Scrunchie&RR

Sorpresa, mi avvicino a lui di fretta, per poi afferrare la sua camicia.

«Cosa ci fai tu qui?» domando.

Ieri è stato tutta la notte a sussurrarmi all'orecchio che quella sarebbe stata l'ultima volta, non avremmo ma avuto occasione di vederci e, il non voler dire i reciprochi nomi, era in parte voluto dal fatto di non creare legami. Il mio continuare a chiedere, alla fine, è riuscito a farl cedere, ma ciò non toglie che, stamattina, ci siamo salutati come semplici amici, un semplice "ciao" con una stretta di mano, per poi lasciarci indietro tutto.

Si era proposto di darmi un passaggio, ma ho preferito prendere un taxi per evitare questo, come voleva anche lui.

Non dovevamo più cercarci, era questo quello che avevamo stabilito.

«Sono venuto per un caffè,» il suo tono, nonostante sia un'affermazione, tentenna facendo sembrare la frase quasi una domanda.

«Ed entri qui dentro urlando il mio nome?»

Alzo un sopracciglio confusa, per poi lanciare uno sguardo a Calum.

«Puoi coprirmi?» mimo con le labbra e, non appena ho ricevuto un segno di assenso da parte sua, trascino il biondo fino ad arrivare alla porta sul retro del bar.

La strada è completamente vuota e l'unica presenza che ci fa compagnia è un gatto grigio, che sta dormendo sopra un cassonetto dei rifiuti. 

Bene, così potremo parlare senza essere disturbati.

«Perché sei qui?» chiedo, ora con voce un po' più calma.

«Avevo bisogno di parlarti, ieri notte mi hai detto che lavori in un bar e che frequenti l'Università di Liverpool. Ho cercato un po' nelle zone vicino ai campus e ti ho trovata.» spiega tranquillamente.

Rimango totalmente sbalordita dalle sue parole.

Si rende cono di quello che ha appena fatto? Deve averci messo minimo un paio d'ore per trovarmi.

«Dovevo immaginarlo. Sei uno stalker.» borbotto a mezza bocca, non sapendo bene come reagire alla sua confessione.

«No Ruby, non è stata una mossa dal stalker la mia,» sospira mentre si passa una mano tra i lunghi capelli biondi. «Può sembrare così, ma ti giuro che le mie azioni sono state mosse da altro.»

«Tipo?» incrocio le braccia al petto, assumendo poi uno sguardo pieno di sfida. Nonostante io abbia un piccolo timore che lui possa essere realmente essere un pazzo, decido di mostrare maggior sicurezza, appellandomi anche a diverse prove per sostenere la sua eventuale innocenza; ad esempio, avrebbe potuto farmi del male l'altro ieri sera o semplicemente ieri.

«Questo.» infila la mano nella tasca della sua giacchetta di pelle, per poi estrarre un elastico di raso nero. 

«L'hai scordato a casa mia,» spiega. 

Lo afferro confusa, ricordandomi subito della mia acconciatura e dell'elastico che, caso strano, stavo proprio cercando oggi per legarmi i capelli a lavoro, ma che avevo già dato per disperso. 

Sollevo un sopracciglio e piego di lato la testa, osservandolo più attentamente.

«Mi stai dicendo che hai perso tutto questo tempo e hai girato non so quanti bar, solo per portarmi un elastico per i capelli?»

«Non è credibile, vero?» sorride sghembo, arrossendo anche leggermente.

Strano, non mi sembrava per niente il tipo che potesse provare imbarazzo per una cosa del genere, mi è sembrato sicuro di sé, da quel poco che ho potuto constatare.

«Credo proprio di no.» sorrido leggermente, rigirandomi tra le mani l'elastico.

«Ammetto che è stato un pretesto, ma avevo la necessità di vederti.»

Attendo in silenzio che lui inizi a parlare.

Si guarda intorno, si passa la mano tra i capelli e, infine, apre leggermente la bocca per lasciare andare un grande sospiro. Continuo a guardarlo, finché non decido di interrompere questa messinscena. 

«Allora?»

Come se si fosse risvegliato da una trance, spalanca leggermente gli occhi, fissandoli, infine, su di me. Mi guarda leggermente spaesato, probabilmente troppo perso nei suoi pensieri per notare il tempo passato, così riformulo la domanda in modo da farmi capire.

