Strangers&Hamburger

Quando inizi a capire che la fine della vita che conoscevi prima, si sta avvicinando inesorabilmente, facendo spazio ad una totalmente nuova alla quale non senti di appartenere, inizi a capire tante cose.

Primo: non tutti gli esseri umani hanno bisogno di un anima gemella.

Insomma, sono riuscita a stare bene per diciassette anni con piccole cotte e amori giovanili , non vedo perché non dovrebbe funzionare anche in futuro.

Secondo: non siamo mai pronti ai cambiamenti.

Ero abituata svegliarmi tutte le mattine senza il peso opprimente del oggi forse incontrerò la mia anima gemella e a ripudiare tutto ciò. Il pensiero va subito alla mia povera mamma che, costretta da questo orribile sistema, non è potuta essere libera.

Libertà.

Ho paura di perderla, soprattutto dopo che ho passato tutti questi anni ad averla vicino.
Non sono pronta a lasciarmi comandare da delle stupide iniziali incise sul braccio, ma sinceramente credo che non lo sarò mai.

Terzo: le discoteche non sono proprio per me.

Certo, questo è un punto un po' frivolo rispetto ai precedenti, ma non posso fare a meno di sentirmi a disagio in un posto del genere.

Non importa quante volte le mie amiche cerchino di coinvolgermi in balli sfrenati che, nonostante sia una brava ballerina grazie alle lezioni prese da bambina, mi fanno sentire molto a disagio. È uno spazio troppo piccolo e angusto per i miei gusti.

Capisco che l'intento di Cassie era quello di non farmi pensare al domani, cercando di farmi divertire qui, ma io sono fatta così.

Peggior nemica delle discoteche, presa da perenne ansia e pensieri invasivi.

Difatti, se ho un problema, questo non scompare in nessun modo, a meno che io non riesca a risolverlo.

La musica è troppo forte per potermi piacere, infatti sembra più rumori indistinti più che note su cui poter ballare.

È tutto così confuso: le luci, le persone, il fumo.

Riesco quasi ad accorgermi di essere vicino alle mie amiche e non da sola nel mezzo di questa folla.

«Vado un attimo al bagno» urlo all'orecchio di May, che annuisce per poi continuare a ballare.

Mi faccio spazio tra la gente con le mani, facendo una grande fatica a non risultare aggressiva ma, al contempo, riuscire a raggiungere la meta.

Tiro fuori un sospiro di sollievo, non appena arrivo davanti ai bagni, per poi pentirmene subito dopo; l'odore non è certo dei migliori e i rumori che sento sono ancora peggio.

Faccio un rapido dietro-front per dirigermi verso la parte dei fumatori; una piccola area all'aperto, decorato con piccole piante e coperta da un gazebo di legno.

Devo ammettere che è un'idea geniale. Perché non farla di carta a questo punto?

Il gazebo è decorato da piccole luci a led che illuminando il posto con una luce calda, rendendo il tutto più accogliente e rilassante, quasi come se stessi dentro un sogno.

Mi dirigo verso l'angolo destro e appoggio la schiena sulla piccola trave orizzontale della staccionata, che recinge lo spazio creando una figura rettangolare, e fisso il mio sguardo sul tetto spiovente.

I miei occhi seguono le traiettorie delle travi, mentre nella mia testa albeggiano pensieri di pura ansia.

Può sembrare una cosa sciocca agli occhi degli altri, ma per me è una cosa veramente seria.

Le persone prendono la situazione del nostro mondo un po' troppo alla leggera sotto alcuni punti di vista; nessuno si preoccupa di quelle persone che sono infelici, di quelle altre che si sentono fuori dal mondo, per non parlare poi di quelle che, perdendo fiducia nel progetto "Soulmates", hanno anche deciso di togliersi la vita.

Fin da piccoli, nelle scuole e in alcune famiglie, ci trasmettono il messaggio che trovare la nostra persona sia importante, che saremmo finalmente felici solo quando staremo con essa, ma non è così.

«Hai un accendino?» una voce calma e roca, richiama la mia attenzione.

Un ragazzo alto, molto alto, mi guarda speranzoso con i suoi occhi azzurri, un azzurro così vivo e chiaro, da colpirti così violentemente da lasciarti senza parole.

«No, mi dispiace» enfatizzo le mie parole con un segno di negazione con la testa.

