/quelle robe lì non esistono/
N/A: questo coso penso faccia schifo, ma non ho intenzione di tenerlo nelle bozze e rischiare di eliminare un pezzo di me.
Se vi va, c'è la canzone sopra. È la mia preferita.
Caro diario,
È stata una giornata di merda.
Non è che desiderassi questo, quando questa mattina mi son svegliata e ho stiracchiato i muscoli --- intendo, non è stato di certo il mio primo pensiero una volta che ho aperto gli occhi. In effetti esso è stato "minchia devo pisciare" e non appena ho messo i piedi nudi a terra (sul parquet che, tra le altre cose, dovrebbe riscaldare) è arrivato il mio secondo pensiero: Minchia che freddo. Poi il terzo è stato "Oggi non ho uno scopo".
E deduco ve ne siano stati altri, ma casa mia è troppo silenziosa e a stento ascolto con attenzione quel che la mia testolina bacata produce. Non è cattiveria ma i miei pensieri fanno bordello e mi riesce difficile accettare la reale condizione della mia esistenza, o gergalmente il mio diciottesimo (o forse il quarto) pensiero: Sarà una giornata di merda. E lo è stata. Diario --- diario di una scapestrata e di una ragazza tutta incurvata, ti dirò, è stata una giornata da abbassarsi i pantaloni e defecarla nella sua totalità. Intendo, almeno il senso di inopportunità che mi accompagna costantemente esce fuori e libero il mio stomaco nauseato.
Magari. O forse semplicemente libererò il mio intestino e non mi verrà da farla nei posti più impensabili. Come per strada. Non che l'abbia mai fatta --- ma dico, se succedesse, la farei. È che è stata una giornata di merda.
Tutto ha avuto inizio quando ho letto Sartre e non c'ho capito un cazzo del casino che c'avevo in corpo. Avevo - penso - qualche anno in meno di adesso (ma non ne sono sicura) e impiegai un'intera notte a terminarlo, non comprendendo che sensazioni mi stesse lasciando. Nausea, tristezza (perdonami, Sagan) e qualche altra accozzaglia di negatività. Fatto sta che da allora ho imparato a percepire ogni capello sulla mia testa --- non delirio, me lo ricordo ben bene: tutti i miei peli avevano un'anima, tutti i miei nei e ciascuna delle unghie. Ero animata e non c'ho messo assai ad alzarmi dal lettuccio attaccato al muro ed ad andare davanti allo specchio, all'alba. Sai cosa ho visto? Niente. Non ho visto un cazzo. Ma dico sul serio. Poi ho compreso che non avevo acceso la luce --- ma il concetto resta il medesimo. Non vedevo un cazzo e poi ho acceso la luce. Lì ho trovato un paio di occhiaie violacee, dei capelli spettinati e degli occhi color cacca di cane completamente rossi. Delle gambe così magre che non stavano in piedi e nient'altro. Forse una figura che le faceva coesistere. Ma poi ho capito che non avevo dormito (come dovevo stare?) e quindi nulla, il concetto è sempre quello: non ho visto niente.
Ma questo è tanto tempo fa rispetto ad adesso. Basti pensare che i miei capelli sono più corti. Non c'entra un cazzo, lo so. È solo che è stata una giornata di merda.
Con le mie spalle ricurve, quest'estate, ho incontrato una psicopatica malata di schizofrenia --- la persona più simpatica che abbia mai conosciuto. Non che io esca molto, sono rinchiusa in un piccolo guscio ovattato strapieno di té --- almeno mi tengono a bada. E di libri che - a quanto pare - fanno di me un'emozionata bambina plasmata da eroi letterari che - minchia, se fa male dirlo - non esistono. E tutti i valori, i disonori, i peccati e la gentilezza --- tutta quella roba lì che ti fa amare la lettura // quella roba lì non esiste. E la parte peggiore è che v'avevo trovato i miei amici, lì dentro. E quella roba lì non esiste.
Fatto sta, quella psicopatica scrittrice mi ha detto «Cammina con le spalle dritte. E alza la testa. E non parlare sempre.» subito prima di «Cazzo, mantienimi la cartina che prendo l'erba.»
Mentre si fumava la canna, senza capire nemmeno dove si trovasse, si è messa a piangere. Me lo ricordo ancora il suo piagnucolio incessante. Perfino il cane ha cambiato albero per pisciare in grazia di Dio. Io me ne stavo solamente lì, a piangerci internamente su e a guardare il cane che scappava da due fattone sedute su una panchina. Era un dalmata. Non che importi, ma dico, sono quasi certa fosse un dalmata (aveva il pelo marrone). Ad ogni modo, quella pazza aggiunse, prima di collassare con della vodka in mano, «Io non capisco perché non piaccia Bukowski.» Ah, non solo! «Smettila di leggere,- ordinò -Sono una miniera di cazzate quei cosi e non sai come sarà odioso quando capirai che tutta 'sta merda non esiste e ti diranno che sei saccente. Ci son passata.» non abbiamo parlato più da allora, diario, ma m'hanno detto che si è iscritta alla facoltà di fisica perché non ci capisce un cazzo (di fisica).
Ma il punto è un altro. Il punto risiede nella sua conclusione: smettila di leggere! E mi dici come faccio?
Ho cominciato a leggere poiché mi disilludevo assieme alla mia solitudine e il suicidio l'avevano già provato in molti.