«Hai intenzione di dirmi perché dovevi vedermi?»

«Ah sì, stavo solo cercando le parole giuste.» sorride leggermente per scacciare la tensione. «Partendo dal presupposto che questa è tutta una mia teoria e che quindi è da prendere con le pinze, ho avuto una specie di illuminazione e beh, come dire...»

«Luke, a parole tue.» taglio subito corto. Di solito non sono così scorbutica, soprattutto con persone che non conosco poi così bene, però ho già capito che sta andando nel pallone perché non vuole che io possa interpretare male il suo discorso, quindi in queste occasioni è sempre meglio intervenire che perdere il filo del discorso.

«Quello che voglio dire è che magari, per ora, non siamo anime gemelle.»

Corrugo la fronte, guardandolo dubbiosa.
Ma cosa va blaterando?

«Eh? In che senso scusa?»

«Il sistema potrebbe non essere sempre così preciso, forse con alcune persone le lettere compaiono subito e per altre no, ma ciò non toglie che esse possano essere comunque destinate. Credo che, se potessimo conoscerci meglio, potremmo verificare questo mia tesi.Oppure potremmo andare a chiedere, a che ne so, la sede dove tutto questo ha avuto inizio!»

Sospiro, alzando gli occhi al cielo.
Mi massaggio le tempie con gli indici, per poi fissare lo sguardo su di lui. 

È assurdo pensare che una cosa del genere possa realmente accadere, è una cosa totalmente fuori di testa, con una probabilità bassissima.

Poi andare da chi? Figuriamoci se quei scienziati saccenti convinti di aver trovato la soluzione contro la solitudine, possano ammettere di aver sbagliato.

«Luke, io non so che film tu ti sia fatto, ma il nostro è stato solo uno... sfogo. Una voglia di lasciarci andare...» inizio, cercando di farlo ragionare, ma lui mi interrompe subito.

«Ruby, credimi quando ti dico che ho la sensazione che siamo, in qualche modo, connessi. Non ho mai creduto a questa cazzata del progetto Soulmates, eppure con te ho sentito qualcosa. Chiamami pazzo, ma credo che anche tu abbia sentito qualcosa.»

Mordo leggermente il labbro inferiore, perché so benissimo di cosa lui sta parlando. Un senso di familiarità che raramente riesci a provare con le persone e, ad esempio, con May è stato così: avevo capito subito che poteva essere una buona amica, mi sono bastate solo due chiacchiere durante l'ora di inglese.

«Luke Hemmings, hai ragione. Sei un folle.» mi giro e gli do le spalle, pronta ad andarmene, tuttavia lui mi richiama, facendomi fermare subito.

«Ti chiedo solo un appuntamento. Voglio capire solo se è stato un caso anomalo il nostro.»

Mi giro ed è inutile negare che, nel vederlo davanti a me con quel sorriso non più timido ma quasi sfacciato, sono tentata ad assecondare la sua pazzia .

«Allora, ci stai?»

***

«Ma come hai detto no? Ma che problemi hai?! Non ti ho insegnato nulla allora?! Il cazzo va sempre preso!» esclama la mia amica sconvolta, gettandosi poi sul mio letto.
Si poggia un braccio sugli occhi, sconsolata e leggermente delusa da me.

«Cele, tu mi lasci sempre più allibita.»
Mi siedo accanto a lei e, non appena mi sono tolta le scarpe, incrocio le gambe, assumendo così una posizione più comoda.

«Lascia stare, sono in astinenza.» spiega, scoprendo i suoi occhi chiari, per poi puntarli su di me. «Per questo sono ancora più incazzata. Tu che puoi, approfitta!»

«Il discorso che mi ha fatto, è un chiaro segno che non devo averci nulla a che fare. È pazzo, Cele.»

«Quindi? Si sa che gli psicopatici scopano meglio.» ribatte subito lei.
La guardo leggermente sconvolta, chiedendomi esattamente se è solo l'astinenza a renderla più insana o è semplicemente una caratteristica che ha tenuto celato fino ad ora.

Pensandoci bene, dovevo già capirlo dai suoi discorsi su Harry Styles.

