Capitolo 3- past
"Ciechi in spire d'amore tossico e non vero, impossibilitati dal vedere ciò che una carezza nasconde davvero.
Coltelli dietro la schiena davanti a un volto di colori"
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_Posso vedere ciò che non vedi_
«Ah!» gemette contro quel volto dai tratti duri, con gli occhi che si chiusero e le labbra spalancate.
Il maggiore sorrise fatto di lui e gli baciò il mento, accompagnandolo nell’orgasmo che gli macchiò le mani fredde per il tempo di liquido perlaceo.
«Non si fanno queste cose a lavoro… e se ci scoprissero?» in affanno Jimin si allacciò i pantaloni, guardando provocatorio Siwoo leccare la propria pelle sporca. Era alto e grosso, gli davano alla testa i muscoli che si portava addosso. Era un amante focoso e non poteva chiedere di meglio quando aveva ceduto alle sue avances.
Siwoo era diventato uno dei pilastri portanti della sua vita. Lo stesso che gli aveva permesso di poggiarsi a lui per rialzarsi dopo il danno irreparabile fatto dalla sua famiglia. Lo aveva accudito con cura e dolcezza e alla fine era riuscito a smettere di pensarci costantemente, gli doveva molto ma non chiedeva mai nulla. Il suo cuore era pieno di lui. Di quell’amore gioviale che stava vivendo per la prima volta.
Sentiva di poter stare per sempre al suo fianco.
«Questo mi eccita ancora di più» sbrattò Siwoo, alzandolo da terra per portarlo a legargli le gambe in vita, con le mani strette al suo fondoschiena. Gli rubò un bacio passionale, mangiandosi con lo sguardo quegli occhi eleganti. Jimin lo arpionò dalle spalle e lo spinse come meglio poteva.
«Mettimi giù, devo tornare»
Siwoo lo lasciò andare dopo avergli morso il collo e lo fissò mentre si infilava la maschera da Gatto, aiutandolo a mettersi quella da Serpe.
«Come faccio a far finta di odiarti?» si lamentò ovattato, mentre Jimin lo colpiva sul petto per farlo spostare quando si riavvicinò.
«Se fai il bravo ti premio quando torniamo a casa» il minore lo sorpassò e si issò sopra a un muro, allontanandosi velocemente e Serpe rimase a guardarlo dal basso, con la patta stretta dei pantaloni.
Il suo gattino era assurdamente sensuale.
«Puzzi ancora di sesso» lo riprese Lince, mentre sparava per liberare la strada. Non uccise nessuno, ma fu abbastanza per far spostare quel gruppo di fattoni mezzi svenuti davanti alla porta. Qualcuno cadde pure oltre le scale.
«Non essere geloso. Troverai anche tu qualcuno con cui scopare» Gatto, dopo la frecciatina spinosa, si abbassò e cadde quando venne spinto di lato, colpendo il cemento con il sedere. Guardò l’amico che lo aveva appena spinto in tralice.
«Ops!» fece il verso Lince, mentre Pantera li sorpassava ed entrava nella casa alla ricerca della droga che sarebbe dovuta essere stata venduta entro quella sera, stanco di sentire quelle fesserie sull’orario lavorativo.
«Lo hai fatto evidentemente apposta» si lamentò Jimin come un bambino.
Una vecchia signora urlò da dentro, forse la receptionist di quel condominio che sembrava una catapecchia.
«Smettetela e entrate» li rimbeccò Taehyung, colpendo Jimin sulla fronte con il calcio della pistola in maniera leggera. Non capiva perché doveva sempre esagerare con le parole, non so rendeva conto che Yoongi lo riprendeva solo per il suo bene. Se qualcuno avesse fatto una soffiata al capo, non sarebbe finita bene per lui.
«Non puoi andare a scopare in giro mentre lavori, specialmente se abbiamo dei piani» e Yoongi continuò la ramanzina. Avevano quasi fatto tardi per aspettarlo e tutto perché l’amante l’aveva chiamato e lui era corso.
