🍷 ~ 4 ~ 💊

Dazai: 💊

Mi svegliai, pronto ad affrontare un'altra giornata intrisa di monotonia. Con un sospiro pesante mi alzai dal letto, trascinandomi verso il bagno. Aprii l'armadietto dove custodivo con cura le mie inseparabili bende.

Sfilai la maglietta con gesti lenti, rimuovendo le bende logore che avvolgevano il mio corpo. Presi un rotolo nuovo e lo appoggiai sul lavandino, poi accesi l'acqua per prepararmi un bagno caldo. Mi immersi nell'acqua, lasciando che il calore lenisse il corpo e i pensieri. Una volta asciutto, cominciai con precisione il rituale quotidiano: mi bendai con attenzione, partendo dall'addome fino alle braccia.

Afferrato il phon, asciugai i capelli con poca cura, lasciandoli ricadere in un disordine familiare. Uscendo dal bagno, mi diressi verso la cucina, più per abitudine che per fame. Aprii il frigorifero, già consapevole di cosa avrei trovato.

"Come immaginavo..." mormorai con tono esasperato. "Il frigo è vuoto. Devo davvero andare a fare la spesa?"

Chiusi il frigorifero con uno scatto, irritato dalla mia stessa pigrizia, e mi spostai in salotto. L'orologio segnava un'ora imbarazzante, decisamente in ritardo per il lavoro. Non che me ne importasse granché. I miei occhi, però, vennero subito catturati da un dettaglio fuori posto: il cappello di Chuuya, abbandonato con una certa arroganza sul divano.

Lo fissai per un istante, combattuto, poi decisi di portarlo con me. Lo afferrai con una mano, osservandolo distrattamente, e uscii di casa senza troppa fretta.

Mentre camminavo, i miei occhi si posarono casualmente sul cimitero. Una leggera idea si insinuò nella mia mente.

"Forse gli farebbe piacere una visitina..."

Mi fermai a un piccolo chiosco lungo la strada, acquistando dei fiori, e mi diressi verso la tomba di Oda. Arrivato lì, mi accovacciai con naturalezza, posando i fiori sulla lapide.

"Buongiorno, Oda. Che bella giornata, vero?" dissi con un sorriso malinconico, fissando il cielo sopra di noi. Il silenzio avvolse l'atmosfera, un manto greve e opprimente, reso ancora più malinconico dall'ordine severo delle lapidi. Restai immobile per qualche istante, lasciando che quel vuoto si insinuasse nei miei pensieri.

"Sai che mi manchi...?" sussurrai infine, la voce incrinata da una sincerità che raramente mostravo. "Non è più lo stesso dopo che tu..." Le parole si spensero mentre abbassavo lo sguardo. I miei occhi si posarono sul cappello che ancora stringevo nella mano. Un accenno di sorriso mi sfiorò le labbra.

"Ricordi Chuuya? Guarda un po', ho guadagnato un suo prezioso accessorio." Sollevai il cappello con un'espressione fiera, quasi teatrale. "Significa molto per lui, sai? Questo semplice, banale cappello... Avevo intenzione di restituirglielo, lo giuro! Lo farò... prima o poi."

"Che fai, parli con i morti?"
La voce tagliente di Kunikida mi fece trasalire appena. Mi voltai lentamente, incontrando il suo solito sguardo severo. Ah, era evidente che fosse venuto a cercarmi, esasperato dal mio ritardo.

"Per me lui non è un morto," risposi, incrociando il suo sguardo con un tono più serio del solito. "Lo sai bene, Kunikida-kun."

Per un attimo, le nostre parole rimasero sospese nell'aria, tra il peso del passato e le solite divergenze.

Kunikida mi afferrò per un orecchio senza troppi complimenti. "Vieni subito a lavoro, disgraziato!" tuonò, tirandomi con una forza eccessiva.

"Ahi! Ahi! Kunikida, lasciami!" protestai, cercando di divincolarmi.

"Non ci penso neanche! Alzati!" replicò, fissandomi con uno sguardo ancora più severo del solito.