Sospiro.

Lei solleva il braccio sinistro, iniziando ad osservare quelle due lettere a cui prima, al bar, non ha voluto dare così tanto peso. Ci passa un dito sopra, come se volesse cancellarle.

«Ha fatto male?» le chiedo, proprio come feci anche con Cassie.

Per quanto sia contro questo sistema, non posso fare a meno di interessarmi sulle sue caratteristiche. Sono sempre stata una ragazza curiosa e di certo il mio astio non è abbastanza forte da sopraffare questa mia peculiarità.

«No, ero talmente presa dal ballare, che non me ne sono neanche accorta,» sospira sconsolata. «Ti rendi conto che Harry Styles era alla festa e io non me ne sono accorta? Lui starà cercando me, in questo momento.»

Corrugo la fronte, non del tutto convinta che abbia capito la realtà delle cose.

«Cele, ma Harry...» inizio, ma vengo interrotta da qualcuno che ha iniziato a bussare alla mia porta. 

Lentamente mi alzo, dirigendomi verso la porta e, non appena la apro, rimango spiacevolmente sorpresa dalla persona che ho davanti.

«Buon pomeriggio mia piccola pietra preziosa.» mi saluta Dylan O'Brien, il bellissimo ragazzo che, da affascinante nerd, si è trasformato in uno squilibrato che non fa altro che assillarmi.
Dio santo, non dovevo accettare il suo appuntamento qualche mese fa, mi sono decisamente fatta ingannare dal suo atteggiamento dolce e timido.

«Ciao,» sollevo gli occhi infastidita dallo stupido nomignolo da lui affibbiatomi.
Alle mie spalle, sento le molle del letto muoversi, segno che Cele ha deciso di mettere da parte le sue fantasie e assistere ad uno spettacolo che, se comprende anche il ragazzo, non può che non sfociare nel ridicolo.

«Sei felice di aver finalmente trovato la tua anima gemella?!» domanda felicissimo, facendo quasi sembrare la sua frase un'esclamazione.

Poggio una mano sulla porta, tentata di chiuderla in modo brusco.

«Di cosa stai parlando?» domando, cercando di mantenere la calma. 

Pensavo di aver già raggiunto il numero di agguati giornalieri.

Lui sorride, per poi mostrarmi il suo braccio sinistro, segnato da due lettere: R.R.

In quel momento, posso sentire Cele alzarsi dal mio letto e avvicinarsi, fino a raggiungermi e posizionarsi dietro di me.

«Ma...» inizio, tuttavia vengo distratta dalla faccia di Dylan che inizia a farsi più vicina, con le labbra già pronte per un bacio, che prontamente mi ritrovo ad allontanare con una mano poggiata su di esse. «Piantala, deve esserci un errore! Non sono io quella, non ho le tue iniziali stampate sul braccio!» e, come prova delle mie parole, sollevo la manica, scoprendo il mio avambraccio privo di segni.

«In più ti ho visto solo ora,» continuo, cercando di trovare una spiegazione logica. «È praticamente impossibile che ti sia comparso senza che fossi stata nelle vicinanze.»

Rapidamente, afferro il suo braccio per poi scorrere il dito su quelle lettere, notando che, il passaggio del mio pollice su di esse, trascina anche un po' di inchiostro nero.

«Non l'hai veramente scritte tu a mano, vero O'Brien?» domanda Cele, sbeffeggiandolo un poco.

Io lo guardo leggermene scandalizzata, faticando a crederci. Quanta pazzia ci può essere in una sola persona per poter pensare una cosa del genere?

Che poi sarebbe stato a prescindere un piano fallimentare!

Non ha preso in considerazione l'idea che l'avrei scoperto per via dell'assenza delle sue iniziali sul mio braccio, come così è stato poi?

«Io... ecco... era un modo per convincerti della nostra perfetta combinazione...» balbetta lui, imbarazzato.

Sfido io, chi non lo sarebbe al suo posto?

Sollevo gli occhi al cielo.
«Ciao Dylan.» lo rifiuto, chiudendogli la porta in faccia.
Mi chiedo cosa abbia fatto di male per meritarmi tutto questo. Sono una brava ragazza dopotutto. 