Lui si allontana con passo elegante, per poi avvicinarsi ad un ragazzo con una sigaretta in mano, che gli da l'accendino senza troppe cerimonie.

Il ragazzo dagli occhi azzurri stringe tra le labbra la sigaretta, per poi avvicinare quest'ultima alla fiamma coperta dalla sua mano. Tira su un paio di volte, finché non è finalmente accesa.
Restituisce l'accendino al ragazzo e, dopo averlo ringraziato con un cenno del capo, si dirige di nuovo verso di me.

Sfrontata, continuo ad osservarlo, curiosa e allo stesso tempo affascinata.

Si sistema accanto a me, ma un po' distante, così da permettermi una vista più libera senza dovermi girare.

Ha gli occhi socchiusi, puntati sui suoi stivaletti neri, la testa chinata leggermente verso il basso, con alcune ciocche di capelli biondi medio-lunghi, che gli ricadono leggeri davanti al viso.
Le dita con gli anelli tengono ferma la sigaretta, mentre leggermente sfiorano le labbra piene e perfette.
Il naso leggermente all'insù, per quanto è perfetto, sembra quasi disegnato.

È veramente un tipo affascinante e il suo look composto da giacca di pelle nera, camicia rossa sbottonata fino a metà petto e i pantaloni neri scuri stretti, non fanno altro che dargli un non so che di misterioso.

«Non ti piace la festa?», chiede lui, ponendo fine alla mia analisi, della quale sembra non essersi neanche accorto.

«No, mi annoia tremendamente», confesso.

Lo vedo mentre prende un'altra boccata di fumo, per poi lasciarla uscire lentamente fuori dalle sue labbra. Quella nebbia grigia e densa sembra quasi accarezzare quelle labbra rosee.

«Anche me. Mi hanno costretto a venire dei miei amici, io avrei preferito continuare a suonare.»
Il suo sguardo, ora, è su un punto indefinito davanti a sé.

«Quale strumento? Chitarra?»

Lui scuote leggermente la testa.

«Ukulele», risponde pacato.

Non riesco a trattenere le risate, ricevendo da lui uno sguardo confuso.

«Fammi capire: tu ti avvicini ad una ragazza come se fossi il classico 'bello e dannato' e poi dici di suonare un ukulele al posto di una fighissima chitarra elettrica?», continuo a ridere.
Non ho nulla contro quello strumento, solo che mi ha colto alla sprovvista. Di certo ha completamente disintegrato l'idea che mi ero fatta.

«È uno strumento sottovalutato» si difende lui, per nulla offeso; anzi, mi è quasi parso di vedere un'espressione divertita.

«È da sfigati», ribatto decisa a non dargliela vinta.

«Non ho mai detto di essere un tipo tosto», spegne la sigaretta dentro il posacenere, posto sulla trave del gazebo, per poi buttarla.

Lui mi guarda per qualche secondo, curioso, per poi soffermare lo sguardo sul mio braccio.

«Niente anima gemella?» chiede curioso.

«No», rispondo semplicemente, nascondendo poi il braccio nel sentirmi troppo osservata.
Non vedo il motivo per cui dovrei dirgli che, anche se ancora per poco, non ho raggiunto l'età per scoprirla.

Lui si alza la giacca, per mostrarmi il suo braccio privo di segno.

«Anche io devo ancora trovare la mia.»

Annuisco alla sua risposta, anche se non richiesta.

«Hai mai avuto la sensazione di trovarla vicino? La tua anima gemella, intendo», domando a bruciapelo.
Non credo in questo sistema, però mi piace capire che idea ne abbia la gente, nella vana speranza di trovare qualcuno come me.

Dopo tutto, non è così bello sentirsi dire quanto sia stupido quello in cui credo, che ho solo teorie complottiste nella testa e che dovrei solo gioire per questo sistema.

«No, non ho mai sentito nulla», scrolla le spalle «ma sinceramente non so nemmeno se si debba. Insomma, alcuni miei amici mi hanno detto che hanno solo sentito dolore, altri che hanno avuto prima una sorta di connessione, quindi non so proprio cosa aspettarmi.»

Annuisco, capendo perfettamente, nonostante non creda a queste cose.

«Ti va di fare due passi?», gli chiedo.
Non sembra particolarmente felice di essere qui e dubito che sia solo per la mancanza del suo ukulele.

«Volevo chiedertelo io, ma avevo paura di fare la figura dello stupratore.»

