~Treat our friendship~

<<Ti va di uscire con me, oggi, Anna?>>

Chiedo alla mia amica, guardandola negli occhi. Siamo appena usciti da scuola e con gli zaini pesanti che sbattono pesantemente contro la nostra povera schiena,
io gli sorrido pensando che quel giorno l'avrei portata in un posto speciale. Lei sta fissando il terreno, indifferente, senza rispondermi, poi mi nota e sfodera un sorriso di rimando.

<<Va benissimo!>>

La guardo confuso, ma poi sorrido anche io. Sembra quasi che si sia risvegliata da un sogno perenne. Avanzo verso la fermata del bus e mentre aspetto il mezzo con lei, concordiamo l'ora: tre e mezzo.

Dopo di che ci salutiamo e le nostre si dividono: a casa mia Alex mi aspetta mentre scorre la home di Instagram, masticando un boccone di pasta al ragù. Sul tavolo della cucina è posato un panino col prosciutto e sottiletta, apposta per me,
che velocemente afferro e inizio a mangiarlo senza fermarmi. Mio fratello mi guarda sorpreso
ma anche allo stesso tempo confuso, per poi fare spallucce e ritornare a guardare il telefono. Corro in camera rapidamente, mentre penso che devo muovermi: devo iniziare a preparare la sorpresa per Anna.

Anna's POV:

<<Ma tu ti fidi di quel ragazzo? StreCatto, vero? Non ti sembra un po'...strano?>>

Mi chiede Ettore, mentre costruisce sul mio mondo di Minecraft una casa violetta apposta per me. Sono appesa a testa in giù dal letto e sento che il sangue arriva agilmente fino
al cervello, provocandomi un fastidioso mal di testa.
Mentre mi metto seduta sul letto, vedo il volto del mio amico riflesso sul pc farsi interrogativo e con lentezza alza il suo folto sopracciglio castano
rivolto a me. Scrollo le spalle, indifferente e avvicinandomi a lui,
lo abbraccio avvolgendo le mie snelle braccia attorno alle sue. Un sorriso
si forma sulle sue labbra e chiude
gli occhi soddisfatto:
credo di piacergli e lo stesso sentimento lo ricambio anche io, perché con le sue risate contagiose mi fa spuntare sempre
il sole dentro al mio cuore.

<<Sai, te lo chiedevo, perché...Ho sentito che voleva farti uno scherzo...e abbastanza crudele...>>

<<COSA?!>>

Sobbalzo staccandomi e scuotendo il capo: No, StreCatto non lo farebbe, è troppo buono per farlo,
ma Ettore non mi potrebbe mai mentire, lo conosco oramai da circa tre anni...credo che crederò a Lyon,
lo conosco solo da qualche giorno quel "bugiardo". Sospiro pesantemente, mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime.

<<Come hai fatto a s-saperlo?>>

Balbetto con un nodo in gola e lui mi spiega che lo aveva sentito parlare
con sé stesso nel cortile sul fatidico piano, dandogli poi del matto.

Poi, il silenzio più assoluto.

Non dico, non parlo, non penso.

So solo che ha fatto molto male, dato che mi stavo iniziarmi a fidare di lui.

Inizio a piangere, senza motivo, come se fosse un istinto naturale del mio corpo.

Le braccia di Ettore avvolgono il mio addome mentre il suo ottimo profumo inonda camera mia.

Mi sento al sicuro ora, mi sento a casa.

============Tempo dopo===========

<<E ora apri gli occhi!>>

Urla StreCatto, togliendomi la benda nera che mi copre gli occhi. La luce forte del sole inonda il mio viso
e mentre poso una mano per coprirmi il viso, una faccia meravigliata appare sul mio viso.
Che spettacolo.

Un immenso campo fiorito si estende colorato intorno a noi, contornato da qualche albero di ciliegio tipico in Cina, mentre il mio "amico"
estende le braccia davanti a me, con un sorriso stampato sul volto. Ricambio, però poi una nuvola nera passa rapidamente nel mio cervello, incupendomi.

<<So che questo è tutta una presa in giro, Stre.>>

<<Cosa?>>

<<SO CHE QUESTO E' TUTTA UNA PRESA IN GIRO, STRECATTO!>>

Urlo avvicinandomi pericolosamente e lui si ritrae, terrificato, allontanandosi da me. Serro i pugni, incaz*ata e con uno sguardo come da killer,
mi volto di scatto senza fiatare.
Non bisogna sprecare tempo a chi non si merita nemmeno un minuto. Faccio per andarmene, quando qualcosa mi blocca il braccio: è StreCatto,
che mi blocca l'avambraccio, disperatamente, con le lacrime agli occhi.

<<Non so di cosa stai parlando, te lo giuro!>>

Si dispera lui, ma io strattono con fretta il braccio avanti, urlando che non gli credo a quelle solite cavolate.
Ma lui non vuole mollare la presa, resiste anzi.

