8. Hey yo, This is Måneskin! ☌
Damiano ›
«Perché l'avete chiamato covo?» ci chiede la giornalista di Vanity Fair che ci sta intervistando via Instagram.
Ho il gomito destro poggiato sulla gamba, la mano a fare da reggi testa. È l'ennesima intervista della giornata e tutti ci fanno sempre le stesse domande. Forse è la noia che mi spinge ad assumere questa posizione scomposta.
«Perché chiamarlo nascondiglio ci sembrava da scemi! Poi covo è più breve e non c'ha erre, lo può dire anche Ethan», rispondo alla donna con ironia. Almeno così ci facciamo quattro risate e non annoiamo chi, con tanta determinazione, continua a entrare in ogni diretta che avviamo. Non siamo mai stati così social, da questo punto di vista siamo i primi a definirci boomer.
«Invece con quavtiev genevale già faccio un po' più di fatica!» Ethan, che è alle mie spalle, prende subito parte alla gag gesticolando.
«Poi quartier generale mi sembra troppo importante», sottolinea la giornalista dall'altra parte del telefono, pettinando la frangetta con le dita.
«Eh sì, sembra una cosa istituzionale», aggiunge Thomas, seduto accanto a Ethan, grattandosi il naso, per poi lasciarsi sfuggire un: «Noi siamo dei cazzoni...»
La donna sembra non aver notato questo commento - o magari fa finta di non aver sentito - e finalmente ci liquida con un: «Va bene, vi ringrazio. Ciao ragazzi, buona serata e in bocca al lupo!»
«Grazie. Viva il lupo!» la salutiamo, in coro.
Una volta che la giornalista ha chiuso il collegamento, mi rivolgo ai nostri followers ancora connessi: «Ok, dopo questa ciao!» e metto le mani davanti l'obiettivo del telefono, mentre Victoria interrompe la diretta.
«Non ne posso più e questo è solo il secondo giorno qui a Sanremo!» esclamo esausto, andandomi a sedere sul divano beige con copri divano nero, pieno di cuscini di vari colori.
Il covo è decorato da tende porpora e grigie che ricoprono completamente le pareti. Gli strumenti dei ragazzi riempiono più di metà della stanza, mentre nell'altra metà troneggia la nostra postazione allestita per fare dirette e interviste. A chi chiede perché abbiamo creato il covo rispondiamo che questa stanza è nata per poter passare il tempo tutti insieme, concentrarci, fare le prove e dedicare del tempo ai nostri fan.
«Dai, che tra poche ore saliamo sul palco!» esclama Victoria.
Siamo tutti elettrizzati - non vediamo l'ora di esibirci - e fieri del lavoro fatto finora, soprattutto della canzone. Comunque vada nessuno riuscirà a tarparci le ali, non ci sono riusciti tutti quelli che ci prendevano in giro quando ci esibivamo per le strade della nostra bella città, figuriamoci adesso che siamo arrivati fin qui. Di critiche, negli anni, ne abbiamo ricevute tante, per non parlare degli insulti gratuiti per il nostro stile gender fluid, eppure non abbiamo mai mollato perché siamo ambiziosi e sappiamo bene dove vogliamo arrivare.
«Piuttosto pvendiamo tutto quello di cui abbiamo bisogno e andiamo in teatvo. Manca un'ova all'inizio del festival», dice Ethan, risoluto.
Lui riesce sempre a essere così razionale e posato. Credo di non avergli mai visto fare una sfuriata, anzi fa sempre da paciere nelle varie discussioni che nascono nei periodi di forte stress, in particolare tra me e Victoria. Io e lei siamo due teste calde, se qualcosa non ci piace non ci facciamo complimenti, anzi.
Dal covo al teatro ci vogliono dieci minuti in macchina, così saliamo a bordo del nostro fedele furgoncino e ci dirigiamo lì.
Veniamo accolti da luci abbaglianti: il tappeto rosso è completamente invaso da uno stormo di fotografi, i quali chiedono a tutti gli artisti di fermarsi per scattare una serie di foto. Delle transenne li separano dai fan che si accalcano per poter ammirare la sfilata di personaggi famosi che si accingono a entrare nel teatro.
Al nostro arrivo un gruppetto di persone va in visibilio: com molta probabilità si tratta dei ragazzi e delle ragazze del fan club. Salutiamo nella loro direzione tra uno scatto e l'altro.
