5. Just The Way You Are ☌
Damiano ›
«Bene, ringraziamo ancora i Måneskin per essere stati qui con noi e in bocca al lupo ragazzi.»
«Grazie Anna, grazie Sergio», rispondiamo loro.
«E adesso ascoltiamo il loro ultimo singolo "Vent'anni".»
La voce calda di Anna presenta il nostro brano, seguita poi dal jingle di RDS, mentre noi togliamo le cuffie e li salutiamo nuovamente.
Sono le 11:50 e abbiamo finito l'ultimo impegno lavorativo prima del festival, alla volta del quale partiremo tra due giorni. Quando usciamo dalla sede della radio il sole splende alto, regalandoci un po' di tepore dopo intense giornate di pioggia.
È proprio la giornata perfetta per un picnic.
«Raga, che famo?» ci chiede Victoria. «Annamo a magnà quarcosa?»
Thomas ed Ethan, con entusiasmo, rispondono in maniera affermativa.
«Ho altri programmi per la giornata di oggi, in verità», rispondo mettendo su un sorriso abbagliante.
L'ultima volta che ho visto Simona risale a quattro giorni fa e, dato che ora so dove abita, ho pensato di farle una sorpresa.
«Vai a trovà la pischella tua?» mi chiede Thomas, sorridendo, probabilmente influenzato dal mio umore.
«Non usiamo certi titoloni, ce stiamo solo a conosce.»
Dopo che sono tornato a casa, la sera delle sigarette, mi sono ritrovato a dover rispondere a un'infinità di domande da parte dei ragazzi, in particolare di Thomas ed Ethan. Sono tutti giunti alla conclusione che, sebbene potrebbe rappresentare una distrazione, Simona sembrerebbe essere una ragazza apposto. Ovviamente si sono anche presi più e più volte i meriti di questa nuova conoscenza, ma io ho evitato in tutti i modi di dar loro soddisfazione. Per quanto riguarda il piccolo dettaglio a lei sconosciuto, nonostante non abbiano trovato corretto che io continuassi a fare finta di niente, abbiamo concordato che le dirò tutto subito dopo Sanremo. Anche se credo che a quel punto lo saprà già di per sé.
Così saluto i ragazzi e salgo in macchina.
Mi dirigo a casa per prendere un telo e corro verso casa di Simona, Alessandro e Camilla. Per strada mi fermo a comprare dei panini. Prendo un po' di gusti diversi - non conoscendo ancora i suoi - e riprendo il tragitto.
Parcheggio la macchina non molto distante dal loro appartamento e mi avvicino al citofono del palazzo. Su di esso ci sono una sfilza di cognomi che non conosco, ma d'improvviso mi salta all'occhio una targhetta con su scritto: "Accorsi S., Caldera A. e Riva C.". Me ne vado per logica e premo il bottone in corrispondenza di essa. Aspetto una risposta, ma a quanto pare nessuno è in casa.
Riprovo un altro paio di volte, giusto per essere sicuro, ma all'improvviso sento dietro di me qualcuno dire: «Mi stai per caso stalkerando?»
Mi giro di scatto e la vedo, i ricci le ricadono morbidi sulle spalle, mentre i suoi occhi castani, con qualche sfumatura di verde, mi sorridono.
‹ Simona
Io, Giulia e Camilla ci stiamo godendo una rilassante mattinata all'insegna dello shopping.
A dirla tutta, non sono appassionata di shopping, sarà perché per comprare qualcosa devo avere l'imprinting, quindi posso anche girare tutti i negozi di Roma e non acquistare niente - il che rende queste sessioni a dir poco noiose.
Giulia e Camilla, invece, sarebbero capaci di acquistare una decina di capi in ogni negozio in cui entriamo. Poiché entrambe ormai sono diventate influencer, per ciascun abito che provano fanno uno shooting e postano qualche foto, quindi in realtà lo shopping con loro si sa quando inizia, ma non quando finisce.
Ringraziando il cielo, oggi hanno deciso di essere clementi e alle 11:30 siamo già di ritorno a casa.
«Che si fa adesso?» chiede Giulia, mentre estrae il telefono e fa un boomerang di noi tre con le buste in mano, che poi posta su Instagram.
