1.
Claudia's POV
La sveglia puntata alle 7.00 sta suonando già da un po' ormai. Metto fuori il braccio destro e a tentoni cerco il comodino per spengerla. Rabbrividisco e rimetto la mano sotto le coperte. In quel momento l'odore dei pancakes appena cotti mi solletica le narici, costringendomi ad aprire gli occhi e dandomi la spinta ad alzarmi. Vengo accecata dalla luce che filtra dalle tende della finestra e mi schermo gli occhi per un istante.
Come tutte le mattine mia mamma prepara la mia colazione preferita: cappuccino e pancakes allo sciroppo d'acero con un po' di frutta sopra. E' il suo modo di farsi perdonare il trasferimento in questa città. Non che in parte non ne sia contenta anche io, sia chiaro, ma diciamo che in famiglia sono quella che ci è rimasta maggiormente male per via delle amiche di una vita che sono stata costretta a lasciare e per tanto altro ancora. Così, anche se sono passati diversi mesi, mamma continua con la sua colazione di espiazione. Mentre rimugino su queste cose un urlo squarcia il silenzio facendomi sobbalzare a sedere.
'Claudiaaaaaaaaaa, ti dai una mossa? È già tardi!' è mia madre che sta bussando alla mia porta con la palese intenzione di buttarla giù.
'Arrivooo!!' le grido di rimando.
Raccolgo i vestiti che ho preparato sulla sedia la sera prima e getto uno sguardo fuori dalla finestra, notando che la strada è ancora innevata. Istintivamente rabbrividisco. Alla neve non riesco proprio ad abituarmi – trascorsi i primi giorni di eccitazione, in quanto l'ho sempre considerata come un evento più unico che raro per me che sono abituata al sole e al caldo, poi ha cominciato a mettermi tristezza e malinconia. Non riesco proprio adattarmi al clima di questa città e credo che non ci riuscirò mai.
Apro la porta della stanza e mi fiondo in bagno prima che mio fratello lo occupi. Apro l'acqua della doccia e la regolo su very hot. Soltanto il getto caldissimo può aiutarmi a prendere calore in questa fredda giornata.
<Ma quando arriva la primavera in questa dannata parte del mondo?> penso mentre mi insapono.
A casa mia, in Italia, sicuramente le mie amiche saranno già in giro con il giacchetto di jeans a godersi i primi tepori che sanno di primavera. Dopotutto è il 3 marzo! Pensare a loro e alla mia città mi fa sempre venire una strana sensazione allo stomaco.
La mia migliore amica Francesca è venuta a trovarmi lo scorso Natale - quando l'ho rivista all'aeroporto JFK quasi non la riconoscevo - si era fatta crescere i capelli, e c'eravamo subito sciolte in un abbraccio pieno di cose non dette. In quelle due settimane è riuscita a farmi piacere persino New York! Con lei ci siamo messe a fare le turiste: il Top of the Rock, la Trump Tower, l'Empire State Building, per non parlare di tutte le ore trascorse al MET, in quanto Fran è una fanatica di arte. Pensare a lei mi fa salire automaticamente un sorriso sulle labbra.
E adesso conto i giorni che mi separano alla fine della scuola, perché se avessi preso tutti ottimi voti mamma mi aveva promesso che mi avrebbe mandata dai nonni in Italia per l'estate. E' questo pensiero che mi aiuta a sopportare altri tre mesi e mezzo in questo posto.
Mi costringo ad uscire dalla doccia, prima che mia madre faccia una nuova escursione al piano di sopra, e mi vesto velocemente - indosso un jeans stretto sotto, un maglioncino bianco di lana a collo alto e gli scarponcini da neve. Mi guardo allo specchio – mi piace questo stile casual! Lascio i capelli mossi perché non ho tempo per la piega – dopotutto l'effetto caramello della mia chioma in contrasto con il bianco del maglione non è niente male – poi metto velocemente l'eyeliner e il mascara che fanno risaltare quel poco di verde che c'è nei miei occhi in prevalenza castani.
Scendo in cucina e trovo già tutti con le tazze vuote, il che significa che sono davvero in ritardo.
'Claudia hai un minuto contato per fare colazione, altrimenti Sam va via!' mi rimbrotta mamma perentoria. Quando alza le sopracciglia in quel modo fa davvero paura. Nonostante il suo metro e cinquantacinque mia madre sa essere davvero terrificante, con quei suoi occhi grandi e verdi che si spalancano quando comincia ad incavolarsi.
'Hai qualche minuto in più, tranquilla Claudia, comincio a mettere in moto la macchina.' mi rassicura il suo compagno, mentre si alza e da un bacio veloce a mamma, al che Nico, mio fratello, ride e io distolgo lo sguardo.