All'ingresso, poi, un giornalista della Rai ci ferma per farci qualche domanda.
«Sono qui con i Måneskin, che stasera per la prima volta calcheranno il palco di Sanremo tra i Big. Allora ragazzi, innanzitutto come state? Emozionati?» l'uomo regge in mano un microfono, mentre un tecnico addetto al suono, tramite una lunga asta alla cui estremità è posizionato un altro microfono, si occupa di registrare le nostre risposte.
«Bene, grazie.»
A prendere la parola è Victoria. Io e lei siamo, in un certo senso, i portavoce del gruppo.
«Siamo felicissimi di essere qui e di avere questa opportunità. L'emozione è tanta, ma non vediamo l'ora di esibirci e di farvi sentire la nostra canzone.»
«Canzone il cui titolo è "Zitti e Buoni". Raccontateci un po', come nasce?»
Tutti restano in silenzio, segno che la risposta alla domanda spetta a me. «Questo pezzo in realtà è nato tanto tempo fa, ma negli anni abbiamo fatto un sacco di modifiche sia al testo che alla musica per poi creare quello che è il pezzo attuale. La canzone non ha dei significati nascosti, è molto diretta proprio perché vorremmo che il nostro messaggio sia colto subito.»
«So che non potete farci spoiler, ma almeno diteci cosa dobbiamo aspettarci.»
Ci guardiamo per qualche secondo, sorridendo, poi esclamo: «Vi diciamo cosa non aspettarvi: un pezzo da Sanremo!»
Mi guardo intorno con le mani in tasca e, quando rivolgo il mio sguardo verso la porta d'ingresso, incrocio gli occhi di Marta che mi indica il suo orologio da polso.
Marta è come una mamma per noi, ci ha preso sotto la sua ala protettrice fin dai tempi di X Factor e non ci ha lasciati per un minuto. A ogni evento importante è presente e noi siamo felici di poter contare su di lei.
Mi giro di nuovo verso il giornalista, il quale, per fortuna, ha deciso che il tempo delle domande è finito. «Ora ci avete incuriositi, però, e non vediamo l'ora di ascoltarlo», fa una piccola pausa. «Adesso vi lascio andare. Buona serata e in bocca al lupo.»
«Viva il lupo!» rispondiamo ancora una volta in coro, per poi dirigerci verso le porte del teatro che ci vengono aperte da un paio di uomini dello staff.
«Visto? Rapidi», dice Thomas a Marta, non appena la raggiungiamo. A quanto pare, non sono stato l'unico ad aver notato il suo gesto.
«Sbrighiamoci, manca mezz'ora all'inizio e voi dovete ancora parlare con i truccatori e dare un ultimo sguardo ai vestiti», risponde lei, accelerata, facendoci strada verso i camerini. È sicuramente la più ansiosa stasera.
La porta di fronte cui ci troviamo è in fondo al corridoio, è verde acqua e attaccato su di essa c'è un foglio con su scritto: "Måneskin".
Il camerino che ci è stato assegnato è abbastanza grande: ci sono una serie di postazioni trucco - specchio e tavolino - alla destra dell'ingresso e di fronte a esso, ciascuna con una sedia. Le pareti sono ricoperte da piastrelle bianche così come il pavimento, con la differenza che queste presentano delle chiazze grigie. Alla sinistra dell'ingresso, invece, ci sono due porte, una è il bagno, l'altra è la dressing room, dove sono stipati i vestiti di Etro che indosseremo in queste sere.
«Damiano, Enrico ti cerca. Ha detto che ti aspetta di sopra», mi avverte Marta.
Enrico Melozzi è il maestro che in queste sere dirigerà l'orchestra per noi. Abbiamo fatto un po' di fatica a riadattare la musica, ma lui c'è stato di grande aiuto.
Che vorrà adesso? mi chiedo, mentre faccio lo slalom tra i vari membri dello staff, che corrono avanti e indietro.
«Ciao Damiano!» mi salutano Francesca e Federico, anche loro in gara con il brano "Chiamami per nome". Agito la mano nella loro direzione, ma non mi fermo a parlare - anche perché abbiamo tutta la serata per farlo.
Salgo di corsa le scale e mi dirigo dietro le quinte, alla ricerca di Enrico, il quale mi trattiene per venti minuti a riguardare gli spartiti e ridefinire eventuali arrangiamenti dell'ultimo minuto.
