesta li aveva cambiati tutti. Più che della sua libertà o del suo lavoro ora le importava della sua vita.

Una ragazzina aveva preso un volo come tanti per Ginevra, in un giorno come tanti. Quella ragazzina nemmeno sapeva più quando e se sarebbe tornata a casa. Ci sono cose che succedono e ti fanno invecchiare in fretta: è sopravvivenza. Quella tempesta aveva spazzato via in un istante tutti i suoi sogni, i suoi problemi e le sue tragedie, per sostituirli con la paura più grande: quella di non sopravvivere. Aveva pianto molto. L'avevano fatto tutti. Poi avevano smesso. Chi più, chi meno. Almeno quella ragazzina era viva, per ora. C'era chi non poteva dire altrettanto. Un uomo è molto più che polvere. Un uomo è polvere e sogni. E finché non hai perso la speranza, puoi lottare per fare del mondo che ti è rimasto, il tuo mondo, pur difficile che sia.

Scrisse sul quaderno il valore del contatore Geiger e si avviò arrancando su dalla collina nell'afa del mattino.


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