<<Ti prego, non ho fatto nulla! Ti scongiuro!>>

Ulula con la voce rotta, ma io me ne frego, evitandolo e con uno scatto, corro via da lui, lasciandolo al suo destino.

Stre's POV:

In piedi sul erba fresca, lascio che le mie pietose lacrime righino il mio viso, senza vita.

Apatia, direbbe qualcuno.

Io lo chiamo "dolore silenzioso".

E' quando qualcuno soffre, ma non lo dà a vedere. Non vuole che gli altri lo scoprano, lo curino o si preoccupino per esso.

Non vogliono niente di esso, vogliono solo essere lasciati andare. Essere liberi, ecco.

Due ragazzi robusti si posizionano davanti al viso, oscurando tutto il mio corpo. Sono più alti di me, abbastanza.

Alzo lo sguardo e li vedo.

Lyon e Cico.

<<Allora? Ti sei divertito con Anna?>>

Ridacchia Ettore, coprendosi con una mano la bocca sorridente.
Oh, certo, è vero, idiota io che non sono riuscito a notarlo: lo hanno tutto organizzato loro, usando Anna poi come esca.
Che bravata che hanno fatto. Li scruto con gli occhi socchiusi, poi sorridendogli. Si incaz*eranno di sicuro, oh questo mi pare ovvio.

<<Che caz*o sorridi ora, eh?>>

Domanda Cico alzando il sopracciglio destro, come per intendere l'idea. Dalla mia gracile voce esce una piccola risata, seguita da qualche colpo di tosse, come per essere soffocata. Lyon incrocia le braccia e guarda il suo amico.
Hanno una faccia come se stessero per chiedermi se esistono gli alieni.
Con calma, mi riprendo e spiego sempre con un sorriso stampato a trentadue denti sul viso.

<<Credete davvero che lei mi importasse? Allora non avete capito nulla di me.>>

Affermò, mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime. E' ovvio che è una bugia, bella e buona. Era la mia amica. La mia unica amica. La prima che ha creduto un me.
Mi ha dato un'opportunità.
Rovinata per sempre, come me. Ma si sa, ormai, il perdono è difficile. O come dicono: F*nculo le seconde opportunità. Come mi sento impotente nel essere me stesso.

<<Che b*stardo.>>

Un ceffone mi arriva, che mi fa cadere per terra con forza.

Mai arrendersi.

Alzati.

Mi alzo, ma cado.

Barcollo.

Un pugno sul occhio.

Una gomitata sullo stomaco.

Un calcio sul viso.

Continua così, per minuti, per ore, giorni. Non so quanto tempo sia passato.

Una nuvola copre il mio corpo gracile, nascondendo completamente la scena.

Meglio, Xela non mi vedrà da lassù in queste condizioni.

Mi manchi, gemello mio.

<<Addio, cogli*ne.>>

Mi salutano al unisono i miei compagni, mentre velocemente si allontanano dal mio corpo inerme sdraiato sul erba. Sputo sangue. Che male, dannazione...
Ogni parte del corpo fa male, ma la ignoro, finché una notifica del telefono mi attira e fragilmente guardo il cellulare: è mio fratello.

-Allora come va? Ti stai divertendo?

-Certo! Ci vediamo dopo Alex!

Non deve sapere. Non può sapere. Non voglio che si preoccupi per me, sarei poi un peso nella sua vita.
Apro Spotify e clicco su una canzone che ha sempre rappresentato la mia vita: 7 years di Lukas Graham.

Once I was seven years old, my mama told me
Go make yourself some friends or you'll be lonely
Once I was seven years oldIt was a big big world, but we thought we were bigger
Pushing each other to the limits, we were learning quicker
By 11 smoking herb and drinking burning liquor
Never rich so we were out to make that steady figureOnce I was 11 years old, my daddy told me
Go get yourself a wife or you'll be lonely.

<<Perdonami Alex. Ho fallito ancora.>>

Sussurro mentre le lacrime mi sgorgano come fiumi. Ho fallito. Avevamo fatto una promessa, che appena saremmo arrivati qui a Milano, ci saremmo fatti degli amici.
Neanche nella mia vecchia cittadina sono riuscito a essere qualcuno di così importante per una singola persona. Ho perso, Game Over. Perdonami.
Questo posto in cui mi trovo, in cui sono sdraiato, è troppo sperduto, nessuno mi ritroverà. Morirò qui? Beh, non è che ho tanto da perdere.

Un filo di vento mi accarezza il viso mentre estendo le braccia e le gambe, come quando io e i miei fratelli da piccoli facevamo gli angeli sulla neve.
I fiori attorno a me invadono le mie narici con il loro profumo e mi piace. L'unica cosa bella di questa giornata, direi.

<<Va bene così.>>

E sorrido, con le lacrime, per un ultima volta tra dei piccoli tulipani rossi in crescita.

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