'Mamma, posso farmi accompagnare anche io a scuola da Sam?' le domanda il piccolo.
'No, tu vieni con me, altrimenti quel poverino non arriva più al distretto!' gli risponde mamma arruffandogli i capelli.
'Farei volentieri a cambio!' ammetto. 'Ma', è possibile che devo fare sempre la figura della ragazzina che si fa accompagnare a scuola, addirittura scortata dalla polizia?!' pronuncio quelle parole cercando di far trapelare tutto il mio disappunto.
'Invece di essere contenta che, pigrona come sei, se non ti accompagnasse Sam perderesti sempre le prime ore di lezione, ti lamenti pure?!'
'Ho capito, ma allora perché non posso prendere la metropolitana o un autobus come tutti gli altri?'
'Perché è una città nuova questa, Claudia. Anche se siamo qui da qualche mese, vuoi capirlo che non è come Roma?! E' mille volte più pericolosa!' replica, facendomi indispettire.
'Lo so, ma non sono più una bambina, non ho più nove anni come Nico. Anche se voi continuate a comportarvi come se li avessi!' sbotto, incrociando le braccia al petto, assumendo effettivamente un atteggiamento da ragazzina. Quando me ne rendo conto le separo.
'E invece lo sei eccome! Fine della discussione. E fila a scuola!' dichiara con un tono che non ammette repliche.
Mi alzo di scatto, prendo lo zaino, e il mio kit di sopravvivenza all'inverno newyorkese, ovvero cappotto, sciarpona, guanti e cappuccio, e esco sbattendo la porta d'ingresso. Sam è già nella volante della polizia ad aspettarmi.
Finisco di vestirmi mentre entro in macchina. Chiudo con forza anche la portiera. Lui evidentemente deve aver capito che non tira una buona aria perché stamattina non prova a fare conversazione come al suo solito.
Arrivati nei pressi della 2nd Ave accende la sirena. Al che io alzo gli occhi al cielo.
'Sul serio?'
'Vuoi arrivare in tempo per la prima ora o no? Non dimenticare che io sono la legge.' mi risponde cercando di fare il simpatico.
'Se sapessero che non scorti un pericoloso criminale ma solamente la figlia della tua compagna credo che ti toglierebbero il distintivo.' asserisco facendolo ridacchiare.
Quando Sam ride gli si formano delle fossette al lato della bocca. Non è un brutto uomo, anzi, è abbastanza affascinante con i suoi occhi scuri e i capelli brizzolati, inoltre è anche abbastanza simpatico, ma per me nessuno potrà mai sostituire mio padre. Nico è ancora piccolo e non capisce, infatti per lui tutte le attenzioni che ci riserva Sam sono sempre ben accette. Per me, invece, è diverso. Anche se si vede che ci vuole bene e che adora mamma non riesco a farmelo piacere fino in fondo, forse perché un po' lo ritengo responsabile del trasferimento e di tante altre cose.
'Il problema potrebbe risolversi se avessi una macchina tutta mia. Dopotutto qui in America è consentito guidare prima dei diciotto anni.' la butto lì.
'Ne dovremmo parlare con tua madre.'
'Allora posso pure continuare a sognare.'
'È vero che hai diciassette anni, ma poi dovresti prendere la patente, fare l'esame di guida, ecc. E poi te la sentiresti di guidare in una città come New York? Guarda che non è come Roma.' mi ricorda. Quante altre volte dovrò sentirla questa frase?? Tra un po' me la tatuo.
'Lo so benissimo.' rispondo piccata. 'E comunque, certo che me la sentirei e sarei anche bravissima. Papà ogni tanto mi faceva guidare la sua macchina nel nostro quartiere.'
Il pensiero di papà mi fa stringere lo stomaco.
'Ne parleremo con Emma, dai. Proverò a convincerla.'
'Grazie.' sbuffo.
Sam si è accorto che appena ho nominato l'altro mio genitore ho cambiato espressione, perciò ho apprezzato che abbia provato ad essere dalla mia parte per una volta.
Arriviamo a scuola pochi minuti prima del suono della campanella, alla fine lo stratagemma della sirena ci ha davvero aiutato a deviare il traffico, anche se ha contribuito ad attirarmi addosso ancora più sguardi.
Saluto Sam e scendo dalla macchina, sentendomi sotto i riflettori. Mi dirigo verso le uniche facce amiche che ho in questa scuola: Andy e Joshua.