«Chi ti dice che non sia io la stupratrice qui?», lo prendo in giro, per poi staccarmi dalla staccionata con un colpo di reni.
«Coraggio scappiamo via.»

Ed è proprio l'unica cosa che vorrei fare ora: scappare lontano, via dai problemi, via da tutto.

Lui mi afferra la mano, facendo scontrare le mie dita con il metallo freddo dei suoi anelli, per poi guidarmi di nuovo verso quel cumulo di gente impegnata a sbracciarsi a tempo di musica, o almeno credono di farlo, per me sono talmente sbronzi che non sanno neanche di trovarsi in una discoteca.

Ci avviciniamo all'uscita, mentre io mi guardo alle spalle nel vano tentativo di trovare una delle mie amiche per avvisarla della mia fuga stile film. Purtroppo, sia per la confusione che che per il buio, non riesco neanche ad intravederle.

All'improvviso sento la voce del ragazzo vicino all'orecchio, che mi fa sussultare per la sorpresa.

«Hai per caso lasciato qualcosa al guardaroba?», chiede lui, mentre il mio sguardo si sofferma sulle collane che porta al collo e che gli ricadono sul petto lasciato scoperto.

«Sì, la borsa e il cappotto», rispondo, cercando di farmi sentire il meglio possibile.
Da una delle tasche dei miei pantaloni della tutina, estraggo un piccolo foglietto di carta con un numero sopra e glielo porgo.

Lui annuisce, capendo la mia silenziosa richieste di prendere gli oggetti per me e, insieme, ci dirigiamo al guardaroba.
Qui c'è molta meno gente, così riusciamo facilmente a prendere la nostra roba e uscire.

Il vento di dicembre accarezza il mio pallido viso sul quale, però, so già che compariranno dei piccoli rossori all'altezza delle guance e sul naso per via del freddo.

Il biondo lascia la mano, aiutandomi poi a mettere il cappotto.

«Che gentiluomo», lo canzono mentre mi sistemo meticolosamente il colletto e, subito dopo, la borsa sulla spalla.

Estraggo il cellulare e mando un messaggio alle ragazze, avvisandole di essere uscita con un ragazzo.

La risposta che leggo, però, mi lascia leggermente senza parole.

"Brava tesoro della mamma, fatti sbattere come farebbe un batterista alla sua batteria."

Cassie è veramente senza ritegno.

A seguire, arriva un messaggio anche da parte di Cele.

"Se sprecherai quest'occasione, ti ripudierò come amica. Dagliela come la darei io a Leonardo Di Caprio."

Scioccata ma non sorpresa.

«Tutto bene?», chiede il ragazzo, avvicinandosi.

Annuisco mentre metto via il cellulare e cercao di non dare troppo peso alle parole delle ragazze.

«Bene, hai una mezza idea di dove vuoi andare?»

***

«Non so se è la fame, ma questo panino è la fine del mondo», annuncio in estasi, la voce leggermente ovattata per il cibo e gli occhi rivolti verso il cielo.

Penso che solo la pizza è in grado di battere il Bacon King di Burger King. Date ad una ragazza otto fettine di bacon e non sarà più la stessa.

Sento uno sbuffo divertito, così poso gli occhi sul ragazzo davanti a me.

«Che c'è?» gli chiedo non appena mando giù il boccone.

«Nulla, sei solo molto bella», poggia il mento sulla mano, osservandomi più intensamente con i suoi bellissimi occhi.

«Fammi indovinare: questa è la mossa migliore con cui conquisti le ragazze.»

Lui sorride leggermente.

«No, la mia mossa migliore è presentarmi.»

È tremendamente sfacciato e sicuro di sé.

Mi affascina, mi intriga.

Lui cerca di capire i miei pensieri in questo momento; lo vedo come presta attenzione ad ogni mia mossa o sguardo, cerca di capirmi con il linguaggio del corpo.

«Wow, sono veramente colpita», ribatto sarcastica, mordendo il mio panino.

Dio, se proprio devo avere un anima gemella, spero sappia fare hamburger del genere.

Il ragazzo prende il mio bicchiere contenente Coca-Cola Zero, scelta solo per illudermi che essa possa procurare meno danni al mio fegato, e mi rivolge uno sguardo leggermente contrariato.

«Questa roba non sa di nulla.»

Le sue dita accarezzano il bicchiere di carta, affascinandomi con quei movimenti lenti e delicati, che sembrano quasi studiati, tattici.