Quando scendo di nuovo ai camerini il festival sta per iniziare.
Mentre percorro il corridoio, il mio udito fine viene catturato da una voce che proviene dal camerino di Irama. Una ragazza sta cantando il ritornello di "Whatever it takes" accompagnata da una chitarra.
Questa voce la conosco. È lei...
Sono tentato dal bussare alla porta, ma il mio pugno si blocca a pochi centimetri da essa.
Perché mai Simona dovrebbe essere a Sanremo e per giunta nel camerino di Irama? Non ha senso.
«Dam che stai facendo?» Vic richiama la mia attenzione. È davanti la porta verde acqua e mi guarda perplessa, a braccia conserte. «Vieni, c'è la truccatrice. Ti aspettiamo da quindici minuti.»
Distendo le dita della mano e abbasso il braccio, mentre a passo svelto raggiungo Vic.
Con mia grande sorpresa nel camerino ci sono Camilla e Alessandro. «E voi che ci fate qui?» chiedo stupito, quasi a bocca aperta.
«Non te l'aspettavi, eh?» Ethan mi risponde con un'altra domanda. Mi fissa con un sopracciglio sollevato e un sorriso sornione.
Perché, loro lo sapevano?
«Sarò io la vostra truccatrice e Ale, beh, lui è qui come ospite», risponde Camilla.
Resto accigliato per qualche secondo, poi un sorriso si apre sul mio volto.
Allora anche lei deve essere qui.
Sto per chiedere ai ragazzi di Simona, quando un rumore secco, simile a uno schiaffo e proveniente dall'altra parte della porta socchiusa, attira la mia attenzione.
Alzo lo sguardo e per un millesimo di secondo incontro i suoi occhi, mentre intorno a me si scatena il putiferio.
‹ Simona
La porta si apre di scatto e tutti in coro urlano: «Hey yo, this is Måneskin!»
Come è ovvio che sia, la scena non passa inosservata, ma solo per pochi istanti perché lo staff, che sta davvero lavorando, non ha tempo da perdere con i nostri teatrini.
Damiano è il primo a venirmi incontro, incredulo, e mi abbraccia.
È bellissimo, da mozzare il fiato, anche se non indossa altro che una camicia a righe bianche e rosse, una cravatta blu e un pantalone nero, elegante, con degli stivaletti.
Mi godo quel piccolo gesto, mentre il cuore batte all'impazzata.
Quando mi lascia libera, gli altri ragazzi sono sulla porta e mi fissano.
«Io sono mortificata», inizio. «Dovevo avere del prosciutto davanti gli occhi e anche nelle orecchie. Non vi ho proprio riconosciuti.»
«Siamo noi che dobbiamo delle scuse a te, per averti creato qualche problemino», mi dice Thomas. Guardo Damiano, posizionato alla mia destra, che in risposta mi sorride. «Sì, ci ha raccontato tutto.»
«E io mi scuso per averti spinta sul palco e per aver quasi sclerato. So fatta così, me so sentita minacciata», mi dice Victoria, che mi si avvicina e avvolge le sue braccia intorno al mio collo.
Ricambio l'abbraccio un po' sorpresa. Insomma, non sembrava per niente felice di fare la mia conoscenza quella sera, ora d'improvviso mi si fionda tra le braccia.
«Beh, la cosa mi lusinga. Anche se, a dirla tutta, pensavo che mi avessi urtata per errore.»
«Ah...» il suo tono genera ilarità tra i presenti.
«Così lei è la famosa Simona!» una voce alle mie spalle fa sì che l'abbraccio tra me e la ragazza si sciolga quasi subito.
Mi giro.
«Simona lei è Marta, la nostra manager.»
Mi si para davanti una bella donna dai capelli ricci e occhi azzurri gentili, che mi sorride in maniera calorosa.
Allungo la mano verso di lei, che la stringe. «Mi fa piacere conoscerti. Voglio farti i miei complimenti, anche se quelle esibizioni hanno creato qualche problemino anche a noi.»
Deglutisco. «Mi dispiace davvero tanto, non capiterà più», dico, mordendomi la parte interna del labbro, in soggezione.
Damiano la fulmina con lo sguardo e lei ricambia con una smorfia.
«Quindi è lei Simona?» con grande stupore mi accorgo che alla mia sinistra c'è Francesca Michielin, seguita da quello che sarà il suo compagno in questa avventura, Fedez.