Andrea Meredith Stevens è la ragazza più solare che abbia mai conosciuto: bionda con i capelli a caschetto, un viso acqua e sapone che ispira fiducia a prima vista, occhi castani, un sorriso a trentadue denti e una felicità irradiata a miglia di distanza. La sua unica pecca è l'ansia patologica che la attanaglia ogni qual volta si parla di matematica. Ad ogni modo è una buona amica, nonché l'unica che abbia qui a NY. Poi in quella materia posso aiutarla io senza problemi, dato che lì si parla il linguaggio universale dei numeri e l'inglese non può quindi essere un problema per me. Inoltre, checché se ne dica, noi al liceo scientifico a Roma siamo anni luce avanti con i programmi studiati qui nella maggior parte delle discipline.
Ad ogni modo, è stata proprio Andy ad introdurmi all'altro volto amico che mi sorride nella folla - quello di Josh Lewis, figlio del senatore Michael Lewis, un ragazzotto alto con i capelli a caschetto lisci e scuri e profondi occhi verdi che rassicurano chiunque li guardi – ovviamente attaccante della squadra di lacrosse della scuola, nonché rappresentante del comitato studentesco.
Li raggiungo di corsa.
'Ehi ragazzi come va?'
'Ciao Claudia. Oggi di nuovo a bordo della Cop-mobile?' mi domanda Josh con un sorriso.
'Eh, purtroppo sì.'
'Io te l'ho detto, quando vuoi posso passare a prenderti io.'
'Tranquillo, per ora va bene così. Già è tanto che a volte mi riaccompagni a casa, non vorrei sfruttarti troppo!'
'Ma che sfruttare è un piacere, lo sai.'
'Claudia sei riuscita poi a risolvere quel problema di trigonometria?' mi chiede Andy tutta preoccupata, interrompendo la conversazione.
'Sì, tranquilla. Ti ho anche mandato un messaggio ieri per dirtelo. Copia pure.' la rassicuro aprendo lo zaino, porgendole il mio quaderno di matematica.
'Che ne dite però di entrare che qui fuori si gela?' propongo, soffiandomi nei guanti per tentare di riscaldarmi quel poco di faccia che non è coperta da sciarpa e cappello.
'Ma che ha Gallagher da guardare in quel modo?' domanda improvvisamente Josh accigliandosi mentre ci indica il gruppetto dei teppistelli della scuola all'altro lato del cortile.
'Chiiiiii?' chiedo e, voltandomi, mi rendo conto che in effetti ha ragione.
Edward Gallagher, il leader di quella specie di strana banda, sta fissando proprio nella nostra direzione, mentre gli altri suoi amici a turno si lanciano delle palle di neve. Mi giro subito di scatto per non dare a vedere che la cosa mi ha turbata.
'Mah, forse troverà ridicolo il fatto che ce ne stiamo fuori fermi e impalati al freddo!' propone Andy, alzando lo sguardo dal quaderno.
'O forse vuole tirarci addosso qualche palla di neve.' insinua il nostro amico.
'Allora entriamo, non voglio certo dargli l'opportunità di usarmi come bersaglio. Dai Andy muoviti, il resto lo copierai in classe.' propongo, spingendoli per farli entrare.
In quel momento suona la campanella e tutti e tre ci dirigiamo in due direzioni diverse: i miei due amici verso la classe di Madame Félice per fare francese e io diretta a quella della professoressa Cooper di storia.
Mentre mi incammino da sola ripenso a quanto successo poco prima. Non voglio ammetterlo, ma quel Gallagher mi fa davvero paura con quel suo sguardo glaciale; se ne sta sempre per i fatti suoi nelle lezioni in cui non è con i suoi amichetti di scorribande; sembra un vero e proprio lupo solitario. E' un paio di anni più grande di noi, o almeno così mi ha detto Andy quando all'inizio dell'anno mi ha informata un pochino sui pettegolezzi della scuola, tipo chi esce con chi, chi sono i ragazzi più popolari della scuola, con chi avrei potuto parlare tranquillamente o da chi avrei dovuto stare alla larga – ed Edward Gallagher era decisamente in cima alla lista delle persone da evitare.
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Ciao a tutt*,
sono tornata con una storia nuova, come vi avevo preannunciato **
in realtà la sto scrivendo da un po' ** sono tipo arrivata al capitolo 40, ma vi posto questo primo capitolo in anteprima per chiedervi se vi piace, se vi interesserebbe leggerla, ecc, ecc
Questa storia non è una fanfiction, ma è proprio mia mia, per il personaggio del protagonista ovviamente mi sono ispirata al nostro Eddie, ma noterete che ci saranno delle differenze :)
Ora, la mia domanda è, che ne pensate? ** io ci sono molto affezionata **
Vi prego, non siate lettori silenziosi, ma fatemi avere una vostra opinione a riguardo perché per me è molto importante per sapere se vale la pena continuare o meno **
Vi ringrazio**
Effy
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