L'universo, i gas e la tridimensionalità del tempo.

- Allora è vero? - una voce distrasse Federica costringendola ad alzare gli occhi dallo schema della gabbia di Faraday che stava mettendo a punto in chat con Michele dalla stazione radio. Rachel era andata alla ricerca di Robert da diverso tempo. Federica aveva intravisto della maretta tra loro, ma volutamente non aveva detto nulla. Non si sentiva proprio in grado di impartire consigli per la riuscita di alcun rapporto. Il suo fallimento stava sulla soglia della stanza in vestaglia su una sedia a rotelle con un sorriso sornione disegnato sulla faccia. Federica inspirò a fondo. Uno scontro con lui era l'ultima cosa che voleva al momento.

-Cosa è vero, Jerome? Cosa ti stupisce tanto? - disse sospirando infine.

-Non sono stupito. Ci avevo sperato e se non fosse stato per me...- iniziò Jerome cantando vittoria.

-Se non fosse stato per te, cosa? Se non fosse stato per te, certamente non ti avrei mandato le carte del divorzio? Se non mi avessi mentito, certamente non saremmo arrivati a litigare come due imbecilli davanti ai miei collaboratori... non che tuoi ex colleghi? Quando pensavi di dirmelo? - Federica inspirò profondamente.

-Io speravo solo in un grazie per aver fornito i mezzi per salvarti la vita- disse avvicinandosi.

-Tu sei un emerito... - Federica inspirò profondamente. - Mi auguro che tu non gioissi di mandare all'altro mondo la madre dei tuoi figli! - sbottò poi. Jerome alzò le mani in segno di resa.

-Questo vuol dire che anche a te dispiacerebbe se io...- iniziò con fare indagatore Jerome.

Federica si lasciò andare sul cuscino sbuffando. - Non ti approfittare del fatto che ho la febbre- gli disse puntandogli l'indice contro. Jerome sospirò avvicinandosi alla finestra.

-Mi ci è voluto un doppio infarto per riuscire a parlarti, notevole! - disse. Stranamente non era arrabbiato. Rideva. Federica per un attimo pensò che fosse rimasto troppo a lungo senza ossigeno.

- Non voglio la tua pena, Federica, e non voglio pesarti. Ma se devo dirla tutta sono contento di essere in questo casino con te. - confessò Jerome sorridendole.

- Non sono qui per cancellare quello che ho fatto, sono qui per congratularmi con la mia migliore amica che è riuscita a tracciare su carta un'inversione dei poli terrestri. Devo ammettere che questo batte quasi il bosone di Higgs! - confessò avvicinandosi. Per Jerome era una grande concessione, pensò stupita Federica. Era sempre stato così spocchioso sui suoi studi.

-Rachel e i ragazzi hanno fatto gran parte del lavoro - gli disse Federica sinceramente. Studiò il suo volto pieno di rughe, le occhiaie violacee. A volte faceva fatica a scorgere in quel volto l'uomo che aveva sposato.

- So che troverai un modo per far sì che i nostri nipoti crescano in un mondo migliore- sospirò Jerome.

- Troppo facile lasciarmi tutto il lavoro da fare, Signor Montreux! - disse Federica piccata.

-È il tuo campo. E dio... sei così bella senza tutti quegli orpelli addosso, senza la permanente da signora d'alto borgo. Era così tanto che non ti vedevo questa luce negli occhi. - sospirò Jerome.

-So quanto odi il mio lavoro e il mio ruolo, Jerome. All'inizio pensavo che fossi geloso perché avevano chiamato me e non te, ma poi ho capito. Tu non sopportavi che avessi qualcosa di importante da fare. Lo sapevi che non sarei mai stata la Signora Montreux e punto. I patti erano chiari, fin dall'inizio...- gli ricordò Federica.

-Hai ragione, io ho contravvenuto al nostro patto. Tuttavia, non stavo parlando di me, ma di te. Della ragazza che mi faceva stare sveglio per ore a dibattere sull'universo, sui gas o sulla tridimensionalità del tempo. - ricordò Jerome con nostalgia.

-La tua francesina avrà altre doti- non poté fare a meno di aggiungere Federica. - E non dire che le nostre discussioni sull'universo erano meglio del sesso perché non voglio sentire queste cose uscire dalla tua bocca, Jerome! - poi lo provenne dalla battuta che stava per dire.