Tutto sta accadendo così in fretta che non ho il tempo di mettere bene a fuoco le emozioni che sto provando.
Ma che cavolo succede? A momenti sono io qui quella famosa?
Sembra che dalla mia espressione abbia capito che sono leggermente sconvolta, perché subito mi dice: «Marta è anche la mia manager, per questo so chi sei. Comunque piacere sono - »
La interrompo, ancora incredula. «Lo so chi sei. Francesca Michielin.»
«Ah, a lei la viconosci, a noi no», dice Ethan, con la sua fantastica r moscia, mettendo su un finto broncio.
Tutti scoppiamo a ridere. Thomas addirittura si tiene la pancia.
L'espressione di Ethan lo fa apparire così tenero che nasce, da parte mia, un abbraccio spontaneo. «Lo so, scusatemi ancora.»
Sembra sorpreso dal mio gesto e, a dirla tutta, lo sono anche io.
«Voi sapevate tutto?» chiedo a Camilla e Alessandro, stupita, dopo esserci appartati nella tromba delle scale per poter parlare con calma.
Annuiscono.
«Quindi in realtà i pass te li sei procurati chiedendoli a Damiano?»
«A dire il vero ho parlato con Victoria. Sai la sera della jam session, mentre tu scendevi dal palco con Ethan e Thomas, Giulia ci ha presentato Damiano e Victoria e lei non ha perso tempo a specificare che fossero i Måneskin. Anche se li avevo già riconosciuti perché, a differenza tua, in questi mesi in cui si iniziava a parlare del festival li avevo visti più volte su diverse riviste che teniamo al salone», per sottolineare quest'ultima frase scuote la testa. «Comunque, dopo aver superato il test di Simone, ho contattato Giulia, mi son fatta lasciare il numero di Vic e ho chiesto a lei i pass. Mi ha spiegato che non avrebbe detto niente a Damiano, così sarebbe stata una sorpresa anche per lui.»
«Perché non mi avete detto niente?» mi sento quasi tradita dalla loro omertà.
«Se non te l'hanno detto loro, perché avremmo dovuto rovinare la sorpresa noi? È stato molto divertente», mi sorride, mentre a scuotere la testa contrariata, stavolta, sono io. «A proposito, ho visto la foto su Instagram. Che cosa stai combinando?»
«In realtà niente», le rispondo e racconto a grandi linee cos'è successo nella spa dell'hotel.
«Che invidia, se fossi rimasta un po' di più con voi, mi sarei goduta anche io lo spettacolo!», ridiamo. «E come mai ci hai messo tanto per raggiungere il camerino?»
Ale interviene. «Perché ci siamo ritrovati davanti Filippo, ovvio.»
Camilla mi guarda, quasi con aria di rimprovero. «E...?»
Avvampo, pensando a quanti scenari Camilla possa aver disegnato in pochi secondi nella sua testa. Le do una spinta poggiando la mia mano sul suo braccio sinistro. «Non è successo niente. L'ho accompagnato fuori a fumare, poi mi ha chiesto di suonare qualcosa, abbiamo fatto un selfie e vi ho raggiunti», dico con rapidità, senza entrare nei particolari.
Camilla scoppia a ridere, lasciandomi perplessa. «Non è possibile, perché ti ritrovi sempre a suonare e cantare? La tua vita è un musical e solo adesso me ne sono accorta?»
Sorrido, divertita dalla sua affermazione. «A quanto pare», rispondo, facendo spallucce.
D'un tratto si ricompone e fissa un punto dietro di me.
«Posso rubarvela per un po'?» chiede una voce alle mie spalle. Mi giro, conscia del fatto che Damiano mi stia squadrando, sorridendomi. Senza aspettare il loro consenso, mi prende per mano e mi trascina fuori, ma solo dopo aver poggiato la sua pelliccia, stavolta nera, sulle mie spalle.
«Sono felice che tu sia qui, sai? Non mi aspettavo di certo di vederti. Solo adesso i ragazzi mi hanno spiegato della loro combutta con Camilla!»
Mi fermo a osservarlo, incantata. Ha i capelli tirati indietro da quello che sembrerebbe gel, la matita intorno agli occhi e il solito cerchietto a decorare il naso.
«Sei davvero bellissima», mi dice, spostando il boccolo dietro l'orecchio destro e accarezzandomi dolcemente la guancia. Quel gesto fa sì che il mio cuore aumenti il ritmo dei suoi battiti.