Non ho mai capito l'esigenza delle persone di mostrare al mondo intero ogni momento della propria giornata. D'altra parte, mi è oscuro il motivo per cui a tutto il mondo interessi vedere come le persone passino le loro giornate.
Da quando Camilla ha ottenuto una discreta popolarità, pubblica di continuo contenuti relativi alla propria giornata e, facendo parte della sua vita, inevitabilmente mi ritrovo coinvolta nel quaranta percento dei suoi post o stories. Quando le due ragazze - le veline, le chiamo ironicamente io - sono insieme e io con loro, tale percentuale aumenta e mi ritrovo, così, su due profili.
D'altro canto io sono molto più riservata. Ho la media di un post al mese - alcuni mesi sono addirittura privi di contenuti - e le mie stories sono un susseguirsi di foto delle osservazioni che compio di tanto in tanto, con i miei artisti preferiti in sottofondo.
Forse sono semplicemente io ad essere particolarmente noiosa.
«Lasciamo le buste a casa e aspettiamo che Ale torni dall'ospedale. Poi andiamo a mangiare fuori», decide Camilla.
Lungo il tragitto, da Via del Corso a casa, non posso fare a meno di guardarmi intorno e pensare a quanto sia fortunata a vivere nella Città Eterna.
Il periodo tra la fine della sessione d'esami e l'inizio dei corsi è quello che di gran lunga preferisco. Ho tutta la giornata libera e posso organizzare il tempo come meglio credo. Recupero tutti gli episodi delle serie tv che ho abbandonato per dedicarmi allo studio, continuo le campagne alla play dei miei giochi preferiti, mi dedico alle uscite con i miei amici e, quando non ci sono, esco da sola per fare delle lunghe passeggiate e scoprire nuovi angoli della città.
Inoltre, canto e suono ogni volta che ne ho l'occasione. Per quanto mi dedichi alla chitarra in orari consoni ho sempre paura che prima o poi Luisa, la padrona di casa nonché amica di mia madre, anziché passare per prendersi un caffè venga per farmi un richiamo.
Camilla mi dà una gomitata in una costola, facendomi gemere. «Guarda lì chi c'è», dice facendo cenno con il mento a un ragazzo con un cappotto rosso lungo fino alle caviglie, che è vicino al citofono del nostro palazzo.
Un sorriso da ebete si apre sul mio viso, mentre mi rivolgo a Damiano: «Mi stai per caso stalkerando?»
Lui si gira un po' sorpreso. «Buongiorno ragazze!» ci saluta con entusiasmo.
Camilla e Giulia ricambiano il saluto e mi strappano la busta di mano, dopodiché entrano nel condominio, lasciandoci soli.
«Non ti chiederò come tu faccia a sapere dove abito, però sappi che non è carino seguire le persone...»
«Volevo solo assicurarmi che arrivassi a casa sana e salva. Canticchi sempre quando vi fai ritorno?»
Mi sento avvampare, colta in flagranza di reato. «Solo quando sono particolarmente allegra oppure sono seguita da persone le cui intenzioni mi sono ignote», gli rispondo, facendogli la linguaccia. «Qual buon vento ti porta qui?»
«Hai piani per la giornata?»
«Dipende. Cosa mi proponi?» dico, mettendo le mani nelle tasche e dondolandomi avanti e indietro, come una bambina in attesa del suo regalo.
«Ti va di fare un picnic? Andiamo a Villa Doria. Ci sei mai stata?»
Cerco di fare mente locale dei luoghi di Roma visitati fino a questo momento, ma mi pare di esserci passata solo di sfuggita, quindi gli rispondo: «A dire il vero no».
Annuisce. «Andiamo allora, la mia macchina è lì.»
Damiano ›
Ci sediamo in auto e lei si gira a dare un'occhiata alle cose che ho depositato sul sedile posteriore.
«Non credevo fossi così organizzato», mi dice.
«Se non mi fossi preparato, non ti avrei invitata.»
Torna a guardarmi e mi sorride. Accendo la radio, poi metto in moto la macchina.
