Soulmates.



"What is a soulmate?
It's like a best friend but more.
It's that one person that knows you better than anyone else.
A soulmate is someone who you carry with you forever.
And no matter what happens, you will always love them.
And nothing could ever change that."

La prima volta che si erano incontrati avevano avvertito la bizzarra sensazione di conoscersi da sempre. Gli sguardi si incrociarono, veloci, curiosi. Fu un attimo fugace, quasi impercettibile, eppure a loro sembrò di aver parlato per intere ore come se il tempo si fosse fermato e le bocche avessero scoperto di poter divenire improvvisamente inutili.
Elliot si era mosso per primo, tentò di nascondere la sua confusione con improvvisata risolutezza e si aggrappava alla sua cartella scolastica. Pronunciò una sola parola, una domanda che si era già udita più volte in quella prima mattinata di lezioni poiché davvero comune: «Posso?», aveva detto e mai avrebbe pensato che tanto sarebbe bastato per completare un'opera a lui ignota.
Eppure non è forse questa una lezione elementare che, prima o poi, tutti apprendono?
Un gesto, una parola, un sorriso od uno sguardo: il futuro ed i suoi eventi sono condizionati da gesti semplici e repentini ancor più di quelli complessi e assai lenti.
«Fa' pure», aveva risposto un ragazzo, aggiustandosi gli occhiali dalla simpatica forma rotonda. Leo era il suo nome ma non si preoccupò di presentarsi, lasciando l'intero compito al giovane ragazzo dagli occhi del color del cielo. Quel ragazzo che il pomeriggio stesso si rivelò essere il suo compagno di stanza, nonostante avesse richiesto una camera singola.
«Non preoccuparti, lascerò lo spazio libero per i tuoi libri, a patto che tu faccia lo stesso con i miei.»
Leo era rimasto assai perplesso da quella frase giacché non aveva mai parlato del quantitativo di libri che occupavano la sua valigia a discapito di poche vesti. Non aveva neanche mai detto che gli desse fastidio non avere spazio a sufficienza per ciò che reputava il suo tesoro maggiore.
Eppure, chissà come, Elliot lo sapeva.
«Come fai a...»
«Non ne ho idea. Ho avuto solo la sensazione che tu fossi un avido lettore e che non gradissi quasi per nulla la compagnia di altre persone.» Elliot aveva aggrottato le sopracciglia, passandosi una mano tra le sue ciocche biondo cenere. «A dirla tutta, ho come l'impressione che tu sia quel genere di persona che preferirebbe far finta che il mondo non esista dando per reale solo quel che si trova nei libri.»
Leo aveva annuito debolmente. «Sì, è così. Un po' come te, immagino. Non hai nulla contro il mondo ma provi un odio profondo per gli ipocriti e i privi d'onore. Ma, dato che il mondo odierno è maggiormente popolato da questi soggetti, stai cominciando a provar sempre più fastidio per la società e le persone.»
L'altro strabuzzò gli occhi: la sua espressione era un misto tra sorpresa e incomprensione. «Come puoi sa...»