Jerome alzò le mani sconfitto. -Dopo facevamo anche quello- insinuò con sguardo furbino dopo un attimo di silenzio. Federica gli tirò una pacca sulla spalla. Lui accusò il colpo e si mise a ridere.

Federica si stese sul cuscino. -Pensi mai che ci voglia dire qualcosa tutto questo? - gli chiese Federica.

-Sono l'uomo dei rimpianti, Federica, tu mi conosci meglio di me stesso, lo sai- sospirò Jerome.

- Quant'è che non vedi i ragazzi? - gli chiese Federica. Jerome si concentrò.

-Tre mesi, temo. C'era una brutta situazione in casa e non volevo che loro finissero in mezzo, soprattutto i bambini. Sai che si accorgono subito di queste cose...- disse Jerome. Federica annuì.

- Dai, fammi vedere cos'avete in mente per salvarci le penne! - disse poi curioso per stemperare la tensione. Federica girò il monitor verso di lui. - Gabbia di Faraday. La fisica di base è sempre la migliore, sai come la penso. - disse Jerome.

-Detto da uno che ha studiato il bosone...- alzò gli occhi al cielo Federica.

-Vuoi la verità? Non ci ho capito un cazzo in quel bosone... rimanevo sempre indietro coi calcoli. E dovevano sempre starmi dietro e riguardare tutto. È stato un incubo. Non mi sentivo così scemo da quando mi aveva messo il maestro elementare dietro la lavagna perché non sapevo disegnare un fiore- raccontò Jerome. Federica scoppiò in una fragorosa risata.

-Che materiale hai pensato per la base? - chiese poi riportandola al disegno. Federica lo guardò stupita. Prima di iniziare a spiegargli pensò a quanto tempo era che non facevano una risata così insieme. Forse non si poteva riattizzare un fuoco spento, ma Jerome poteva ancora essere uno spasso. Certo preso a piccole dosi.

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Rachel nel frattempo era andata a cercare Robert al secondo piano, ma non l'aveva trovato. Jasmine era sola e guardava la finestra. Una lacrima posta a metà della guancia. Sembrava molto triste. Rachel rimase incerta sulla porta. Sperava che qualche infermiera intervenisse, ma sembravano tutte così occupate. Una figura comparve dietro di lei. - Perché non le va a parlare? - chiese. Rachel si voltò di scatto. Un'infermiera, per fortuna!

-Non credo di essere in grado di consolarla, magari può pensarci lei. - tentò Rachel.

-Non penso che qualcuna possa consolarla. In qualche ora ha perso tutto quello che aveva- sospirò l'infermiera. - La tengo d'occhio perché non scappi, non voglio che finisca sola per strada con questo macello che ci incombe addosso- aggiunse l'infermiera.

Rachel la guardò stupita. - Alla radio non parlano d'altro, dobbiamo informarci anche noi. Sono 48 ore che non stacco mezzo minuto e chissà quando lo potrò fare- sospirò la donna.

- Lei ha famiglia? - chiese Rachel.

- Non ho loro notizie dalla tempesta- abbassò gli occhi a terra la donna. -Se qualcuno trovasse mia figlia, vorrei che non la lasciasse scappare sola in strada. - aggiunse pensierosa.

- A lei non piacciono i bambini, indovino? - fece poi la donna visto che il silenzio perdurava. Rachel sospirò. - Ne ha mai parlato con quel brav'uomo di suo marito? - fece ancora.

-Non siamo sposati. - puntualizzò Rachel.

-Di cosa ha paura? Che finisca tutto? Succede. Succede anche di non avere più tempo. Lui ci tiene, se lei tieni a lui, provi a pensarla in questo modo: non le devono piacere tutti i bambini, solo Jasmine e solo finché non avremo trovato una nuova famiglia per lei. Non mi sembra poi un sacrificio così enorme. Potrebbe scoprire che non è poi così male ... - disse l'infermiera sorpassandola e lasciandola da sola sulla porta.

Rachel si fece coraggio e si avvicinò a Jasmine. Vide un braccialettino per terra. Lo raccolse e poi disse: - è tuo? - . La bimba la cacciò via. Rachel stava per alzarsi e battere in ritirata, ma poi l'infermiera le fece segno di insistere.