«Ci vuole una mezz'oretta per arrivare alla villa», la informo, mentre guardo la strada davanti a me. «Lo dico perché non ho intenzione di passare questo tempo in un silenzio imbarazzante, quindi dimmi un po', cos'è che hai fatto in questi giorni?»
«Avendo sostenuto l'esame lunedì, mi sto godendo un po' di meritato relax. Tu, invece?»
Resto in silenzio per alcuni secondi, non so bene cosa inventarmi. «Io e i ragazzi ci incontriamo tutti i giorni per suonare insieme.»
Decido di dire la verità rimanendo sul vago.
«Che genere prediligete?» mi chiede lei, curiosa.
«Ne abbiamo sperimentati diversi, ma siamo in prevalenza un gruppo rock.»
«Avrò modo di ascoltarvi qualche volta?»
«Ci puoi scommettere.»
Mentre parliamo, per radio passa "Don't stop me now" dei Queen.
Mi lancia uno sguardo supplichevole. «Scusa...» mormora e alza il volume per poi iniziare a cantare.
"Tonight, I'm gonna have myself a real good time
I feel alive and the world I'll turn it inside out, yeah
And floating around in ecstasy
So don't stop me now don't stop me
'Cause I'm having a good time, having a good time
..."
Schiocca le dita a tempo, la sento. Non riesco a fare a meno di unirmi a lei. La canzone è coinvolgente e il suo entusiasmo mi travolge.
"...
I'm burnin' through the sky, yeah
Two hundred degrees
That's why they call me Mister Fahrenheit
I'm travelling at the speed of light
I wanna make a supersonic woman of you
..."
Mentre siamo fermi al semaforo, mi giro a guardarla. Sta mimando di suonare la chitarra, a occhi chiusi. Sorrido nel vedere quella scena. Lei ama suonare quello strumento tanto quanto io amo cantare, non c'è bisogno che lo esprima a parole, è lampante.
"...
Don't stop me now, I'm having such a good time
I'm having a ball
Don't stop me now
If you wanna have good time
Just give me a call
Don't stop me now
Don't stop me now
I don't want to stop at all
..."
Alla fine della canzone, sento il suo sguardo puntato su di me. «Sai, Brian May è il mio idolo. Anche lui è astrofisico, nonché uno dei migliori chitarristi al mondo. Fin da quando mi sono appassionata alla musica, ho sempre guardato ai grandi artisti di quegli anni, con la speranza di diventare un giorno come loro.»
La guardo con la coda dell'occhio e vedo su di lei dipingersi un sorriso amaro. Ha talento e mi dispiace che non sia riuscita a realizzare questo suo sogno.
«Ormai la musica sta cambiando,» continua, «gli strumenti vengono sostituiti dall'elettronica con una rapidità e una leggerezza che mi sconvolgono. Come si può preferire farli suonare a un computer piuttosto che lasciare alle mani il piacere di fare la magia?»
«Non hai mai pensato di fare il provino per qualche talent? Tipo Amici o X Factor...»
Scoppia a ridere. «Io? In un talent? No, non fa per me.»
«Come fai a dirlo?»
«Non lo so, non mi ci vedo. Penso che tu l'abbia capito che non amo particolarmente stare sotto i riflettori e tutto ciò che ne consegue. Ecco perché mi hanno creato tanti problemi i video di domenica sera.»
I suoi occhi sono fissi di nuovo su di me.
Sospiro. Sto decisamente a fa na cazzata.
Perché ossessionarsi a continuare una conoscenza che senza dubbio le porterà problemi e la esporrà troppo? Finirebbe solo per starci male.
All'improvviso inchiodo. Sento il rumore generato dai clacson delle macchine dietro di me. Alzo le mani per chiedere scusa.
Simona mi guarda, perplessa. «C'è qualche problema?» mi chiede.
La osservo. Vorrei dirle tutto, vorrei che conoscesse la verità.
Tanto che può succede? Ar massimo te manna a fanculo.
Quel pensiero fa emergere in me uno dei sentimenti caratteristici del genere umano: l'egoismo.
«Me sembrava ci fossero problemi alla gomma», dico e per rendere più credibile la cosa scendo dalla macchina e fingo di controllare le ruote. «Niente, sarà stata l'impressione mia», le sorrido mentre rientro in macchina.