Entrarono con le braccia tese e spalle al muro, andarono avanti nel corridoio buio del condominio che puzzava di cose imprecise e aveva un buco sul muro d’intonaco. Salirono le scale scricchiolanti e rumore di gemiti li raggiunse da una delle porte segnate
«Va bene, mi dispiace» si arrese Jimin mettendo davanti la ragione, mentre velocemente salivano la seconda rampa di scale, aveva capito d’essere in torto e non voleva infastidirlo ulteriormente. Pantera sfondò la porta in legno mal ridotto e lui e Taehyung colpirono i due uomini di colore che provarono a scappare dopo essersi alzati dal tavolo con una gamba più bassa dell’altro.
«Questa era la mia fottuta droga?!» Lince spiccicò la faccia di uno dei due contro al tavolo dopo aver visto le strisce di cocaina smistate accanto a una banconota arrotolata. Tutti sentirono il naso scricchiolare mentre Tigre andava a cercare in quel monolocale diroccato le altre buste.
«Mi dispiace» l’uomo stretto da Pantera era così fatto che non si reggeva neanche in piedi, ma cercava comunque di salvarsi il culo, con gli occhi rosse e le mani che tremavano in enfasi per gli effetti della cocaina.
Gatto superò il tavolo e aprì il congelatore, trovando ciò che stavano cercando, estrasse i due pacchetti, tenendoli in mano.
«No amico, non è tua questa» sbiascicò contro al legno, con le lacrime agli occhi dal dolore, mangiando il suo stesso sangue colato dal naso e dalla fronte scorticata.
«Dovevate venderla, perché è ancora qua?» Lince non era così clemente. Senza ritegno lo prese dai capelli e gli batté duro un ginocchio contro l’occhio. L’uomo gridò e cadde in ginocchio esattamente mentre Tigre tornava con un pacchetto bagnato, probabilmente trovato nello sciacquone del cesso.
«Fratello, lo stavamo per fare, questa notte» quello stretto da Pantera parve pisciarsi addosso mentre gli veniva puntata una pistola addosso. «Ma se ci uccidete come possiamo farlo? Andiamo, fratello»
Pantera gli tirò un pugno in volto e questo indietreggiò, cadendo sdraiato a terra, forse svenuto.
«Ascoltami, bastardo» Gatto seguì il cenno di Lince, prese le braccia dell’uomo e lo alzò da terra, con l’occhio gonfio e tumefatto in volto. «Se questa notte alle quattro non avrò i soldi, ti sparo nel culo e ti faccio cagare da due parti, intesi?» sussurrò gelido sul suo volto, prima di colpirlo alla pancia.
Questo perse il respiro e Gatto lo lasciò andare facendolo nuovamente crollare al suolo.
Pantera tirò su una striscia di coca, sputò addosso a quello svenuto e lasciò la casa, seguito dagli altri.
«Fa anche schifo sta merda» sbiascicò. No, non poteva essere la loro roba.
«Comunque a me quello non piace»
Jimin guardò Taehyung che si appese dal corrimano e si fece le scale scivolando così, atterrando in piedi. Lo raggiunse, guardandolo confuso.
«Quel vipera intendo» si spiegò appoggiandosi alle sue spalle mentre uscivano dal condominio, sotto gli occhi sconvolti della vecchia che doveva essere abituata a certa merda, visto la parte povera della città in cui abitava. «Voglio dire, i viscidi non fanno tutti schifo?»
Lince ascoltò i due di nascosto e accordò con Pantera di rivedersi tra qualche ora.
«Non sono tutti uguali, Tigre» borbottò quasi offeso Jimin, mentre si faceva lasciare dalla sua presa. «A me piace davvero»
«Come vuoi tu» borbottò poco convinto quello più alto, lasciando perdere. Avevano avuto tutti la loro prima cotta e non c’era modo di far cambiare idea quando parlavano gli ormoni e quello che sembrava il primo vero amore.
«Non ci credo che dobbiamo tornare più tardi, io avevo degli impegni» si lamentò Gatta, infilando le mani guantate in tasca.
