Capitolo 29
-Cazzo.
Sono in ritardo. Ma in ritardo forte.
Mi sono addormentata sul letto e adesso sono le 6.30: devo farmi la doccia, vestirmi, prendere la macchina e parcheggiarmi da Catia in mezz'ora.
Corro in bagno e in sette minuti (che record) mi sono lavata. I capelli no, ma vabbè, tanto li ho lavati ieri.
Mi ricordo, per fortuna, che devo prendere il costume, quindi afferro di fretta il bikini nero (che scelta originale, eh?), che tengo nell'armadio da un sacco, ma che mi va ancora bene. Odio mare e piscina, ma tengo sempre un paio di costumi per sicurezza...
Cerco i pantaloncini larghi che mi arrivano a poco meno di metà coscia e li abbino a una maglietta completamente nera a maniche corte.
Metto le Converse bianche e non le allaccio primo perché non ho tempo, secondo non ho voglia, terzo sono più comode così.
Lascio i capelli sciolti e mentre mi guardo allo specchio realizzo che sono troppo lunghi e che dovrei tagliarli di circa otto centimetri.
Scuoto la testa e sospiro. Ho quattordici minuti per arrivare da Cat, okay, quindi prendo il telefono e frettolosa carico il grosso pacco regalo in bagagliaio.
Di solito non uso mai la macchina: o autobus o piedi. Intanto, ho un abbonamento all'autobus che vale tutto l'anno, e sinceramente costa meno che andare sempre in auto. Poi, sono una persona davvero risparmiatrice: non vedo il motivo di usare ognuno un mezzo indipendente quando esistono i trasporti pubblici. Insomma, creano poco traffico e inquinano meno.
Comunque sia, guidare non mi dispiace troppo. Chiudo e esco dal garage, accendendo la radio e alzando il volume. Se mi muovo, sarò da lei verso le sette e cinque minuti. Perfetto, direi.
Il motivo del ritardo? Mi sono addormentata.
Ho dormito dalle tre alle sei e mezza, perché avevo sonno e mi sono sdraiata sul letto, e... Beh, sono una persona che ha la dormita facile nel sangue.
"Almeno ho recuperato tutte le ore notturne perdute", mi dico, pensando a tutte le volte in cui mi sono svegliata nel cuore della notte perché avevo bevuto troppo caffè.
Ah, ora sì che mi sento riposata.
Mi fermo al semaforo e prendo la seconda strada a destra, esattamente di fronte alla fontana del parco. Mi parcheggio di fronte alla casa azzurro chiaro e suono un paio di volte il clacson. 7.02. La puntualità in persona, gente! Trenta secondi dopo, esce di casa una Catia sorridente, con un abitino da cocktail verde chiaro, di lunghezza media. È abbinato a un paio di vans bianche a fiori. È strano come insieme, ma fa effetto.
Fa il giro dell'auto e sale dal lato del passeggero.
-Ciao!-, mi dice, solare. Ha una coda alta che raccoglie tutti i suoi capelli e una riga di matita nera che sottolinea i suoi occhi. Semplice ma efficace. Sta benissimo.
-Ciao!-, la saluto.
-Ma stai andando a un funerale?-, mi chiede, vedendo la maglietta. È un po' anonima, ma mi piace perché odio stare al centro dell'attenzione e mi fa passare abbastanza inosservata.
-No. Li vedi i pantaloni? Sono di jeans. E le scarpe sono bianche!
Cat scuote la testa.
-È tutto così largo e triste! Vorrei vederti con un bel tacco... O almeno un vestito...
-Sai già-, le metto una mano sulla faccia e le stringo le guancie. So che odia quando lo faccio, quindi procedo, -cosa ne penso in proposito.
Alza gli occhi al cielo. Tolgo la mano e le faccio un sorriso sarcastico.
Dopodiché, ingrano la marcia e esco dal vialetto, imboccando la tangenziale.
-Oooh, alza!-, mi fa Catia quasi subito. -Amo questa canzone!
Quindi mi concentro sul pezzo è realizzo che è Thinking Out Loud di Ed Sheeran.
Madonna santa.
-No, ti prego.-, la supplico io.
-Ma è un brano così carino, e il testo è così dolce...-, fa Catia, dondolando a ritmo di musica.
-È melenso, lento, noioso e troppo lungo.
Cat mi guarda strano, e io mi concentro sulla strada deserta.
-Ma è la canzone degli innamorati!-, protesta. -Se c'è una persona a cui dovrebbe piacere, quella sei tu.
Storco la bocca in una smorfia visibile.
Lei non sa realmente come stanno le cose...
-Sai com'è. Preferisco quando la musica è talmente alta da oscurare i miei pensieri, piuttosto che riflettere sui testi delle canzoni-, tento di concludere.
-A te non piace essere innamorata?
Arrossisco.
-Questo discorso non ha nè capo nè coda, Cat.-, taglio corto.
Mi abbasso gli occhiali sul naso, perché il sole sta tramontando e mi da fastidio.
E poi lei non ne sa niente... Non le ho ancora detto cosa penso, e non ho intenzione di farlo finché non ne sarò sicura.
-Guarda che non sono mica cieca, eh-, mi ammonisce Catia.
-Non ho mai detto il contrario.
-Vedo come reagisci ogni volta che parliamo di Jack.-, ignora il mio commento e va avanti.
Come reagisco? Non me ne rendo conto neanche io.
La guardo male per due secondi, poi mi concentro sulla strada e vado avanti.
-Spero che trovi qualche bel ragazzo stasera, così non mi starai intorno a fissarmi per vedere come reagisco-, commento acida, calcando molto sulle ultime due parole.
Catia ride. La mia quasi - minaccia non ha funzionato
-Non ridere! Sono seria.
-Scusa, è che sei sempre così calma che quando dici qualcosa di cattivo non riesco a prenderti sul serio.
Stringo le labbra in una smorfia di disappunto.
Speravo di incuterle il terrore necessario a tenermela un po' distante ma non ha funzionato.
La canzone, intanto, è finita.
Sospiro di sollievo, ma poi mi rendo conto che ne parte un'altra, ed è Una Finestra tra Le Stelle di Annalisa.
Grugnisco e cambio stazione radio.
-Perché?-, mi fa esasperata Catia.
-Perché quella canzone mi deprime-, bugia, -ed è troppo mielosa-, verità.
Catia alza gli occhi al cielo e dice: -Va bene-, quasi urlando. Allora spegne la radio e prende il suo cellulare dalla borsa. Alza il volume al massimo e mette Last Nite degli Strokes.
Bene: mi piace.
-Complimenti per i gusti musicali, tesoro-, le dico, imitando il suo solito tono di voce.
-Grazie-, mi dice sorridendo.
Andiamo verso la meta cantando a squarciagola sulle note delle nostre canzoni preferite.
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