«Mi hai dato quest'impressione.»
Fu così che tutto ebbe inizio. L'inizio di una profonda ma misteriosa amicizia.
I due giovani presto scoprirono di avere interessi comuni ed altrettanti diversi; cooperavano come se fossero sempre stati insieme e la loro capacità di comprensione reciproca disarmava loro tanto quanto coloro che li osservava.
Si conoscevano come se fossero stati l'uno l'anima stessa dell'altro. Due parti di una medesima opera finalmente ricongiunta dopo anni di tragica e dolorosa separazione.
E avrebbero mentito se avessero detto che ciò non gli facesse paura ma, sarebbe stata una bugia ben più grave la negazione della normalità che provavano.
Poiché era giusto, quel loro rapporto, ed era ancor più giusto mostrarlo senza remore o timori.
Finché una notte, tutto cominciò a prendere una piega differente.
«Sei un idiota!» sbraitò Elliot, arrabbiato per il misterioso comportamento di Leo, il quale aveva già rovesciato una sedia per il nervoso.
«Ma senti un poco chi parla!» Ribatté l'altro, sbattendo sul pavimento il primo oggetto che la mano riuscì ad acciuffare: un borsellino aperto da cui fuoriuscirono penne e matite.
«Non sono io quello che si comporta in modo strano!»
«Sei tu quello che non è in grado di farsi i fatti suoi!»
«Sono semplicemente preoccupato, scusa tanto se tengo a te!»
Leo si fermò subito dopo quella frase. Strinse i pugni e distolse lo sguardo, muovendosi verso la porta della stanza. Aveva bisogno di allontanarsi, di non incrociare quello sguardo che stava cominciando a fargli male, là, dove vi era il cuore.
«E' questo il punto, non dovresti tenere a me.» Pronunciò quelle parole con celato dolore, la mano già propensa ad allungarsi verso la maniglia.
Ma Elliot fu più veloce.
Leo sentì il legno aderire alle sue spalle, le stesse divenute ostaggio della presa altrui. Quelle dita stringevano così forte la sua pelle da fargli quasi male; dolore mostrato attraverso una smorfia, tutto ciò che Elliot avrebbe potuto vedere oltre la matassa informe di capelli che copriva gli occhi dell'amico.
«Guardami, Leo. Non distogliere lo sguardo.» Lo intimò fino a quando non poté vedere gli occhi scuri di lui. Dovette sbattere le palpebre più volte per eliminare l'improvvisa illusione che occupò il suo campo visivo. Un'illusione composta da meravigliose pagliuzze dorate che come stelle brillavano all'interno di due specchi neri gemelli. Quegli occhi che risplendevano dentro le mura opache di una vecchia biblioteca sconosciuta eppure così familiare.
Perché vuole nasconderli?E' uno spreco nascondere degli occhi così belli...
Scosse il capo in preda alla confusione. Gli occhi di Leo tornarono normali, comunissimi occhi neri che non creavano motivo alcuno per desiderare di celarli.
«Cominci a capire?», sussurrò Leo, afferrando il polso destro di Elliot.
«No, non capisco.»
«Sei proprio un idiota.» Il moro sospirò, perdendosi in quel cielo in primavera.