Riparto subito e dieci minuti dopo siamo arrivati a destinazione. Parcheggio l'auto su Via Aurelia Antica, in modo da andare subito in direzione del lago, che è il primo posto in cui vorrei ci fermassimo, per poter mangiare.
‹ Simona
Mi piacciono i parchi. Trovo che siano tra i luoghi che regalano maggiore tranquillità. Il cinguettio degli uccelli prevarica il vociare delle persone e questa è musica per le orecchie.
Più ci addentriamo nel parco - lungo un piccolo sentiero - meno si sente lo strombazzare delle auto.
Il fruscio delle foglie riempie il silenzio che d'improvviso si è creato tra noi. Non è un silenzio imbarazzante, però, neanche di indifferenza, è piuttosto reverenziale, di ammirazione per quello che ci circonda.
Passeggiamo l'una accanto all'altro, di tanto in tanto ci sorridiamo ed è tutto perfetto così.
Un leggero venticello soffia sulla mia faccia e mi scompiglia i ricci; accarezza i lineamenti duri del volto di Damiano, il suo naso aquilino - decorato da un piercing a cerchietto - e i suoi capelli. Sembra goderne di quel contatto, perché chiude gli occhi e respira a pieni polmoni.
Camminando lungo un viale, sulla sinistra, ci imbattiamo in una fontana, al di sotto della quale c'è una sorta di cascata che fa fluire l'acqua in un canale; quest'ultimo si apre in un lago.
«Questa si chiama Fontana del Giglio per via della sua forma, che ricorda quel fiore. Il giglio era lo stemma della famiglia che abitava la villa», mi fa da Cicerone Damiano. «L'estate scorsa c'hanno trovato un cadavere», aggiunge.
Sorrido a quell'informazione - nonostante mi crei un po' di turbamento - divertita dalla scelta bizzarra di rendermi noto questo giallo. «E...?»
«Non lo so, ho solo sentito sta notizia di sfuggita in TV, non ho approfondito i retroscena.»
«Non puoi buttare in mezzo una storia di cronaca nera senza conoscerne i dettagli», lo rimprovero, scuotendo la testa.
Decido di scattare una foto alla fontana e alla cascata, poi riprendiamo a camminare lungo il viale alberato fino a raggiungere il lago, in cui delle papere stanno facendo il bagno.
«Stavo pensando che potremmo sederci sotto qualche albero e consumare uno spuntino. Ci sarà tanto da camminare», mi informa la mia personale guida.
Lungo la riva del lago ci sono diverse coperte stese, sulle quali siedono vari gruppi di persone, di età ed etnie diverse. Damiano sceglie un albero con vista e stende il telo che ha portato con sé, poi si siede e mi fa segno di posizionarmi accanto a lui. Lo faccio, ma non prima di aver scattato un'altra foto a questa meraviglia: il Sole è alto in cielo e fa brillare la superficie del lago di luce riflessa.
Mi accomodo accanto al ragazzo che mi dice: «Non conoscendo i tuoi gusti, ho comprato diversi tipi di panini. Spero solo che tu non sia vegana, perché in tal caso non avrei nulla per te».
Sollevo un sopracciglio e lo osservo trattenere il fiato in attesa di una mia risposta. Sarebbe divertente tenerlo ancora un po' sulle spine se non fosse che l'idea che muoia soffocato davanti ai miei occhi - per colpa mia - mi terrorizza. «Sono onnivora, tranquillo. Puoi tornare a respirare», gli dico, prendendo il primo panino che mi capita. Lo addento. Pomodoro, insalata e mozzarella, un classico. Il suo, invece, è con provola e salame.
Mentre mangiamo stiamo zitti, ci limitiamo a guardare lo scintillio dell'acqua e ad ascoltare un gruppo di inglesi o americani - non saprei - che ci passa davanti con a capo una guida.
«Hai un ragno sulla gamba» mi dice Damiano all'improvviso, mentre mi sto pulendo le labbra con il tovagliolo.
