Capitolo 49

*un mese e mezzo dopo*

Quando quella mattina mi sveglio, il mondo è diverso.

Scendo dal letto e mi sento mentalmente debole, anche se fisicamente sembra tutto apposto. Mi guardo allo specchio, come ho preso ad abitudine fare nelle ultime cinque settimane. La pancia è piccola, ancora. Mi trascino in salotto in pigiama.

Oggi è il 18 giugno, ciò significa due cose: la prima è che due giorni fa sono terminati gli esami (sono stati più felici i miei amici di ciò, mi dicevano che lo stress in gravidanza non fa bene e bla bla. Comunque), e dopodomani sarà il giorno della consegna delle lauree. La seconda è che oggi Jack compie 27 anni. Stasera ha invitato qualche amico a casa sua e di Alex, per festeggiare il suo compleanno.

Il regalo è pronto e impacchettato; continuo a chiedermi se gli piacerà, ma più lo faccio e più sto in ansia, quindi smetto di pensarci e mi concentro sul preparare il pranzo. C'è una tale aria di vacanza in casa che mi fa venir voglia di saltellare in giro... se solo fossi al pieno delle mie forze.

Verso le due, Tom fa il suo ingresso in casa con un grosso sorriso. -Ciao, sorellina-, mi abbraccia e si siede al suo posto.

-Ehi-, rispondo, guardandolo sospettosa.

-Come stai?

Alzo gli occhi al cielo. -Bene.

Sono due mesi che tutti mi chiedono sempre esattamente la stessa cosa. È stressante.

-Facciamo un patto?-, gli chiedo.

-Dica.

-Smetti di chiedermi come sto e in cambio ti cucino sempre quello che vuoi a pranzo. Se starò male te lo dirò io, okay?

Sono diventati tutti disgustosamente premurosi e gentili con me. Voglio solo che continuino a trattarmi come hanno sempre fatto, perchè già mi sento diversa, se ci si mettono anche i miei amici, poi...

-Okay-, mi risponde con un sorriso. Gli servo una porzione delle lasagne che ho preparato.

-E tu?

Rabbrividisco. L'idea del sapore del ragù, per ora, non mi alletta.

-Non ho fame. Mangerò più tardi.

Tommaso ridacchia. Mi siedo con lui, dicendogli: -Oggi ti vedo felice.

Annuisce, un sorriso stupido in faccia. -Laura mi ha dato una bella notizia.

-No. Non mi dire. È quello che penso?

Annuisce, contento. -Da quanto?-, chiedo, con gli occhi che mi brillano.

-Non lo sa. Oggi deve andare dal medico, ha fatto il test ieri sera.

-Adesso dovrei farti la predica come tu hai fatto con me! Oh, chissenefrega. Sono così felice! I nostri figli avranno la stessa età, ma ci pensi? Spero che gli occhi li prendano da te!-, sparo la raffica di parole senza prendere fiato. Tom ride.

-Io sinceramente spero che gli occhi non li prendano da me. Sembrano due fanali!

Scoppio a ridere. -Oh, che bello.

-Quest'estate le chiederò di sposarmi.

-E io sarò la sua damigella d'onore. Diglielo, diglielo, diglielo, diglielo-, inizio a saltellare come una bambina piccola.

-Sai vero che per fare la damigella hai bisogno di tacchi e gonna?

Alzo le spalle. -Se ho il pancione non può farmi mettere i tacchi e i vestiti non mi staranno bene.-, constato. "Il pancione"... oddio.

-Un vestito pre-maman andrà benissimo!-, Tom scoppia a ridere. Gli do uno schiaffo sul braccio.

-Dio, che orrore-, mormoro, appoggiandomi al bancone e cercando di non ridere a mia volta.

-Okay, scusa-, dice, asciugandosi le lacrime dagli occhi. Borbotto qualcosa di incomprensibile e chiedo a Tommaso come si vestirà Laura stasera. Si stringe nelle spalle.

-Di sicuro qualcosa di elegante... poi non so. Un vestito, probabilmente.