«Come ti chiami?», gli chiedo nella speranza di potermi distrarre.

Il problema di questo ragazzo non è la bellezza in sé per sé, anche perché non è una cosa che di solito mi coglie impreparata o mi destabilizza, ma quanto lui sia così strano. Strano in senso positivo.
È difficile da capire e allo stesso tempo facile, è come uno di quegli indovinelli a trabocchetto, quelli che ti fanno fare miliardi di ragionamenti per poi accorgerti che, in realtà, la risposta ce l'avevi sotto gli occhi.

«Potrei dirtelo, ma per ora preferisco rimanere nell'anonimato.»

Gli riservo un ghigno pieno di malizia, mentre accartoccio la carta che conteneva il panino e la getto sul vassoio.

Allungo la mano, fino a sfiorare quella di lui, e prendo la mia Coca-Cola.

Il suo sguardo cade sulle mie labbra carnose che stringono la cannuccia.

«Va bene, allora non ci presenteremo», mordo la cannuccia, come sono solita a fare. È un vizio che ho fin da quando ero piccolina.

Lui si alza, spostandosi i capelli biondi da davanti alla faccia, e punta i suoi occhi su di me.

«Tu hai scelto Burger King, quindi sta a me scegliere ora, giusto?»

Annuisco sospettosa.

«Bene, allora vieni», mi porge la mano e, dopo un piccolo tentennamento, decido di accettare.

Di solito non tendo a fidarmi delle persone, soprattutto dopo la ''faccenda O'Brien'', ma stupidamente mi lascio ingannare dall'aspetto angelico del ragazzo.

Non ho nulla da perdere e questa potrebbe essere l'ultima volta in cui possa realmente sentirmi libera.

Lui si dirige verso la sua moto, con la quale siamo arrivati fino a qui, per poi passarmi il casco rosso.

È decisamente fissato con questo colore e, per un momento, mi domando se sia una coincidenza che il mio nome sia Ruby Red.

Non appena lui sale in moto e indossa il casco, anch'esso rosso. Mi fa un cenno con la testa per dirmi di salire in sella e, non appena salgo facendo leva con le mani poggiate sulle sue spalle, mi aggrappo a lui, stringendo le braccia intorno al suo busto.

Ho sempre amato le moto, tant'è che, quando abitavo ancora a Sydney, il miglior amico Michael mi scorrazzava ovunque, soprattutto per andare a scuola. E pensare che sono passati solo pochi mesi dalla mia partenza.

«Reggiti forte», afferma il biondo prima di partire con estrema velocità.

I miei capelli iniziano a svolazzare in modo confusionario, tenuti solo alla base grazie al casco, mentre il vento mi sferza il viso. Le mie dita stringono più forte il tessuto leggero della camicia e mi chiedo come, con tutto questo freddo, non abbia un po' di freddo.
Stiamo in pieno dicembre, mica ad agosto.
Chiudo gli occhi, allontanando la mente da tutto il resto.

Questa sera non sono Ruby Red, questa notte non sto per compiere diciott'anni.
Sono solo una sconosciuta che sta passando la serata con un altro sconosciuto ed è giusto così, è giusto che mi lasci andare per una volta nella mia vita fatta sempre di sola scuola, regole e sofferenza nel vedere la propria madre infelice per la propria vita.

«Tutto bene?», urla il ragazzo, distogliendomi dai miei pensieri.
Le parole non vengono recepite benissimo dalle mie orecchie, ma riesco comunque a capirlo e a rispondergli in modo affermativo, avvicinandomi un poco al suo orecchio.

«Perfetto, perché siamo quasi arrivati.»

In questo momento non mi interessa chiedergli dove stiamo andando perché, ad essere sincera, ora come ora, non voglio altro che stare con lui e vivere una fiaba come quella di Cenerentola, costretta a concludersi entro la mezzanotte, ma questa volta senza un lieto fine.

🍕❤🍕👑🍕❤🍕
LUKE HA FATTO LA SUA APPARIZIONE,
ma la protagonista non sa il suo nome.
Magari lo scoprirà alla mezzanotte, chi lo sa.

Ho grandi aspettative per questa storia e spero che riesca a svilupparne bene la trama.

Io ora ve saluto e vi auguro buon ferragosto, soprattutto perché non so quando aggiornerò di nuovo ❤

Grazie per aver letto🙇

byeeeeee
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