Aveva sempre piovuto ma poi ho visto il ciel sereno nei tuoi occhi e tutto è cominciato a cambiare.

Perché eri tutto ciò che io cercavo ed io ero tutto quel che tu cercavi.
Un amico ed eguale.
Una salvezza.

«Uno stupido, maledetto idiota.»
Un tavolo volò in un fastoso giardino nobiliare. Vi era un ragazzino dai capelli d'oro che fissava interdetto l'inusuale e violenta scena venutasi a creare tra due dei suoi amici.
Lui ed Elliot urlavano ed altro non riuscivano a fare; una lite come tante che, non appena gli animi si sarebbero tranquillizzati, sarebbe stata dimenticata per lasciar spazio a calde risa e piacevoli conversazioni.
Solitamente, era questo quel che accadeva.
Leo lasciò scivolare la mano sulla guancia destra di Elliot; com'era nostalgico il suo sguardo! Com'era malinconica la sua espressione!
Le grida di quella ignota sera gli riempivano la nuca, stringevano il petto in una rassegnata morsa di dolore. C'era qualcosa di distorto, in quella visione, un'accettazione che avvolgeva un piccolo barlume di speranza ancora tentennante e timoroso dinnanzi una felice svolta.
E poi c'era il calore sulla sua mano, stretta delicatamente da quella di Elliot.
Non si era permesso di avvicinarsi tanto prima di allora, aveva represso quel suo istinto nato durante il loro primo incontro ma, ora che aveva datogli ascolto, quel contatto sembrava l'inizio di una realizzazione negata da molto più tempo di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
Di quanto avrebbero mai potuto immaginare, giacché Elliot stesso avvertiva la medesima sensazione e quei rumori di un tempo lontano sussurravano alle sue orecchie ricordi di sogni passati soffocati ancor prima che potessero nascere.
«Leo, cosa significa tutto qu...»
Un bacio anticipò la conclusione di quella domanda. Una presa di coraggio o, forse, la voce di un giusto istinto che finalmente aveva avuto modo di agire come doveva. Le guance di Elliot presto andarono in fiamme, mele mature o fuochi ardenti che coloravano di un delizioso ed acceso rosa la sua pelle chiara.
Non era la prima volta che riceveva un bacio ma mai le sue labbra erano state sfiorate da quelle di un uomo, soprattutto da qualcuno che avrebbe dovuto considerare solo un ottimo amico. Eppure gli occhi si chiusero da soli e le mani scivolarono sui gracili fianchi dell'altro ragazzo, mentre le labbra, seppur timidamente, cominciarono a ricambiare quel contatto.
Leo intanto aveva portato anche l'altra mano su una delle guance di Elliot. Facendo perno sulle punte dei piedi -Elliot era ben più alto di lui- cercava il più possibile di proseguire con quel bacio, il primo di tutta la sua vita. Perché Leo aveva sempre evitato chiunque, odiava quel mondo ed odiava entrarne in contatto. Si comportava come un animale selvatico che per istinto attaccava chiunque lo sfiorasse. Un animale che, sorprendentemente, aveva finalmente lasciato che qualcuno potesse toccarlo e lo aveva fatto di sua spontanea volontà fino al momento in cui il fiato venne a mancare. Allora, solo allora, aveva posto fine a quell'atto, allontanandosi dalle labbra altrui.
Dunque era questo quel che si provava durante un bacio? Leo non ne era sicuro davvero. Nei libri veniva descritto come caldo e dal sapor di zucchero, mai veniva citato il retrogusto amaro che aveva provato e quella felicità mista a dolore che ancora pesava come un macigno all'interno della gabbia toracica. Ma era stato bellissimo, questo non lo avrebbe messo in dubbio mai. Così bello da desiderarne un altro il prima possibile, non appena avesse ripreso fiato, possibilmente.
Intanto, mentre era perduto in quei pensieri confusi, Elliot lo guardava ad occhi sgranati.
Com'era adorabile la sua intera immagine adornata d'imbarazzo! Sembrava quasi un bambino. Un bambino invadente e fin troppo impulsivo che non placò il suo istinto e lo attirò nuovamente a sé, tornando a baciarlo come ascoltando i suoi desideri più profondi.