Abbasso con lentezza lo sguardo, nella speranza che sia uno scherzo. Purtroppo per me, un essere nero e peloso, avente otto lunghe zambe, sta davvero risalendo il mio ginocchio. Resto immobile per pochi secondi, finché una scarica di adrenalina mi fa scattare in piedi e mi spinge a correre intorno all'albero urlando: «Toglimelo di dosso!»
Damiano, all'inizio stupito dalla mia reazione, scoppia a ridere cadendo disteso e tenendosi la pancia.
Damiano ›
Non riesco a tornare serio, continuo a ridere a crepapelle come non mi accadeva da tempo. La scena surreale di lei che corre intorno all'albero urlando per via di un piccolo ragno, mi fa sganasciare dalle risate al punto che penso di poterne morire. Attiriamo così l'attenzione delle persone più vicine a noi, ma non riesco a vedere bene quali siano le loro reazioni, perché ho gli occhi inondati dalle lacrime che rendono sfocata la vista.
Non so bene quanto tempo sia passato dall'inizio della sua corsa quando sento che è tornata a sedersi accanto a me.
Mi rimetto seduto, mentre il singhiozzo la fa da padrone, e mi asciugo le lacrime. Riacquistata la vista mi ritrovo davanti una Simona con i capelli sconvolti che mi guarda torva. Prendo una bottiglia d'acqua e inizio a bere a piccoli sorsi.
«Scusa,» le dico, mentre una contrazione mi impedisce di parlare e butto giù un altro sorso d'acqua, «ma la scena è stata stupenda. Dovevi vedere la tua faccia.»
Lei incrocia le braccia sotto il seno. «Beh, perché tu non hai visto la faccia che hai fatto mentre mi dicevi del ragno.»
«Stai mentendo e lo sai bene, perché eri presa dal lago in quel momento.»
Sbuffa. «Comunque, nel caso in cui non si fosse capito, ho paura degli insetti.»
«Grazie per aver condiviso questo momento con me», le dico, tirandola per un braccio e lasciando che i nostri corpi si incontrino in un abbraccio. Ci distendiamo sul telo: io a pancia in su, con un braccio le avvolgo i fianchi mentre l'altro lo porto sotto la mia testa; lei di fianco, con una mano posata sul mio petto, la sua testa sulla mia spalla e una gamba piegata che preme sulla mia coscia.
I raggi del Sole filtrano attraverso i rami, tenendoci caldi, e il gracidio delle rane diventa come una ninna nanna, che ci culla e lentamente ci lascia scivolare in un sonno profondo.
•••
Sento qualcuno in lontananza che sussurra il mio nome. Non so bene dove mi trovo, ma è insistente e si fa via via più vicino.
Apro gli occhi e un raggio di Sole quasi mi acceca. Porto una mano davanti la faccia, a fare da schermo, e mi giro in direzione della voce.
«Damiano, possiamo fare una foto?» mi chiede una ragazza, che è in piedi a pochi passi da me.
Sospiro, ancora rintronato dal sonno, e faccio un cenno di assenso con la testa.
Adoro i nostri fan, ma a volte mi meraviglio di come alcuni di essi riescano a essere invadenti e inopportuni, al punto di svegliarti mentre ti stai beatamente godendo un riposino con la ragazza per cui hai una cotta.
Mi giro verso Simona, che ancora dorme, e cerco di spostarla da me nel modo più delicato possibile. Per alcuni secondi si accorge che mi sto allontanando, perché si avvinghia alla maglia con la mano che è sul mio petto. Sorrido e le stampo un bacio sulla fronte, poi la lascio scivolare con delicatezza sul telo e, dopo essermi alzato, mi tolgo il cappotto e lo stendo su di lei. Dalle spalle ai piedi la copre tutta: è di molto più bassa di me, sarà alta più o meno quanto Vic.
Faccio tutto ciò sotto gli occhi attenti della ragazza che guarda un po' me, un po' Simona. Le faccio cenno di allontanarci di lì e lei mi indica un gruppo di una decina di ragazze lungo il viale che guarda nella nostra direzione.
«Ti dispiacerebbe venire lì e fare qualche foto anche con le mie amiche?»
Guardo un'ultima volta verso Simona, che continua a dormire tranquilla, ignara del mio momentaneo allontanamento.
«Va bene, andiamo.»