Sospirai sconfitto, mettendomi in piedi. Solo allora si degnò di lasciarmi andare.

"Possibile che ogni volta che fai ritardo ti trovi sempre qui?!" sbottò, incrociando le braccia e lanciandomi uno sguardo carico di disapprovazione.

Non risposi. I miei occhi si posarono di nuovo sulla lapide, mentre i pensieri vagavano lontano, verso momenti che appartenevano ormai al passato.

"Ci vediamo... Odasaku-san," mormorai infine, sistemando con cura i fiori sulla tomba. Poi mi voltai, seguendo Kunikida con passi lenti ma inevitabili verso l'agenzia.

Arrivati all'agenzia, fui accolto da saluti amichevoli da parte di tutti i miei colleghi, Atsushi in particolare, che sembrava sempre un po' troppo entusiasta di vedermi. Risposi con un cenno distratto e mi avviai verso la mia scrivania. Mi sedetti con un lungo sospiro, lasciando cadere il cappello di Chuuya proprio al centro della mia scrivania.

"Dazai... da quando indossi queste cose ridicole?!" sbottò Kunikida, massaggiandosi le tempie con l'espressione di chi stava già perdendo la pazienza.

"Chi ha detto che lo indosso?" risposi con noncuranza, intrecciando le dita dietro la testa e rilassandomi sulla sedia.

Atsushi, incuriosito, si avvicinò per dare un'occhiata più da vicino al cappello. "Ehi, ma questo è il cappello di Chuuya-san!" esclamò sorpreso, puntando il dito verso l'oggetto incriminato.

Lo guardai con un sorriso sornione. "Bravo, Atsushi! Esatto, è proprio il suo. Ora puoi immaginare la scena quando lo scoprirà!"

Kunikida sospirò profondamente. "Non credo che questo sia qualcosa di cui andare fieri, Dazai..."

Ranpo, appoggiato noncurante alla sua sedia con un pacco di patatine in mano, osservava la scena con il solito sguardo compiaciuto. "Secondo me è un segno," commentò, infilando una patatina in bocca. "Se c'è l'hai ancora tra le mani, è evidente che lui lo sa. E non verrà a riprenderselo."

Lo guardai, riflettendo su quelle parole. Non aveva tutti i torti. Il mio pensiero tornò inevitabilmente su Chuuya. Quel cappello, quel silenzio... Erano passati anni. Troppi.

Presi il telefono, scorrendo nella lista dei contatti fino al suo nome. "Chu-chu Chibi 👺🍷." Non parlavamo da almeno quattro anni; la chat era rimasta sospesa, come un filo spezzato. Sospirai e decisi comunque di scrivergli qualcosa

Chuuuuyaa 😃
10:24

Che vuoi.
10:27

Indovina ^^
10:27


Non ho tempo per i tuoi stupidi giochetti.
10:28

È qualcosa che indossi, tranne adesso 🙃
10:28

"Dazai, torna a lavorare!" tuonò Kunikida alle mie spalle, evidentemente al limite della pazienza.

Senza nemmeno voltarmi, alzai il dito medio verso di lui. "Suca," mormorai con tono piatto, completamente assorbito dalla mia conversazione.

Il telefono vibrò di nuovo. Ero curioso di vedere come avrebbe reagito Chuuya.

So già che hai il mio cappello.
Credi che non me ne sia reso conto, Merdazai?
A proposito, hai intenzione di ridarmelo?
10:28

Non lo so... forse. Solo se mi dici dove ti trovi adesso ^^
10:29

Sto andando in missione.
Anche se ti dicessi dove mi trovo, non ti cambierebbe niente.
10:30

Hai assolutamente ragione, Chuuya-kun, mi conosci troppo bene.
10:30

Dopo quel messaggio, non ricevetti alcuna risposta. Guardai il telefono per qualche istante, poi lo rimisi in tasca con un sorriso divertito. Mi alzai stiracchiandomi la schiena e il collo, afferrai il cappello e cercai un pretesto per uscire.