Vi era un detto assai antico che affermava che, durante un bacio, i respiri condivisi rappresentassero le anime di due persone che si univano attraverso le labbra. L'amore sentimentale veniva comunicato con il corpo e man mano che questi diveniva più forte, le membra cominciavano a bramare qualcosa di maggiore.
E come scottava, la loro pelle! I normali tempi da non bruciare non avevano importanza per loro: si erano già amati troppo a lungo nel silenzio dell'ombra del tempo. Le così comunemente chiamate "tappe" non avevano senso alcuno per quelli amanti secolari ed inconsapevolmente tali.
Leo fu il primo ad intuirlo e cominciò a condurre Elliot verso il letto. Sebbene di magra corporatura, possedeva un'innata forza, tale da poter spostare anche un altro ragazzo anche se impegnato in un bacio dalle note sempre più ardenti. Con accortezza lo indusse a sdraiarsi mentre lui si accomodava al di sopra, con le ginocchia appoggiate tra le gambe altrui, lasciate semiaperte per garantirgli quel comodo spazio.
«Aspetta, Leo. A...aspetta.» Ansimò Elliot. Era così confuso, così agitato. Leo riusciva a sentire il battito accelerato del suo cuore, pura musica per le sue orecchie. «Sei sicuro di quel che stiamo facendo?»
Non era mai arrivato a tanto con nessuno; questa l'ovvia giustificazione del suo timore. Elliot Nightray non era mai stato in grado di superare quel gradino neanche con le poche ragazze che frequentò ai tempi del liceo. Si sentiva stupido ad ammetterlo ma, al contrario della maggior parte degli altri ragazzi, il suo onore era così forte da non potere essere superato in alcun modo neanche in tali contesti. Non avrebbe mai sfiorato nessuno se non avesse provato quell'amore travolgente che sarebbe dovuto esser protagonista di un simile atto. L'amore che adesso sentiva nei riguardi di Leo e che tanto lo scombussolava.
«Solo se lo sei anche tu.» Fu la risposta di Leo. «Accompagnerò ogni tua decisione.»
Un servitore asseconda sempre il proprio padrone a meno che non stia sbagliando. Allora è suo compito riprenderlo così che non possa perdere il decoro e sia in grado di agire nel modo corretto.
Ma perché, perché collegare la risposta di Leo a quella di un servitore devoto e fedele?
Cosa aveva a che vedere con loro quel paragone?
Elliot invertì le posizioni, senza alcuna sorpresa da parte di Leo che, al contrario, accennò un sorriso divertito. Sebbene più impacciato, sebbene più facile all'imbarazzo, Elliot voleva sempre tenere tutto sotto controllo e lui glielo aveva sempre lasciato fare. Non aveva mai obiettato, al contrario, assecondava quella tenera ingenuità mostrando sempre un sorriso per quella convinzione in realtà priva di fondamenta. Perché, sì, così era: se Elliot non avesse avuto quel carattere, Leo non avrebbe avuto alcun problema a prendere in mano ogni situazione proprio come stava quasi per fare un momento prima.
«Allora voglio arrivare fino in fondo.» Rispose Elliot, mostrando una sicurezza smentita dal roseo colore delle goti.
«Oh, in fondo non è da te lasciare le cose a metà, no?»
Sulle labbra del biondo comparve un tenero sorriso; allungò una mano per sfilare gli occhiali dell'altro e gli mise di lato.
«Ci vedi?»
«Non ho problemi alla vista. Semplicemente...»
«Non ho niente da nascondere, semplicemente io non voglio vedere. Giusto?»
Leo sbatté le palpebre, annuendo debolmente. «Sì...giusto.»
«Ma se me li hai lasciati togliere, significa che...»
«Questa volta voglio vedere tutto.»
Elliot sorrise nuovamente, approfittandone per tornare a baciare le labbra di lui. Dapprima fu un bacio lento e assai dolce ma, ben presto il ritmo cambiò, divenendo più veloce, impaziente. Il contatto tra le labbra venne approfondito da quello delle lingue, avide e curiose della bocca altrui.
Le mani di Elliot scesero verso i bottoni della camicia di Leo che alla cieca cominciò a sbottonare uno per uno. Leo subito fece lo stesso e quando comprese che il lavoro dell'altro era ormai giunto al termine, alzò il busto cosicché l'indumento potesse scivolare dalle sue spalle. Così l'altro cominciò a dar attenzioni alle goti, la mascella; lasciò umidi baci sulla gola e l'incavo delle spalle su cui sentì anche la presa dei denti che tiravano la pelle con lo scopo di lasciar un violaceo segno.