Appoggio la mano destra sulla sua, che è ancora ferma lì. «Perché non mi hai detto niente?», cerco spiegazioni.
«Inizialmente volevo solo divertirmi un po' e vedere quando avresti capito. Poi però, ad essere sincero, volevo che mi conoscessi un minimo per quello che sono.»
«Già, ma tu sei anche questo», gli dico, fissando i miei occhi nei suoi.
«È vero, ma non solo. Sai in questi ultimi anni ho avuto un sacco di flirt, non li conto neanche più, ma nessuna mi ha mai intrigata al punto da contattare un mio amico e fissare un appuntamento solo per rivederla. Forse perché tutte le conoscenze iniziavano con "Oh mio Dio, sei Damiano dei Måneskin"», dice con voce stridula, strappandomi un sorriso. «Poi ti ho vista su quel palco, così timida, poi spigliata, e qualcosa è cambiato», lo ascolto, ammutolita, con le guance che iniziano a colorarsi di rosso. La sua mano dal viso scivola sul mio fianco per poi prendermi la mano, lasciando che le nostre dita si intreccino. «So che potrebbe essere in qualche modo una seccatura per te avere tutte quelle attenzioni indesiderate, ma a me farebbe davvero piacere continuare a frequentarti.»
Continuo a rimanere immobile e zitta. Il cervello e la bocca sembrano essere sconnessi, perché per quanto mi sforzi di dire qualcosa non riesco ad aprirla. Deglutisco, nervosa. Lui continua a sorridermi. L'imbarazzo aleggia tra di noi e io non riesco a fare niente per smorzarlo.
Gli occhi profondi del ragazzo lasciano trapelare due sentimenti che mai avrei voluto fargli provare: panico misto a delusione. «Ho capito, ho frainteso tutto», dice, lasciando andare la mia mano e prendendo una sigaretta. La accende e io lo fisso, mentre l'odore acre di fumo mi entra nelle narici. La porta alla bocca, la appoggia con delicatezza sulle labbra soffici e aspira.
Non so se io stia sbavando o meno, ma vorrei essere tanto quella sigaretta in questo momento.
Si gira, dandomi le spalle, si appoggia alla balaustra del pianerottolo con la mano sinistra ed espira.
Scuoto violentemente la testa, cercando di riprendere le mie facoltà mentali. Mi avvicino a lui e mi appoggio con la schiena al muretto, incrociando le braccia sotto il seno.
Lui gira la sua testa verso di me e torniamo a far incontrare i nostri sguardi. «Sai, ho visto la tua storia su Instagram sabato mattina. Avevi caricato la foto del lago con "Just the way you are" come sottofondo musicale, quindi credevo che fosse un messaggio per me. D'altra parte, non ti biasimo se non vuoi avere più nulla a che fare con me, visto lo scherzetto che ti ho fatto. Venerdì volevo dirtelo, ma ho avuto paura che ti arrabbiassi e così mi sono tirato indietro. Sono stato un codardo, lo so», un sorriso amaro accompagna quest'ultima confessione.
Mi fermo a pesare le sue parole.
Dovrei forse essere arrabbiata come lui si aspetta?
In effetti non è stato sincero, ma anche io non ho fatto molto per indagare sul suo conto, nonostante le stranezze che avevo notato fin dalla prima sera. Forse ha ragione, se avessi capito subito chi avevo di fronte mi sarei tirata indietro. La fama porta solo rogne, hai tutti gli occhi puntati addosso e la tua privacy sparisce. Cosa che già vivo in parte, essendo amica di Camilla. Negli ultimi mesi sono passata da poche centinaia di followers a decine di migliaia, nonostante non faccia niente di interessante per averne così tanti. Tutti mi seguono solo perché sono sua amica. Figurarsi se si venisse a sapere di me e Damiano.
Un brivido improvviso mi attraversa la schiena, mentre prendo coscienza di cosa ho pubblicato nei feed e ripostato nelle storie. A breve sarò immersa di nuove critiche e tutti capiranno che ero io con Damiano quella sera.
Sospiro. In fondo non posso avercela con lui, sta solo portando avanti il suo sogno, a differenza di quanto ho fatto io.
Diversi secondi di silenzio accompagnano i miei pensieri, finché con una scrollata di spalle decido che non mi importa niente. Voglio conoscerlo per quello che è, anche se questo dovesse comportare stare sotto i riflettori.