«È la tua ragazza quella?» mi chiede una di loro, dopo che ho scattato un selfie con ognuna e infine una foto di gruppo.
Come al solito, ne hanno approfittato per lasciarmi qualche bacio sulla guancia e farmi dei complimenti.
Sono in difficoltà, perché non abbiamo ancora parlato della nostra conoscenza.
«No», rispondo, con finta indifferenza. «È semplicemente un'amica.»
«Sei sempre così premuroso con le tue amiche? Perché in tal caso, che ne diresti di diventare mio amico?»
La ragazza che è venuta a svegliarmi è di gran lunga la più sfacciata del gruppo.
È
più alta di Simona, capelli biondi e occhi azzurri con lunghe ciglia, che sbatte in modo da risultare provocante. È magra, seno ben in mostra e super truccata. Credo abbia un paio di anni in meno di me.
Le sue amiche ridacchiano, mentre lei ha il suo sguardo fisso nel mio, attendendo una risposta.
«Ehm, è stato un piacere ragazze», rispondo. È una delle poche volte in cui mi sono sentito in imbarazzo.
«Questa non è una risposta, ma è meglio che ricevere un no. Saluta gli altri e in bocca al lupo per Sanremo», continua lei, poi tutte insieme vanno via.
Le guardo, mentre si allontanano, e quando mi giro verso Simona mi accorgo che si è messa a sedere - le gambe strette al petto e il mio cappotto rosso sulle spalle - e mi guarda, sorridendomi.
«Da quanto tempo sei sveglia?» le chiedo, accomodandomi accanto a lei.
«Da abbastanza tempo per vedere la biondina che ci provava.»
Non sembra per niente arrabbiata, anzi è divertita.
«Vieni qua», dice, prendendo un tovagliolo e bagnandolo con l'acqua della sua bottiglietta. «Sei ricoperto di rossetto», mi informa, mettendosi in ginocchio accanto a me e prendendo il mio viso con la mano sinistra. Mi strofina la carta sulle guance, delicata e attenta come un pittore che dipinge la sua tela, per poi esclamare: «Fatto!» una volta finito, con soddisfazione.
«Ti ha infastidito?» mi ritrovo a chiederle.
«Cosa? La ragazza?» fa spallucce. «Lì tutte ti guardavano come fossi un bocconcino prelibato.»
«Ti ho chiesto un'altra cosa.»
Sospira. «No», mi risponde secca.
La mia espressione delusa deve essere stata talmente evidente da costringerla a continuare.
«Non fraintendermi, non sto dicendo che non mi importi, però Damiano tu riscuoti discreto successo tra le ragazze e non posso fare una tragedia ogni volta che qualcuna ti guarda in quel modo. Inoltre, sono del parere che in una relazione ognuno debba essere libero di esprimersi come meglio crede nel rispetto dell'altro. Quindi, non avrebbe senso fare una scenata di gelosia, non trovi?»
Sorrido come un ebete più o meno da quando le ho sentito pronunciare la parola relazione. Annuisco e non approfondisco oltre il discorso.
Prendo il telefono. «Ti va di fare una foto? Per ricordare questa giornata.»
«Improvvisamente si è ribaltata la situazione, tu chiedi una foto a me.»
Annuisco e le faccio segno di avvicinarsi, poi scatto un selfie.
«Però è uno spreco...» la sento mormorare.
Si alza in piedi e si avvicina a una famiglia seduta poco distante da noi. «Scusi il disturbo, potrebbe scattarci una foto?» chiede, rivolgendosi alla donna.
«Certo», le porge il suo telefono e mi fa segno di avvicinarci alla sponda del lago.
La signora si alza e ci segue.
Ci abbracciamo, mentre la donna scatta più foto di seguito, poi restituisce il telefono a Simona. «Grazie ancora», le dice, sorridendo.
«Si figuri.»
Simona apre la galleria e scorre le foto. Sono tutte più o meno simili tra loro - noi che sorridiamo alla fotocamera stretti in un abbraccio - tranne la prima, l'unica spontanea, in cui, prima di rivolgere lo sguardo alla donna, ci guardiamo negli occhi con un sorriso a trentadue denti stampato sui nostri volti.