- È molto bello sai, lo posso provare? - chiese Rachel. La bimba annuì lentamente. Rachel lo mise al polso. Si aspettava che fosse piccolo e invece era quasi perfetto, solo un po' largo. Non poteva essere il braccialetto di quella bambina. E se non era suo... poteva essere solo della sua mamma. Fece per toglierselo, ma la bimba le prese la mano ed iniziò a giocarci. Passava le sue dita esili su e giù dalle perline azzurre. Sembrava che la cosa la calmasse. Rachel sentiva il suo respiro rallentare lentamente. Il suo braccio era ormai attorno alla bambina. Si sentiva così a disagio, come se stesse sbagliando qualcosa o usurpando il posto di qualcuno. Passarono i minuti in silenzio. Cominciò ad essere più agitata. Cercò di attirare l'attenzione dell'infermiera, ma questa finse di non vederla.

-Non si sbuffa. Mamma dice che non si sbuffa. - disse la bimba guardandola dritta negli occhi. Rachel per tutta risposta le soffiò in faccia. La bimba rise. - Ancora- chiese poi. Rachel soffiò di nuovo. Rachel asciugò le lacrime a Jasmine e la tirò a sé. Sentiva il suo cuoricino battere forte. Jasmine si staccò di nuovo. -Soffia, soffia! - rise la bimba.

- Woooooo , come il vento!!! - mimò Rachel. Jasmine scappò ed iniziò a correre per la stanza, Rachel la inseguiva. - Woooooo- diceva quando si avvicinava soffiando. Robert rimase sulla porta a guardarle col sorriso disegnato sulla faccia.

L'infermiera solita passò e gli sussurrò: - Vi tengo d'occhio. - con un finto sorriso disegnato sulla faccia. Robert si grattò dietro il collo in soggezione. C'era qualcosa di tenero comunque nel suo rimprovero. Era la prima volta in vita sua che pensava all'affido o all'adozione. Non gli era mai capitato nella sua carriera e di minori disperati purtroppo ne aveva incrociati tanti. C'era qualcosa in quella bimba, nei suoi occhi che non riusciva a togliersi dalla testa. Come se la sua unica ragione di vita fosse farli brillare ancora. L'unico ostacolo al suo programma, a parte l'estinzione dell'umanità, era Rachel.

Non ne avevano mai parlato apertamente. Robert cominciava a sentire il suo orologio biologico ticchettare. Rachel era più giovane, con tutta una carriera folgorante davanti. Aveva cercato di capirla e di aspettare, ma non poteva più ammettere che la cosa non gli pesasse. Jasmine lo vide e gli corse incontro. - Ehi principessa- la salutò Robert. Rachel si fermò in mezzo alla stanza. Robert vide che si irrigidì subito.

-Io credo di dover andare, vi lascio il bracciale- disse Rachel facendo per toglierselo. La bimba scoppiò a piangere. Robert la teneva in braccio e la cullava lentamente.

-Facciamo così, per ora Rachel tiene in prestito il braccialetto della tua mamma e se tu lo rivuoi in qualsiasi momento, andiamo a cercarlo insieme. - propose Robert. Jasmine tirò su col naso e poi con gli occhi ancora pieni di lacrime sussurrò: - va bene- . Rachel batté in ritirata col braccialetto giù per le scale. Si sentiva in colpa per averla fatta piangere. Si fermò a metà del pianerottolo del piano di sotto a riprendere fiato.

-Mia moglie ti cercava- una voce la riportò alla realtà pochi minuti dopo. Si riscosse dai suoi pensieri. Montreux! Sempre a sproposito. Quell'uomo aveva una dote naturale. Una parte di lei avrebbe voluto rispondergli che Federica presto non sarebbe più stata sua moglie, che non doveva più chiamarla così. Ma forse anche lei era una persona insensibile come Montreux: perché non riusciva a provare nulla coi bambini? Forse era sbagliata? Stava rovinando la vita a Robert bloccandolo in una relazione che non poteva dargli quello che lui voleva? Alla fine, decise solo di annuire e proseguire per la stanza di Federica in silenzio con gli occhi bassi a terra e le guance in fiamme. Perché doveva essere tutto così complicato per lei?

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