«Che c’è? Devi continuare a farti scopare?»
«Lince!» Tigre guardò sconvolto l’amico mentre Pantera scuoteva la testa e si allontanava.
«Io me ne tiro fuori!» borbottò lasciandoli solo.
«Che cazzo vuoi, Lince?» sbottò Jimin, spingendolo. Quella frase lo aveva particolarmente ferito e per un attimo ci aveva visto suo padre.
«Dico il vero. Ultimamente ti assenti e torni quando vuoi, perché lui ti chiama e vuole il tuo culo. Che sei diventato, il suo cane?»
«Ma vaffanculo»
E Jimin non si sarebbe mai aspettato un tradimento da parte di Yoongi, colui che ormai gli faceva da padre e fratello maggiore. Il suo Yoongi. Ma non aveva ripensamenti in voce. Lo frustò con le parole, lasciando segni invisibili sul suo corpo.
La rabbia divampò in lui come una fiamma e gli piombò addosso senza ritegno. La lotta nacque sotto gli occhi sconvolti di Taehyung che cercò di dividerli, fermandosi quando un pugno lo colpì malamente alla spalla.
Lamentandosi si mise seduto su uno dei gradini del portico e in silenzio li guardò rotolarsi sul terreno zozzo e prendersi a colpi, finché i corpi parvero diventare solo uno e iniziò a intravedere del sangue, al ché batté un piede a terra, completamente stufo di vederli uccidersi per nulla.
«Smettetela, cazzo!» urlò senza parole, non capendo cosa stesse davvero succedendo.
Perché Lince aveva iniziato a parlare in quel modo?
«Fottuto scemo» Yoongi si spinse via di dosso Jimin e si mise seduto, premendosi il dorso sul labbro spaccato. «Non capisci che quello è un bastardo?!» la voce uscì dura, per nulla intenzionato a rimanere a guardare quel viscido mangiarsi lentamente il suo fratellino. Era stato zitto già per troppo tempo.
Jimin si bloccò e rimase mezzo sdraiato, a guardarlo in silenzio, col sapore di sangue sulla lingua e un sopracciglio pulsante, mentre l’odore di piscio e umido che saliva dal cemento lo avvolgeva disgustosamente.
E poi si ricordò: Yoongi non parlava mai senza motivo.
Cosa vuoi dirmi? Dimmelo in faccia. Sei stato in silenzio fino ad oggi. Che prova hai?
«Jimin, credi di essere innamorato ed è per questo che nascondi ciò che vedi» Yoongi si mise in piedi e lo raggiunse, aiutandolo a mettersi seduto. Con delicatezza gli aggiustò i capelli e completamente diverso da prima lo baciò con gli occhi. «Serpe non è mai stato tuo. Mentre si scopa te, se ne fa altri cento» e non poteva essere meno crudo o non gli avrebbe mai dato retta.
E Jimin poggiò i palmi sul cemento per reggere il peso raddoppiato. Scosse la testa, rifiutando quelle mani sulle spalle.
«Impossibile, lui mi ama» si difese come uno scudo, non sicuro di poter reggere tutto quello.
«Te lo ha mai detto?» gli accarezzò una guancia teneramente «Prova a rifletterci, Jimin» sussurrò per farsi sentire solo da loro «Sei un ragazzo intelligente ma l’amore non ti sta dando modo di mettere davanti la logica. Non voglio vederti star male ancora. È bastato l’episodio con la tua famiglia»
Jimin strinse le mani tra di loro e guardò un punto indefinito mentre Taehyung si avvicinava e gli accarezzava una spalla.
Quel ragazzo che aveva visto troppo accanto al suo volto. No, era un amico, si stavano salutando.
Quella ragazza che gli aveva toccato un braccio per strada, chiedendogli appuntamento. No, era una sconosciuta che ci stava provando.
Cobra che lo guardava da lontano costantemente. No… era… era solo…un collega.
«Tu hai me e Taehyung, Jimin. Non sei mai stato solo e non lo sarai tutt’ora»
E Taehyung annuì, baciandogli la tempia.
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