Negli ultimi mesi, Laura, Jack e Alex hanno socializzato molto dato che io, Tom e Catia ci troviamo molto spesso insieme. Che strano gruppo che abbiamo formato... che mondo piccolo. A proposito, tra Alex e Catia c'è stato un tira e molla continuo per le prime tre settimane, per poi stabilizzarsi come coppia. Alex è... semplicemente pazzo. Lo adoro. Riesce a mettere il buonumore a chiunque in qualunque situazione. Ho avuto occasione di conoscere meglio anche Zack e Rian, che sono molto più taciturni e responsabili di quei due bambini troppo cresciuti che sono Jack e Alex.

-Bene, io arrivo con la tuta da ginnastica-, dico.

-Neanche. Per. Sogno.

Un momento, chi ha parlato? Io e mio fratello guardiamo istintivamente fuori dalla finestra aperta per trovarci una Catia ferma davanti alla porta d'ingresso.

-Cat!-, vado ad aprirle la porta. Mi ero dimenticata dovesse passare. Ci abbracciamo.

-Tuta da ginnastica, eh?-, chiede, storcendo le labbra.

-Di sicuro non una gonna.

-Però ti trucchi.

-Che Dio mi aiuti.

-Non scherzare. Io riordino te e tu me, okay?-, dice mostrandomi la trousse. Valigietta delle torture.

-Li hai già fatto gli auguri a Jack?

-Ma scherzi? Per messaggio?

-Con te ha fatto così.

Alzo gli occhi al cielo. Però ha ragione. Il ventitrè maggio alle 23.59 (tecnicamente era ancora il giorno del mio compleanno), Jack mi ha scritto un poema. Non ha accennato a nulla per tutto il giorno, e alla sera, boom, 50 righe di messaggio da leggere. Deve averci messo almeno un'ora. La mattina dopo, davanti alla porta, ho trovato una scatola. Ricordo che era pesantissima. L'ho portata in casa, l'ho aperta e dentro c'era... un'altra scatola. E così per altre ventitrè fottute scatole. "Una scatola per ogni anno di vita", mi ha detto il giorno dopo.

Stavo per buttare via tutto quando aperta l'ultima trovai una maglietta autografata dagli Of Mice And Men. Inutile dire che sclerai per giorni e chiesi circa quattrocento volte a Jack come aveva fatto a prenderne una. Alla fine cedette, e mi disse che aveva chiesto a sua sorella in America di andare ad un concerto e comprarne una da far firmare. Sapeva bene che gli OM&M sono uno dei miei gruppi preferiti, e con quel regalo ha fatto centro.

-Però era una cosa sensata-, mormoro alla fine.

-Se lo dici tu...

-Vuoi mangiare qualcosa?-, offro a Cat.

-Boh, cos'hai?

-Di tutto.-, so però cosa mi sta per chiedere e gliene procuro una.

-Grazie! Come facevi a...-, inizia, mordendo la mela.

-Sono vent'anni che mangi solo mele.

Facciamo compagnia a Tom per un'altra ora circa, finchè lui non esce per andare ad accompagnare Laura dal ginecologo. La casa è tutta per noi, e alziamo il volume della musica per poi andarci a preparare.

**

-Ehi!-, ci accoglie Matt, un amico dei ragazzi, nonappena io, Tom, Laura e Catia varchiamo la soglia di casa loro. Un buon profumo di torta alla fragola ci accoglie. Alex dev'essersi messo ai fornelli.

Mi guardo intorno. I divani sono stati spostati contro le pareti, lasciando parecchio spazio al centro della sala per un tavolo lungo almeno il doppio di quello che tengono in cucina, che a sua volta non è esattamente corto. Ci saranno al minimo venti posti.

Tra gli ospiti riconosco Ludovica, Enrico e Matteo, che al momento sono immersi in un dialogo con due ragazze che non ho mai visto. Non c'è nessuno di troppo elegante, noto con piacere. Mi sarei sentita fuori posto: insosso un paio di pantaloncini di jeans, questa volta aderenti, e una camicia bianca larga, dello stesso colore delle Vans ai miei piedi. Trucco? Nah, solo una passata di mascara.

-Benvenuti!-, Alex e il suo accento inglese forzato ci accolgono in grembiule (rigorosamente rosa) e cappello da chef. Mi costa tanto non scoppiargli a ridere in faccia.