"Bene, ragazzi, io vado," annunciai con tono svogliato, dirigendomi verso la porta.

"Dove vai? Torna qui! Devi ancora lavorare!" sbraitò Kunikida, agguantandomi per il colletto della camicia prima che potessi scappare. Alzai le mani in segno di resa, cercando di sembrare innocente.

"Su, su, Kunikida-kun, solo una piccola pausa," dissi con il tono più persuasivo possibile.

Mi scrutò sospettoso, come se cercasse di leggere nelle mie intenzioni. "Ci impiegherò, su per giù, una ventina di minuti... se le cose non si complicano," aggiunsi, ma l'ultima parte mi scappò quasi sottovoce.

Sfortunatamente, lui sentì. "Come sarebbe a dire se le cose non si complicano?!" sbottò, il tono esasperato.

Sorrisi, sfoderando il mio miglior sguardo di sfida. "Non preoccuparti, Kunikida-kun! Ho tutto sotto controllo... più o meno!" E con una rapida mossa, mi divincolai dalla sua presa, avviandomi verso la mia prossima impresa.

Appena uscito dall'edificio, presi il telefono e composi il numero di una certa personcina.

"D-DAZAI-SAN!" La voce di Akutagawa mi accolse con la sua solita riverenza esasperata. Sì, lo so, non dovrei approfittare del suo atteggiamento servile, ma ormai era quasi troppo facile.

"Akutagawa-kun," iniziai con un tono insolitamente serio. Dentro di me, però, stavo trattenendo a stento una risata. "Ho bisogno di un favore."

"Certamente," rispose lui, con la sua solita inflessibilità.

"Dove si trova in questo momento Chuuya?" domandai, aspettando con un sorrisetto divertito.

Un lungo silenzio riempì la conversazione. Evidentemente esitava. Notai un certo imbarazzo dall'altro lato della linea, e sospirai teatralmente.

"Akutagawa-kun, se me lo dici, potrei addirittura considerarti superiore ad Atsushi..." giocai la mia carta vincente, sottolineando l'ultima parola con enfasi.

L'effetto fu immediato. Sentii un lieve respiro teso, poi finalmente rispose. "Sta completando una missione nella zona del porto."

"Bene, bene," dissi, già immaginando la sua espressione frustrata. "Un'ultima cosa... Akutagawa..."

"...Sì?"

"...Sapresti anche dirmi dove abita?"

Dall'altra parte, il silenzio fu assordante. Mi trattenni dal ridere, aspettando con pazienza.

"..."

Chuuya: 🍷

Il porto non era come al solito. Quel giorno c'era qualcosa di diverso, qualcosa che suonava. Lo sentivo nell' aria, quel misto di tensione elettrica e pericolo imminente.

I miei passi risuonavano trai container mentre cercavo di localizzare i bastardi della banda che ci avevano tradito. Erano pericolosi, e avevo il coraggio di giocare con noi. E io ero qui per ricordargli perché non si scherza con la Port Mafia.

Mi muovevo con cautela, pronto a scattare. Loro erano armati fino ai denti. Si diceva che avessero un' arma speciale, qualcosa rubato da uno dei nostri magazzini. Sospettavamo fosse un dispositivo anti- abilità, e non vedevo l'ora di scoprirlo.

Svoltai un angolo e subito dovetti abbassarmi, schivando un proiettile che sibilò a pochi centimetri dalla mia testa. "Tsk. Vigliacchi" ringhiai, lasciando uno sguardo rapido verso l' altro. Uno dei traditori era nascosto in cima a un container, mentre altri due mi circondavano da terra.

"Ma che bella accoglienza" dissi, inclinando il capo con un sorriso sprezzante. "Pensate davvero di potervela cavare contro di me?"

Uno di loro caricò verso di me con un machete, mentre gli altri iniziarono a sparare. Con un movimento rapido, attivai la mia abilità, spingendo il machete a terra con tale forza che l' uomo perse l' equilibrio. Mi lanciai su di lui, colpendolo al volto con il ginocchio.