«Questa è decisamente la più bella», le dico e lei annuisce. «Me la invii?»
«Sì, ma solo se tu mi invii il selfie», mi risponde, mentre la vedo attivare il bluetooth. Lo faccio anche io e subito mi arriva la richiesta per accoppiare i telefoni. Accettata, questa è seguita dalla notifica di ricezione di due immagini.
Una volta che anche io le ho inviato la foto, mi concentro sull'orario: si sono fatte le 16. Abbiamo solo altre due ore per poter visitare l'intero parco e troppo ancora da vedere.
«Temo che il sonnellino abbia rovinato i miei piani, per cui dovremo accelerare la visita. Propongo di andare a vedere direttamente la villa e i giardini, per poi tornare indietro.»
«Faccia pure strada, Maestro», mi dice, rivolgendosi a me come Dante faceva con Virgilio nella Divina Commedia.
‹ Simona
«Ma l'hai mai mangiato un kebab? Ti sei praticamente buttata tutto il condimento addosso», mi prende in giro Damiano, mentre ferma la macchina sotto il palazzo in cui abito.
«L'ho mangiato, più e più volte, e il risultato è sempre questo», gli dico, indicando esasperata i pois, di varie dimensioni, che sono presenti sul mio jeans preferito. «Spero solo che riesca a smacchiarlo», aggiungo dispiaciuta.
Ci guardiamo negli occhi e capisco che nessuno dei due ha voglia di mettere fine a questa giornata.
«Senti, prima di scendere dalla macchina e sparire per sempre, mi daresti il tuo numero? Così, magari, la smetto di pedinarti o di costringere i miei amici a uscire con me solo per poterti vedere. Loro te ne sarebbero davvero grati», mi guarda facendomi gli occhi dolci.
«Damiano, non credevo davvero che un tipo come te potesse supplicare una ragazza per avere il suo numero», gli rispondo, mentre prendo dalle sue mani il telefono e compongo il mio numero, che salvo sotto il nome di Simona.
D
opo essermi fatta uno squillo, glielo restituisco.
Rimetto il mio telefono in tasca e con rammarico mi tocca salutarlo. «Grazie davvero per la giornata Dam, sono stata bene.»
«Anche io Simo. Spero che ci rivedremo presto.»
«Il mio numero ora ce l'hai. Quando vuoi», gli dico, facendogli l'occhiolino.
Prima di scendere mi avvicino a lui e gli stampo un leggero e veloce bacio sulla guancia, poi scendo e torno a casa.
«Ben tornata principessa!» mi saluta Ale, non appena sente la porta aprirsi. «Andato tutto bene?» mi chiede.
«Tutto magnificamente», gli rispondo, regalandogli un enorme sorriso.
«Uuuuh. Vi siete baciati?» chiede, eccitato e curioso come un bambino il giorno della Vigilia di Natale. Scuoto la testa e lui mi guarda esasperato.
«Chi si è baciato?» chiede Camilla, urlando.
«Nessuno!» urla di rimando Ale.
«Però gli ho dato il mio numero», aggiungo subito.
«Finalmente!» esclama lei, uscendo dal bagno con un asciugamano che le ricopre i capelli, a mo di turbante.
«Una bella doccia calda è proprio quello di cui ho bisogno», dico loro, dirigendomi in camera ed evitando così di rispondere a ulteriori domande.
Un'ora dopo, mentre mi rigiro nel letto, il telefono vibra. È un messaggio di Damiano su whatsapp.
Apro il link, curiosa. "Just the way you are" di Bruno Mars, versione acustica.
Metto gli auricolari nelle orecchie e mi lascio cullare da quella dolce dedica.
Spazio autrice numero quattro.
So che mi sono fatta un po' attendere, ma sono rimasta bloccata per diversi giorni, perché avevo troppe idee, ma tutte ingarbugliate. Una volta trovato il filo giusto, questo è il risultato, un capitolo sia dal punto di vista di Simona che di Damiano. Lo so, è un tantino lungo, ma pensate che ho fatto un sacco di tagli.
Spero che vi piaccia. Come sempre attendo vostri riscontri.
Un bacio.
🦊 Triss
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