-Ehi, Lex. Sei raccapricciante.-, gli dice Catia, sorridendo, dopo avergli stampato un bacio sulle labbra.

-No, sono sexy. Vero, gente?-, urla lui agli ospiti, assumendo una posa da donna-dai-facili-costumi. Un coro di "Sì!" riempe il salotto.

-Lexie!-, lo saluto con un abbraccio.

-Ter!

-Profumi come una fatina.-, dico, perchè sa di fragole e vaniglia. L'unica persona sulla faccia della Terra che prende il profumo di quello che cucina.

-Grazie! Era il mio obiettivo finale.-, mi scompiglia i capelli e va ad abbracciare Laura e a stringere la mano a Tom.

-Senti, ma Jack?-, chiedo, perchè non lo vedo in giro.

-Dev'essere su. Non so, vai a vedere.

Annuisco e salgo le scale. Ormai quest'ambiente mi è diventato così familiare... Busso alla camera di Jack e attendo risposta. -Sì?

-Ehi, sono Teresa. Si può?

-Se ti disturba il fatto che sono senza camicia, no.

Soffoco una risata e apro la porta. -Ti ricordo che sono incinta di te, scemo.

-Oh, dettagli. Dio, questi bottoni sono impossibili. Mi dai una mano?-, chiede Jack girandosi dalla mia parte e lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. La sua camicia grigia a motivi floreali è mezza slacciata e l'altra metà dei bottoni sono sfasati rispetto ai loro buchi.

-Madonna, Jack. Se avessi saputo che non riesci ad allacciarti le camicie, ti avrei lasciato-, scherzo. Prendo il tessuto e inizio ad incastrare i bottoni negli appositi fori.

-Sto invecchiando e l'artrite si fa sentire... compatiscimi. Ventisette anni sono una veneranda età.

Ridacchio e gli stampo un bacio sulle labbra. Dopodichè gli aggiusto il colletto.

-Pronto per andare a festeggiare?-, chiedo pimpante.

-Sì, solo un attimo...-, tira fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni e controlla i messaggi. Sorride in modo triste e digita una risposta, poi lo rimette via.

-Mia madre e i miei fratelli mi fanno gli auguri.-, constata e forza un sorriso. So cosa sta pensando... manca il messaggio di suo padre.

Alla fine, la sua morte è stata inevitabile, aveva detto il medico. Il cuore ha cessato di battere due giorni dopo l'incidente, ed anche forzando il coma in modo farmaceutico, i danni ai polmoni e agli altri organi interni erano irreversibili. Sono stati dei brutti giorni, quelli, per Jack. Ricordo di aver passato praticamente tutta la prima settimana dopo la morte di suo padre a casa sua, e di essermi svegliata almeno due volte nel cuore della notte sentendolo piangere. Stavo un po' sveglia con lui, parlavamo un po', e poi tornavamo a dormire. È stata dura, ma alla fine è riuscito a capire la perdita, e si è concentrato di più sul futuro. Il dolore, però, rimarrà per sempre. So come ci si sente. Anche dopo nove anni dalla morte di mia mamma, il modo in cui mi manca non è cambiato. È stato eclissato da altri eventi, ma è sempre lì.

-Jack...-, gli sussurro, stringendolo forte. -Sono sicura che tuo papà adesso è in un angolo di questa stanza, gridandoti a squarciagola "auguri!" e disperandosi perchè non riesci a sentirlo.

Sento il sorriso di Jack sul mio collo. -È per questo-, mormora.

-Cosa?

-Sai sempre come tirarmi su, come farmi sorridere, come prendermi nei momenti 'no', come parlarmi. È per questo che ti amo, Ter.

"Che amore." -Come mai tutta questa tenerezza?

-Sai, quando uno sta per chiedere alla sua ragazza di sposarlo, ci vuole dolcezza... tu che dici?


BELLA GENTE

capitolo 49, awawawawawawa. Ho l'ansia, davvero.

Ci ho messo quasi due ore a modificare questo capitolo (la prima volta che l'ho scritto non mi piaceva, così l'ho riadattato), SO, ENJOY IT. E quindi, domani sera, il grande epilogo. Felici? :)

}Veri{

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