Sentii un clic familiare: Una granata

"Merda.." mormorai, spingendo il corpo dell' uomo incosciente verso la granata per attutire l' esplosione. Mi riparai dietro un container, la deflagrazione fece tremare tutto.

Quando sbucai, una scarica di proiettili mi accolse. Uno mi sfiorò il braccio, e il sangue iniziò a macchiare la manica del cappotto. "Adesso avete davvero esagerato.." Serrai i denti mentre un' ondata di gravità fece schiantare al suolo il tiratore nascosto.

Non potevo abbassare la guardia. Sentivo i passi pesanti di qualcuno avvicinarsi, quando mi girai, vidi il dispositivo anti- abilità montato sul fucile, puntato dritto verso di me.

Mi sfuggì un sorriso storto. "Volete giocare in questo modo, eh?"

Mi lanciai verso di loro, la gravità ancora attiva. Lo evitai per un soffio, ma il campo attorno a me si destabilizzò. Sentivo il peso del mio stesso potere controbilanciarsi, come se il dispositivo stesse cercando di farmi a pezzi.

Stringendo i pugni, concentrando tutta la mia energia, dissi tra i denti "Non ci riuscirete. Non oggi"

Con un grido di sfida, feci schiantare un container su di loro, ponendo fine al combattimento. Restai lì a riprendere fiato, il braccio dolorante e il cappotto ormai rovinato ma vivo.

Poi, ovviamente, il telefono vibrò.

Stronzo di un Merdazai..

"Dazai, giuro che se è per qualche Tua solita stronzata..ti uccido"

Presi il telefono tra le mani rispondendo alla chiamata "Che cazzo vuoi".

"Chuuya!" Rispose la sua voce irritante dall' altra parte, troppo allegra per i miei gusti. "Sempre così affettuoso. Sai, a volte mi chiedo se in fondo ti manchi la mia compagnia"

Strinsi i denti "Vuoi morire? Sto cercando di finire una missione, e tu-"

"Oh, lo so benissimo " mi interruppe con quel tono leggero che faceva ribollire il sangue. "Anzi, mi permetto di farti i complimenti! Ho sentito che sei stato molto impressionante. Gravità qui, container la, esplosioni ovunque! Classico di Chuuya"

Mi bloccai. Come diavolo faceva a saperlo? Mi guardai intorno, scurando tra i container e il fumo ancora sospeso nell' aria. "Dazai" dissi lentamente, "sei qui vero? Dove diavolo ti nascondi?!"

"Che sospettoso!" Ridacchiò. "No, non sono lì. Non ancora, almeno. Ma potrei essere..molto vicino"

Feci un respiro profondo per non spaccare il telefono a metà. "Se hai qualcosa da dire, parla. Non ho tempo fa perdere con le tue idiozie"

"Ma è proprio questo il punto, Chuuya-kun. Sono io a non voler perdere tempo. Sai, ho pensato che, visto che ho il tuo adorato e ridicolo cappello, potremmo incontrarci. Che ne dici?"

"Ridammi quel dannato cappello, Dazai, o giuro che di te non troveranno neanche gli organi"

"Ah, sempre cosi violento. Va bene, va bene. Facciamo così: ti aspetto alla solita panchina vicino al vecchio magazzino. Sai quale intendo"

"Perché non vieni tu qui, così ti uccido subito?"

"Se ti raggiungessi lì, non sarebbe un po' troppo facile per te? Sai quanto mi piace complicarti la vita"

Prima che potessi rispondere, riattacco.

"Maledetto " mormorai tra i denti, chiudendo il telefono con uno scatto e lanciando uno sguardo verso il magazzino che aveva menzionato. Era sempre lo stesso Dazai, pronto a giocare con i nervi della gente per puro divertimento.

Sospirai, stringendo il braccio ferito mentre cominciavo a camminare. Se voleva quest' incontro, gliel'avrei dato. Ma questa volta, giurai a me stesso, che non se la sarebbe cavata facilmente

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