Capitolo 8

-Allora-, gli faccio, un po' per rompere il ghiaccio, un po' perché mi sento in imbarazzo.

-Come stai?

Lui appoggia la caviglia destra al suo ginocchio sinistro e se la afferra. Ho qualche secondo per osservarlo.

Indossa un paio di pantaloni neri abbastanza attillati e una maglietta sempre nera dei Blink 182.

Quei pantaloni gli stanno davvero bene.

Un attimo, cos...? Perché?

Scuoto la testa e bevo un sorso.

Lui intanto sembra pensieroso. -Non lo so. Per oggi non ci ho ancora pensato.

Che strana risposta.

-Tu?-, mi chiede, facendo uno strano movimento con la testa e girandosi verso di me. Ha un accenno di barba che ieri non si notava.

Cos'è che mi aveva chiesto?

Ma che cosa ho nel cervello? Sabbia?

-Io... ehm... Bene?-, scuoto leggermente la testa. Poi cerco di concentrarmi sui suoi occhi.

-Cosa c'è...?-, inizia a chiedere lui, ma scoppia a ridere.

-Forse non sto così bene...-, faccio, ma rido con lui.

Intanto guardo il modo in cui si muove. È sicuro di quello che fa, gli si legge in faccia.

Poi mentalmente mi chiedo PERCHÉ sto osservando così una persona che "conosco" da appena tre giorni.

-Ti vedo persa. A cosa pensi?

-Uh?

Mi accorgo che sto fissando un punto impreciso del pavimento solo quando ne distolgo lo sguardo.

Fisso i miei occhi in quelli di Jack.

-No, sto bene... Sono solo...

-Stanca? Nah, non ci casco.

Detto questo, allunga il braccio sullo schienale e si rilassa, bevendo un sorso dalla bottiglia.

Cosa mi invento adesso? Non so neanche io cosa c'è di preciso.

-Neanche io. Non so neanche io cosa c'è.-, mi porto le caviglie al bacino e incrocio le gambe. Poi appoggio i gomiti alle ginocchia.

-È semplicemente che non so a cosa pensare, non so cosa voglio fare, non ho piani per il futuro, non ho hobby, non... Insomma, mi sento una persona noiosa e monotona, come la mia vita al momento.

Ecco, sono arrivata all'epicentro del problema, finalmente.

È venuto fuori così, parlandone, e devo dire che ne avevo davvero bisogno. Dovevo sfogarmi e ce l'ho fatta.

-Hei-, sento che dice Jack, e si piega in avanti, in modo da essere leggermente più vicino (la musica si sta facendo più alta).

Mentre lo fa, riesco a sentire il suo profumo, perché smuove l'aria. È particolare, ma mi piace.

-Non hai bisogno di disperarti per questo. Insomma, guardami.

'No, meglio di no', vorrei dire, ma mi costringo a girare la testa. Si sta indicando, e ha un'espressione tranquilla sul viso.

-Sono una persona più che monotona. Ho ventisei anni e ancora non so cosa fare della mia vita. Quello che so per certo è che vale la pena di vivere, solo per vedere quello che succederà.

Gli sorrido. Mi piace come parla. Mi piace come si comporta. Mi piace davvero tanto.

È un problema. -Grazie. Credo che accetterò il tuo suggerimento.

Lui lentamente si apre in uno splendido sorriso.

(Splendido? Davvero?)

Dopo un po' di tempo passato a guardarci, distolgo gli occhi dai suoi per bere un po' della birra.

Cerco Catia con lo sguardo. Dov'è?

Non la vedo. C'è troppa gente in pista a ballare.

Ci sono già persone ubriache. Wow, e pensare che sono solo le nove e un quarto.

-Parlami un po' di te-, faccio dopo poco.

-Perché? Mi piace stare zitto e guardarti.

È serio? Lo guardo. Sembra serio.

Cosa dovrei pensare? Vorrei che ci fosse qualcuno che me lo dicesse. Cosa dovrei dire? Quello che penso. Ma non penso a niente. Quindi non dico niente. Lo guardo e basta.

-Sei così... Particolare.-, fa, quasi perplesso.

-E questo da cosa lo deduci?-, gli chiedo, riprendendomi dalla paralisi mentale che mi aveva causato la sua penultima frase.

-Da come ti vesti, da come parli. Dal fatto che sei l'unica ragazza con i pantaloni e senza tacchi, e senza trucco, qui.-, mentre parla, fa un gesto con la mano che racchiude tutta la stanza. -Da quello che mi hai appena detto. Di tutte le ragazze con cui ho parlato, sei l'unica ad aver fatto quel ragionamento sulla vita, che condivido. Sei diversa.

Si avvicina un po' di più.

Ha ragione, sono completamente diversa dalla maggior parte delle ragazze che girano su questo pianeta. Ho sempre pensato a tutto questo in un senso negativo.