«Damiano quanti film stai girando in quella testolina?» gli chiedo, liberando la mano sinistra e bussando delicatamente sul suo cranio. L'espressione corrucciata che mi stava dedicando, per via del mio silenzio, si trasforma in un sorriso, probabilmente divertito da quel gesto. «Ti sembro forse arrabbiata?»
Semmai preoccupata.
Preoccupazione che riesco a non far trapelare, perché lui scuote la testa, sollevato, mentre porta di nuovo la sigaretta alla bocca e inspira.
«Piuttosto sono imbarazzata per non aver capito fin da subito chi foste. La tua voce mi sembrava familiare, ma erano mesi ormai che non mi capitava di ascoltare una vostra canzone.»
Porta la mano destra sul petto, all'altezza del cuore - facendo attenzione a non bruciare la camicia con la cenere- e con fare teatrale finge dolore. «Ti capita di ascoltarle? Tu non apri mai una qualsiasi piattaforma di streaming musicale e cerchi una nostra canzone?»
Mi gratto la testa, in forte imbarazzo. «Ehm... giuro che mi metto in pari. Non è che non mi piacete, semplicemente sono stata presa da altro in questi anni e ho messo da parte le band italiane emergenti. Scusa?!»
Solleva un sopracciglio e mi guarda contrariato, ma non riesce a essere serio per molto, infatti si lascia andare a una risata di sollievo. «È incredibile, è la prima volta che mi capita una cosa del genere. Tu sei davvero fuori dal comune. Per questa volta ti perdono, ma mi aspetto che nel giro di qualche settimana tu conosca a memoria tutte le canzoni. Guarda che poi ti esamino.»
Sollevo gli occhi al cielo. «Ci mancava solo questa. Inizio a pentirmi della scelta che ho fatto.»
«Perché, che scelta hai fatto?» mi guarda compiaciuto, attendendo da me una risposta che conosce fin troppo bene, gode semplicemente nel sentirselo dire.
Mi mordo la lingua, perché non avrei dovuto essere così esplicita.
«Mai dare troppe sicurezze a un uomo» mi ha sempre ripetuto Camilla. «Soprattutto se è pieno di sé.»
In realtà non mi sono mai trovata d'accordo con lei. Per quale motivo pretendiamo sicurezze e poi non dovremmo darne?
«Continuerò a frequentarti», gli dico, forse con un po' di impeto per via della frase che aveva fatto capolino nei miei pensieri.
Si apre sul suo viso un sorriso a trentadue denti, che trovo tanto contagioso.
«Adesso capisco perché in tua presenza non si possa avere un minimo di privacy», mormoro.
Annuisce, mentre porta alla bocca la sigaretta e fa ancora un altro tiro. «Dimme 'n po', ma quindi veramente nun m'hai cercato pe' curiosità da nessuna parte?» mi chiede, girandosi verso di me e appoggiandosi con la schiena al bordo del pianerottolo, imitandomi.
Scuoto la testa.
Prende il telefono dalla tasca destra del pantalone. «Io non ho iniziato a seguirti solo per non farmi riconoscere, ma a questo punto...»
Il mio telefono vibra, una notifica di Instagram: ykaaar ha iniziato a seguirti. «Ykaaar?»
Alzo la testa, ma trovo lui che mi guarda accigliato: «Hai già fatto amicizia a quanto vedo», dice e so già a cosa si riferisce.
Lo fisso per alcuni secondi, per pesare bene la mia risposta, ma decido di puntare sulla sincerità. «Alloggiamo nello stesso hotel. Ci siamo conosciuti nella spa», gli spiego, tutto d'un fiato.
Solleva un sopracciglio. «In effetti mi era sembrato, passando davanti la porta di Irama, di sentirti cantare, ma non ne ho avuto la certezza finché non ho visto Alessandro e Camilla.»
Non riesco bene a decifrare il suo tono. «Abbiamo parlato un po' qui fuori e poi mi ha chiesto di fargli sentire qualcosa...» mi guarda criptico. «Se ti può consolare, mentre fumava ho pensato a te», aggiungo subito e vedo la sua espressione ammorbidirsi un po'. «Non dirmi che sei geloso!»
Si gratta il naso con il pollice. «Io geloso? Stai a scherzà?» dice, sorridendo e indicandosi con le mani, come a mostrarmi chi ho davanti.
