Capitolo 40

Circa mezz'ora dopo, mi accorgo che effettivamente mi devo muovere se voglio arrivare in tempo a casa per cambiarmi e farmi la doccia. Decido sul momento di andare in macchina al lavoro, tanto devo comunque passare a fare rifornimento.

Afferro i pantaloni piegati dal ripiano della cucina (si, li avevo appoggiati li) e me li metto. Sono larghi, ci impiego pochi secondi.

-Devi già andare?-, chiede Jack dall'altra parte.

-Già.-, rispondo svogliata, controllando l'orario.

-Ti accompagno, dove hai parcheggiato?

-Qui di fronte-, affermo, indicando verso il piazzale visibile dalla finestra.

-Okay-, poi si alza, mi prende la mano e insieme usciamo di casa.

-Saluta Alex da parte mia-, chiedo quando arriviamo alla mia auto.

-Contaci.

Poi lo abbraccio e gli dico: -È stata davvero una bella serata. Grazie di tutto.

Mi sembra strano che debba tornare alla solita vita; è stato diverso passare con Jack tutto quel tempo.

-Grazie a te-, mormora.

Mi da un bacio. Ricambio e salgo in macchina. Mentre mi chiudo dietro la portiera, mi accorgo che ho passato talmente tanto tempo immersa nel profumo di Jack che adesso l'ambiente sembra un po' vuoto.

Lui picchietta sul finestrino. Lo abbasso. Jack ci si china, avvicinandosi tanto a me.

-E ricordati che -, sussurra, e sono bloccata un attimo dai suoi occhi. -Ti amo.

Sorrido e gli do un altro bacio.

-Anche io.

Jack sorride e si allontana, in modo da lasciarmi alzare il finestrino. Poi metto in moto, lo saluto di nuovo e me ne vado.

Devo dire che mi dispiace andarmene. Il mio subconscio mi dice di voltarmi e tornare, ma la parte razionale di me ha il sopravvento e continuo verso casa mia.

C'è molto silenzio per strada a quest'ora: accendo lo stereo e faccio partire l'album Common Courtesy degli A Day to Remember. La musica mi distrae da tutto quello che mi frulla per la testa.

**

Parcheggio nel vialetto di casa proprio quando si interrompe I Remember.

Esco subito dall'auto: ci sto cuocendo dentro anche con i finestrini aperti. Appena apro la porta di casa, mi colpiscono le risate e il buon profumo di cibo. Mi giro verso la cucina.

Tom sta ridendo abbracciato a Laura: anche se lei è più alta di me, mio fratello la supera comunque di alcuni centimetri.

È una scena talmente tenera che di mia spontanea volontá non riesco a disturbarli, ma in qualche modo devo dire che sono arrivata.

-Ehi-, mormoro timidamente.

Entrambi si girano sorridenti, ma non si staccano dall'abbraccio. Che amori.

-Ciao!-, mi risponde Laura, solare.

-Preparate il pranzo?

-Già, mangi con noi?-, chiede Tom.

-No grazie, non faccio in tempo. Vado a farmi una doccia, ciao!

Detto questo, salgo le scale.

Oh, sono così contenta per mio fratello. Sembra che abbia trovato quella giusta. Laura, d'altronde, fisicamente è perfetta, mentre interiormente ancora non riesco a classificarla bene. Adesso, però, sorrideva in modo sincero e genuino, cosa che significa molto. Spero che vada avanti così.

Mi sale un nodo alla gola se penso che domani dovrò andare a lezione. Scaccio quel brutto pensiero (almeno per adesso) e mi butto sotto la doccia bollente. Che sollievo.

Intanto, penso. Tipo agli esami: mancano due mesi e ho iniziato a studiare davvero circa due settimane fa. Ho degli appunti dettagliatissimi, posso evitare di rileggere i libri. Se studio almeno un'ora al giorno da oggi in poi, me la caverò anche troppo bene.

Per la prima volta dopo un mese, ripenso a quello che verrà dopo. Innanzitutto, vorrei trovarmi un lavoro vero. Dopodiché, trasferirmi da qualche altra parte. Ma non intendo nella stessa cittá: preferirei un posto più animato, con più possibilità...

Un pensiero bussa alla porta del mio cervello.

Jack. E se fra due mesi in effetti io lasciassi la città? Verrebbe con me? Rimarrebbe con me? Scuoto la testa. È meglio andarci piano. Per ora, pensiamo al presente. È anche possibile che fra due mesi non saremo più insieme... Questo pensiero, inconsciamente, mi provoca una fitta al cuore. Una pugnalata allo stomaco, insomma. Mi fa soffrire il fatto che potrebbe essere vero. A lui farebbe soffrire? Non lo so.

Mi ha detto che mi ama. È sincero? In qualche modo, continuo a dubitarne. Non so, c'è qualcosa che mi spinge sempre a non credere subito alle persone. Si, forse è un problema...

Però devo ammettere a me stessa che per lui provo qualcosa di davvero, davvero, davvero forte. È come una forza di gravità che mi tiene ancorata a lui. È strano da spiegare. Non so spiegarlo neanche a me stessa. Se non è amore questo, comunque, non so cosa altro possa essere. Mi sento confusa, ma cerco di scacciare tutto scuotendo la testa.

Esco dalla doccia più stanca di prima e mi asciugo in poco tempo, dopodiché mi vesto. Sono pronta per andare verso le due e mezza, proprio quando Tom e Laura si sono seduti a tavola e iniziano a mangiare.

Parlano un po' di tutto, e ogni tanto si scambiano un sorriso e una stretta di mano sul tavolo.

Non mi va di disturbarli, quindi esco di casa senza salutare. Torno in macchina e guido verso il lavoro.

*

Sorry la noia, penso che questo sia il capitolo peggiore abbia mai scritto.
-Veri

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