-Mi piaci, insomma-, dice, con leggerezza. Sobbalzo leggermente e quasi urlo: -EH?-, ma poi mi contengo (più o meno), e dico: -Eh?

-Hai capito. Mi piace come ti comporti con me, come ti presenti, come parli, come ti vesti, come ti muovi. È strano da dire, ma mi sembra una cosa che coincide abbastanza con i miei pensieri. E mi piace essere sincero.

Detto questo, continua a guardarmi con un'espressione neutra. Dopo questa... Cosa, mi sento abbastanza libera di lasciar correre nella mia testa le cose a cui sto pensando, senza frenare le emozioni.

Prima mi soffermo sul suo carattere e ci penso. È sincero, simpatico, intelligente, sa essere serio quando vuole, studia, lavora, si impegna. Poi, solo dopo aver appurato questo, penso al suo aspetto fisico.

È alto, corporatura normale, capelli castani, occhi marroni... Quegli occhi sono così grandi, così belli. Mi ci perdo un attimo, poi continuo a ragionare. Mi perdo di nuovo pensando a quanto sta bene (davvero tanto, accidenti), con quell'accenno di barba, su cui vorrei passare la mia mano, solo per sentire com'è.

Quanto tempo sono stata muta a guardarlo? Probabilmente tanto, perché la canzone è cambiata ed è quasi alla fine.

Fa un lieve sorriso, che rende il suo viso dolce e mi fa venire voglia di dirgli 'Sì, stavo pensando la stessa cosa di te', ma non mi vengono le parole, per cui mi limito a guardarlo e a sorridergli.

Come devo interpretare le sue parole? Certo, non ha detto niente di particolarmente arzigogolato, quindi forse dovrei prenderlo alla lettera. O magari sta parlando di qualcos' altro? Glielo chiedo?

-Senti, ma...-, inizio, interrompendo il contatto visivo.

-Mh? Lo guardo di nuovo. Devo smetterla o mi sconcentro molto.

-In che senso stai dicendo queste cose?-, il mio tono sembra insicuro ma sento che devo scoprire qualcosa, altrimenti sarei rimasta con questo dubbio per sempre.

-In che senso? Ecco, vediamo...-, inizia con un'espressione scherzosa. Ecco, bene. La faccenda si stava facendo troppo seria. Si stringe nelle spalle.

-Non c'è bisogno di dare un senso a quello che ho appena detto, perché è una cosa lineare. Mi piaci e basta, non c'è un come. È come se dicessi che la matematica si fa con i numeri... Non puoi chiedermi il senso, perché il senso non c'è.

Intanto mi guarda. Sto cercando di pensare, ma non ci riesco.

Quindi mi soffermo su cosa penso io di lui.

Mi piace il fatto che mi parli come se non gli importasse di fare bella figura, mi piace come pensa, come sorride. L'aspetto fisico lo metto all'ultimo posto nelle cose che guardo di solito, ma mi concedo di guardarlo e pensare che è davvero, davvero attraente.

Lui sbuffa e comincia a ridere.

Lo guardo perplessa.

Jack torna serio, guarda le persone che ballano e dice: -Mi sembra ovvio, no?

E io: -Cosa?-, perché non capisco.

-Trovo una persona che per una volta mi piace davvero, e rovino la serata con i miei pensieri complicati.

-No-, faccio, forse troppo convinta, perché lui si gira di scatto verso di me.

-No-, mi correggo, più calma.

-Non rovini niente. Anzi, mi piace stare qui a sentire cos'hai da dire. Cioè, sei una persona molto interessante.

Sento un parassita nel mio cervello che dice: "FRIENDZONE ASSICURATA!", quindi mi correggo per la seconda volta. -Mi piace che parli con me senza preoccuparti delle conseguenze. Sei così...-, non trovo l'aggettivo, quindi mi giro e guardo la pista da ballo.

-...Così?

-Non lo so. Non trovo una parola che ti racchiude. Sei un po' tutto.

Sento il sorriso di Jack anche se sono voltata dall'altra parte.

L'ha presa bene o male? Spero bene, perché è quello che volevo fargli capire.

-Quindi...-, fa lui.

-Quindi...-, lo copio io.

Continuiamo a guardarci, senza dire una parola.

Ci sorridiamo, e prendo la strana decisione d'impulso di cercare la sua mano. Non so, voglio sentire com'è.

Quando la trovo, la stringo. Jack ricambia la stretta. Ha il palmo ruvido, ma è una sensazione piacevole. Mi ricorda la mano di mio papá.

Con il pollice, mi accarezza lievemente il dorso. Ha delle mani davvero belle, per essere un ragazzo.

Sento che ha qualche piccola cicatrice sulle dita, quindi gli chiedo: -Ma suoni la chitarra?

-Già. Da un bel po' ormai.

Guarda la pista da ballo e sorride, come se si ricordasse di qualcosa di bello. E in quell'istante, ho l'occasione di guardarlo e di vederlo per davvero, per la prima volta.

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