E ci piansi tutta la notte e rilessi Il Grande Gatsby. Poi Orgoglio e pregiudizio. Poi Novecento. Infine Il gabbiano. E sai cosa ho capito? Che star seduta col culo sulle scale per più di quattro ore è scomodo e la schiena ti tormenterà dopo.
Niente, diario. È stata una giornata di merda e tutta quella roba lì mica esiste, perché gli scrittori sono una banda di stronzi egoisti pieni di fantasia e strafottenti. Gli scrittori ti prendono e ti spolpano fino a ricavarci il personaggio perfetto e lo fanno con una tale maestria cosicché le tredicenni potranno fotografare le frasi peggiori e postarle poi su instagram. Ad ogni modo, gli scrittori sono la peggiore specie. Una banda di squilibrati che utilizza il proprio dolore per alimentare l'ispirazione, la prosa e un protagonista per il quale stravederai e marceranno sulla tua desolazione, la scandaglieranno fino allo sfinimento e pagherai quindici euro ogni libro perché, mi disse una volta un ragazzo con in testa un capello da pescatore decorato da degli ananas disegnati, la cultura non è cosa da poveri. È che io i soldi non ce li ho - non poi così tanti - e me li scarico illegalmente o li scrocco. La cultura non sarà cosa da poveri, ma senza della carta nelle mani e delle parole al di sotto dei miei occhi divento come un gatto senza lingua.
Il gatto con la lingua si pulisce.
Io con i libri miglioro. Assumo un contorno. Assumo un'identità, anche se precaria. Assumo un senso. Assumo un viso. Assumo un riflesso. Senza libri sono sola con la matematica. E io detesto la matematica.
Gli scrittori sono dei pezzi di sterco, in tutto questo. Diffida da dei fissati con una penna, sono la peggiore razza. Ti castigano in delle pagine e la parte peggiore è che non saranno mai soddisfatti.
E la parte peggiore di tutto ciò è che senza un buon libro sono soltanto la ragazza che non si trucca mai in un mondo di convenzioni. Sono la ragazza derisa. Sono la ragazza a cui urlano di stare zitta e sono la ragazza che non becca più la sua ombra seguirla perché perseguitata da un continuo mal di testa snervante. Sono una ragazza. E non è che non mi piaccia la parte superiore, comprendimi, era per sottolineare l'importanza delle parole nella mia insignificante esistenza.
Un giorno semplicemente mi sono guardata allo specchio e ho visto una persona --- che poi, su chi o cosa sia una persona va fatto un monologo, non che è questo il caso, approfondivo e basta. Dicevo, ho visto una persona il cui riflesso le urlava contro. Ho visto una sagoma. E ho cercato un fondotinta. Ho cercato dei rimedi per la pelle secca. Ho cercato abiti nuovi.
Ho cercato di mettere un bracciale. Ho cercato di piastrare i capelli. Ho cercato di piangere di meno. Ho cercato di stare zitta. Ho cercato e ho trovato e vestito un'altra sagoma, ma stavolta questa era addirittura lontana dall'avere la mia voce o la mia testa.
Ma un giorno, lo stesso ragazzo dal capello da pescatore (quel pomeriggio blu) mi disse una cosa: «Se sei antipatica, non ci puoi mettere del fondotinta. Sei antipatica.» sono certa non dicesse a me, diario, ma aveva ragione.
Caro diario, oggi è stata proprio una giornata di merda. E sai cosa? Al di là del trucco, del vestiario nuovo ///// cianfrusaglie. Ho abbellito la mia vita di cianfrusaglie e di personaggi magnifici per mascherare l'idea che la sera io me ne stia comunque da sola in camera mia a guardare quanto nessuno mi scriva. Mascherare che io parli, parli, parli --- ma ehi, non sono obbligati ad ascoltarmi. Infatti non lo fanno. Mascherare il fatto che mi finga scrivente e usi le persone come dei manichini. Mascherare il mio affetto verso coloro che per me provano un 'oh, esiste'. Mascherare il vittimismo tipico di questi anni e quel dolore alla schiena per assecondare posizioni che non stanno in cielo né in terra.
Mascherare me stessa. Perché l'infinità non mi darà mai il medesimo fastidio del non conoscermi. E della mia voce squillante che il ragazzo col capello (senza il capello questa volta) mi fece notare insopportabile tramite un'imitazione.
Ho visto che aspetto sempre. Non so esattamente cosa sto aspettando, ma l'altro giorno il mio demone (come quello di Anna Karenina, solo meno letterato e poetico) ha detto: «Bau!» e non era un cane. Ha anche aggiunto «Siamo dei poligoni dentro una circonferenza e finché non tenterai di raggiungerla quanto più potrai sarai una sagoma senza riflesso.» ma ero ubriaca, quindi non vale.
Ah, sta suonando la sveglia. Ancora. L'avevo dimenticata. Scusa.
Ci vediamo al prossimo sogno, diario.
Sfrego le dita sulle palpebre incrostate dal sonnellino pomeridiano e osservo la piccola camera dalle pareti grigie.
Storco il naso e faccio scricchiolare i miei arti. Dovrei fare palestra.
Mi scappa la pipì. E mi alzo.
I miei piedi toccano il pavimento freddo e «Cazzo e se è freddo.» poi mi esce una bestemmia e calcio un piccolo taccuino proprio di fianco alle ciabatte che non userò. Lo afferro ed è ancora vuoto; lo poso sul tavolino.
«Oggi sarà una giornata di merda.» e prendo La luna e i falò dal comodino mentre cammino verso il bagno.
Me e me stessa
I deliri di un'adolescente incompresa
Ho semplicemente il ciclo.
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