Leo si lasciò sfuggire un sospiro e cominciò a studiare quel caldo corpo dalla schiena in su. Ad occhi semiaperti contava distrattamente i nei sulla bianca pelle di Elliot e vi passava i polpastrelli al di sopra, raggiungendo lentamente le spalle ed il collo. E lasciò anche lui dei baci, su quelle spalle. Aveva fermato Elliot per poter avere anche lui la possibilità di studiare con le labbra quella pelle così calda, di sentire i sospiri altrui contro la sua pelle. Quando terminò, tornò a adagiarsi sul materasso, invitando l'altro a proseguire con quei baci che presto scesero verso la restante parte scoperta del corpo.
Un corpo così magro, pensava Elliot. Riusciva a vederne le costole, sentiva quanto gracile fosse. Leo si trascurava molto, troppo a parer suo. Non avrebbe dovuto permetterlo più.
Intanto la lingua stava seguendo la circonferenza dell'areola e i denti tirarono il resto. Sentì Leo gemere poco di più, rabbrividendo al suo tocco su quella parte così sensibile e continuò ancora per un poco, soddisfatto dal piacere che stava riuscendo a suscitargli. Le dita raggiunsero poi l'orlo dei pantaloni che non esitò a sbottonare e sfilare con l'aiuto di Leo che a tentoni fece lo stesso con lui, laddove poteva arrivare.
Quando quelle vesti vennero tolte tornarono a baciarsi, ancor più voraci, ancor più impazienti, tanto da doversi allontanare più spesso per poter prendere le boccate d'aria necessarie a riprender fiato. Non importava. Sentivano l'irrefrenabile bisogno delle reciproche bocche e lo avrebbero soddisfatto sino a placarlo il minimo necessario per far emergere un conseguente desiderio.
Elliot sfilò allora il restante degli indumenti di entrambi. Si prese un momento per bearsi di quella eterea vista che gli si poneva dinnanzi con ciocche corvine sparse sul cuscino ed occhi scuri languidi di puro desiderio. Desiderio nei suoi riguardi. Desiderio di lui e solo lui.
Si allungò verso il comodino, aprendo il cassetto per estrarre un profilattico ed aprirlo.
«Li tieni lì sempre a portata di mano, eh?» Ridacchiò Leo. «Poi dici che sono io il pervertito tra i due.»
Elliot sentì il fuoco espandersi fino alla punta delle orecchie e poco ci era mancato che sbagliasse ad indossare il preservativo. Maledizione, pensò, avrebbe anche potuto evitare i commenti!
«Non sono io quello che legge libri erotici senza ritegno anche davanti i fratelli delle persone! Ti ricordo che se ti avesse beccato mia sorella avresti passato un brutto quarto d'ora.»
Leo roteò le iridi verso l'alto immaginando una donna dai capelli scuri che lo cercava tra i corridoi di un'enorme magione solo per sgridarlo e dirgli quanto fosse indecoroso. Che immagine fastidiosa. Che immagine lontana, giacché, si ritrovò a pensare in seguito, quand'era accaduto l'incontro tra lui e Vanessa Nightray?
«Non nominarmi tua sorella», sospirò Leo, scuotendo il capo e sporgendosi per lasciare l'ennesimo bacio su quelle morbide labbra. «Va' avanti», gli disse, prendendo la sua mano per portare le dita alla bocca e lentamente umidificarle.
Elliot arrossì ancora. Quella scena era così imbarazzante ma, al contempo,così seducente da accendere maggiormente ogni suo istinto. Mai avrebbe creduto di poter vedere un tale aspetto del suo compagno di stanza, del suo imbranato e strambo Leo che tornò a sdraiarsi a lavoro compiuto. Quel lavoro che proseguì lui attraverso i normali preliminari che avrebbero dovuto far abituare l'altro ad una presenza esterna.
«Fa male?» Chiedeva mentre le dita lentamente si muovevano all'interno dell'apertura altrui.
«E' normale che la prima volta faccia un po' male.» Sussurrò l'altro ragazzo, lasciandosi sfuggire dei gemiti soffocati.
«E' la tua prima volta?»
Leo annuì.
«Anche la mia.»
«Lo so», continuò a sussurrare, «perché tu sei la mia metà ed io la tua.»
La veridicità di quelle parole colpì Elliot come una freccia sorprendentemente indolore.

