Ciclone.
Ci sono momenti in cui sei davanti ad una linea temporale che corre più veloce di quanto credevi potesse fare.
Quel ciclone che, senza inganno, con la schiettezza e con la sua potenza così rude, ti schiaffeggia e ti travolge con gli avvenimenti che si sono susseguiti, uno dietro l'altro, come un'inarrestabile corsa verso un confine, un limite, che non è mai arrivato e che sai non arriverà mai.
Vedi passarti davanti tutte le cose che hai perso, i treni passati, i bivi in cui hai scelto il lato sbagliato, quella volta che hai dato una facciata più forte nonostante sapessi che quel palo del semaforo era sempre stato lì. Sì, perché è sempre tutto lì, davanti al tuo sguardo, palese come la luce del sole. Eppure ti schianti una, due, dieci, cento o mille volte, senza dar tempo a nulla di guarire. Vuoi sia cecità, vuoi sia ingenuità, vuoi sia quel desiderio recondito di farti del male, di autopunirti ancora per la moltitudine di scelte sbagliate. Perché non è vero che il "giusto" e lo "sbagliato" non esistono. Perché non è vero che tutto ha una fine.
I fallimenti insegnano, e questo è vero; ogni fallimento accresce ognuno di noi, aumenta il nostro bagaglio, e bla bla bla.
Solo che a volte sembra che quel bagaglio esploda. E quando scoppia ti investe completamente, ti imprigiona in quella montagna di indumenti vecchi e sgualciti che nemmeno il miglior sarto o il miglior ferro da stiro riusciranno mai a risistemare.
Inizi a fare un bilancio dei lavori persi, degli anni scolastici buttati via, dei brutti voti, del diploma mai conseguito, dell'università mai cominciata; del conservatorio accantonato e della fotografia dimenticata; delle corde di una chitarra che non hai mai saputo cambiare, o del legno di quel clarinetto che ormai non suona più, perché sono passati undici anni e pure lui si è stancato di aspettare.
Pensi a quante persone sono entrate nella tua vita con la promessa di regalarti il meglio credendo che sarebbero state la svolta giusta, l'avventura fantastica, la tua gita al mare o in un parco, l'amicizia che ti avrebbe accompagnato per sempre. Quelle persone, tra le altre, che ti hanno promesso amore, un futuro o semplicemente la serenità che predicavano di poterti dare.
In tutto ciò vedi te stessa che osserva, che si muove, ma nonostante tutto continua ad incespicare nei propri stessi piedi, pensieri e parole, sentimenti e promesse, ideologie e passioni. Inciampi e cadi, ancora, ancora, ancora.
Gli affetti persi, beh, quelli hanno un armadio a parte. Quei volti solcati da rughe lasciate lì dalla vita intensa e faticosa, che mai avrai avuto abbastanza tempo per conoscere. O quelle braccia forti di coloro che ancora ti stanno crescendo, ma che già hai avuto paura di perdere. O le persone a te più care, tra quei pochi amici veri rimasti, che ovviamente anche loro hanno da farti preoccupare, ogni tanto.
Ma sei sempre lì, in pugno all'impotenza, a tutte quelle cose che vorresti con tutto te stesso cambiare ma che non puoi. E ti stupisci di come puoi essere stato tanto sciocco da continuare a credere a tutto, ogni volta.
E in questi momenti, senti quasi anche il peso della vita, dei racconti, che queste persone ti hanno lasciato di loro, dei loro famigliari e dei loro amici.
Come fosse una matrioska senza fine, un sacco di piombo dentro ad una montagna di piombo.
Non respiri. Si blocca la gola, accelera il cuore, la vista si annebbia e la testa pende china davanti al turbinare incessante di questa roulette.
I rintocchi dell'orologio questa notte sembrano assordanti ed io mi sento cieca.
Credo che forse dovrei dormire, anche se chiudendo gli occhi non c'è verso di scacciar via nulla.
È che ogni tanto è così: ogni tanto c'è troppo remescio in quella valigia, così tanto da farla esplodere, rendendola pericolosa. Ogni tanto sembra tutto più pesante di quello che realmente è.
Ogni tanto siamo semplicemente più soli, desiderosi di un sole, che da solo non arriverà mai.
Schiavi della luna, schiavi "delle lune", succubi del buio, incantati dalle stelle - corpi celesti già morti.
Sì, ora mi volto su un fianco e chiudo gli occhi, magari stasera dormo, o magari no.
Magari, domani sarà un giorno migliore, o magari la serratura non si sarà ancora richiusa.
Magari, solo magari, domani troverò pace nel buio, in quella luna argentea, con le sue stelle luminose al seguito.
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