Tiro un sospiro di sollievo. «Pallone gonfiato!» esclamo, dandogli una manata all'altezza dello stomaco che, a quanto pare, neanche sente dato che non ha alcuna reazione evidente. «Allora, ykaaar?»
«Sì, come Icaro. Lo conosci il mito, no?» chiede, guardandomi con spocchia.
Stringo gli occhi fino a farli diventare due fessure e un po' saccente gli rispondo: «Dedalo e Icaro erano rinchiusi nel labirinto del Minotauro, sull'isola di Creta. Per poter scappare, Dedalo costruì delle ali con delle penne e le attaccò ai loro corpi con la cera. Raccomandò al figlio Icaro di non volare troppo in alto, ma quest'ultimo, preso dall'entusiasmo, si avvicinò troppo al Sole; la cera si sciolse e cadde in mare, morendo annegato».
«Bene, io ho un'ossessione per l'iconografia delle ali. Se avessi prestato attenzione di più ai testi delle mie canzoni lo avresti capito», mi guarda di sbieco, ma il sorriso non sparisce dalle sue labbra. «Quindi Icaro è un po' il mio punto di riferimento, io però a differenza sua ho delle ali vere, niente cera, quindi volerò talmente in alto che supererò il Sole.»
«Poco ambizioso. Però sei arrivato fin qui, partendo dalla strada — »
«Allora qualcosa la sai di noi!» mi interrompe lui, portando un'ultima volta la sigaretta alla bocca.
«Mia sorella è vostra fan, vi segue fin dall'inizio. Quando ha comprato "Il ballo della vita" a un vostro firma copie l'ho accompagnata io, però avevo completamente rimosso questo evento. Mi è tornato in mente che quel giorno non c'era Ethan perché stava male, avevi detto, e mia sorella era davvero triste. Sai, lei suona la batteria, quindi le sarebbe piaciuto poter scambiare due parole con lui.»
«Cento punti simpatia per tua sorella. Almeno lei capisce qualcosa di musica e sono sicuro che avrà l'occasione per conoscere Ethan», sollevo gli occhi al cielo, punta ancora una volta nell'orgoglio. «Adesso dovremmo rientrare», continua, gettando a terra la cicca della sigaretta e indicandomi la porta.
«Guarda che c'è un posa cenere apposta», lo rimprovero, indicandogli il secchio che ho avuto modo di notare in precedenza, grazie a Filippo.
«Scusa, non sono un principe io, non presto molta attenzione a questi dettagli», lo dice con aria sarcastica, ma si piega comunque a raccoglierla.
«Ha-ha...»
Apro la porta e mi ritrovo di nuovo di fronte il ragazzo dagli occhi cielo. «Altra sigaretta?» gli chiedo, sorridendogli.
Lui annuisce, rispondendo al mio sorriso. «Hai recuperato una pelliccia stavolta», dice e fa un cenno con la testa al giaccone pellicciato di Damiano sulle mie spalle. Quest'ultimo si materializza dietro di me.
«A quanto pare voi artisti siete più generosi di quel che si possa pensare», gli rispondo, mentre lui mi guarda incuriosito. Poi d'improvviso spalanca gli occhi, che si illuminano.
«Ciao Filippo» lo saluta Damiano, con una punta di arroganza nella voce.
«Hey Damiano!» sottolinea il suo nome, per farmi capire che ora sa chi è il ragazzo a cui penso ogni singola volta che canto una canzone.
Damiano gli passa accanto e mi prende per mano. Mentre ci allontaniamo dal ragazzo, una notifica di Instagram mi fa vibrare il telefono. Come mi aspettavo è lui.
•••
«Måneskin, sarete i prossimi a esibirvi, salite dietro le quinte», dice una donna dello staff, affacciandosi nel loro camerino.
I ragazzi che mi ritrovo davanti sono dei fighi assurdi: indossano dei completi neri bellissimi, tutti con lo stesso stile, ma ciascuno con la propria personalità. La sintesi perfetta del loro gruppo. Camilla, poi, ha fatto un lavoro eccezionale con il trucco.