Siamo eguali. Due pezzi di uno stesso vetro rotto.

«Sì.» Disse.
«Quindi continua Elliot, sono pronto.»
Con tenera accortezza, il giovane dagli occhi azzurri esaudì il desiderio che gli era stato espresso. Congiunse finalmente i loro corpi, così come avevano desiderato dal principio e cominciò a muoversi solo quando fu Leo a chiederglielo, garantendogli al contempo il suo benestare.
La vista cominciò ad offuscarsi per il piacere provato, l'intero corpo era scosso da brividi e piacevoli sensazioni che aumentavano al crescer dei movimenti. Sentiva Leo gemere insieme con lui, lo ascoltava mentre invocava il suo nome donando alle sue orecchie il piacere di una musica che avrebbe potuto udir per sempre.

Statico, qualcosa che non cambia mai, giusto?
Sì, come la nostra amicizia.
Ti ho portato questo,per ricambiare il tuo regalo. Potremmo suonarla insieme.
Come si chiama?
Lacie.

Nostalgiche immagini si frapposero tra la realtà e le illusioni. Una malinconica melodia ora accompagnava gli ansiti e il piacere espresso dalle bocche.
Due ragazzi si osservavano all'interno di una vecchia e piccola biblioteca; erano così ingenui, così speranzosi del loro avvenire.

Sarai il mio servo.
Accetto solo perché i Nightray posseggono una libreria più grande di questa.

Quelli stessi ragazzi divennero inseparabili, amici sinceri. Avrebbero fatto di tutto l'un per l'altro e sotto la facciata di un'amicizia indissolubile, stava cominciando a nascere il piccolo seme di un amore che avrebbe potuto germogliare nel migliore dei modi se non fosse stato ucciso in partenza. Se non avesse esalato l'ultimo respiro insieme con un'unica, addolorata e pentita frase.
«Scusami, Leo.» , «Scusami, Elliot.»
Quando le visioni terminarono, entrambi videro il volto dell'altro rigato dalle lacrime. Si accorsero di aver pronunciato insieme quella frase e di aver scorto le stesse immagini.
Soprattutto, ricordarono. Ricordarono quel tempo di secoli prima in cui per vivere dovevano coesistere, ricordarono il tempo in cui le loro anime si legarono e la Morte tentò invano di spezzar quel filo rosso indissolubile. Invano, già, perché nonostante tutto il tempo trascorso loro si erano ritrovati e stavano ora congiungendosi facendosi beffa di ogni atrocità subita.
«Alla fine sei tornato, stupido idiota.» Sussurrò Leo, tra sospiri crescenti. «Dopo di te ci era stata solo distruzione, ho sperato fino alla fine di poterti rivedere ancora.»
«Non devi distruggere nulla, basta così. Le nostre speranze sono state ascoltate.»
Con un cenno, Leo annuì. «Elliot, sono quasi al limite...»
«Anch'io.»
Poco dopo il piacere cessò in un ultimo, liberatorio gemito emerso dalle gole di entrambi. Elliot si chinò per rubare l'ennesimo bacio divenuto "fine" di quell'atto di amore e poi si allontanò, sdraiandosi accanto a Leo. Quest'ultimo si girò su un fianco, in sua direzione, osservandolo con occhi stanchi e una tenera espressione in viso.
«Ti amo, Elliot.» Sussurrò.
Finalmente quelle parole erano state dette ad una persona presente e non una gelida pietra su cui lasciar cadere le lacrime. Aveva per molto tempo temuto che non avrebbe potuto pronunciarle mai al diretto interessato.
Paure finalmente volate via con il vuoto che aveva preso in ostaggio il suo cuore anni orsono, durante un tempo troppo lontano persino per i riacquistati ricordi.
«Ti amo anche io, Leo.» Sussurrò di rimando Elliot, spostando dietro l'orecchio un ciuffo scuro di lui. «Ma...ciò che ricordiamo, ciò che sappiamo...com'è possibile?»
Leo sorrise .«Sai, nei libri dicono sia la sorte delle anime gemelle.»
«Cos'è un'anima gemella?»
«E' molto più che un migliore amico: è una persona legata a te in modo indissolubile, qualcuno di cui non puoi fare a meno come se fosse l'altra parte di te stesso. Il loro legame sfida il mondo, sfida il tempo. Per questo sono anime gemelle, perché sono nate per stare insieme.»
Quando ricevette la risposta, Elliot strinse in un abbraccio la sua metà gemella. Non aveva detto alcunché.
Ma Leo...Leo comprese il significato di quel gesto.
Comprese anche senza vedere gli occhi di Elliot chiudersi, felice e libero da ogni peso che gravava sul cuore.
Non lo avrebbe più lasciato e quell'abbraccio era ormai l'ultimo simbolo delle rinnovate promesse.

Note dell'autrice.
Rieccomi con l'ennesima ElliLeo! Questa volta un po' diversa dalle altre, in quanto non avevo mai scritto una R18 -perlomeno, non ne ho mai pubblicata una- al contempo anche AU.
E' stata un po' una sfida per fare qualcosa di diverso e spero che sarà gradito a voi lettori. <3
Alla prossima!
_Alexis J Frost_

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