«Ho bisogno di una pausa.» mormoro sconfitta, abbandonandomi nuovamente sul letto e ignorando i continui richiami da parte di O'Brien.

«Da cosa?» mi chiede Cele, rimanendo in piedi di fronte a me.

«Dalla vita.»

La nostra attenzione viene attirata dalla vibrazione del mio cellulare, il quale avevo posato sulla scrivania; Cele lo prende e, senza permesso, lo controlla.

Un sorriso furbo si fa spazio sul suo voto e, non appena mi siedo, me lo passa.

«Guarda chi si è rifatto vivo dopo solo due ore.» commenta, per poi sedersi accanto a me.
Non è mai stata una ragazza curiosa, ma soltanto dedita al gossip sui suoi protetti, eppure non può far  meno di interessarsi a questo ragazzo. 

Se vuole, posso anche cederglielo.

Ti va di uscire domani sera?

«Come diamine ha fatto ad avere il mio numero?» chiedo sconvolta. Già la storia dei bar era veramente ansiosa, ora anche di più.
Questo è un vero e proprio stalker.

«Sono stata io a darglielo, invitandolo a continuare a tartassarti.» spiega la mia amica, come se nulla fosse.

«Cele!» l'ammonisco io. «Non puoi dare il mio numero così, ad uno sconosciuto.»

«Ruby, ha un evidente interesse per te, ci sei andata a letto, è bello e sembra anche simpatico, perché non dargli una piccola occasione?»

Sospiro sconfitta.
Potrei ovviamente darle validi motivi per cui io non debba accettare, ma sono più sicura che non ascolterebbe una sola parola.

«Quando ci hai raccontato di lui, non ho avuto l'impressione che ti avesse dato fastidio la sua attenzione e, in seguito, la sua compagnia. Ovvio, non deve essere il tuo compagno di vita, ma nessuno ti vieta di divertiti un po' prima che compaiano le lettere.»

Mi rigiro il telefono tra le mani, indecisa su cosa fare. 

È innegabile il fatto che provi un interesse nei confronti di Luke, sempre per colpa della mia curiosità, però continuare a vederlo sarebbe un rischio.

Non ho paura che possa in qualche modo innamorarmi di lui, ma di affezionarmici troppo. Quando ho lasciato Sidney, ho provato un senso di vuoto che, ancora ora, mi porto dietro. Mia madre e Michael erano talmente presenti nella mia vita, che erano diventati una quotidianità che mi è stata portata via una volta arrivata qui; mi sentivo in parte privata di me stessa, delle mie abitudini e non è stato facile abituarsi.

E se dovesse capitare anche con Luke?

«Puoi anche dirgli di no, ma il tuo tentennamento mi fa già intuire che hai voglia di uscirci.» mi risveglia dai miei pensieri Cele e, non appena alzo lo sguardo su di lei, noto subito un sorriso vittorioso. «Coraggio, buttati!»

Mi dispiace, ma la mia risposta è no.

Sento nuovamente bussare alla mia porta, ma mi rifiuto di aprire o rispondere, sapendo già che altri non può essere che Dylan.
Probabilmente non si è mosso di lì per tutto il tempo.

«Che ne diresti di baciarmi? Magari solo così possiamo definitivamente capire se siamo anime gemelle.» lo sento urlare.

Imbarazzata, copro gli occhi con la mano, scuotendo un po' la testa.

«Dio mio, era meglio accettare l'invito dell'angelo a questo punto.» mi apostrofa la mia amica che, delusa, si ristende sul mio letto.

«O'Brien, fatti una vita lontano da qui!» urla infine, facendo così cessare l'insistenza di Dylan. Almeno per ora.

🍕❤🍕👑🍕❤🍕
Finalmente sono riuscita a pubblicare questo capitolo!
Mi ero imposta di pubblicare almeno un capitolo a settimana, ma in questi giorni ho avuto un sacco di problemi.

Come potete vedere, c'è una parte piena zeppa di trash e una che non so bene come descrivere.

Non lo so, è uscito molto strano a mio parere, ma ci sta ahahhaha.

Spero vi sia piaciuto ❤

Grazie mille per le letture, i voti e i commenti, siete dei cuoricini ❤

byeeee

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