Saliamo con loro le scale che ci porteranno al piano terra, dove si trova il cuore del teatro - che ancora non ho avuto l'opportunità di vedere dal vivo. Al contrario di quanto si possa pensare, i ragazzi non si dirigono lì in religioso silenzio, piuttosto scherzano, ridono e si incitano con abbracci e pacche sulla schiena. Sembra che non sappiano cosa sia l'ansia, almeno fino a quando non vengono avvisati che mancano cinque minuti alla loro esibizione. Allora Victoria imbraccia il basso e continua a ripetere gli accordi che fanno parte della canzone. Thomas la imita, l'espressione concentrata. Ethan muove ritmicamente in aria le bacchette. Solo Damiano sembra essere preso da tutt'altro: sta avvolgendo del nastro adesivo nero intorno all'impugnatura del microfono, sotto lo sguardo contrariato di un tecnico del suono.
Mi avvicino a lui. «Credo che tu stia facendo qualcosa che non andrebbe fatta.»
Solleva lo sguardo su di me per alcuni secondi. «Non possono darmi un microfono con l'impugnatura gialla. Siamo tutti vestiti di nero, dai, rovinerebbe l'equilibrio», dice, tornando ad armeggiare con lo scotch.
«Stiamo per tornare in onda, potete disporvi sul palco», una voce li richiama sull'attenti, così si avviano verso il palco come stessero andando alla ghigliottina.
Damiano si gira a darmi un ultimo sguardo. Gli sorrido, fiduciosa, come aveva fatto lui con me la sera in cui ci siamo conosciuti. Mi fa l'occhiolino in tutta risposta, poi raggiunge gli altri, portandosi al centro della scena.
«Settantunesimo festival della canzone italiana. Si torna alla gara. La loro musica esprime il concetto di rock per le nuovissime generazioni. Ottantuno anni in quattro, duecento milioni di visualizzazioni e l'energia di chi vuole vivere sempre ad alto volume. Debuttano al festival 20-21 i Måneskin», Amadeus fa una piccola pausa, come di consueto, mentre il pubblico applaude. «Il titolo della canzone è "Zitti e Buoni", testo e musica di David, De Angelis, Raggi e Torchio. Dirige l'orchestra il maestro Enrico Melozzi. Cantano i Måneskin.»
Il conduttore si allontana dietro le quinte, per lasciare loro la scena, mentre il primo accordo della canzone risuona nel teatro.
Hanno tutti e quattro un'energia e una presenza scenica da far paura. Damiano, leader indiscusso, si muove sinuoso sul palco, a suo agio, mentre con un invidiabile controllo della respirazione canta le parole da loro scritte. Nonostante l'ingombro di chitarra e basso, Thomas e Victoria si spostano a tempo avanti e indietro ricoprendo l'intera lunghezza del palco ed Ethan, seduto alla batteria, lascia che i capelli lunghissimi e fluenti gli ricoprano il viso più e più volte ondeggiando la testa al ritmo dei suoi colpi. Inoltre, interagiscono spesso tra di loro, per cui non si può fare a meno di guardarli mentre mettono in scena lo spettacolo.
Finita la musica, il padrone di casa torna per i convenevoli post esibizione: «I Måneskin a Sanremo. Complimenti ragazzi», dice, mentre Fiorello fa il suo solito siparietto consegnando i fiori a Victoria.
Quando tornano da noi, sono talmente elettrizzata che mi fiondo da Thomas e urlo: «Tu devi assolutamente insegnarmi a suonarla.»
Forse lo faccio con un po' troppo entusiasmo, perché tutti si girano a guardarmi, a momenti anche i due conduttori che sono sul palco e stanno presentando il prossimo concorrente.
«Dite che le è piaciuta?» Damiano si rivolge con sarcasmo ai ragazzi, che sorridono felici ed entusiasti.
«Se me lo chiedi così, non posso fare a meno di accontentarti», mi risponde Thomas, mostrandomi il primo accordo.
Spazio autrice numero 7
Aaaaah, lo so, sono in super ritardo con la pubblicazione del capitolo e per questo vi chiedo scusa. Purtroppo la sessione estiva mi sta lentamente prosciugando, quindi ho poche forze mentali la sera per scrivere.
Comunque, la storia va avanti e il segreto di Damiano è venuto fuori. Pensate che Simona sia riuscita a farsi scivolare addosso la cosa troppo in fretta? Fatemi sapere cosa ne pensate.
Davvero Filippo non preoccupa Damiano?
Le notti sanremesi porteranno con loro dei drammi?
Lo scoprirete nei prossimi capitoli.
Un bacio.
🦊 Triss
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